Scoperto come imitare le sinapsi del cervello umano. Ora l’AI può diventare neuromorfica

Le sinapsi umane, ovvero quei complessi e affascinanti processi di scambio di informazioni tra neuroni, possono essere riprodotte grazie a onde magnetiche create appositamente

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Scoperto come imitare le sinapsi del cervello umano. Ora l'AI può diventare neuromorfica
Scoperto come imitare le sinapsi del cervello umano. Ora l'AI può diventare neuromorfica

Le sinapsi umane, ovvero quei complessi e affascinanti processi di scambio di informazioni tra neuroni, possono essere riprodotte grazie a onde magnetiche create appositamente.

Uno studio rivoluzionario quello pubblicato sulla rivista Physical Review Letters, condotto dai ricercatori dell’HZDR (Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf) che è riuscito a sviluppare le componenti alla base di questo complesso processo.

L’intelligenza artificiale nel corso degli anni ha compiuto dei passi da gigante, arrivando a riprodurre fedelmente le azioni del cervello umano grazie a strumenti importanti come le reti neuronali, avvalendosi di processori tradizionali. Ma gli scienziati hanno puntato più in alto, ossia su quello che viene chiamato computer neuromorfico.

Di che cosa si tratta esattamente?

Consiste nella capacità di riprodurre a livello di hardware le sinapsi che avvengono nel cervello umano, quindi gli scambi velocissimi di informazioni tra neuroni, e non più una semplice simulazione con dei software.

Ma come sono giunti a questo risultato i ricercatori che hanno condotto lo studio? Attraverso onde magnetiche mirate, generate e divise in dischi di dimensioni micrometriche.

Tutto è iniziato da un minuscolo disco di un materiale magnetico, per l’esattezza il ferro-nickel, del diametro di pochi micrometri, attorno al quale è stato messo un anello dorato; quando una corrente alternata della portata di gigahertz lo attraversa, emette microonde che provocano nel disco le cosiddette onde di spin: gli elettroni nel ferro-nickel mostrano una rotazione, una specie di vortice come se la cima girasse.



“Noi usiamo gli impulsi microonde per buttare la parte superiore dell’elettrone leggermente fuori strada”, ha detto uno dei ricercatori che si è occupato dello studio.

Gli elettroni poi trasmettono questa interferenza ai loro rispettivi vicini, e ciò fa sì che l’onda di spin abbandoni il materiale. L’informazione viene trasportata in modo veloce ed efficiente, senza dover spostare gli elettroni stessi, cosa che invece si fa adesso con i chip dei computer.

Questa onda di spin che viene generata nel vortice magnetico, può essere suddivisa in due onde diverse, ognuna dalla frequenza ridotta, ed è stato questo comportamento che ha fatto pensare gli scienziati che le onde di spin potrebbero essere dei candidati ideali a ricoprire il ruolo di neuroni artificiali, perché ci sono dei parallelismi impressionanti tra di loro e il cervello umano: si attivano solo in seguito a determinati stimoli.

Abbiamo detto che le onde di spin possono essere suddivise in due, ma inizialmente i ricercatori non riuscivano a controllare questo fenomeno: infatti vi era un ritardo temporale nella divisione della onda di spin quando gli scienziati inviavano la microonda nel disco; il problema è stato brillantemente aggirato perché in aggiunta all’anello dorato, una piccola striscia magnetica è stata attaccata vicino al disco magnetico; grazie a questo procedimento, un segnale di microonda corta genera un’onda di spin in questa striscia, che è capace di interagire con l’onda di spin del disco, agendo così come una specie di esca.

L’onda di spin nella striscia fa sì che l’onda nel disco si divida più facilmente, dimostrando che anche l’aggiunta di un segnale corto è in grado di far avvenire questa divisione più velocemente, e che questo processo può essere innescato e controllato dagli scienziati.

Dunque i dischi di onde di spin si attivano nello stesso modo in cui lo fanno le nostre cellule nervose, e in più possono anche essere controllati. Ora il prossimo passo sarà la costruzione di una rete formata proprio da questi neuroni, per creare una rete neuromorfica i cui componenti si comportano come cellule nervose umane, ma capaci di processare enormi quantità di dati proprio come il nostro cervello.

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