Dyatlov Pass: una spiegazione per i 9 escursionisti morti – video

Ciò che realmente accadde agli escursionisti al "Dyatlov Pass" suscitò speculazioni di ogni tipo, con ipotesi che andavano dalla tormenta di neve ad un serial killer, senza escludere attacchi di animali, armi segrete, un insabbiamento militare, anomalie della gravità, un incendio nella tenda, pupazzi di neve assassini, UFO e follia temporanea causata dall'abuso di droghe o da infrasuoni

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Dyatlov Pass: una spiegazione per i 9 escursionisti morti
Dyatlov Pass: una spiegazione per i 9 escursionisti morti

Il mistero del Dyatlov Pass appassiona da decenni moltissimi indagatori del mistero. La morte apparentemente inspiegabile di nove giovani impegnati in una escursione tra le nevi della Siberia impressionò notevolmente l’opinione pubblica ma, fino ad oggi, nessuna delle spiegazioni allora fornite dalle autorità sovietiche sembrò realistica.

Parlammo già di questa vicenda in questo articolo ma, per chi non avesse voglia di rileggersi tutto, ecco un breve riassunto della vicenda:

Alla fine di gennaio del 1959, un gruppo di nove studenti dell’Istituto politecnico degli Urali e un maestro di sci più anziano partirono dalla città di Sverdlovsk (ora Ekaterinburg) per una spedizione al monte Otorten negli Urali settentrionali. Guidato da Igor Dyatlov, un alpinista esperto, il gruppo si recò in treno nella città di Ivdel, poi a Vizhay in autobus. A bordo di un camion, si diressero al “Settore 41“, un insediamento per la lavorazione del legno, e poi al sito geologico abbandonato “Nord 2“, l’ultimo insediamento umano prima del nulla della tundra.

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Il mistero di Dyatlov Pass

Il 28 gennaio uno degli escursionisti, lo studente di economia Yuri Yudin, si sentì piuttosto male e, tormentato da forti dolori addominali, decise di tornare indietro, ignaro del fatto che il suo malore gli stava salvando la vita, mentre gli altri nove membri del gruppo continuarono il programma previsto verso quello che sarebbe diventato il fatale Dyatlov Pass.

Come preventivato, procedettero a piedi, seguendo il fiume Auspiya nelle montagne. Foto recuperate e voci di diario suggeriscono che andava tutto bene, anche se c’era molta neve e il tempo era brutto, cosa che rallentò notevolmente gli escursionisti. Dieci giorni dopo l’inizio del viaggio, il primo febbraio, allestirono il campo per la notte sulle pendici dell’Altezza 1079, noto alla popolazione indigena Mansi come Montagna Kholat Saykhl.

Passò diverso tempo senza che gli escursionisti dessero notizie di sé e, a quel punto, amici e parenti iniziarono a preoccuparsi. Il 26 febbraio, una squadra di soccorso scoprì la tenda abbandonata nei pressi dell’Altezza 1079. Intorno alla tenda una profusione di impronte confuse che guidarono la squadra di ricerca lungo il pendio verso i boschi vicini. Sotto un grande albero di cedro ai margini della foresta, accanto ai resti di un falò improvvisato, vennero trovati due corpi congelati. I successivi tre corpi furono trovati a distanze variabili tra la tenda e il cedro, coperti dalla neve.

Il mistero di Dyatlov Pass fu portato a conoscenza dell’opinione pubblica dai media.

Le autopsie effettuate successivamente rivelarono che i cinque giovani erano morti di ipotermia. Gli ultimi quattro escursionisti furono trovati nel maggio 1959 in fondo a un piccolo burrone all’interno della foresta, coperti da 3 metri di neve. Tre di loro avevano ferite letali, uno aveva il cranio fratturato e due avevano fratture alle costole. Uno aveva anche escoriazioni multiple ma risultò anche lui morto per ipotermia.

Al di là della crudezza dei particolari rilevati sui cadaveri, ad impressionare la gente fu la rivelazione che praticamente tutti i membri della piccola spedizione erano stati trovati nudi o seminudi, perfino scalzi e che la tenda presentava un taglio sul retro, apparentemente praticato con un coltello, come se i ragazzi lo avessero praticato per uscire dalla tenda e scappare in preda al terrore da qualcosa che sapevano essere dall’altro lato. All’apparenza, la minaccia era apparsa così all’improvviso da non dare il tempo ai giovani escursionisti di rivestirsi, abbandonando nella tenda sacchi a pelo, indumenti e attrezzature.

Inoltre, alcuni dei corpi presentavano orrende mutilazioni: erano stati privati della lingua, degli occhi, di alcune dita e altro.

