Perché oro e platino si trovano a profondità minori di quanto il loro peso faccia supporre?

Gli scienziati di Yale e del Southwest Research Institute (SRI) hanno studiato alcune teorie riguardanti la storia dell'oro. Ecco cosa pensano di avere scoperto

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Perché oro e platino si trovano a profondità minori di quanto il loro peso faccia supporre?
Perché oro e platino si trovano a profondità minori di quanto il loro peso faccia supporre?

Gli scienziati di Yale e del Southwest Research Institute (SRI) hanno offerto al mondo della geologia nuove preziose informazoni sull’oro.

Come sappiamo, l’oro è un elemento chimico con simbolo Au (derivato dal latino “aurum”) e numero atomico 79. È uno dei metalli più conosciuti e preziosi al mondo ed è stato utilizzato per scopi decorativi, monetari e industriali per migliaia di anni.

La storia inizia nello spazio tra diverse collisioni, per poi continuare in una regione semifusa del mantello terrestre e infine terminare con i metalli più pesanti che avrebbero trovato un improbabile punto di sosta molto più vicino alla superficie del pianeta di quanto gli scienziati avrebbero mai immaginato.

Jun Korenaga, professore di scienze della Terra e planetarie alla Facoltà di Arti e Scienze di Yale, e Simone Marchi, ricercatore presso la SRI di Boulder, in Colorado, hanno fornito importanti dettagli in uno studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.

Come è finito l’oro nel mantello della Terra?

La loro nuova teoria fornisce possibili risposte alle domande persistenti sul modo in cui l’oro, il platino e altri metalli preziosi sono riusciti a raggiungere le tasche poco profonde all’interno del mantello terrestre piuttosto che finire nelle profondità del nucleo del pianeta.



Più in generale, la nuova teoria offre approfondimenti sulla formazione dei pianeti in tutto l’universo. Korenaga ha affermato tramite alcune dichiarazioni riportate da PHYS.ORG: “La nostra ricerca è un buon esempio di scoperta inaspettata dopo aver riesaminato la saggezza convenzionale”.

Recenti ricerche condotte da scienziati di tutto il mondo hanno stabilito che metalli preziosi come l’oro e il platino arrivarono sulla Terra miliardi di anni fa, dopo che la prima proto-Terra entrò in collisione con grandi corpi delle dimensioni di piccoli pianeti, lasciando dietro di sé depositi di materiali che si fusero in quella che è la Terra di oggi. Ma quel processo di assorbimento è rimasto un mistero.

Elementi “siderofili”

Oltre ad essere apprezzati per la loro scarsità, bellezza estetica e utilizzo in prodotti high-tech, l’oro e il platino sono cosiddetti elementi altamente “siderofili”. Sono attratti dall’elemento ferro a un punto tale che ci si aspetterebbe che si raccolgano quasi interamente nel nucleo metallico della Terra, finendo per fondersi direttamente con il nucleo metallico all’impatto o sprofondando rapidamente dal mantello nel nucleo.

Secondo questa logica, non avrebbero dovuto raccogliersi sulla superficie terrestre o nelle sue vicinanze. Eppure lo fecero. Korenaga ha affermato: “Lavorando con Simone, che è un esperto di dinamiche di impatto, sono riuscito a trovare una nuova soluzione a questo enigma”.

La teoria di Korenaga e Marchi è incentrata su una regione sottile e “transitoria” del mantello, dove la parte superficiale del mantello si scioglie e la parte più profonda rimane solida. I ricercatori hanno scoperto che questa regione ha proprietà dinamiche peculiari che possono intrappolare efficacemente i componenti metallici in caduta e rilasciarli lentamente al resto del mantello.

Un procedimento ancora in corso

La loro teoria presuppone che questa consegna sia ancora in corso, con i resti della regione transitoria che appaiono come “grandi province a bassa velocità di taglio”, ovvero, ben note anomalie geofisiche nel mantello profondo. “Questa regione transitoria si forma quasi sempre quando un grande oggetto di simulazione colpisce la Terra primordiale, rendendo la nostra teoria abbastanza solida”, ha detto Marchi. I ricercatori hanno affermato che la nuova teoria non solo spiega aspetti precedentemente enigmatici dell’evoluzione geochimica e geofisica della Terra, ma evidenzia anche l’ampia gamma di scale temporali coinvolte nella formazione della Terra.

“Una delle cose straordinarie che abbiamo scoperto è che la dinamica della regione transitoria del mantello avviene in un periodo di tempo molto breve – circa un giorno – e tuttavia la sua influenza sulla successiva evoluzione della Terra è durata alcuni miliardi di anni”, ha detto Korenaga.

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