venerdì, Maggio 9, 2025
Migliori casinò non AAMS in Italia
Home Blog Pagina 627

5 motivi per tornare sulla Luna e restarci

0
5 motivi per tornare sulla Luna
5 motivi per tornare sulla Luna
Migliori casinò non AAMS in Italia

Oggi, dopo quasi 50 anni da quando l’ultimo uomo ha messo piede sulla Luna, c’è un crescente consenso tra le agenzie spaziali, compagnie private e ricercatori sulla necessità di tornarci di nuovo, e questa volta per restarci.

Negli ultimi anni, la comparsa di nuovi attori commerciali che sono entrati nella corsa allo spazio ha reso l’esplorazione spaziale nel suo insieme più economicamente sostenibile e le agenzie nazionali quali NASA, ESA, JAXA e molte altre hanno ripreso in mano e accelerato i piani per l’esplorazione lunare. da qui deriva la nuova spinta verso la Luna culminata, per ora, con la prima missione del programma Artemis della NASA in corso in questi giorni.

Discorso a parte meriterebbe l’agenzia spaziale cinese che da molti anni sta portando avanti il suo piano di esplorazione spaziale con progressi lenti ma costanti, arrivando negli ultimissimi anni a mettere in orbita una propria stazione spaziale e ad essere l’unico paese ad atterrare sulla Luna, sia pure con mezzi robotici, negli ultimi cinquant’anni, riuscendo perfino a riportare sulla Terra campioni di suolo lunare con la missione automatica Chang’e 5.

Tuttavia, per quanto questi sviluppi siano entusiasmanti, quali sono le loro implicazioni per il nostro futuro nello spazio? Ecco 5 motivi per cui dovremmo tornare sulla Luna e restarci…

La Luna è il nostro vicino più prossimo nello spazio

La Luna è a soli 384.400 km da noi. Si tratta di meno del 5% della distanza tra la Terra e il Sole e visitarla, visto che lo abbiamo perfino già fatto cinquant’anni fa con tecnologie molto meno performanti di quelle disponibili ora, è alla nostra portata.

Cinquant’anni fa, quasi chiunque avrebbe scommesso che nel 2022 la Luna sarebbe stata abitata da esseri umani industriosi e che sarebbe stata un centro industriale, di ricerca e turistico, oltre che un Hub per altre destinazioni nello spazio profondo, come Venere e Marte.

Le ragioni per cui ciò non è avvenuto sono prevalentemente di ordine economico e sociale. Al grande entusiasmo che seguì le prime missioni coronate dal successo del programma Apollo, seguì un certo disinteresse dell’opinione pubblica dovuto principalmente alla crisi economica che attanagliò l’occidente a metà degli anni ’70 e successivamente nessuna amministrazione se la sentì di spendere miliardi di dollari in un’impresa apparentemente fine a se stessa ma, oggi, grazie alla comparsa di compagnie private che hanno, per così dire, ottimizzato i costi, visitare la Luna è una sfida minore, sia dal punto di vista tecnologico che economico rispetto ad alcuni decenni faall’esplorazione di altri pianeti più lontani da noi.

La Luna dispone di risorse intonse e garantisce un ambiente ideale per la ricerca scientifica e tecnologia ed è senz’altro un’ottima base per mettere in pratica le tecnologie e le procedure che saranno necessarie per missioni più lontane nello spazio profondo.

Le missioni sulla Luna sono una porta d’accesso a destinazioni più lontane

La Luna non è solo la destinazione più vicina, ma anche un trampolino di lancio che può aiutarci a sviluppare e testare nuove tecnologie di esplorazione. Testarle in un ambiente a bassa gravità come la Luna può ridurre il rischio e il costo dello sviluppo e dell’impiego in ambienti più difficili. La distanza ridotta della Luna la rende anche un eccellente terreno di prova e di addestramento per altre missioni di lunga durata.

Ad esempio, la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) è stata utilizzata come banco di prova per missioni spaziali di lunga durata. Una base lunare sarebbe un banco di prova ancora migliore per quelle tecnologie. Ciò consentirebbe di individuare e risolvere più facilmente eventuali criticità o problemi con le tecnologie.

C’è molta scienza da fare sulla Luna

La Luna è un luogo ideale per studiare la storia del sistema solare. La sua superficie è costituita per lo più dai detriti lasciati dalla formazione del Sistema Solare oltre 4,5 miliardi di anni fa. Il fatto che non ha atmosfera e la sua superficie non è stata rimescolata dalla tettonica a placche, come invece è avvenuto, e avviene, sulla Terra permetterà agli scienziati di capire molto di più sull’origine del sistema solare.

Questo può aiutarci a capire meglio da dove veniamo e dove stiamo andando. L’invio di sonde robotiche sulla Luna consente di raccogliere un’enorme quantità di dati ma nulla eguagli la raccolta sul campo. Potremo individuare vene di minerali ed imparare a sfruttarli localmente, inviando sulla Terra la metria prima o prodotti finiti; per questo, anche se gran parte del lavoro potrà essere svolto tramite sistemi automatizzati, saranno necessari ingegneri e tecnici.

La ricerca a bassa gravità ha già dato dei frutti interessanti nell’ambiente limitato della Stazione Spaziale Internazionale, i progressi che potremo fare nella chimica, nella medicina ed in un’infinità di altri campi. La presenza abbondante di Elio-3, un isotopo (lunare) non radioattivo che parrebbe essere il combustibile ideale per produrre energia nucleare in maniera sicura e pulita sulla superfie lunare, aprirà la strada allo sviluppo dei reattori a fusione nucleare di seconda generazione.

Addestrerà la prossima generazione di astronauti e ingegneri

Andare sulla Luna in modo sicuro, a lungo termine e sostenibile metterà alla prova le nostre capacità tecnologiche. Richiederà nuovi modi di lavorare e collaborare tra agenzie e organizzazioni spaziali, inaugurando, forse, un’era di pace tra le nazioni. Sfruttare le risorse della Luna non sarà facile, soprattutto all’inizio. Questo sarà un ottimo banco di prova per nuovi modi di lavorare e ci aiuterà a costruire le competenze e le capacità di cui abbiamo bisogno per le missioni più lontane, verso Marte, forse Venere e, successivamente, verso gli asteroidi, le lune di Giove e Saturno.

La Luna potrebbe essere una miniera d’oro per la scienza e il commercio

Se la presenza di ghiaccio d’acqua verrà confermata nell’abbondanza prevista, la Luna potrà raggiungere, con il tempo, una quasi completa autonomia, dal ghiaccio si può ricavare non solo l’acqua ma anche ossigeno ed idrogeno, utili per respirare (ovviamente) ma anche come propellente per le astronavi che un giorno faranno la spola con il Lunar Gateway, una stazione spaziale in orbita lunare che dovrebbe essere completata nel 2028, e con la Terra; senza contare che lanciare un’astronave verso il sistema solare esterno dalla Luna sarebbe molto più economico che dalla terra.

