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Un lontanissimo magnetar ha ripreso l’attività dopo dieci anni di silenzio

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Una stella particolarmente strana, a rotazione rapidissima, sembra si sia svegliata ed abbia ricominciato ad emettere lampi luminosi di onde radio. Questa stella a rotazione rapida è un magnetar, un tipo di stella di neutroni, quanto resta di una stella più grande e, dopo i buchi neri, il tipo di oggetto più denso che abbiamo rilevato in qualsiasi parte dell’universo.

Questa magnetar si chiama XTE J1810-197. Ne abbiamo individuate solo 23, finora, di magnetars.  XTE J1810-197 fu individuata nel 2004 e continuò ad emettere onde radio fino al 2008, quando improvvisamente divenne dormiente e smise di emettere onde radio. L’8 dicembre 2018, sembra essersi risvegliata e ha ripreso a trasmettere lampi di onde radio. I ricercatori che hanno individuato il suo risveglio hanno riportato la loro scoperta in un documento pubblicato il 6 marzo sul server di preprint arXiv.

Gli astronomi credono da tempo che le magnetar posseggano campi magnetici più di un milione di volte più intensi delle tipiche stelle di neutroni e più di un quadrilione di volte più potenti di quello della Terra. Quei campi magnetici sembrano essere la fonte di intensi lampi di energia elettromagnetica che possiamo rilevare dalla Terra mentre la magnetar ruota.

Il problema che si pongono gli astronomi è capire perché XTE J1810-197 per dieci anni ha smesso di emettere onde radio per poi svegliarsi. Le magnetars sono tra gli oggetti più rari e meno compresi nel catalogo stellare. XTE J1810-197, però, da quando si è risvegliata si sta comportando in modo significativamente diverso rispetto a quanto faceva tra il 2004 e il 2008.

Quando XTE J1810-197 entrò in pausa fece cominciò a lampeggiare in modo irregolare, spostando selvaggiamente il suo profilo di impulso su periodi di tempo relativamente brevi. Ora, il suo comportamento è più stabile, hanno riferito gli astronomi. Allo stesso tempo, il tempo di rotazione della stella sembra sia aumentato significativamente, un tratto che secondo ricercatori è comune alle pulsar dopo i loro periodi di riposo.

Un aspetto notevole della ricomparsa di XTE J1810-197 è che, trovandosi nella stessa parte del cielo del Sole, le prime leggere pulsazioni che annunciavano il suo risveglio erano troppo lievi per far scattare qualsiasi rilevatore di uso generale che guardava il cielo in quel momento. Contro la brillante esplosione elettromagnetica del sole, XTE J1810-197 si poteva distinguere a mala pena.

Ma una squadra di astronomi guidata da Lina Levin dell’Università di Manchester nel Regno Unito aveva incaricato un radiotelescopio di osservare periodicamente la pulsar sin da quando era diventata silenziosa. E, più di un decennio dopo, quell’attento esame ha dato i suoi frutti. Levin e il suo team hanno notato ciò che gli altri avevano perso.

I ricercatori hanno anche segnalato oscillazioni nel segnale radio che potrebbero essere il risultato di onde che si riversano sulla superficie del magnetar.

Molecole d’acqua, sotto forma di vapore, si spostano sulla superficie lunare durante le ore calde del giorno

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Secondo una nuova ricerca, durante il giorno lunare le molecole d’acqua presenti nel suolo lunare si spostano da un punto all’altro man mano che la superficie si scalda e si raffredda. Lo studio si basa sulle osservazioni raccolte dal Lunar Reconnaissance Orbiter della NASA, che studia il nostro satellite dal 2009. Un recente aggiornamento a uno strumento a bordo dell’orbiter chiamato Lyman-Alpha Mapping Project (LAMP) ha permesso agli scienziati di tenere d’occhio le zone della superficie lunare dove appaiono segni della presenza d’acqua.

