Forse scoperta una giovanissima stella di neutroni dentro la Supernova 1987A, esplosa nel 1987

Le osservazioni del radio telescopio ALMA evidenziano l'esistenza di una macchia all'interno della supernova 1987A, assimilabile a una stella di neutroni

0
2683
Indice

Durante una conferenza, tenutasi nell’autunno del 1967, il noto fisico quantistico di Princeton, John Archibal Wheeler, stava tenendo una lezione sulle pulsar nella quale sosteneva che il loro interno poteva essere costituito da quello che definì un “oggetto gravitazionalmente completamente collassato”. Questo termine per spiegare il fenomeno non era però considerato tra i più appropriati, quindi, dal pubblico qualcuno propose di chiamare questo oggetto con il nome di buco nero, generando quindi il nome di uno dei più paradossali oggetti dell’universo.

La prima esplosione di una supernova visibile in età moderna, dopo quella del 1604, è stata rilevata nei primi mesi del 1987, e, trattandosi del primo fenomeno dell’anno, per essa fu coniato il termine Supernova 1987A (SN 1987A).

A partire dal 1987, e fino ai giorni nostri, gli astronomi sono sempre andati alla ricerca di un oggetto compatto mancante che si sarebbe dovuto formare dentro i resti dell’esplosione della Supernova 1987A, chiedendosi se invece che in una stella di neutroni, essa non fosse collassata in un buco nero. È stato quindi avviato, in questi 33 anni, uno studio, sia sperimentale che teorico, basato sulle osservazioni effettuate dal Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA). Secondo gli scienziati vi sono delle evidenze che portano a ipotizzare che dentro i resti della stella esplosa possa nascondersi una stella di neutroni – la più giovane stella di neutroni conosciuta finora.

Dal momento che sulla Terra i primi neutrini furono rilevati il 23 febbraio 1987, gli astronomi si aspettavano che all’interno della stella collassata si fosse formata una stella di neutroni. Ma poiché non si erano avute evidenze di questo tipo di stella, gli scienziati iniziarono a ipotizzare che potesse trattarsi di quell’“oggetto gravitazionalmente completamente collassato”, descritto da Wheeler nel 1967. Per decenni la comunità scientifica ha atteso con impazienza un segnale da questo oggetto nascosto dietro una nuvola di polvere molto spessa.

Recentemente, alcune osservazioni provenienti dal radio telescopio ALMA hanno dato le prime indicazioni della stella di neutroni mancante che si sarebbe formata dopo l’esplosione. Immagini ad elevata risoluzione hanno evidenziato l’esistenza, all’interno della SN 1987A, di una macchia (chiamata blob), che risulta essere più luminosa del resto della polvere circostante e la cui posizione collima con le previsioni effettuate sulla stella di neutroni.



Mikako Matsuura, uno dei componenti del gruppo che ha scoperto la macchia, afferma di essere stata molto sorpresa nel vedere questa macchia, costituita da una spessa nuvola di polvere, tra i resti della supernova. La forte intensità luminosa della polvere all’interno della nuvola, non può che derivare dal surriscaldamento di qualcosa; ciò ha spinto i ricercatori a ipotizzare l’esistenza di una stella di neutroni nascosta all’interno della stessa nuvola.

70 SN1987A 01

Le immagini ad alta risoluzione del radio telescopio ALMA, riportate nella figura, rivelano la presenza della macchia calda dentro la nuvola di polvere della Supernova 1987A; la posizione della macchia potrebbe coincidere con la posizione della stella di neutroni. Il colore rosso si riferisce alla polvere e al gas freddo presenti nel centro dei resti della supernova, rilevati con ALMA alle lunghezze d’onda radio. Le tonalità verdi e blu si riferiscono invece alle collisioni tra l’onda d’urto in espansione, proveniente dall’esplosione della stella, e un anello di materia attorno alla supernova. Il verde rappresenta il bagliore della luce visibile, rilevato dal Telescopio Spaziale Hubble della NASA. Il colore blu, invece, riguarda il gas più caldo e si riferisce ai dati provenienti dal Chandra X-ray Observatory della NASA. Inizialmente la luce dell’anello proveniva dal lampo creato dall’esplosione della supernova. Con il passare degli anni, la collisione dell’onda d’urto dell’esplosione con il materiale circostante ha prodotto risultati via via sempre più chiari.