La Luna, inoltre, potrà essere una vera miniera d’oro non solo per la scienza ma anche a livello commerciale: sarà possibile svolgervi un’ampia gamma di attività scientifiche e commerciali che andranno dall’estrazione  di materie prime, alla raffinazione delle stesse fino alla produzione di prodotti finiti. Da quanto ne sappiamo sulla Luna sono presenti titanio, oro, palladio, iridio, uranio ma anche minerali comuni come il ferro, il nichel e l’alluminio.

Non si può poi dimenticare l’industria del turismo. Già ora le compagnie private come SpaceX e Blue Origin organizzano viaggi turistici nello spazio e a breve anche alla stazione spaziale internazionale. C’è da scommettere che appena i costi saranno accessibili saranno molte di più le compagnie private che vorranno sfruttare i panorami del nostra satellite e la bassa gravità a fini turistici.

Conclusione

In realtà sono molti di più i motivi validi per tornare e rimanere sulla Luna. È la destinazione più vicina, più facile e più economica del sistema solare. Sarà davvero la nostra porta per lo spazio, l’occasione per cambiare radicalmente la nostra economia e, un giorno non lontanissimo, ci darà la possibilità di fare in modo che non ci siano più carenze di materie prime.

Potremo diventare una specie interplanetaria.

Orion sta per entrare in orbita lunare. A minuti il Flyby – video in diretta

0
Orion sta per entrare in orbita lunare. A minuti il Flyby
Orion sta per entrare in orbita lunare. A minuti il Flyby
Migliori casinò non AAMS in Italia

La capsula Orion della missione Artemis I si sta apprestando ad effettuare il suo primo flyby della Luna per poi entrare in orbita.

L’astronave passerà a soli 140 chilomentri dalla superficie lunare, poi allontanerà entrando in orbita intorno al nostro satellite.

Molto suggestiva l’immagine di copertina, ripresa mentre Orion sta per passare dietro la Luna, in cui si vedono sia parte del corpo della capsula, sia la Luna che, sullo sfondo in basso, la sfera blu e bianca della Terra.

Per chi fosse interessatoa  seguire le fasi dell’avvicinamento, la MASA ha reso disponibile lo stream in diretta che trovate qui sotto. Ricordiamo che mentre Orion sarà dietro la Luna il collegamento con la capsula cadrà per riprendere quando questa emergerà dall’altro lato del nostro satellite.

Ricordiamo che il 25 novembre, in occasione del passaggio di passimo avvicinamento di Orion alla Luna, Reccom Magazine effettuerà una diretta per commentare insieme le varie fasi.

Cosa rende i tardigradi così resistenti?

0
tardigradi
Migliori casinò non AAMS in Italia

I ricercatori dell’Università del Wyoming hanno fatto passi in avanti riguardo alla natura dei tardigradi e alle loro proverbiali tenacia e resistenza. Il segreto sarebbe nelle proteine di cui sono dotati questi minuscoli animaletti.

In effetti, i tardigradi sono capaci di di sopportare circostanze difficili, come mettersi in un’animazione sospesa per anni. Thomas Boothby, un assistente professore di biologia molecolare, e colleghi hanno scoperto come il trealosio, uno zucchero, interagisce con le proteine ​​per consentire ai tardigradi di sopravvivere in assenza di acqua. Le loro scoperte sono state recentemente pubblicate sulla rivista Communications Biology.

I tardigradi possono tollerare stati estremi

I tardigradi, spesso noti come orsi d’acqua, sono lunghi meno di mezzo millimetro e possono tollerare di essere completamente essiccati, congelati appena sopra lo zero assoluto (circa meno 458 gradi Fahrenheit, quando cessa tutto il movimento molecolare), riscaldati a più di 300 gradi Fahrenheit, irradiati diverse migliaia di volte oltre ciò che una persona può sopportare e persino sopravvivere al vuoto dello spazio.

La capacità dei tardigradi di sopravvivere all’essiccamento ha lasciato perplessi gli scienziati poiché sembra variare da quella di un certo numero di altre specie che possono entrare in animazione sospesa.

In precedenza, i ricercatori credevano che i tardigradi non producessero trealosio per sopravvivere all’essiccamento, ma Boothby e i suoi colleghi hanno scoperto che lo fanno, anche se a livelli inferiori rispetto ad altri organismi. Il team ha anche scoperto che, nei tardigradi, il trealosio lavora in sinergia con un’altra proteina specifica del tardigrado chiamata CAHS D.

Alla fine, Boothby e altri ricercatori sperano che le loro scoperte possano essere applicate per aiutare a risolvere problemi di salute sociale e globale, in questo caso la scarsità d’acqua. Il loro lavoro potrebbe portare a modi migliori per stabilizzare i prodotti farmaceutici e generare colture ingegnerizzate in grado di far fronte ad ambienti difficili.

Boothby: “Lo studio fornisce un argomento convincente”

Boothby ha affermato tramite alcune dichiarazioni riportate da Scitechdaily.com: “Un obiettivo a lungo termine di questo campo è capire meglio come conferire le capacità di adattamento dei tardigradi a organismi che non sopravvivono naturalmente all’essiccazione” e ancora: “Questo studio e i suoi risultati forniscono un argomento convincente che per farlo potrebbe richiedere la combinazione di diversi protettori sinergici”. Lo studio è stato finanziato dalla National Science Foundation, dalla Defense Advanced Research Projects Agency e dal National Institutes of Health.

L’aspetto

Come è riferito all’interno dell’articolo “Distribuzione di calcio e chitina nell’apparato alimentare tardigrado in relazione alla sua funzione e morfologia” a firma di Roberto Guidetti, Alois Bonifacio, Tiziana Altiero, Roberto Bertolani, Lorena Rebecchi e pubblicato all’interno della rivista “Integrative and Comparative Biology” la porzione cuticolare dell’apparato di alimentazione del tardigrado è una struttura complessa che può essere schematicamente suddivisa in quattro parti: un anello buccale, un tubo buccale, un sistema di stiletto (formato da due stiletti perforanti, ciascuno all’interno di un mantello dello stiletto, e due supporti di stiletto) e il rivestimento di una faringe succhiante mioepiteliale.

Lo studio su otto specie

Per meglio comprendere la funzione e l’evoluzione dell’apparato di alimentazione, sono stati analizzati i tratti morfo-funzionali e la composizione chimica delle strutture costituenti gli apparati di alimentazione di otto diverse specie di tardigradi. Queste otto specie sono rappresentative di quasi tutti i principali lignaggi filogenetici del phylum. Il calcio e la chitina nell’apparato di alimentazione sono stati esaminati mediante microscopia ottica, microscopia elettronica a scansione, microscopia confocale a scansione laser, spettroscopia a raggi X a dispersione di energia, e microspettroscopia Raman.

