Il Terzo Reich ed i medici

Con un’ordinanza nazionale del 1935 a cui seguì lo statuto professionale nel 1937 i medici persero del tutto ogni autonomia professionale

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Con la presa del potere da parte dei nazisti, le professioni intellettuali persero rapidamente status sociale ed economico. L’avvio di questo processo, che si completò nel biennio 1933-1934, prese il via dall’arianizzazione delle università in seguito all’espulsione dei docenti ebrei a cui segui quella dei professori vicini ideologicamente ai socialdemocratici ed ai comunisti.

Giudici, avvocati, professori, maestri, funzionari pubblici subirono un ridimensionamento sociale soltanto parzialmente compensato dalle opportunità di carriera che si aprivano nelle file delle SS. L’anti intellettualismo ed il populismo dei nazisti danneggiarono inevitabilmente il settore professionale come testimonia il drastico calo delle iscrizioni universitarie registrate durante il potere nazista.

L’autonomia dei diversi gruppi professionali era stata duramente intaccata, tutte le associazioni di categoria furono sciolte e poste sotto un rigido controllo nazista. Persino i medici, probabilmente la categoria professionale più avvantaggiata del Terzo Reich, subì pesantissime intromissioni.

Con un’ordinanza nazionale del 1935 a cui seguì lo statuto professionale nel 1937 i medici persero del tutto ogni autonomia professionale

Non solo i dottori dovevano tempestivamente informare la Camera Nazionale dei Medici, fondata nel 1936, di ogni cambiamento della propria situazione professionale ma dovevano violare l’obbligo di riservatezza medico-paziente in caso di alcolismo, malattie invalidanti congenite ed ereditarie e malattie trasmissibili sessualmente.

Inoltre, tutti indistintamente erano tenuti a seguire corsi di aggiornamento sull’igiene razziale e la biologia ereditaria. Solo nel 1936 li dovettero seguire 5000 dottori che dovevano sorbirsi l’indottrinamento ideologico di funzionari di partito che non avevano alcuna competenza in campo medico.

Un colpo ancora più duro alla dignità professionale della classe medica fu il sostanziale appoggio del regime verso coloro che esercitavano la professione medica senza averne titolo, veri e propri ciarlatani che in Germania nel 1935 ammontavano a 14.000, tre ogni dieci medici laureati. Il problema era costituito dal fatto che molti gerarchi nazisti, ad iniziare da Hitler, vedevano con simpatia la cosiddetta “medicina alternativa”.



Addirittura nel febbraio del 1939 il regime obbligava i ciarlatani ad iscriversi all’Unione Guaritori Naturali della Germania, di fatto parificandoli ai medici. Questa perdita di prestigio professionale fu in parte compensata dall’aumento di potere che la classe medica si trovò ad esercitare, per conto del regime, sui cittadini del Reich.

Per un regime che indicava nell’idoneità della razza un cardine fondamentale era necessario acquisire certificazioni mediche sia sposarsi che per il servizio militare. Da questo punto di vista non si può dire che la classe medica si trovasse ad affrontare una tema nuovo, le teorie sull’igiene razziale circolavano già negli ultimi anni della Repubblica di Weimar ed erano patrimonio comune anche di alcuni professori e medici di sinistra.

Dopo il 1937 il reddito annuo lordo dei medici subì un’impennata verso l’alto passando da 9.000 marchi del 1933 a 14.000 di quattro anni dopo, per sfiorare i 20.000 marchi nel 1939. Questo aumento del reddito era dovuto in parte alla ripresa economica, in parte a fondi statali riversati nella casse previdenziali ed assistenziali ed in parte all’aumento del parco pazienti dovuto anche qui all’estromissione dalla professione dei medici ebrei.

I medici inoltre era necessari e richiesti dallo Stato Nazista soprattutto nelle forze armate che ormai si stavano preparando da alcuni anni alla guerra, oltre che da una serie di organizzazioni di partito a cominciare dalla Hitlerjugend. Per la loro acquiescenza al regime una parte di questi medici subirà un processo a Norimberga dopo la disfatta militare del Reich.

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