La mummificazione presso gli antichi egizi era una tecnica complessa volta a preservare il corpo di un defunto, affinché il suo ricordo continuasse a vivere nitidamente presso i vivi e il morto stesso continuasse a vivere dignitosamente nel mondo dell’aldilà.
Adesso conosciamo nuovi particolari riguardo a questa macabro quanto affascinante processo. Un’analisi del residuo sulla ceramica trovato in un antico laboratorio di imbalsamazione ci ha fornito nuove informazioni su come gli antichi egizi mummificavano i loro morti. Cosa ancora più sorprendente, un team di scienziati è stato in grado di collegare diverse sostanze alle parti specifiche del corpo su cui sono state utilizzate.
Le nuove conoscenze che gli archeologi hanno assimilato circa la mummificazione provengono, in parte, da alcuni residui rinvenuti in un antico laboratorio, che sono stati studiati con tecniche biomolecolari; ma molti dei vasi erano intatti, inclusi non solo i nomi del loro contenuto, ma anche le istruzioni per il loro uso.
l’archeologa Susanne Beck dell’Università di Tubinga in Germania, ha affermato in una dichiarazione fornita alla stampa: “Conosciamo i nomi di molti di questi ingredienti per l’imbalsamazione da quando sono stati decifrati gli antichi scritti egizi. Ma fino ad ora, potevamo solo indovinare quali sostanze ci fossero dietro ogni nome”.
Scoperto un antico laboratorio di mummificazione
Gli archeologi hanno scoperto un antico laboratorio di mummificazione che faceva parte di un intero complesso funerario a Saqqara, in Egitto. Il ritrovamento è stato fatto da un team congiunto tedesco-egiziano nel 2018 , risalente alla dinastia di Sais, ovvero, tra il 664 e il 525 a.C. I corredi funerari recuperati erano spettacolari, tra cui mummie, vasi canopi contenenti i loro organi e statuine ushabti, che avevano lo scopo di servire i morti nella loro vita ultraterrena. Il laboratorio era pieno di barattoli di ceramica, misurini e ciotole, ordinatamente etichettati in base al contenuto o all’uso.
Il lavoro dei ricercatori
Guidati dall’archeologo Maxime Rageot dell’Università di Tubinga, i ricercatori hanno condotto un esame approfondito di 31 di questi recipienti, utilizzando la gascromatografia-spettrometria di massa per determinare gli ingredienti dei materiali di imbalsamazione al loro interno. I risultati dettagliati sono affascinanti e, in alcuni casi, del tutto inaspettati.
Che cos’è l’antiu?
Tramite una dichiarazione, Rageot ha spiegato: “La sostanza etichettata dagli antichi egizi come antiu è stata a lungo tradotta come mirra o incenso. Ma ora siamo stati in grado di dimostrare che si tratta in realtà di una miscela di ingredienti molto diversi”. Il team ha scoperto che questi ingredienti erano olio di cedro, ginepro o olio di cipresso e grasso animale, sebbene la miscela possa variare da luogo a luogo e di volta in volta.
Dal morto alla mummia
Come informa Science Alert, il team ha anche confrontato le istruzioni incise su alcuni recipienti con il loro contenuto per determinare come ogni miscela è stata utilizzata. Le istruzioni includevano il bendare, l’imbalsamare e il rendere gradevole l’odore del defunto. Il processo di mummificazione riguardava anche il trattamento della testa del morto; in alcuni vasi sono stati rinvenuti olio di ricino o residui di pistacchio, spesso fusi in una miscela che conteneva altri elementi, come resina di elemi, olio vegetale, cera d’api e oli di alberi.
Grasso animale e resina di Burseraceae venivano usati per trattare l’odore del corpo in decomposizione e grasso animale e cera d’api servivano per trattare la pelle il terzo giorno di trattamento. Oli di alberi o catrami, insieme a olio vegetale o grasso animale, potrebbero essere stati utilizzati per trattare le bende usate per avvolgere la mummia, come si trova in altri otto vasi.
Da dove provenivano gli elementi principali?
Ancora più affascinante è ciò che queste miscele possono rivelare sul commercio globale dell’epoca. Il pistacchio, l’olio di cedro e il bitume provenivano probabilmente dal Levante, sulla sponda orientale del Mediterraneo. Tuttavia, l’elemi e un’altra resina chiamata dammar provengono da molto più lontano: l’elemi cresce sia nell’Africa subsahariana che nel sud-est asiatico, ma l’albero che produce il dammar cresce solo nel sud-est asiatico.
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