Si tratta di un importante risultato relativamente allo studio dell’acqua lunare, ancora più importante ora che gli Stati Uniti tornano a concentrarsi sull’esplorazione lunare“, ha dichiarato in un comunicato della NASA Kurt Retherford, un co-autore della nuova ricerca, del Southwest Research Institute in Texas.

La presenza dell’acqua su corpi planetari come la Luna, sarà importante per la loro esplorazione, in quanto permetterà agli astronauti di limitare il carico di acqua da portarsi dalla Terra, ma sarà una risorsa preziosa anche come combustibile per le future esplorazioni robotiche, poiché dall’acqua si può ricavare combustibile per razzi.

Fu solo nel 2009 che gli scienziati poterono confermare la presenza di ghiaccio d’acqua sulla superficie lunare. La nuova ricerca ha, però, permesso di tracciare come le singole molecole d’acqua si legano e si liberano dalla regolite rocciosa mentre le temperature cambiano nel corso del giorno lunare che, sappiamo, dura circa un mese.

Secondo le osservazioni dei ricercatori, le molecole d’acqua rimangono attaccate alla superficie per tutta la mattinata lunare. Mentre la superficie si riscalda intorno al mezzogiorno lunare, alcune delle molecole si sollevano sotto forma di vapore nell’impercettibile atmosfera lunare e si spostano fino a che non incontrano un punto abbastanza freddo che le faccia condensare e ricadere sulla superficie.

È necessario più lavoro per tenere pienamente conto delle complessità della superficie lunare, ma i risultati attuali mostrano che [questo] lavoro vale sicuramente la pena farlo!” Ha dichiarato in una nota Michael Poston, co-autore della nuova ricerca e ricercatore del team LAMP al Southwest Research Institute.

La ricerca è stata descritta in un documento pubblicato il 21 febbraio sulla rivista Geophysical Research Letters.

Scoperta una spettacolare barriera corallina nell’Adriatico al largo della Puglia

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In un nuovo studio pubblicato questo mese sulla rivista Scientific Reports, i ricercatori dell’Università di Bari Aldo Moro hanno raccontato la scoperta della prima barriera corallina italiana. La scogliera “unica” si estende per 2,5 chilometri (1,5 miglia) lungo la costa italiana nel mare Adriatico, passando per la popolare località turistica di Monopoli, in Puglia.

La barriera corallina si trova tra i 30 ed i 55 metri di profondità ed è un ecosistema mesofotico, il che significa che esiste in condizioni di scarsa illuminazione. La maggior parte delle barriere coralline, in particolare le barriere dai colori abbaglianti che si trovano ai tropici in acque particolarmente illuminate, ottengono energia e sostanze nutritive attraverso una relazione simbiotica con le zooxantelle fotosintetiche (alghe), che producono il loro “cibo” usando la luce. Nelle oscure profondità del mare Adriatico, la barriera corallina italiana non gode di questo lusso.

I ricercatori italiani sostengono che la barriera corallina è composta da “clerattinici non simbiotici” – noti come coralli duri – che ottengono la maggior parte della loro nutrizione dalla materia organica sospesa che galleggia nel mare circostante, molto simile ad altre barriere coralline che si trovano nel Mediterraneo e nel mar Rosso. Questo spiega anche perché la barriera corallina italiana non è così colorata come la Grande barriera corallina e altre barriere coralline tropicali, dove il pigmento dei coralli proviene dalle alghe che vivono al suo interno.

Nel caso delle Maldive o delle barriere australiane, i processi simbiotici tra le madrepore (coralli sassosi che formano le barriere coralline) sono facilitati dalla luce“, ha spiegato alla Gazzetta del Mezzogiorno il professor Giuseppe Corriero, che ha guidato la ricerca .

La nostra barriera vive in penombra e quindi le madrepore costituiscono queste imponenti strutture di carbonato di calcio in l’assenza di alghe“.

Tuttavia, è ancora uno spettacolo notevole.

A causa delle sue caratteristiche inusuali, i ricercatori sostengono che questa barriera corallina dovrebbe essere considerata un “ambiente unico”, sebbene condivida le somiglianze con le altre barriere coralline del Mar Rosso.