Le autorità sovietiche archiviarono rapidamente archiviato il caso, osservando che “la causa della morte doveva essere stata una forza irresistibile sconosciuta che gli escursionisti non furono in grado di affrontare“.

Oltre 60 anni di teorie del complotto

A dispetto della spiegazione ufficiale della autorità sovietiche (o forse proprio per questo), la natura misteriosa della morte degli escursionisti e la condizione ancora più misteriosa dei loro corpi suscitarono molte domande. I familiari in lutto e l’opinione pubblica volevano risposte. Nei decenni successivi, il governo russo commissionò alcune indagini sull’incidente. Tutte giunsero alla stessa conclusione: apparentemente, una valanga si era abbattuta sulla tenda degli escursionisti. Il disastro naturale sembrerebbe spiegare perché i giovani fuggirono alla rinfusa e in tutta fretta giù per il pendio della montagna nel cuore della notte, e anche perché alcuni corpi mostrassero traumi fisici così gravi.

Tuttavia rimasero dei dubbi. L’ipotesi della valanga non spiegava perché alcuni escursionisti erano stati trovati seminudi, né spiegava le mutilazioni. In effetti, come riferisce chi ha visitato il luogo, il pendio di Kholat Syakhl non è abbastanza ripido da facilitare una valanga. Per non parlare del fatto che i primi soccorritori non notarono segni evidenti che un simile evento fosse avvenuto quella notte. Questi dettagli e la mancanza di prove convincenti portarono inevitabilmente gli scettici a cercare altre spiegazioni alternative.

Non tutte le teorie dietro l’incidente del passo Dyatlov sono inquietanti. L’idea dei venti catabatici distruttivi – venti con forza di uragano che si riversano lungo i pendii delle montagne – è nata come dell’analisi del terreno. Alcune teorie, come quelle che suggeriscono una disputa interpersonale tra gli escursionisti diventata violenta, sono nate dalla conoscenza della natura umana. Altre, come quella che ipotizza un’aggressione da parte degli indigeni locali, derivano dal bigottismo. Ma le teorie più diffuse nascono dalla sfiducia della popolazione nei confronti del governo e dell’esercito russo.

Queste teorie del complotto ruotano attorno a un test su armi militari. La natura esatta dell’arma varia da teoria a teoria. Alcune spiegazioni dicono che gli escursionisti fuggirono presi dal panico quando esplose nei pressi una bomba paracadutata nell’area. Forse fuggirono dalla loro tenda quando gli piovvero sopra i detriti provocati dall’esplosione. Forse alcuni di quei detriti li colpirono, provocando le ferite trovate sui corpi. A causa delle tracce di radioattività trovate su un corpo, alcune persone sostennero che gli escursionisti avessero assistito involontariamente ad un test segreto sulle armi nucleari e siano stati uccisi dal governo perché avevano visto troppo.

Insomma, ciò che realmente accadde agli escursionisti al “Dyatlov Pass” suscitò speculazioni di ogni tipo, con ipotesi che andavano dalla tormenta di neve ad un serial killer, senza escludere attacchi di animali, armi segrete, un insabbiamento militare, anomalie della gravità, un incendio nella tenda, pupazzi di neve assassini, UFO e follia temporanea causata dall’abuso di droghe o da infrasuoni.

Nel video sottostante viene presentata una ricostruzione degli eventi e la posizione dei corpi al momento del loro ritrovamento.

Una valanga anomala

L’interesse per il misterioso incidente de Dyatlov Pass resiste ancora dopo oltre sessant’anni. In un articolo pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment, un gruppo di i ricercatori dello Snow Avalanche Simulation Laboratory presenta dati che suggeriscono una “valanga anomala” come spiegazione più probabile, una valanga stranamente piccola e di grande impatto ha causato l’incidente del passo Dyatlov

I fan delle teorie del complotto più stravaganti potrebbero rimanere delusi nell’apprendere che l’ultima ipotesi ritorna alla spiegazione iniziale e più banale: una valanga. La loro teoria è nata in un modo davvero insolito: dopo aver visto il film Disney Frozen, un ricercatore è rimasto colpito dalla rappresentazione straordinariamente realistica della nevicata. Gli è stato concesso il permesso di prendere in prestito il codice di animazione del film e di applicarlo ai suoi modelli di simulazione di valanghe. Questa si è rivelata la svolta necessaria per spiegare le circostanze insolite della tragedia al passo Dyatlov.

Lo Snow Avalanche Simulation Laboratory ha suggerito che la scarsa inclinazione del pendio di Kholat Syakhl è fuorviante. Sebbene l’inclinazione complessiva non sia favorevole alle valanghe, il luogo particolare in cui gli escursionisti scelsero di accamparsi era in effetti abbastanza ripido. Le forti nevicate avrebbero mascherato questa cruciale anomalia del paesaggio, facendolo apparire meno pericoloso di quanto non fosse.