In tutte le specie, l’apparato nutritivo era stato sottoposto a biomineralizzazione dovuta al CaCO3 incrostazioni organizzate nella forma cristallina di aragonite. Aragonite e chitina sono presenti in concentrazioni diverse nell’apparato nutritivo a seconda delle strutture e delle specie considerate.

Generalmente dove le strutture sono rigide c’è più aragonite che chitina, e viceversa. Il tubo buccale e i mandrini perforanti sono ricchi di calcio, con i mandrini perforanti apparentemente composti esclusivamente da aragonite. Negli eutardigradi la chitina è in maggiore concentrazione nelle strutture soggette a maggiori sollecitazioni meccaniche, come le creste della corona buccale e i condili della furca dello stiletto.

Famosi anche nella cultura pop

I tardigradi sono animaletti molto amati dagli studiosi e non proprio per le loro rarissime peculiarità. Alla fine tale specie non poteva non apparire anche nei film e in televisione. Come ricorda Wikipedia i tardigradi compaiono nei due film MCU Ant-Man e Ant-Man and The Wasp quando rispettivamente Ant-Man e Hank Pym accedono al Regno Quantico.

Essi appaiono anche nelle vesti di una divertente popolazione nella serie animata dei Griffin, nell’episodio “Grandi problemi nella piccola Quahog“. Qui Stewie e Brian vengono rimpiccioliti da un macchinario e nel corso di un viaggio all’interno della loro moquette di casa incontrano proprio dei tardigradi.

Un’immagine ripresa dal Webb della stella WR140 fa gridare alla megastruttura aliena ma ha una spiegazione naturale ancorché sconcertante

0
Un'immagine ripresa dal Webb della stella WR140 fa gridare alla megastruttura aliena ma ha una spiegazione naturale ancorché sconcertante
Un'immagine ripresa dal Webb della stella WR140 fa gridare alla megastruttura aliena ma ha una spiegazione naturale ancorché sconcertante
Migliori casinò non AAMS in Italia

Una strana immagine della stella WR140 circondata da increspature geometriche concentriche ripresa dal James Webb Space Telescope (JWST) lo scorso luglio ha lasciato perplessi gli astronomi di tutto il mondo, scatenando persino una ridda di speculazioni su Internet, secondo le quali potrebbe essere la prova di una megastruttura aliena.

L’immagine sconcertante è stata catturata subito dopo che JWST ha iniziato le operazioni scientifiche e ha pubblicato il suo primo lotto completo di immagini. Subito si è scatenato un acceso dibattito su Internet, con alcuni che ipotizzavano che le enormi increspature fossero causate dagli alieni. L’immagine è stata descritta come “folle” da Mark McCaughrean, consulente senior per la scienza e l’esplorazione presso l’Agenzia spaziale europea e membro del James Webb Space Telescope Science Working Group.

In realtà, si tratta di un fenomeno naturale anche se abbastanza sconcertante.

Tuttavia, due astronomi australiani spiegano in due articoli complementari recentemente pubblicati su Nature e Nature Astronomy che i 17 anelli concentrici visti attorno alla stella sono in realtà una serie di giganteschi gusci di polvere creati dall’interazione ciclica di una coppia di stelle calde, una delle quali è una Wolf-Rayet morente, che si muove su un’orbita stretta.

Come un orologio, WR140 emette un anello di polveri ogni otto anni, che viene poi gonfiato dal vento stellare come un pallone“, ha affermato il professor Peter Tuthill del Sydney Institute for Astronomy dell’Università di Sydney, coautore di entrambi documenti. “Otto anni dopo, mentre il binario ripassa nello stesso punto, appare un altro anello, uguale a quello precedente, che scorre nello spazio all’interno della bolla del precedente”.

La coppia WR140 è composta da un’enorme stella Wolf-Rayet e da una stella supergigante blu ancora più massiccia che sono legate gravitazionalmente in un’orbita di otto anni. Tutte le stelle producono venti stellari ma quelli prodotti dalle stelle di Wolf-Rayet potrebbero paragonarsi a un uragano stellare. Gli elementi nel vento, come il carbonio, si condensano come fuliggine, che rimane abbastanza calda da brillare intensamente nell’infrarosso.

Poiché le due stelle sono in orbite ellittiche anziché circolari, la produzione di polvere si accende e si spegne quando la compagna binaria di WR140 si avvicina e poi si allontana dal punto di massimo avvicinamento. Sulla base dei dati raccolti con altri telescopi dal 2006, il professor Tuthill e il suo ex studente Yinuo Han – ora all’Istituto di astronomia dell’Università di Cambridge – hanno creato un modello tridimensionale della geometria del pennacchio di polvere.

Immagini nel vicino infrarosso della struttura di polvere circumstellare in espansione di WR140

Immagini nel vicino infrarosso della struttura di polvere circumstellare in espansione di WR140. Crediti: Yinuo Han e Peter Tuthill

 

Il modello riesce a spiegare perfettamente le insolite immagini riprese dal JWST a luglio. Grazie a questo e ad altri contributi, sia Han che il professor Tuthill sono diventati anche coautori dell’articolo su Nature Astronomy con i nuovi dati Webb.

Inoltre, nel loro articolo su Nature, Han e il professor Tuthill hanno mostrato – per la prima volta – prove dirette di un’intensa luce stellare che penetra nella materia e la accelera, dopo aver rintracciato titanici pennacchi di polvere generati dalle violente interazioni tra le due stelle colossali nell’arco di 16 anni.

Illustrazione del sistema stellare binario WR140

Illustrazione del sistema stellare binario WR140. Credito: Amanda Smith/IoA/Università di Cambridge

È noto che la luce delle stelle trasporta quantità di moto, esercitando una spinta sulla materia nota come “pressione di radiazione“. Gli astronomi spesso vedono le conseguenze di ciò sotto forma di materia che si muove ad alta velocità ma non hanno mai colto il processo sul fatto. L’osservazione diretta dell’accelerazione dovuta a forze diverse dalla gravità è stata aramente osservata, e mai in un ambiente stellare come questo.

È difficile vedere accelerazioni provocate dalla luce delle stelle perché la forza della luce svanisce con la distanza e altre forze prendono rapidamente il sopravvento“, ha detto Han. “Per testimoniare l’accelerazione ad un livello che diventa misurabile, il materiale deve essere ragionevolmente vicino alla stella o la fonte della pressione di radiazione deve essere molto forte. WR140 è una stella binaria il cui feroce campo di radiazioni potenzia questi effetti, mettendoli alla portata dei nostri dati ad alta precisione“.

Dimensione relativa della stella Wolf Rayet

La dimensione relativa della stella Wolf-Rayet, la sua supergigante blu di tipo O e il Sole, in alto a sinistra. Credito: JPL-Caltech

Utilizzando la tecnologia di imaging nota come interferometria, che è stata in grado di agire come una lente zoom per lo specchio di 10 metri del telescopio Keck alle Hawaii, gli australiani sono stati in grado di recuperare immagini sufficientemente nitide di WR140 per lo studio.