Le barriere coralline del mondo sono in grave pericolo, principalmente a causa dell’inquinamento e dello sbiancamento dei coralli causato dall’innalzamento delle temperature del mare. Negli ultimi decenni, gli eventi di sbiancamento dei coralli avvenivano ogni 25 anni circa. recenti studi hanno dimostrato che oltre 100 barriere coralline diffuse in tutto il mondo stanno vivendo questi eventi ogni 5,9 anni

A causa della fragilità di questi ecosistemi e del loro valore come punti caldi della biodiversità, il Consiglio regionale pugliese sta progettando la creazione di una nuova area marina protetta al largo di Monopoli, dove è stata scoperta la nuova barriera corallina.

La strana storia del Dr Death Ray

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di Oliver Melis

E’ esistito davvero il “raggio della morte?” molti cospirazionisti non si farebbero certamente questa domanda, non avrebbero certamente nessun dubbio e la risposta sarebbe scontata… Si, lo ha inventato Tesla, ma anche Marconi che lo testò sotto gli occhi stupefatti del Duce fiero dell’italica arma risolutiva.

Siamo a conoscenza anche di altri inventori che tra l’ottocento e il novecento avrebbero inventato armi a raggi capaci di bloccare motori e circuiti di ogni tipo a distanza di chilometri e non solo, abbiamo già scritto, per esempio, dell’arma a forza senza nome, queste fantascientifiche armi sarebbero state in grado anche di distruggere i mezzi sottoposti alla loro azione. Questa che vi raccontiamo è la storia che vede come protagonista un inventore inglese che una decina di anni prima del fantomatico raggio di Marconi si cimentò nella stessa impresa.

Harry Grindell Matthews nacque il 17 marzo 1880 a Winterbourne, nel Gloucestershire. Studiò alla Merchant Venturers School di Bristol e divenne un ingegnere elettronico. Durante la seconda guerra boera prestò servizio nella polizia sudafricana e fu ferito due volte.
Nel 1911 Matthews affermò di avere inventato un dispositivo chiamato Aerophone, un radiotelefono che trasmetteva messaggi tra una stazione di terra e un aereo da una distanza di due miglia.

I suoi esperimenti attirarono l’attenzione del governo e il 4 luglio 1912 visitò Buckingham Palace. Tuttavia, quando l’ Ammiragliato britannico chiese una dimostrazione dell’Aerophone, Matthews richiese stranamente che nessun esperto fosse presente sulla scena e quando quattro degli osservatori smantellarono parte dell’apparato e presero appunti prima che iniziasse la dimostrazione, Matthews annullò la dimostrazione e allontanò gli osservatori. I giornali difesero Matthews ma il War Office negò qualsiasi manomissione affermando che la dimostrazione era stata un fallimento.

Nel 1914, dopo lo scoppio della prima guerra mondiale , il governo britannico annunciò un premio di 25.000 sterline a chiunque potesse creare un’arma contro i dirigibili o controllare a distanza i veicoli senza pilota. A quel punto, lo stesso Matthews si rifece avanti dichiarando di aver realizzato un sistema di controllo remoto che utilizzava celle di selenio.

Lo dimostrò con successo con una barca telecomandata ai rappresentanti dell’Ammiragliato al Penn Pond di Richmond Park. Ricevette le 25.000 sterline ma poi l’Ammiragliato non fece mai uso dell’invenzione.
In seguito, Matthews apparve in pubblico nel 1921 e dichiarò di aver inventato la prima immagine parlante del mondo, un’intervista d’addio di Ernest Shackleton registrata il 16 settembre 1921, poco prima dell’ultima spedizione di Shackleton. L’immagine parlante di Matthews funzionò, ma non fu certamente la prima.

