giovedì, Ottobre 24, 2024
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OOParts: i geroglifici di Abydos

In certi ambienti ufologici, particolarmente quelli che aderiscono all'ipotesi "dell'Antico astronauta" sono molto noti i geroglifici di Abydos che loro includono nella categoria degli OOParts, un particolare tipo di ritrovamenti archeologici che sembrerebbero anacronistici con l'epoca di assegnazione...

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I geroglifici di Abydos vengono spesso considerati nella categoria degli oopart, e molti sostengono ancora oggi, che nel tempio che li ospita, edificato durante la 19° Dinastia dell’Antico Egitto, tali geroglifici mostrino aerei a reazione, UFO, sottomarini e persino elicotteri in tutto il loro splendore tecnologico.

A dissipare tali infondate voci non sono bastati egittologi e studiosi che hanno smontato le teorie più bislacche, infatti restano su internet tanti siti che spacciano i geroglifici di Abydos per rappresentazioni di meraviglie tecnologiche del passato che l’uomo moderno avrebbe solamente “reinventato.

Il tempio, eretto nel periodo post-Amarna Nuovo Regno, era un monumento mortuario e cenotafio di Seti I, al quale si collega il culto di Osiride, e, secondo i rilievi presenti ad Abydos, il tempio è dedicato ad Osiride ma vi sono dediche anche ad altre divinità. Il tempio non è stato completato negli anni in cui Seti I era in vita, ma all’inizio del regno di Ramesses II, suo figlio.

Il lavoro ordinato da Ramesses II fu di fattura inferiore a quello preteso da suo padre Seti I, lo si vede chiaramente dal lavoro scadente effettuato nelle varie modifiche eseguite sul tempio. Il risultato del lavoro frettoloso e approssimativo fece si che alcune iscrizioni vennero modificate con poca cura, frettolosamente e utilizzando del gesso che in alcuni casi è stato apposto per modificare le iscrizioni originali.

Per ovvie ragioni, queste iscrizioni durante i millenni si sono degradate, sbriciolandosi, in particolare le parti modificate con materiale scadente, per cui riemersero, con i tempo, i geroglifici anteriori a quelli di Ramesse II.

Destino ha voluto che alcune di queste modifiche, per puro caso, hanno originato forme a noi familiari come aerei, elicotteri, dischi volanti, sottomarini e carri armati, ovviamente stilizzati, forme riconducibili a tali macchine perché queste esistono nella nostra era moderna e non perché gli egiziani avessero con questi mezzi una qualche familiarità, anzi, all’epoca, tali oggetti stilizzati non avevano sicuramente alcun senso.

Ovviamente lo zoccolo duro degli scettici non demorde e i dubbi rimangono ma nessuno prova a chiedersi come mai una tecnologia cosi avanzata, in grado, a dare retta a loro, di realizzare aerei, elicotteri, dischi volanti, carri armati e sommergibili non viene raffigurata anche altrove e non solo in un tempio di una ben definita dinastia?

Come mai non sono state ritrovate altre tracce, resti magari arrugginiti di queste mirabolanti macchine, o le fabbriche che le avrebbero prodotte?

Le domande sono tante ma gli scettici di professione, soprattutto i tanti che gestiscono siti internet di informazione alternativa o i noti ufologi che raccontano di questi ritrovamenti “tecnologici” fanno di tutto per evitare di rispondere in modo logico e semplice.

La risposta proviamo a darla anche noi di Reccom Magazine, con molta semplicità: mai nulla è stato ritrovato in altri siti, nemmeno un simbolo uguale in altri templi o strutture presenti in Egitto. La teoria che questi pochi geroglifici rappresentino mezzi meccanici a noi noti è semplicemente assurda, quei simboli male interpretati sono solo il frutto di una banale casualità.

Spiegazione Da Katherine Griffis-Greenberg (University of Alabama a Birmingham (USA), membro dell’American Research Center in Egitto e l’Associazione internazionale di egittologi “Special Studies”.
In antichità si decise di sostituire la frase di Seti IChi respinse le 19 tribù”, con quella di suo figlio e successore, Ramesses II:”Chi protegge l’Egitto e lo protegge dai paesi stranieri”.

Fonti: www.Wikipedia.com – www.hiddenmysteries.org – CICAP
Tratto da http://vejprty.com/ – Spiegazione dell’egittologo Marcello Garbagnati

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