Hanno scoperto che la polvere si condensa adiacente al punto in cui i venti delle due stelle si scontrano, sulla superficie di un fronte d’urto a forma di cono. Poiché la stella binaria orbitante è in costante movimento, anche il fronte d’urto ruota. Il pennacchio fuligginoso si avvolge a spirale, nello stesso modo in cui le goccioline formano una spirale in un irrigatore da giardino.

Modello 3D grezzo ed elaborato di gusci WR140

Modello 3D grezzo ed elaborato dei proiettili di polvere di WR140 dopo 18 orbite (o 144 anni) di formazione ciclica. Credito: Yinuo Han/Peter Tuthill/Ryan Lau

In assenza di forze esterne, ogni spirale di polvere dovrebbe espandersi a una velocità costante“, ha detto Han. “All’inizio eravamo perplessi perché non potevamo adattare il nostro modello alle osservazioni finché non ci siamo finalmente resi conto che stavamo vedendo qualcosa di nuovo. I dati non combaciavano perché la velocità di espansione non era costante, ma piuttosto stava accelerando“.

Una volta che hanno aggiunto l’accelerazione della polvere da parte della luce delle stelle nel loro modello tridimensionale del binario WR140, ha spiegato perfettamente i loro dati osservativi. E finì anche per spiegare gli strani anelli concentrici successivamente individuati con JWST.

In un certo senso, abbiamo sempre saputo che questa doveva essere la ragione del deflusso, ma non avrei mai immaginato che saremmo stati in grado di vedere la fisica all’opera in questo modo“, ha detto il professor Tuthill. “Quando guardo i dati, vedo il pennacchio del WR140 che spiega una vela gigante fatta di polvere che, quando cattura il vento fotonico che fluisce dalla stella, fa un improvviso balzo in avanti, come uno yacht che riceve una raffica.

Con JWST ora in funzione, i ricercatori saranno in grado di imparare molto di più su WR140 e sistemi simili. “Il telescopio Webb offre nuovi estremi di stabilità e sensibilità“, ha affermato il dott. Ryan Lau, assistente astronomo presso il National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory degli Stati Uniti e autore principale dello studio JWST pubblicato su Nature Astronomy. “Ora saremo in grado di fare osservazioni come questa molto più facilmente che da terra, aprendo una nuova finestra sul mondo della fisica di Wolf-Rayet“.

Riferimento: “Radiation-driven acceleration in the expanding WR140 dust shell” di Yinuo Han, Peter G. Tuthill, Ryan M. Lau e Anthony Soulain, 12 ottobre 2022, Nature .
DOI: 10.1038/s41586-022-05155-5

Riferimento: “Nested dust shells around the Wolf–Rayet binary WR 140 observed with JWST” di Ryan M. Lau, Matthew J. Hankins, Yinuo Han, Ioannis Argyriou, Michael F. Corcoran, Jan J. Eldridge, Izumi Endo, Ori D .Fox, Macarena Garcia Marin, Theodore R. Gull, Olivia C. Jones, Kenji Hamaguchi, Astrid Lamberts, David R. Law, Thomas Madura, Sergey V. Marchenko, Hideo Matsuhara, Anthony FJ Moffat, Mark R. Morris, Patrick W Morris, Takashi Onaka, Michael E. Ressler, Noel D. Richardson, Christopher MP Russell, Joel Sanchez-Bermudez, Nathan Smith, Anthony Soulain, Ian R. Stevens, Peter Tuthill, Gerd Weigelt, Peredur M. Williams e Ryodai Yamaguchi , 12 ottobre 2022, Astronomia naturalistica
DOI: 10.1038/s41550-022-01812-x

Un piccolo conflitto nucleare causerebbe una carestia globale

0
Un piccolo conflitto nucleare causerebbe una carestia globale, guerra nucleare
Migliori casinò non AAMS in Italia

Gli Stati Uniti e la Russia hanno recentemente concordato di tenere colloqui sul Nuovo Trattato START, l’unico accordo rimasto che regola i due più grandi arsenali nucleari del mondo.

Sebbene questa sia indubbiamente una buona notizia, non dobbiamo permettere che ci faccia cullare nell’autocompiacimento. Gli eventi globali di quest’anno, in particolare in Ucraina, hanno sollevato i timori di un conflitto nucleare a livelli che non si vedevano dai tempi della guerra fredda. Nel mondo rimangono più di 10.000 testate nucleari e il linguaggio del Cremlino riguardo alle armi di distruzione di massa è diventato sempre più minaccioso nel 2022.

Al di là degli orribili destini delle vittime nelle zone colpite, uno scambio nucleare su larga scala altererebbe profondamente il sistema climatico così come lo conosciamo, mentre scenari più limitati potrebbero avere un impatto devastante.

Un corpus di studi in continua crescita ha dimostrato che anche un conflitto nucleare locale potrebbe portare a una catastrofe climatica

Carestia globale e crisi climatica

Nel 1982, un gruppo di scienziati, tra cui Carl Sagan, iniziò a lanciare l’allarme su un’apocalisse climatica che potrebbe seguire una guerra nucleare. Usando semplici simulazioni al computer e eruzioni vulcaniche storiche come analoghi naturali, hanno mostrato come il fumo che si alzava nella stratosfera dalle tempeste di fuoco urbane potesse bloccare il Sole per anni.

Denominato come “inverno nucleare”, anche un piccolo conflitto potrebbe innescare una carestia catastrofica lontano dal luogo della guerra. Ronald Reagan e Mikhail Gorbachev, leader degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica negli anni ’80, hanno entrambi citato questo scenario quando hanno dichiarato che una guerra nucleare non poteva essere vinta.

La minaccia contemporanea ha stimolato una nuova era di ricerca sul potenziale impatto climatico di una guerra nucleare. Utilizzando gli ultimi strumenti computazionali, i ricercatori hanno studiato le conseguenze che potrebbe avere per tutte le forme di vita presenti sulla Terra. La ricerca più recente ha mostrato che un conflitto nucleare sconvolgerebbe in modo massiccio il sistema climatico e causerebbe una carestia globale. Potrebbe anche compromettere drammaticamente l’oceano e i suoi ecosistemi per decenni o migliaia di anni dopo il conflitto.

Come la guerra nucleare potrebbe congelare il Mar Baltico

I ricercatori hanno esplorato lo scenario di una guerra nucleare tra Stati Uniti e Russia, e hanno osservato che ciò porterebbe 150 miliardi di tonnellate di fuliggine delle città in fiamme, all’alta atmosfera. Hanno scoperto che la scarsa luminosità e il rapido raffreddamento causerebbero grandi cambiamenti fisici nell’oceano, inclusa una drammatica espansione del ghiaccio marino artico. Questo ghiaccio crescerebbe fino a bloccare le regioni costiere normalmente prive di ghiaccio essenziali per la pesca, l’acquacoltura e la navigazione in tutta Europa.