Nel 1923 l’inventore sostenne di aver realizzato un raggio elettrico in grado di mettere i magneti fuori uso. In una dimostrazione davanti ad alcuni giornalisti selezionati fermò il motore di una motocicletta a distanza. Affermò anche che con abbastanza potenza avrebbe potuto abbattere gli aerei, far esplodere la polvere da sparo, fermare navi e rendere inabile la fanteria dalla distanza di quattro miglia.

Il War Office contattò Matthews nel febbraio del 1924 per chiedere una dimostrazione del suo raggio. Matthews però parlò con i giornalisti dimostrando che il raggio era in grado di accendere a distanza la polvere da sparo. Si rifiutò ancora di dire come il raggio funzionasse davvero, e quando il governo britannico rifiutò ancora di comprare le sue invenzioni, annunciò un’offerta dalla Francia.

Il ministero dell’Aeronautica, diffidente a causa di precedenti brutte esperienze con aspiranti inventori, invitò Matthews a Londra per sperimentare il suo raggio il 26 aprile davanti alle forze armate. Mattthews non riusci a convincere i funzionari, che sospettarono un inganno e quando l’Ammiragliato britannico chiese ulteriori dimostrazioni, Matthews si rifiutò di darle.

Il 27 maggio 1924, l’Alta Corte di Londra concesse un’ingiunzione agli investitori di Matthew che gli vietavano di vendere i diritti sul raggio della morte. Quando il maggiore Wimperis, emissario delle forze armate si recò presso il laboratorio di Matthews per negoziare un nuovo accordo, Matthews era già volato a Parigi. Anche i sostenitori di Matthews apparvero sulla scena e poi si precipitarono all’aeroporto di Croydon per fermarlo, ma non ci riuscirono.

Tutto questo agitazione attirò l’interesse di altri inventori che volevano dimostrare di aver inventato qualcosa di simile al raggio della morte al War Office ma nessuno di loro risultò convincente. Il 28 maggio il comandante Kenworthy chiese alla Camera dei Comuni cosa intendeva fare il governo per impedire a Matthews di vendere il raggio a una potenza straniera e il Sottosegretario per l’Aria rispose che Matthews non era disposto a permettere loro di investigare il raggio per maggiori chiarimenti. Un rappresentante del governo affermò che un funzionario del ministero era passato davanti al raggio senza riportare danni.

A quel punto il governo chiese che Matthews utilizzasse il raggio per fermare un motore a benzina nelle condizioni imposte da Ministero dell’Aria. Mattheus avrebbe ricevuto 1000 sterline e ulteriore considerazione. Dalla Francia, Matthews ha rispose che non era disposto a fornire alcuna prova avendo già otto offerte tra cui scegliere. Affermò anche di aver perso la vista all’occhio sinistro a causa dei suoi esperimenti.

Il suo coinvolgimento con il suo sostenitore francese Eugene Royer suscitò ulteriori sospetti in Gran Bretagna.
Sir Samuel Instone e suo fratello Theodore offrirono a Matthews un enorme stipendio alla condizione di tenere il raggio della morte in Gran Bretagna, dimostrandone allo stesso tempo il suo effettivo funzionamento. Matthews rifiutò ancora: non voleva dare alcuna prova che il raggio funzionasse come sosteneva.

Matthews tornò a Londra il primo giugno 1924 e rilasciò un’intervista al Sunday Express in cui affermava di avere raggiunto un accordo con Royer. La stampa prese di nuovo le sue difese. L’unica dimostrazione che Matthews era disposto a dare era di realizzare un film Pathé , The Death Ray, ma il dispositivo utilizzato non aveva nessuna caratteristica di quelle richieste dal Ministero.

Nel luglio del 1924, Matthews fece rotta per gli Stati Uniti per commercializzare la sua invenzione. Come al solito, quando ricevette un’offerta di 25.000 dollari per dimostrare il funzionamento del suo raggio alla Radio World Fair al Madison Square Garden, rifiutò affermando che gli era stato impedito di dimostrare il funzionamento della sua invenzione anche fuori dall’Inghilterra.