La ripidità del pendio non è stata l’unica cosa mascherata dalle abbondanti nevicate. Nel tempo, la neve e il ghiaccio possono compattarsi in una solida lastra che può essere mascherata da un fresco strato di neve. Pensiamo alle valanghe come a disastri che coprono l’intero pendio di una montagna, ma una lastra compattata di 5 metri potrebbe rivelarsi altrettanto mortale per nove avventurieri, non importa quanto esperti.

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Fotografia della tenda abbandonata degli escursionisti. – Credito: Wikipedia

Per quanto riguarda le strane condizioni dei corpi degli escursionisti, esistono spiegazioni tutt’altro che strane. Se la squadra avesse posizionato i sacchi a pelo sopra gli sci, l’impatto della valanga anomala avrebbe potuto causare i grave trauma alla testa e al torace. Gli occhi e la lingua mancanti, in altre parole i tessuti molli, sono stati molto probabilmente mangiati dagli animali spazzini.

Anche lo stato di spogliazione degli escursionisti può essere un triste artefatto causato dall’ipotermia noto come svestizione paradossale. Quando una persona sperimenta l’ipotermia, i vasi sanguigni nelle estremità del corpo si restringono per conservare il calore. Questo è il motivo per cui le persone perdono le dita dei piedi e delle mani in casi estremi. Tuttavia, la costrizione dei vasi non può durare per sempre e prima o poi il flusso riprende. Quando lo fa, il conseguente afflusso di sangue alle estremità di una persona dà l’illusione della febbre. L’ipotermia può anche causare confusione e disorientamento, quindi le persone a volte si spogliano nude per alleviare il caldo, senza rendersi conto che così facendo si espongono a temperature gelide.

Per quanto riguarda la radioattività trovata su uno dei corpi, le lampade utilizzate dagli escursionisti contenevano effettivamente torio. Se durante la valanga si fosse rotta una lampada, è possibile che del torio si sia rovesciato addosso all’escursionista.

Ma le teorie del complotto sono difficili da abbandonare

Lo Snow Avalanche Simulation Laboratory non pretende di aver risolto definitivamente il mistero. I ricercatori hanno presentato la loro analisi come una spiegazione ragionevole per l’incidente del Passo Dyatlov e un punto di partenza per ulteriori studi sulle valanghe. Anche così, molti rimangono scettici riguardo la spiegazione, ed è giusto che sia così: ci sono ancora domande senza risposta su come sia avvenuto questo strano incidente e le spiegazioni non appaiono completamente convincenti.

Negli ultimi anni, la fama dell’incidente del Passo Dyatlov ha fatto sì che le pendici del Kholat Syakhl siano diventate una destinazione turistica popolare per avventurieri e appassionati di misteri.

Sembra che, meno di due settimane dopo l’articolo pubblicato su Communications Earth and Environment, una squadra di escursionisti non registrati sia scomparsa. Il rapporto alimentava il timore che un altro gruppo fosse caduto vittima delle stesse forze che avevano causato la morte della squadra di Dyatlov. Ciò che è stato meno evidenziato sui media è che questi escursionisti sono poi tornati sani e salvi e che il contatto con loro era stato perso a causa del maltempo.

Sia come sia, è chiaro che dovranno essere condotte indagini più approfondite prima che questo mistero possa finalmente essere risolto.

Conclusione:

Sulla base di questi risultati e dei documenti contemporanei degli investigatori russi, il team di ricerca suggerisce la seguente ricostruzione dell’incidente:

La sera del 1 febbraio, gli escursionisti addormentati si svegliarono all’improvviso, sorpresi da un lastrone di neve che aveva impattato sulla parte della tenda rivolta verso il pendio. Tre si ritrovarono parzialmente sepolti, riportando ferite gravi ma non immediatamente mortali.

In preda al panico, uno degli escursionisti tagliò la tenda con un coltello ed il gruppo uscì nella notte, senza scarpe e mal vestito, nella notte gelida e buia della Siberia, con temperature inferiori a -20°.

Tutti e nove fuggono giù per il pendio nei boschi vicini. Al cedro, due escursionisti accendono un fuoco, rendendosi conto che la fiamma che si spegne non manterrà in vita il gruppo per tutta la notte, tre di loro, nonostante il rischio di ulteriori valanghe, cercano di ritrovare la via del ritorno alla tenda per prendere provviste e vestiti caldi, morendo sul pendio. Quattro di loro, si avventurano più in profondità nel bosco ma, deboli per le ferite, cercano di trovare riparo in una grotta di neve, ma finiscono per cadere nel burrone che la neve nascondeva.

Il resto è una storia che potete leggere qui.

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