Nonostante la piacevole sorpresa, il gruppo di Matsuura aveva delle perplessità sull’intensità luminosa della macchia, che sembrava non essere appropriata a una stella di neutroni. Contemporaneamente però un astrofisico della National Autonomous University of Mexico, Dany Page, aveva pubblicato uno studio nel quale si confermava che la stella di neutroni possa avere effettivamente quella luminosità poiché si tratta di una stella abbastanza giovane.

Nello studio teorico pubblicato lo scorso 31 luglio nel The Astrophysical Journal, Dany Page spiega che nonostante la complessità legata all’esplosione di una supernova e alle estreme condizioni che si realizzano all’interno di una stella di neutroni, la scoperta di una macchia calda di polvere rappresenta la conferma di molte previsioni, tra le quali ricordiamo quelle del gruppo di ricerca che utilizza il telescopio ALMA.

Le previsioni cui fa riferimento Page sono attinenti alla localizzazione e alla temperatura della stella di neutroni. Secondo i modelli sviluppati al computer, l’esplosione della supernova avrebbe lanciato via la stella di neutroni a una velocità di centinaia di chilometri al secondo (decine di volte superiore a quella del più veloce dei razzi). La macchia scoperta si trova esattamente nel posto in cui gli astronomi ipotizzano si possa trovare la stella di neutroni. E la temperatura della stella di neutroni, ipotizzata intorno ai 5 milioni di gradi Celsius, è compatibile con la quantità di energia necessaria per spiegare l’intensità luminosa della macchia.

L’energia di una pulsar dipende dalla sua velocità di rotazione (lo spin) e dall’intensità del suo campo magnetico, grandezze queste che dovrebbero avere dei valori molto precisi per poter essere osservati, mentre l’energia termica emessa dalla superficie calda di una stella di neutroni giovane si adatta naturalmente ai dati.

Questa situazione suggerisce che, contrariamente alle aspettative comuni, la stella di neutroni – una sfera di materia ultra densa, ampia 25 chilometri ed estremamente calda – non può essere una pulsar. Questa stella di neutroni, con i suoi 33 anni rappresenta la più giovane stella di neutroni mai trovata. La seconda più giovane stella di neutroni di cui abbiamo conoscenza è localizzata tra i resti della supernova Cassiopea A e ha un’età di 330 anni.

Un membro del team di ricerca di Page, James Lattimer della Stony Brook University di New York, afferma che la stella di neutroni si comporta esattamente secondo le previsioni. Lo stesso Lattimer aveva già pubblicato, prima della scoperta della SN 1987A, delle previsioni su segnali di neutrino provenienti da una supernova, che successivamente erano state conformi alle osservazioni. La presenza di questi neutrini escludeva la formazione di un buco nero, e inoltre è alquanto difficile pensare di associare la luminosità della macchia a un buco nero. Dopo aver analizzato tutte le possibilità si è quindi dedotto che l’unica spiegazione legata alla luminosità della macchia fosse l’esistenza di una stella di neutroni calda.

Ovviamente, una prova definitiva dell’esistenza della stella di neutroni può derivare solo da un’immagine diretta; ma per ottenere questo obiettivo gli astronomi devono attendere ancora alcuni decenni, il tempo necessario affinché la polvere e il gas presenti nei resti della supernova diventino più trasparenti.

Anche se diversi telescopi hanno realizzato delle immagini della SN 1987A, nessuno di questi è riuscito a osservare il suo interno con la precisione raggiunta dal telescopio ALMA. Le recenti osservazioni di ALMA (in 3 dimensioni) hanno inoltre mostrato le tipologie di molecole presenti nei resti della supernova e hanno confermato che essa ha prodotto delle ingenti quantità di polvere.

La scoperta si basa su anni di osservazioni di ALMA, capace di mostrare l’interno della supernova in dettagli sempre più precisi grazie ai continui miglioramenti apportati al telescopio e al miglioramento delle tecniche di analisi dei dati.

Fonte: The Astrophysical Journal

2