Gli scienziati statunitensi non rimasero impressionati dalle descrizioni dell’invenzione e da quanto Matthews diceva. Per ribadire la propria incredulità il professor Woods si offrì di stare di fronte al dispositivo.
Matthews ritornò in Gran Bretagna, e sostenne che gli Stati Uniti si erano assicurati la sua arma “raggio della morte”ma che si rifiutavano di ammetterlo pubblicamente. Matthews da allora si trasferì negli Stati Uniti e iniziò a lavorare per la Warner Bros.

Nonostante si attribuisca questa invenzione ora a Tesla, ora a Matthews, ora a Marconi o ad altri inventori, non sono mai esistite o rese pubbliche prove concrete circa l’esistenza di tale dispositivo, solo lettere e dichiarazioni di personale militare o civile. Mancando totalmente di prove storico-scientifiche, queste dicerie probabilmente furono solo mera propaganda bellica che, dopo decenni, hanno finito per diventare vere e proprie leggende metropolitane, ulteriormente diffuse grazie al tam tam in rete dei gruppi cospirazionisti.

Fonte: Wikipedia

Interessanti novità nel budget NASA: SLS sotto scacco e più fondi destinati alle collaborazioni con i privati

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Conla Casa Bianca repubblicana e la Camera dei rappresentanti democratica, è quasi inutile dire che la richiesta di budget del Presidente per l’anno fiscale 2020 non otterrà molto dal Congresso. Eppure, nella richiesta di budget della NASA, ci sono accenni intriganti sulla natura sempre più commerciale dell’esplorazione lunare.

Due fonti che hanno familiarità con il pensiero del vicepresidente Mike Pence, che guida la politica spaziale degli Stati Uniti, hanno affermato che Pence è frustrato dal ritmo lento degli sforzi della nazione per mandare gli umani sulla Luna. In particolare, si sta stancando dei continui ritardi del razzo Space Launch System della NASA, che originariamente doveva essere pronto per il lancio nel 2017 e che probabilmente sarà ritardato ulteriormente fino al 2021 al più presto.

Grandi cambiamenti

Prima di tutto, con la riduzione del budget, la proposta del presidente “riduce” i finanziamenti per l’Exploration Upper Stage. Questo è il secondo stadio più potente che permetterebbe a una versione futura del razzo SLS di sollevare sia la capsula di Orione che i grandi pezzi di carico utile sull’orbita lunare.

Il bilancio propone riforme per il programma SLS per evitare che le sfide significative del programma e dei costi del programma derivino da ulteriori deviazioni di risorse da altre attività di esplorazione“, afferma la panoramica sul budget del presidente. Questo è il riflesso del desiderio di completare la versione iniziale “Block 1“, attualmente in ritardo, nel modo più rapido possibile. I futuri aggiornamenti dovranno attendere (o potrebbero non arrivare mai).

Il budget apre anche le porte ai lanci commerciali di merci verso l’orbita lunare, inclusi i componenti della stazione Lunar Gateway. “Gli elementi Lunar Gateway verrebbero lanciati su veicoli con procura competitiva, completando i voli di trasporto equipaggio su SLS e Orion“, si legge nel documento.

Infine, il budget dice che una sonda robotica destinata alla luna di Giove Europa (Europa Clipper), a causa del lancio nel 2020, non verrà lanciata con il booster SLS ma verrà lanciata con un razzo privato. (Come precedentemente riportato da Ars, questo quasi certamente sarà il Falcon Heavy di SpaceX). “Utilizzando un veicolo di lancio commerciale per questa missione, la NASA risparmierà oltre 700 milioni di dollari, consentendo il finanziamento di nuove attività in tutta l’Agenzia“, ​​afferma il documento di bilancio.

Con questa proposta, quindi, la NASA sta portando via un upgrade chiave allo stadio superiore del Sistema di lancio spaziale, proponendo di lanciare i componenti del Gateway su missili commerciali e rimuovendo una missione di alto profilo dal manifest di lancio: l’Europa Clipper. Questo lascia solo un compito reale per l’SLS, che nessun razzo commerciale può attualmente eseguire: l’invio diretto di una capsula di Orion con equipaggio verso un’orbita lunare alta.