Tre anni dopo una simile guerra, il ghiaccio marino artico si espanderebbe del 50%, ghiacciando il Mar Baltico e chiudendo importanti porti come Copenaghen e San Pietroburgo. 

Peggio ancora, l’improvviso calo della luce e delle temperature oceaniche decimerebbe le alghe marine, il fondamento della rete alimentare marina, creando una carestia oceanica lunga anni. Mentre l’intero oceano ne risentirebbe, gli effetti peggiori si concentrerebbero a latitudini più elevate, compresa tutta l’Europa e soprattutto negli Stati baltici, dove la luce oceanica è già scarsa.

Le acque dell’Artico e del Nord Atlantico ne pagherebbero il peso, probabilmente innescando il collasso dell’intero ecosistema.

Sebbene la pesca sia un settore relativamente piccolo dell’economia europea, potrebbe esserci un’ulteriore pressione per guardare verso il mare per il cibo se i sistemi agricoli terrestri dovessero crollare, lasciando il continente con poche opzioni per la sicurezza alimentare.

Un oceano cambiato

Una riduzione della luce solare e temperature più basse causerebbero più ghiaccio marino e meno alghe negli oceani. Tuttavia, i ricercatori sono rimasti scioccati dal fatto che il nostro oceano modello rimarrebbe completamente trasformato per decenni dopo la guerra. Il ghiaccio marino si stabilizzerebbe in uno stato di nuova espansione dove probabilmente rimarrebbe per centinaia di anni.

Dieci anni dopo i conflitti, la produttività marina globale potrebbe riprendersi e persino superato il suo stato iniziale. Ciò si verifica perché i cambiamenti duraturi nella circolazione oceanica spingono i nutrienti in superficie dalla profondità. Una volta che la fuliggine si dirada e la luce si riprende, il fitoplancton può utilizzare questi nutrienti per crescere rapidamente.

Sfortunatamente, tali “buone notizie” non raggiungono mai l’Europa, poiché la produttività marina rimane compromessa nell’Artico e nell’Atlantico settentrionale rispetto al resto del mondo. Ciò si verifica perché il nuovo stato ambientale favorisce un tipo diverso, più grande, di alghe marine che possono effettivamente rimuovere i nutrienti dalla superficie dell’oceano una volta che muoiono e affondano, contrastando il surplus fisico.

Perché l’oceano dovrebbe essere così lento a riprendersi da un conflitto nucleare?

L’acqua si riscalda e si raffredda molto lentamente e l’oceano è fortemente stratificato con diverse masse d’acqua sovrapposte l’una sull’altra. Ciò conferisce all’oceano una “memoria” molto più lunga dell’atmosfera. Una volta disturbati, molti cambiamenti non sono reversibili su scale temporali umane o è improbabile che tornino al loro stato iniziale.

Queste scoperte aggiungono una nuova prospettiva su quanto l’umanità possa influenzare il sistema Terra. Mentre siamo alle prese con il fatto che le nostre emissioni di gas serra possono rimodellare il clima in un lampo di tempo geologico, vale la pena ricordare che gli arsenali nucleari rimangono abbastanza grandi da cambiare radicalmente il sistema terrestre in un batter d’occhio.

Prevenire un conflitto nucleare

Date queste dure intuizioni, c’è un imperativo morale per chiedersi cosa si potrebbe e si dovrebbe fare per prevenire un conflitto nucleare. Di recente, una nuova interpretazione di una vecchia filosofia ha iniziato a filtrare da Oxford. L’idea, nota come “lungotermismo”, postula che una corretta contabilizzazione dell’enorme numero di possibili vite umane future dovrebbe dare la priorità a quasi tutte le azioni che riducono anche leggermente il rischio di estinzione umana.

Questa logica viene fornita con tutti gli ornamenti standard del tentativo di fare matematica con la moralità. Tuttavia, inizia ad avere molto più senso quando ti rendi conto che il rischio di un evento a livello di estinzione – e quindi la possibilità che potremmo evitarlo – non è inimmaginabilmente basso.

Anche un conflitto più limitato potrebbe spingere i nostri oceani in uno stato fondamentalmente nuovo che potrebbe durare molto più a lungo di quanto ci saremmo aspettati. Comprendere la lunghezza e il peso di questi tempi dovrebbe essere in prima linea nel nostro calcolo della diplomazia in corso.

La vita nel nostro sistema solare potrebbe essere iniziata su Marte

0
E dopo la Luna, Marte. Come ci arriveremo?
E dopo la Luna, Marte. Come ci arriveremo?
Migliori casinò non AAMS in Italia

Le molecole organiche che hanno permesso alla vita di emergere erano già presenti su Marte circa 4,5 miliardi di anni fa, suggerisce una nuova ricerca.

E mentre questi componenti critici potrebbero aver fatto l’autostop sulla Terra nello stesso periodo, era sul Pianeta Rosso che, in quel momento, la vita poteva trovare le condizioni più ospitali.

La Terra e Marte sono entrambi membri del Sistema Solare interno, composto da quattro pianeti rocciosi e dalla fascia degli asteroidi. Poco dopo la loro formazione, questi pianeti rocciosi subirono un brutale bombardamento di rocce mentre un numero altissimo di asteroidi pioveva sul Sistema Solare interno, scaricandosi in gran parte sui pianeti rocciosi.

Queste rocce vennero assimilate nella crosta sia della Terra che di Marte ma il movimento della tettonica a placche sul nostro mondo natale portò i residui di questi antichi impatti all’interno del pianeta. Al contrario, la superficie di Marte non è sottoposta al fenomeno della tettonica, il che significa che le rocce che si schiantarono contro il pianeta in un lontano passato rimangono al loro posto e possono essere studiate.

Analizzando 31 meteoriti marziani, gli autori dello studio hanno cercato di rispondere a una serie di domande fondamentali sulla loro origine. Ad esempio, fino ad ora gli scienziati non avevano mai determinato se questi antichi proiettili provenissero dal Sistema Solare interno o esterno, o se trasportassero del materiale organico che avrebbe potuto permettere lo sviluppo della vita.

Usando misurazioni degli isotopi di cromo ad altissima precisione, i ricercatori hanno identificato i meteoriti come condriti carboniose provenienti dal Sistema Solare esterno. Sulla base della prevalenza di tali rocce su Marte e del fatto che il ghiaccio di solito rappresenta il 10 percento della loro massa, gli autori hanno calcolato che questi antichi impatti hanno portato su Marte abbastanza acqua da coprire l’intero pianeta con un oceano profondo 307 metri.

Significativamente, è anche noto che le condriti carboniose del Sistema Solare esterno trasportano ancora oggi molecole organiche come gli amminoacidi nel Sistema Solare interno. Questi composti sono essenziali per la formazione del DNA e probabilmente hanno fornito le materie prime che hanno permesso alla vita di emergere.

