Il Virus del Nilo occidentale

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In questi giorni le cronache italiane ci informano di un certo numero di casi, seguiti, purtroppo, anche da ben 12 decessi, di “virus del Nilo occidentale” che si sono verificati in Veneto. Cos’è il Virus del Nilo occidentale? Come si prende? Quanta paura bisogna averne?

La febbre del Nilo occidentale (West Nile Fever), ci spiega il sito dell’Istituto Superiore di Sanità, è una malattia provocata dal virus West Nile (West Nile Virus, Wnv), un virus della famiglia dei Flaviviridae isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, nel distretto West Nile da cui prende il nome. Il virus è diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America.

I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare (più frequentemente del tipo Culex), le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo. Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto più rari, sono trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. La febbre West Nile non si trasmette da persona a persona tramite il contatto con le persone infette. Il virus infetta anche altri mammiferi, soprattutto equini, ma in alcuni casi anche cani, gatti, conigli e altri.

Incubazione e sintomi

Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario.

La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi leggeri: febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei. Questi sintomi possono durare pochi giorni, in rari casi qualche settimana, e possono variare molto a seconda dell’età della persona. Nei bambini è più frequente una febbre leggera, nei giovani la sintomatologia è caratterizzata da febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari. Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può essere più grave.



I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150), e comprendono febbre alta, forti mal di testa, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Alcuni effetti neurologici possono essere permanenti. Nei casi più gravi (circa 1 su mille) il virus può causare un’encefalite letale.

Diagnosi

La diagnosi viene prevalentemente effettuata attraverso test di laboratorio (Elisa o Immunofluorescenza) effettuati su siero e, dove indicato, su fluido cerebrospinale, per la ricerca di anticorpi del tipo IgM. Questi anticorpi possono persistere per periodi anche molto lunghi nei soggetti malati (fino a un anno), pertanto la positività a questi test può indicare anche un’infezione pregressa. I campioni raccolti entro 8 giorni dall’insorgenza dei sintomi potrebbero risultare negativi, pertanto è consigliabile ripetere a distanza di tempo il test di laboratorio prima di escludere la malattia. In alternativa la diagnosi può anche essere effettuata attraverso Pcr o coltura virale su campioni di siero e fluido cerebrospinale.

Prevenzione

Non esiste un vaccino per la febbre West Nile. Attualmente sono allo studio dei vaccini, ma per il momento la prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare.

Pertanto è consigliabile proteggersi dalle punture ed evitare che le zanzare possano riprodursi facilmente:

  • usando repellenti e indossando pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe quando si è all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto
  • usando delle zanzariere alle finestre
  • svuotando di frequente i vasi di fiori o altri contenitori (per esempio i secchi) con acqua stagnante
  • cambiando spesso l’acqua nelle ciotole per gli animali
  • tenendo le piscinette per i bambini in posizione verticale quando non sono usate.

Terapia e trattamento

Non esiste una terapia specifica per la febbre West Nile. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale, dove i trattamenti somministrati comprendono fluidi intravenosi e respirazione assistita.

Diffusione

In Italia, fino ai casi attualmente segnalati in Veneto, le zone colpite hanno riguardato, già in passato si erano verificati casi, soprattutto in Emilia-Romagna. Dal 2008 si sono verificati casi di contagio anche in Lombardia e nuovi casi di contagio si sono verificati anche nel 2013 e 2014. Agli inizi di settembre 2017, a Collesalvetti (Livorno) si è verificato un caso di contagio di cui hanno dato notizia gli organi di informazione locali e nazionali, e per cui il Comune di Collesalvetti ha disposto, limitatamente alla località Le Buchette dove il caso si è verificato, trattamenti di disinfestazione e di prevenzione. L’uomo colpito è stato ricoverato all’Ospedale di Livorno e sottoposto ai trattamenti del caso. A scopo precauzionale diverse AVIS locali hanno deciso di effettuare controlli in tal senso sul sangue dei donatori. Anche il Centro Nazionale Trapianti italiano nel 2009 ha deciso di eseguire test per la valutazione di eventuali infezioni da WNV. Il verificarsi di una risposta anticorpale in alcuni donatori provenienti dal Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Marche e Basilicata è risultata decisamente inaspettata ed ha mostrato con grande evidenza che l’infezione da WNV nell’essere umano è presente in diverse regioni italiane. Le zona adiacenti a fiumi o bacini lacustri, in genere, sono più esposte al contagio, data la naturale proliferazione di zanzare in tali zone. Nel 2011 sono state riscontrate diverse morti tra gli equini per il virus anche in Sardegna. Il primo caso di febbre del Nilo occidentale neuroinvasiva in Italia si è verificato nel settembre 2008. Nel 2011 in Sardegna il virus ha causato la morte di due uomini, di 70 e 34 anni rispettivamente.

 

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