Le deiezioni canine e la cura della cataratta

Come l'insofferenza alla puzza delle feci dei cani ha portato ad una nuova cura per la cataratta ovvero le tortuose strade della scienza.

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Siamo negli Anni Venti dello scorso secolo e il  chimico  tedesco Otto Rohm per primo riesce   a trasformare  monomeri (molecole semplici) allo stato  liquido nelle lastre chiare e trasparenti di un polimero.
Rohm aveva inventato  il Plexiglas o polimecratilato di metile, ovvero un polimero con caratteristiche molto  speciali. La cosa  più sorprendete di questa invenzione è che probabilmente  tutto nasce dall’insofferenza per  il cattivo odore delle deiezioni canine.
Nel 1904 infatti Rohm lavorava nell’azienda municipalizzata del gas di Stoccarda ed il  suo ufficio era a poche decine di metri da una conceria. Da li perveniva il fastidioso, cattivo odore dovuto al trattamento delle pelli effettuato immergendole in vasche di  cacca canina fermentata.
Il  nostro  buon Otto si disse che doveva  esistere una soluzione alternativa per evitare le offese olfattifere  di quel  procedimento.  Ben presto Rohm individuò un conciante sintetico che chiamò Oropon.  Il successo commerciale fu impetuoso ed il nostro Otto fondò insieme ad un’altro  Otto (Haas) la società commerciale “Rohm  e Hass Company” che fece affari d’oro grazie al brevetto di Rohm.
Proseguendo nel solco di questa  prima scoperta Rohm riuscì negli anni Venti ad inventare il Plexiglas un  polimero trasparente e molto resistente. Il  nostro intraprendente chimico fu uno dei primi a sfoggiare un paio di occhiali da vista con lenti acriliche invece che di vetro.
La scoperta del Plexiglas e delle sue caratteristiche ingolosì ben presto le forze armate aeree sia tedesche, Luftwaffe, che inglesi,  RAF. L’idea era quella di sostituire i parabrezza ed i finestrini degli aerei con il resistentissimo Plexiglas. Purtroppo   la “materia prima” necessaria alla sua costruzione,  il metacrilato di metile aveva costi produttivi proibitivi e questo rallentò l’idea di utilizzarlo per le flotte aeree  militari.
Il  problema fu risolto da William Chalmers che trovò il modo di produrre il metacrilato di metile con acetone e acido cianidrico due sostanze a buon mercato. Il  materiale risultante fu battezzato come Perpex.
Perpex e Plexiglas furono adottati e montati, sin dal 1936,  sia sugli Spitfire inglesi che sugli aerei da combattimento tedeschi. Si trattò di un netto miglioramento rispetto ai tettucci ed ai finestrini in vetro, ma nonostante la loro robustezza, sia il  Perpex, come lo chiamavano gli anglosassoni, che il Plexiglas  come  lo chiamavano i tedeschi, era tutt’altro che indistruttibile. Una raffica diretta aveva  il potere di mandarlo in frantumi e disseminare di piccole schegge tutto l’abitacolo.
E spesso queste piccole schegge di perpex colpivano gli occhi dei piloti o degli altri membri dell’equipaggio. Ed a questo punto entra  in scena un oculista britannico Harold Ridley che curando i piloti feriti si rese conto che questi piccoli frammenti di perpex, contrariamente a qualunque altro materiale che penetra  in un occhio umano non creavano alcuna irritazione. 
Ridley allora ebbe un’idea straordinaria.  Quel materiale cosi innovativo poteva essere usato per curare la cataratta, quel deposito opaco che si forma  nel cristallino dell’occhio, soprattutto quando si invecchia. Fino a quel momento la cataratta era curata chirurgicamente rimuovendo il cristallino e fornendo il paziente di occhiali con lenti molto spesse per sopperire al calo visivo.
Nel 1949 Ridley effettuò il primo  impianto  di lente  artificiale in Perpex con successo, soltanto che le tecniche operatorie del tempo non erano ancora sufficientemente evolute e spesso sorgevano complicazioni post-operatorie.
Ridley però aveva dimostrato che i problemi di rigetto con  il Perpex  erano superati.
Sarà l’oftalmologo Cornelius  Binkhorst   qualche anno dopo a migliorare  la tecnica operatoria compiendo una rivoluzione nel campo della  cura della  cataratta. Con il  passare degli anni gli affinamenti della  strumentazione, dei materiali e delle tecniche operatorie hanno fatto si che questa  operazione  a bassa invasività, che non richiede  neppure  punti di sutura, duri circa un quarto d’ora e lasci il paziente  di tornare a casa, in assenza di complicazioni,  al massimo due ore  dopo l’intervento.
E tutto questo, se ci pensiamo bene, grazie al fastidio provocato a Otto Rohm dalla  puzza della cacca dei cani.

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