In quel momento, Marte è stato bombardato da asteroidi pieni di ghiaccio. È successo nei primi 100 milioni di anni dell’evoluzione del pianeta“, ha spiegato in una dichiarazione l’autore dello studio, il professor Martin Bizzarro. “Ed è interessante notare che quegli asteroidi trasportavano anche molecole organiche biologicamente importanti per la vita“.

Tuttavia, mentre le condizioni su Marte potrebbero essere state ideali per la vita in quel primo frangente, lo stesso non si può dire per la Terra. “Dopo questo periodo, è accaduto qualcosa di catastrofico per la potenziale vita sulla Terra“, afferma Bizzaro.

Si ritiene che ci sia stata una gigantesca collisione tra la Terra e un altro pianeta delle dimensioni di Marte. È stata una collisione energetica che ha formato il sistema Terra-Luna e, allo stesso tempo, ha fuso la superficie del nostro pianeta, spazzando via tutta la vita potenziale sulla Terra“.

Presi insieme, questi risultati suggeriscono che la vita probabilmente aveva maggiori possibilità di prosperare su Marte che sulla Terra durante le prime centinaia di milioni di anni del Sistema Solare interno.

Lo studio è pubblicato sulla rivista Science Advances .

La carne coltivata in laboratorio un po’ più vicina agli scaffali dei supermercati

0
La carne coltivata in laboratorio un po' più vicina agli scaffali dei supermercati
La carne coltivata in laboratorio un po' più vicina agli scaffali dei supermercati
Migliori casinò non AAMS in Italia

La carne coltivata in laboratorio disponibile in commercio è dietro l’angolo ormai da un po’ di tempo, eppure gli scaffali dei supermercati e gli scomparti dei congelatori nelle nostre cucine rimangono entrambi misteriosamente privi di questo alimento dal suono fantascientifico.

Sembra, però, che le cose stiano per cambiare, poiché la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha annunciato questa settimana che l’azienda di carne coltivata Upside Foods ha superato il primo ostacolo per raggiungere la piena commercializzazione nei mercati tradizionali.

La consultazione pre-commercializzazione della FDA con l’azienda includeva una valutazione del processo di produzione dell’azienda e del materiale cellulare in coltura prodotto dal processo di produzione, compresa la creazione di linee cellulari e banche cellulari, controlli di produzione e tutti i componenti e gli input“, si legge nel comunicato dell’ente di sanità pubblica. “Non abbiamo ulteriori domande in questo momento per trarre conclusioni sulla sicurezza dell’azienda“.

Come chiarisce l’annuncio, ciò non significa che i consumatori americani vedranno immediatamente comparire nei negozi la carne coltivata in laboratorio: “La consultazione volontaria prima dell’immissione sul mercato non è un processo di approvazione”, scrive la FDA. Invece, è la conferma che l’agenzia ha esaminato le informazioni sulla sicurezza, presentate da Upside Foods, riguardanti la sicurezza e la produzione dei prodotti a base di carne coltivata – ed ora il processo di approvazione del prodotto andrà avanti.

È senza dubbio una buona notizia per l’azienda californiana che ormai lavora per portare carne coltivata in laboratorio sul mercato ormai da cinque anni e che finora non ha potuto commercializzare i suoi prodotti. Ma Upside ha accolto con favore le indagini sulla sua attività, proponendo tour dell’azienda e lanciando una campagna di pubbliche relazioni su vasta scala in attesa dell’approvazione normativa.

Quando portiamo prodotti come questo nel mondo, ci aspettiamo che le persone facciano molte domande“, ha detto a Fast Company Uma Valeti, CEO e fondatrice di Upside Foods, nel novembre dello scorso anno. “E il modo migliore per rispondere è iniziare a parlarne ben prima che un prodotto arrivi sul mercato, demistificandolo”.

Con questa fase normativa iniziale superata, tuttavia, Upside Foods – noto come Memphis Meats fino a maggio 2021 – ha un programma intenso di ostacoli futuri da superare.

Oltre a soddisfare i requisiti della FDA, inclusa la registrazione della struttura per la parte del processo di coltura cellulare, l’azienda avrà bisogno di una concessione di ispezione da parte del Servizio di ispezione e sicurezza alimentare del Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti (USDA-FSIS) per lo stabilimento di produzione”, osserva la FDA. “Inoltre, il cibo stesso richiede un marchio di ispezione da USDA-FSIS prima che possa entrare nel mercato statunitense“.

Insomma, probabilmente ci vorrà del tempo ma entro tempi relativamente brevi potremmo avere la possibilità di scoprire se la carne di pollo cresciuto in laboratorio è davvero buonaa come è stato pubblicizzato. Fino ad allora, l’unico modo per godersi la carne di pollo senza provare sensi di colpa nel mangiare un animale è con un viaggio a Singapore, l’unico paese al mondo in cui la carne coltivata è attualmente disponibile per l’acquisto.

Tuttavia, le cose sembrano muoversi verso un futuro in cui la carne coltivata in laboratorio sarà una parte normale della vita e la FDA, a quanto pare, è totalmente d’accordo. “Poiché questo prodotto si avvicina all’ingresso nel mercato statunitense, ci stiamo coordinando strettamente con USDA-FSIS per garantire che sia adeguatamente regolamentato ed etichettato“, scrivono.

Il nostro obiettivo è sostenere l’innovazione nelle tecnologie alimentari mantenendo sempre come priorità la produzione di alimenti sicuri”, conclude il comunicato. “Il cibo umano prodotto con cellule animali coltivate deve soddisfare gli stessi severi requisiti, compresi i requisiti di sicurezza, di tutti gli altri alimenti”.

Un affollato ammasso stellare spiega una insolita onda gravitazionale

0
Un affollato ammasso stellare spiega una insolita onda gravitazionale
Un affollato ammasso stellare spiega una insolita onda gravitazionale
Migliori casinò non AAMS in Italia

Quando l’onda gravitazionale GW190521 è stata rilevata, si è distinta dalle circa 90 altre increspature nello spazio-tempo che abbiamo visto, sia per la sua immensa distanza che per le enormi masse coinvolte. Anche alcune altre caratteristiche distintive sono risultate piuttosto difficili da spiegare.

Gli astronomi stanno ora suggerendo che sia perché i buchi neri coinvolti facevano parte di un ammasso compatto. Se è così, questo potrebbe avere implicazioni molto interessanti su come vediamo l’universo primordiale.

I buchi neri coinvolti in GW190521 sono i più grandi che abbiamo rilevato in fusione, stimati da vari studi rispettivamente a 80-102 e 52-100 masse solari. Anche se diverse masse solari sono state convertite in energia e disperse nelle onde gravitazionali che abbiamo raccolto a 17 miliardi di anni luce di distanza, resterà sempre, alla fine, un unico mostruoso buco nero di circa 150 masse solari.

Questo segna il primo esempio confermato di un buco nero intermedio a lungo cercato, uno con una massa compresa tra 100 e 100.000 masse solari

Tuttavia, come sottolinea un nuovo documento, questo è ben lungi dall’essere la fine di ciò che distingue GW190521. Oltre alla sua intensità, l’onda era decisamente breve.

