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Paziente M: l’uomo che vedeva il mondo al contrario

Il paziente M è un caso molto curioso della letteratura medica: svegliatosi dopo essere stato colpito alla testa, iniziò a vedere il mondo al contrario

Uno studio appena pubblicato ha reso noto al mondo un curioso evento avvenuto negli anni ’30, quello del cosiddetto paziente M. Si tratta di un uomo che nel corso della Guerra civile spagnola, nel 1938, venne colpito alla testa da uno sparo. Risvegliatosi iniziò a vedere il mondo al contrario. Uno dei più atipici casi di lesione cerebrale raccontato dalla letteratura medica.

Al Paziente M sembrava che cose, animali e persone provenissero dalla direzione opposta rispetto alla realtà; questa anomalia non si fermava solo all’apparato visivo, ma anche a quello uditivo e tattile. Poteva vedere e leggere numeri stampati in senso normale che in quello contrario, senza notare alcuna differenza.

Paziente M: un mondo capovolto

Il mondo poteva anche apparire capovolto al paziente M, oltre che al contrario: vedeva uomini che lavoravano capovolti su un’impalcatura, ad esempio. Il paziente M era anche in grado di leggere l’ora su un orologio da polso da qualsiasi angolazione. Un insieme di sintomi bizzarri da lasciare sbalorditi, ma c’è dell’altro.

In certi casi, infatti, vedeva i colori staccarsi dai loro oggetti, oggetti che apparivano in triplice copia e pare fosse inoltre affetto da daltonismo. Tuttavia, da quanto riferito all’epoca, pare che il paziente M abbia affrontato tutto questo con calma.

Il paziente M è stato studiato per quasi 50 anni dal neuroscienziato spagnolo Justo Gonzalo e la sua analisi ha portato a un cambiamento significativo del modo in cui vediamo il cervello e non si tratta dell’unica volta in cui una strana lesione ha aiutato gli scienziati a comprendere meglio il cervello.

Le ipotesi di Gonzalo

Durante gli anni ’40, Gonzalo propose che il cervello non fosse un insieme di sezioni distinte, ma invece avesse le sue varie funzioni distribuite in gradienti attraverso l’organo, un’idea che andava contro la saggezza convenzionale del tempo. “Il cervello era visto come un insieme di piccole scatole”, ha detto a El País il neuropsicologo Alberto García Molina, dell’Istituto Guttmann in Spagna.

“Quando si modificava una scatola, si supponeva che ci fosse un deficit concreto. Per il dottor Gonzalo, le teorie modulari non potevano spiegare le domande emerse con il paziente M, quindi iniziò a creare la sua teoria della dinamica cerebrale, rompendo con la visione egemonica su come funziona il cervello”. Studiando il paziente M e altri con lesioni cerebrali, Gonzalo ha proposto che gli effetti del danno cerebrale dipendessero dalle dimensioni e dalla posizione della lesione. Ha anche dimostrato che queste lesioni non distruggono funzioni specifiche, ma influenzano l’equilibrio di una varietà di funzioni, come nel caso del paziente M.

Tre sindromi identificate

Gonzalo identificò tre sindromi: centrale (interruzioni su più sensi), paracentrale (come centrale, ma con effetti che non sono distribuiti uniformemente) e marginale (che colpisce i percorsi cerebrali per sensi specifici). Il suo, è stato un lavoro pionieristico basato su un caso incredibile, ma non ottenne la visibilità che avrebbe meritato e, ora, la figlia di Gonzalo, Isabel Gonzalo-Fonrodona, ha lavorato con García Molina al nuovo articolo, delineando la ricerca che coinvolge il paziente M.

Come afferma tale ricerca, singoli casi di studio ci hanno insegnato la funzione cerebrale per centinaia di anni, fornendo una preziosa fonte alternativa di prove scientifiche alle meta-analisi e ai grandi studi clinici di oggi. Il fatto che le idee sul cervello simili a quelle di Gonzalo rimangano preminenti è la prova che aveva qualcosa in comune nella sua interpretazione delle ferite e della visione all’indietro del paziente M.

Un nuovo equilibrio

La ricerca è stata pubblicata su Neurologia.
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