La leggenda della Utsuro-buna

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di Oliver Melis

La storia ambientata nella provincia di Hitachi (Giappone centrale) nel 1803 vede come protagonisti un gruppo di pescatori giapponesi, che ebbero un incontro con una “Utsuro-buna” sulle spiagge di Haratono-hama. La Utsuro-buna o “imbarcazione vuota” appariva come una barca circolare di tronchi decorata, larga circa 6 metri e alta circa 4 metri. A prima vista, secondo i pescatori era fatta di legno di sequoia o palissandro e adornata con lastre di bronzo nella sua metà inferiore, con diverse finestre trasparenti intorno alla sua metà superiore.

I pescatori dopo averla trascinato a riva guardarono attraverso le finestre e videro che le pareti erano ricoperte da strani testi scritti in una lingua sconosciuta. Conteneva oggetti, cibo e vestiti e, con loro grande sorpresa, all’interno c’era anche una bella donna straniera di circa 20 anni carnagione pallida e capelli rossi. La donna vestiva abiti eleganti, di origine sconosciuta, e il suo linguaggio era sconosciuto, quindi i pescatori non furono in grado di comunicare con lei, che, nonostante ciò, rimaneva amichevole e cortese.

La donna aveva con sé una scatola di forma quadrata, che proteggeva dai pescatori, nonostante la loro curiosità. Dopo il breve incontro i pescatori lasciarono libera la strana imbarcazione che tornò da dove era venuta. I pescatori non sapevano nulla della provenienza della donna e dell’imbarcazione ma un vecchio del villaggio dei pescatori raccontò che la donna era una principessa di una terra straniera, che aveva tradito il suo potente marito con altri cittadini. Il vecchio suggerì che, a causa della sua bellezza, era amata dalla gente, e sebbene suo marito avrebbe potuto giustiziarla per questo torto, misericordiosamente la bandì e la lasciò al suo destino.

Questa è solo una delle versioni della storia, infatti tra i testi antichi ci sono tre versioni più conosciute contenute in tre libri: Toen shsetsu  (“racconti dal giardino dei conigli“), composto nel 1825 da Kyokutei Bakin, Hy ry kish  (“diario e storie dei naufraghi“), composto durante il periodo Edo nel 1835 da un autore sconosciuto, e Ume-no-chiri (‘polvere dell’albicocca‘), composto nel 1844 da Nagahashi Matajir.



Toen shsetsu  è la versione più dettagliata e più citata della storia, anche se tra loro vi è una somiglianza sorprendente.
Il racconto, abbastanza moderno e con un alto livello nei dettagli che suggerirebbe la possibilità che la storia sia realmente accaduta, inoltre imbarcazioni simili erano abbastanza comuni all’epoca. L’imbarcazione era dotata secondo i pescatori di sistemi che le avrebbero permesso di sopravvivere a un lungo viaggio in mare piuttosto che in un fiume.

Queste storie, però, spesso attirano l’attenzione per la loro particolarità, infatti qualcuno non si è lasciato certamente sfuggire un dettaglio: la forma dell’imbarcazione della storia è circolare come circolari sono molti UFO che vengono segnalati, quindi qualcuno ha trovato facile affermare che siamo di fronte al racconto di un incontro con un essere extraterrestre ante litteram, come dice qualche ufologo colto.

L’equivoco nasce dal fatto che non sappiamo se la storia sia realmente accaduta o ci troviamo dinnanzi a un racconto allegorico che può essere trasformato in un racconto ufologico.
Da dove nasce la teoria che la Utsuro-buna sia un qualche velivolo extraterrestre? Naturalmente dai simboli che i pescatori raccontarono di aver visto che vennero in seguito trascritti nei libri che abbiamo citato. Per alcuni la foggia dei vestiti della ragazza sarebbe aliena e i simboli riscontrati simili a quelli osservati nello scafo della nave spaziale coinvolta nell’incidente di Rendlesham forest che abbiamo visto essere una bufala.

Per molti studiosi la storia di Utsuro-buna non è altro che una fusione di molte leggende giapponesi e cinesi, nel 1997 un professore della Gifu University di Tokyo, il Dr. Kazuo Tanaka, studiò la leggenda di Utsuro-bune basandosi su un lavoro precedente dallo storico giapponese Yanagida Kunio eseguito nel 1925 e nel 1962 che sottolineava che nelle versioni più antiche l’imbarcazione non presentava nessuna cupola o altri dettagli come finestre e tavole di bronzo aggiunti in seguito per smentire gli scettici sulla scarsa capacità di navigazione dell’imbarcazione.

Tanaka conclude che la storia non è altro che una ( relativamente) moderna rivisitazione di un’antica allegoria, affermando inoltre che le località citate, Haratono-hama e Harayadori, sono interamente fittizie e che alcuni elementi della storia sono quasi archetipici nei confronti degli atteggiamenti giapponesi nei confronti degli stranieri nell’antichità.

Fonti: Mysteriousuniverse.org; Mistero risolto; Wikipedia.

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