La maggior parte delle onde gravitazionali si verifica quando due grandi masse, siano esse buchi neri o stelle di neutroni, entrano a spirale l’una nell’altra, avvicinandosi sempre di più man mano che rilasciano energia nell’universo. Si pensa che queste inizino come stelle binarie ordinarie, con prima l’una e poi l’altra che subiscono esplosioni di supernova per lasciare dietro di sé resti straordinariamente densi.

La forma e la brevità – meno di un decimo di secondo – del segnale associato a [GW190521] ci portano a ipotizzare una fusione istantanea tra due buchi neri, avvenuta in assenza di una fase a spirale”, afferma in un comunicato il professor Alessandro Nagar dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.

In teoria, due buchi neri potrebbero scontrarsi l’uno con l’altro senza muoversi a spirale, come due persone che non guardano dove stanno andando. Tuttavia, i buchi neri sono minuscoli rispetto alle distanze tra i sistemi stellari. Durante una passeggiata casuale in un deserto remoto, di solito ci vuole più della distrazione per inciampare in qualcuno.

Nagar e coautori pensano che la spiegazione potrebbe essere che entrambi i buchi neri facevano parte di un denso ammasso stellare. Dopotutto, le collisioni sono molto più probabili per gli sbadati in una stanza affollata che in ampi spazi aperti.

Invece di essere i resti di stelle nate insieme, i due buchi neri potrebbero essersi originati in parti diverse dell’ammasso e alla fine si sono scontrati. La collisione è stata probabilmente un processo in due fasi, con un precedente incontro ravvicinato che ha posto i due buchi neri in un’orbita altamente eccentrica (orbita allungata) l’uno intorno all’altro. Come con qualsiasi danza tra due oggetti così massicci, l’orbita è prograssivamente decaduta avvicinandoli, trasformando un sorvolo in una collisione.

Se l’ipotesi fosse corretta, GW190521 sarebbe il primo esempio che abbiamo visto di un incontro dinamico tra buchi neri, qualcosa che la teoria prevede dovrebbe accadere, ma che non abbiamo mai visto.

Un ammasso denso potrebbe anche essere stato testimone di molteplici fusioni precedenti, il che spiegherebbe come entrambi i buchi neri fossero molto più grandi dei soliti prodotti di supernove con collasso del nucleo. Almeno il buco più grande è più massiccio di quanto si pensi sia possibile da un collasso stellare.

La maggior parte delle stelle nasce in ammassi densi che si disperdono gradualmente. Stelle più massicce hanno vite più brevi, il che rende plausibile che possano consumare tutto il loro idrogeno e collassare in buchi neri prima che si verifichi la diffusione. Dato quanto indietro nel tempo questo evento è avvenuto, la conferma dell’idea indicherebbe che gli ammassi stellari densi sono stati una caratteristica dell’universo quasi dall’inizio.

Un lampo di luce rilevato all’Osservatorio Palomar è stato provvisoriamente associato a GW190521, portando alla proposta che entrambi i buchi neri orbitassero attorno a uno ancora più grande, il cui disco potrebbe essere stato disturbato dalla fusione.

Lo studio è pubblicato su Nature Astronomy.

Comunicare con i gatti attraverso gli occhi

0
Comunicare con i gatti attraverso gli occhi, gatto
Migliori casinò non AAMS in Italia

I gatti hanno la reputazione di essere distaccati, quantomeno rispetto ai cani, le cui manifestazioni affettive sono spesso travolgenti. In realtà, sembrerebbe che le difficoltà nel creare un rapporto con i felini dipendano dalle modalità di comunicazione che utilizziamo.

Uno studio sembra dimostrare che non è poi così difficile comunicare con i gatti. Bisogna solo sorridergli di più. Sorridere, però, non alla maniera umana, scoprendo i denti, ma alla maniera felina: socchiudendo gli occhi e sbattendo lentamente le palpebre.

Nello studio, pubblicato nel 2020, gli scienziati hanno osservato le interazioni gatto-uomo e sono stati in grado di confermare che questo atto di sbattere lentamente le palpebre fa sì che i gatti, sia animali familiari che non familiari, si avvicinino e siano ricettivi agli umani.

Come persona che ha studiato il comportamento degli animali ed è proprietaria di un gatto, è fantastico poter dimostrare che i gatti e gli esseri umani possono comunicare in questo modo“, ha spiegato la psicologa Karen McComb dell’Università del Sussex nel Regno Unito quando i risultati dello studio studio sono stati pubblicati.

È qualcosa che molti proprietari di gatti sanno già istintivamente ma è emozionante averne trovato le prove“.

Se hai passato del tempo con i gatti, probabilmente hai visto la loro espressione facciale ad “occhi parzialmente chiusi“, accompagnata da un lento battito di ciglia. È simile a come gli occhi umani si restringono quando sorridono e di solito si verifica quando il gatto è rilassato e contento. L’espressione è interpretata come una specie di sorriso felino.

Prove aneddotiche da parte dei proprietari di gatti hanno suggerito che gli esseri umani possono copiare questa espressione per comunicare ai gatti che siamo amichevoli e aperti all’interazione. Quindi, nello studio, un team di psicologi ha progettato due esperimenti per determinare se i gatti si comportino in modo diverso nei confronti degli umani che ammiccano lentamente.

Nel primo esperimento, i proprietari hanno sbattuto le palpebre lentamente davanti a 21 gatti di 14 famiglie diverse. Una volta che il gatto si è sistemato e si è messo a suo agio in un punto del loro ambiente domestico, ai proprietari è stato chiesto di sedersi a circa un metro di distanza e di battere le palpebre lentamente quando il gatto li stava guardando.

Le telecamere hanno registrato sia il volto del proprietario che quello del gatto e i risultati sono stati confrontati con il modo in cui i gatti ammiccano senza interazione umana.

I risultati hanno mostrato che i gatti hanno maggiori probabilità di battere le palpebre lentamente verso i loro umani dopo che i loro umani lo hanno fatto verso di loro, rispetto alla condizione di non interazione.

Il secondo esperimento includeva 24 gatti di otto diverse famiglie. Questa volta, non sono stati i proprietari a battere le palpebre, ma i ricercatori, che non avevano avuto contatti precedenti con il gatto. Per un controllo, i gatti sono stati registrati mentre rispondevano a una condizione senza battito di ciglia, in cui gli umani fissavano i gatti senza battere ciglio.

I ricercatori hanno eseguito lo stesso processo di battito lento del primo esperimento, aggiungendo una mano tesa verso il gatto. E hanno scoperto che non solo i gatti battevano a loro volta le palpebre più frequentemente, ma che erano più propensi ad avvicinarsi alla mano dell’umano dopo che l’umano aveva battuto le palpebre.

