Cellule tumorali, la fisica quantistica aiuta a distruggerle

La morte delle cellule tumorali viene innescata entro tre giorni dal momento in cui i raggi X vengono proiettati sul tessuto canceroso contenente nanoparticelle che trasportano iodio. Lo iodio rilascia elettroni che rompono il DNA del tumore, portando alla morte cellulare.

I risultati, degli scienziati dell’Istituto per le scienze integrate dei materiali cellulari (iCeMS) dell’Università di Kyoto e di colleghi in Giappone e negli Stati Uniti, sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports.

“Esporre un metallo alla luce porta al rilascio di elettroni, un fenomeno chiamato effetto fotoelettrico. Una spiegazione di questo fenomeno da parte di Albert Einstein nel 1905 ha annunciato la nascita della fisica quantistica”, afferma il biologo molecolare iCeMS Fuyuhiko Tamanoi, che ha guidato lo studio.

Nella fisica dello stato solido l’effetto fotoelettrico è il fenomeno fisico di interazione radiazione-materia caratterizzato dall’emissione di elettroni da una superficie, solitamente metallica, quando questa viene colpita da una radiazione elettromagnetica, ossia da fotoni aventi una certa lunghezza d’onda.

Come comprese Einstein, riprendendo la teoria di Planck, l’effetto fotoelettrico evidenzia la natura quantistica della luce.

Nella radiazione elettromagnetica, l’energia non è distribuita in modo uniforme sull’intero fronte dell’onda ma è concentrata in singoli quanti (pacchetti discreti) di energia, i fotoni. Un solo fotone per volta, e non l’intera onda nel suo complesso, interagisce singolarmente con un elettrone, al quale cede la sua energia.

Affinché ciò si verifichi è necessario che il singolo fotone abbia un’energia sufficiente a rompere il legame elettrico che tiene legato l’elettrone all’atomo.

La nostra ricerca fornisce prove che suggeriscono che è possibile riprodurre questo effetto all’interno delle cellule tumorali”.

Effetto fotoelettrico per distruggere le cellule tumorali

Un problema di vecchia data con la radioterapia del cancro è che non è efficace al centro dei tumori dove i livelli di ossigeno sono bassi a causa della mancanza di vasi sanguigni che penetrano in profondità nel tessuto.

L’irradiazione a raggi X ha bisogno di ossigeno per generare ossigeno reattivo dannoso per il DNA quando i raggi colpiscono le molecole all’interno della cellula.

Tamanoi, insieme a Kotaro Matsumoto e colleghi, hanno cercato di superare questo problema trovando modi più diretti per danneggiare il DNA delle cellule tumorali.

In lavori precedenti, hanno dimostrato che le nanoparticelle caricate di gadolinio potrebbero uccidere le cellule tumorali se irradiate con 50,25 kiloelettronvolt di raggi X generati dal sincrotrone.

Nell’attuale studio, hanno progettato nanoparticelle di organosilice porose e contenenti iodio. Lo iodio è più economico del gadolinio e rilascia elettroni a livelli energetici inferiori.

I ricercatori hanno disperso le loro nanoparticelle attraverso sferoidi tumorali, tessuti 3D contenenti più cellule tumorali. Irradiare gli sferoidi per 30 minuti con 33,2 keV di raggi X ha portato alla loro completa distruzione entro tre giorni.

Modificando sistematicamente i livelli di energia, sono stati in grado di dimostrare che l’effetto ottimale della distruzione del tumore si verifica con i raggi X a 33,2 keV.

Ulteriori analisi hanno mostrato che le nanoparticelle sono state captate dalle cellule tumorali, localizzandosi appena al di fuori dei loro nuclei.

Far brillare la giusta quantità di energia a raggi X sul tessuto ha indotto lo iodio a rilasciare elettroni, che poi hanno causato rotture del doppio filamento nel DNA nucleare, innescando la morte cellulare.

“Il nostro studio rappresenta un importante esempio di impiego di un fenomeno della fisica quantistica all’interno di una cellula tumorale“, afferma Matsumoto.

Sembra che una nuvola di elettroni a bassa energia sia generata vicino al DNA, causando rotture del doppio filamento difficili da riparare, portando infine alla morte cellulare programmata”.

Il team vuole scoprire come gli elettroni vengono rilasciati dagli atomi di iodio quando sono esposti ai raggi X. Stanno anche lavorando per posizionare lo iodio sul DNA piuttosto che vicino ad esso, per aumentare l’efficacia e per testare le nanoparticelle su modelli murini di cancro.

I principali contributori a questo lavoro sono Yuya Higashi (iCeMS), Hiroyuki Saitoh (QST) e Toshiki Tajima (UC Irvine, Dipartimento di Fisica e Astronomia) oltre a Tamanoi e Matsumoto.

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