La (quasi) bufala della termoablazione come terapia rivoluzionaria per i tumori

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Periodicamente, qualcuno torna a riproporre su Facebook una notizia, pubblicata su alcuni quotidiani nazionali, secondo la quale l’ospedale di Chioggia avrebbe effettuato il primo intervento in Italia per rimuovere un tumore al fegato tramite la tecnica della termoablazione. Una tecnica che, secondo chi ha scritto l’articolo, costituisce una novità assoluta per l’Italia in particolare e per la terapia dei tumori in generale. Ovviamente, alla notizia viene associata sistematicamente l’informazione che tale tecnica viene tenuta nascosta e non pubblicizzata perchè, a fronte di un sistema rapido e quasi indolore per eliminare qualsiasi tumore, la lobby dei farmaci, individuata nell’onnipresente “Big Pharma” conviene poter continuare a vendere i farmaci chemioterapici.

Ad una prima occhiata la notizia è accattivante e, complice la cattiva memoria che abbiamo, sembra davvero una gran novità ma, leggendo con attenzione l’articolo collegato alla notizia, la prima cosa che si nota è che risale al 2016, non si tratta quindi di una novità di oggi ma, semmai, di qualche tempo fa.

Se l’incongruenza stimolasse la curiosità di un nostro amico, questi, con un uso corretto di Google search, potrebbe scoprire rapidamente la verità sull’articolo in questione: la termoablazione, pur essendo una tecnica di lotta ai tumori abbastanza recente, è ben nota e comunemente utilizzata nei casi per i quali è indicata e l’articolo in questione per “prima volta” intendeva che la tecnica indicata era stata usata si per la prima volta ma la prima volta per l’ospedale di Chioggia.

Un ulteriore approfondiento potrebbe portare il nostro amico curioso a consultare il sito dell’AIRC e a scoprire una verità non così rivoluzionaria.

Vediamo quindi cosa ci dice l’AIRC in materia di termoablazione:



Il calore che distrugge il tumore

Il termine “termoablazione” significa letteralmente “distruzione attraverso il calore” e in medicina identifica anche una delle opzioni terapeutiche disponibili contro il cancro. Non si tratta in realtà di una tecnica nuova in oncologia, dal momento che le prime termoablazioni percutanee, ovvero eseguite “attraversando la pelle” senza far ricorso alla classica chirurgia, risalgono agli anni ’90 del secolo scorso. Nel corso degli anni, però, i progressi in campo tecnologico e la maggiore comprensione dei meccanismi fisici e biologici alla base della termoablazione hanno reso la terapia sempre più precisa, efficace e sicura.

Due sono le forme di termoablazione più utilizzate oggi nella cura dei tumori: quella a radiofrequenza e quella con microonde. Semplificando molto, è importante sottolineare che la principale differenza tra le due termoablazioni è rappresentata dal tipo di “onde” utilizzate per generare calore, che nel primo caso sono onde radio e nel secondo microonde, che hanno una lunghezza d’onda molto inferiore alle prime. Nella termoablazione a radiofrequenza, una corrente alternata ad alta frequenza crea temperature comprese tra 60 e 100 °C, mentre con le microonde si generano campi magnetici che fanno salire la temperatura oltre i 100 °C.

Come e perché funziona

Come fa il calore a distruggere il cancro? Tutte le nostre cellule sono sensibili al calore e le cellule tumorali lo sono ancora di più: per indurre un danno irreversibile alla struttura e al funzionamento cellulare con una temperatura di circa 40-45 °C servono tempi lunghi, dai 30 ai 60 minuti, ma se la temperatura sale oltre i 60 °C si assiste a una rapida distruzione delle proteine che si rivela tossica per la cellula e ne causa la morte per necrosi. In particolare, con la termoablazione si causano al tumore danni diretti che distruggono l’integrità delle membrane delle cellule e degli organelli in essa presenti e rallentano o bloccano del tutto la replicazione del DNA. Non mancano però anche i danni indiretti (e voluti): anche dopo la termoablazione si osservano danni a cellule e tessuti che vanno dall’apoptosi (morte cellulare programmata), a danni che interessano i vasi sanguigni che nutrono il tumore. Negli ultimi anni è inoltre emerso un altro punto di forza della termoablazione che consiste nella sua capacità di causare infiammazione e di stimolare quindi il sistema immunitario a reagire contro le cellule tumorali ancora presenti nell’area.