Questo studio è il primo a indagare sperimentalmente il ruolo dell’ammiccamento lento nella comunicazione uomo-gatto“, ha detto McComb. “Ed è qualcosa che puoi provare tu stesso con il tuo gatto a casa o con i gatti che incontri per strada. È un ottimo modo per rafforzare il legame che hai con i gatti. Prova a socchiudere gli occhi come faresti in un ambiente rilassato e sorridi, chiudendo poi gli occhi per un paio di secondi. Scoprirai che anche loro rispondono allo stesso modo e puoi iniziare una sorta di conversazione“.

I cani sono molto più entusiasti di comunicare che non i gatti, ma per gli amanti dei gatti, questo fenomeno di comunicazione attravreso il battito lento delle ciglia potrebbe non essere una sorpresa.

La ricerca degli ultimi anni ha dimostrato che i nostri amici felini sono molto più in sintonia con i loro coinquilini umani di quanto si pensasse in precedenza, e che confrontarli con i cani è sbagliato.

I gatti, ad esempio, rispondono allo stesso modo agli umani che sono ricettivi nei loro confronti, quindi se trovi i gatti scostanti, potrebbe essere un tuo problema, non gatto.

Allo stesso modo, i gatti rispecchiano i tratti della personalità degli umani con cui vivono: questo potrebbe essere correlato al motivo per cui i gatti sembrano reagire quando i loro umani sono tristi. Possono anche riconoscere i loro nomi (sebbene scelgano di ignorarli per la maggior parte del tempo). E i loro legami con i loro umani sono sorprendentemente profondi.

È difficile sapere perché i gatti ammiccano lentamente agli umani in questo modo. È stato interpretato come un mezzo per segnalare intenzioni benigne, poiché si pensa che i gatti interpretino lo sguardo fisso come minaccioso.

Ma è anche possibile che i gatti abbiano sviluppato l’espressione poiché gli umani rispondono positivamente ad essa. Con gli animali domestici, spesso è impossibile dirlo.

Per fare ancora un paragone con i cani, è indubbio che la nostra continua interazione con loro che perdure da almeno 50 mila anni, li ha resi più abili a comunicare con noi grazie ad una vera e propria selezione genetica.

Ad ogni modo, battere lentamente le palpebre sembra aiutare a creare un rapporto con i gatti. E questa è una buona cosa da sapere. Imparare a migliorare le nostre relazioni con questi animali enigmatici potrebbe anche essere un modo per migliorare la loro salute emotiva, non solo nell’ambiente domestico, ma in una serie di situazioni potenzialmente stressanti.

La ricerca è stata pubblicata su Scientific Reports.

Missione da record per l’aereo spaziale segreto degli USA

0
Missione da record per un aereo spaziale segreto degli USA
Twitter
Migliori casinò non AAMS in Italia

Missione da record per l’aereo spaziale segreto degli USA.

Stiamo parlando dell’aereo spaziale X-37B che è atterrato senza equipaggio presso la Kennedy Space Station della NASA lo scorso 12 novembre dopo aver trascorso un record di 908 giorni in orbita. Il velivolo ha concluso la sesta missione che esso e un altro veicolo identico hanno completato dal primo volo nel 2010.

Dettagli sulle sue attività durante il i viaggi da record sono scarsi, ma i funzionari affermano che stava conducendo una serie di esperimenti scientifici a circa 249 miglia (400 chilometri) sopra la Terra. L’X-37B è stato inizialmente progettato da Boeing per la NASA, prima di essere adattato per l’uso da parte delle forze armate statunitensi. È un ibrido aereo-veicolo spaziale che per molti versi ricorda uno space shuttle in miniatura.

Aerepo spaziale USA: che cos’è realmente l’X-37B

Come informa Space.com, l’aereo spaziale è un ibrido aereo-veicolo spaziale che per molti versi ricorda uno space shuttle in miniatura. Per la sua sesta missione, classificata come Orbital Test Vehicle-6 (OTV-6), è stato lanciato verticalmente mentre era appollaiato su un razzo Atlas V nel maggio 2020. L’aereo spaziale ha trascorso circa 10 anni in orbita in tutte le sue missioni, coprendo circa 1,3 miliardi di miglia (2,1 miliardi di km). Il nuovo volo di 908 giorni infrange il record di 780 giorni per un aereo spaziale in orbita continua, stabilito anche dall’X-37B durante una precedente missione.

Fritschen: “Oltre i confini della sperimentazione”

Il tenente colonnello Joseph Fritschen, direttore del programma X-37B presso l’Air Force Rapid Capabilities Office ha dichiarato in una nota: “L’X-37B continua a spingere i confini della sperimentazione, reso possibile da un governo d’élite e da un team industriale dietro le quinte”. Fritschen ha proseguito: “La capacità di condurre esperimenti in orbita e riportarli a casa sani e salvi per analisi approfondite a terra si è dimostrata preziosa per il Dipartimento dell’Aeronautica Militare e per la comunità scientifica. L’aggiunta del modulo di servizio su OTV-6 ci ha permesso di ospitare più esperimenti che mai”.

Poche informazioni sugli esperimenti

La United States Space Force ha rivelato solo poche informazioni sugli esperimenti condotti a bordo del velivolo durante il suo volo più recente. Questi includono un test del Laboratorio di ricerca navale degli Stati Uniti che ha raccolto con successo la luce dal sole prima di trasmetterla alla Terra sotto forma di microonde; e il dispiegamento di un satellite di addestramento a guida elettromagnetica progettato dai cadetti dell’aeronautica americana. La NASA ha anche fornito un esperimento, chiamato Materials Exposure and Technology Innovation in Space (METIS-2), che ha studiato gli effetti dello spazio su diversi materiali.

Non sono stati rivelati altri dettagli degli esperimenti a bordo, anche se questo non ha impedito ai rivali di impegnarsi in speculazioni.

Dmitry Rogozin, l’ex capo dell’agenzia spaziale russa Roscosmos, ha affermato in un’intervista di aprile al canale di notizie statale russo Russia-24 che il velivolo potrebbe essere utilizzato per lo spionaggio o per il trasporto di armi di distruzione di massa.

L’esperto militare e commentatore cinese Song Zhongping ha fatto eco a questo sentimento, raccontando al South China Morning Post che la capacità del velivolo di alterare la sua orbita durante il volo gli ha dato la possibilità di spiare altri satelliti o bersagli terrestri, nonché di lanciare attacchi dall’orbita.

Song: “L’X-37B può essere caricato anche con armi”

Song ha spiegato: “Se l’X-37B può essere caricato con piccoli satelliti, può anche essere caricato con armi”. Ha inoltre aggiunto che il velivolo potrebbe anche essere dotato di bracci robotici “per catturare altri satelliti in orbita”.

L’ex funzionario del Pentagono Heather Wilson ha anche rimarcato la capacità del velivolo di alterare la sua orbita, una capacità che secondo lei è dovuta alla significativa resistenza generata dalla sua bassa orbita terrestre.