La tecnica presenta però anche alcuni limiti che non la rendono adatta all’uso per tutti i tipi di tumore. Innanzitutto il calore è più concentrato nella parte più interna del tumore, ma diventa sempre meno “letale” man mano che ci si allontana dal centro e inoltre, soprattutto con la radiofrequenza, c’è il rischio che il calore si disperda attraverso il sangue o l’aria contenuta nei tessuti (per esempio quello polmonare) rendendo la tecnica meno efficace. Sono oggi in fase di studio diverse strategie per superare tali problemi: associando per esempio tecniche o farmaci che bloccano il flusso sanguigno si riesce a ridurre la dispersione del calore nella termoablazione a radiofrequenza.

Per molti ma non per tutti

L’intervento di termoablazione del tumore avviene mediante l’utilizzo di uno speciale “ago, un elettrodo, che viene inserito attraverso la pelle fino a raggiungere il tumore, in un viaggio guidato da ecografia, tomografia computerizzata o risonanza magnetica, per permettere un posizionamento estremamente preciso. L’intervento dura pochi minuti (tra 10 e 30) e pur non essendo un’operazione chirurgica classica, richiede l’uso di anestesia, a volte anche generale. Rispetto ai decenni passati, oggi la tecnica può essere utilizzata in un numero più ampio di tumori, anche benigni, ma in molti casi non viene presa in considerazione poiché si rivelerebbe inefficace. Un primo criterio di scelta è senza dubbio il tipo di tumore. La termoablazione nasce come terapia per il tumore del fegato e ancora oggi il fegato è uno degli organi nei quali il trattamento è più utilizzato, sia nel caso di malattia primaria (ovvero originaria del fegato) sia nel caso di metastasi . Altri tumori contro i quali la termoablazione ha un ruolo importante sono quelli del polmone, dei reni e delle ossa e più recentemente anche quelli di seno, surrene e testa-collo. Ma anche fra questi tipi di tumore non tutti sono adatti a essere trattati con il calore, che viene in genere riservato ai tumori di dimensioni ridotte (in genere non superiori ai 5 cm) o che si trovano in aree non operabili chirurgicamente, oppure a pazienti che, per diverse ragioni, non possono essere sottoposti a chirurgia. Molti esperti ritengono che la termoablazione rivestirà un ruolo sempre più importante in oncologia in futuro dal momento che sono sempre di più i tumori diagnosticati in fase iniziale – e quindi ancora di piccole dimensioni – e sono sempre più numerosi i pazienti anziani, nei quali gli interventi chirurgici tradizionali spesso risultano troppo rischiosi.

In conclusione

La termoablazione rappresenta ormai da oltre due decenni una delle possibili terapie per il trattamento del cancro, ma non è sempre utilizzabile e, almeno allo stato attuale delle conoscenze e delle tecnologie, non può sostituire la chirurgia o eliminare le altre terapie cosiddette tradizionali, come chemioterapia e radioterapia. La termoablazione viene oggi riservata a tumori piuttosto piccoli, non operabili o a pazienti particolarmente fragili e non in grado di sottoporsi a un intervento chirurgico. Rispetto alla chirurgia tradizionale presenta il vantaggio di dare meno complicanze, riuscire a preservare meglio i tessuti che circondano il tumore, ridurre i tempi e i costi del ricovero in ospedale e trattare pazienti che non potrebbero altrimenti essere trattati.

Ci sono però anche svantaggi come la non completa rimozione del tumore e il conseguente possibile ritorno della malattia, anche se l’efficacia varia notevolmente in base al tipo di tumore e di termoablazione. Attualmente mancano studi di confronto diretto che possano stabilire con certezza se l’efficacia della termoablazione è paragonabile a quella della più classica chirurgia nella cura del cancro.

L’idea di evitare il bisturi è chiaramente benvoluta dai pazienti. Questo ha generato l’offerta di un gran numero di trattamenti non scientificamente validati e proposti da strutture non specializzate che promettono addirittura di eliminare il tumore una volta per sempre e di evitare anche la chemioterapia.

Purtroppo, malgrado gli indubbi sviluppi tecnologici della termoablazione, la medicina è ancora ben lontana dall’ottenere risultati di questo genere.

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