Bisogna dire che i progressi attesi durante quest’anno per l’entrata in servizio delle capsule Dragon 2 di SpaceX e Starliner di Boeing, studiate per il trasporto di equipaggio e ormai prossime alla conclusione dei collaudi, potrebbero, già dall’anno prossimo, in caso di ulteriori ritardi, porre una pietra tombale sul progetto SLS+Orion.

Bridenstine su SLS

L’amministratore della NASA Jim Bridenstine ha presentato la richiesta di budget durante un discorso al Kennedy Space Center. Brindestine, ha parlato di “riusabilità” come di una pietra angolare fondamentale per il ritorno sulla Luna dell’agenzia spaziale. Usando sistemi riutilizzabili, i piani della NASA per le missioni umane sulla Luna e alla fine su Marte saranno accessibili e sostenibili.

Il grande razzo dell’agenzia – che è costato alla NASA 12 miliardi di dollari finora per lo sviluppo e ha un budget annuale di circa 2 miliardi di dollari – è un’eccezione. “SLS non è riutilizzabile, ma è un pezzo fondamentale dell’architettura che ci consente di fornire riusabilità alla Luna“, ha affermato Bridenstine.

Risposta del Senato

Il Senato degli Stati Uniti avrà molto da dire su questo bilancio prima che sia approvato. Negli anni passati, il Comitato per gli stanziamenti del Senato, sotto la direzione del suo presidente Richard Shelby, ha concentrato i budget amministrativi per il razzo SLS.

Il senatore dell’Alabama lo ha ribadito la scorsa settimana durante una sessione dell’Associazione del trasporto spaziale. Un altro relatore era Jody Singer, il direttore del Marshall Space Flight Center dell’Alabama, dove è in via di sviluppo il razzo SLS.

Shelby e il suo staff comprenderanno senza dubbio le implicazioni insite nella richiesta di budget del presidente e cosa significherebbero per l’utilità del razzo SLS. Se messi in atto, questi cambiamenti potrebbero significare l’inizio della fine del razzo SLS, specialmente se subisce ulteriori ritardi. Questa sarà una battaglia economica molto interessante da seguire e ci dirà quanto peso continuano ad avere i lobbysti nel senato americano.

Esplosioni atomiche su Marte?

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di Oliver Melis

Marte in passato è stato ritenuto un pianeta che aveva sviluppato una società altamente tecnologica che cercava di evitare l’estinzione portando l’acqua esistente ai poli e intrappolata sotto forma di ghiaccio verso le zone aride attraverso dei canali artificiali.

Fu l’astronomo Giovanni Schiaparelli, dopo una serie di osservazioni effettuate dal 1877 al 1888 nell’Osservatorio astronomico di Brera, a ipotizzare che Marte fosse disseminato di una fitta rete di canali. Schiapparelli, però, non sostenne mai che fossero artificiali. L’equivoco nacque a causa di un errore di traduzione dei suoi lavori dall’italiano all’inglese, venne infatti usato il termine “canal” (canale artificiale) al posto del più consono “channel”. Oggi sappiamo che si trattava di mere illusioni ottiche.

Marte, agli occhi dei sostenitori delle ipotesi cospirative secondo le quali la NASA nasconderebbe le scoperte effettuate, negli anni ha continuato a rivelare sorprese, facce, mura, città, statue, foreste e cupole ne occuperebbero il suolo per la gioia dei tanti appassionati cultori del complotto ordito dalla NASA che ci nasconderebbe tanti segreti celando una lampante verità.

Diversi “ricercatori indipendenti” sostengono che le immagini della superficie di Marte sembrano raffigurare strutture che sembrano essere state distrutte e coperte di polvere. Secondo il Dr. John Brandenburg, queste immagini racconterebbero che in passato due antiche civiltà marziane furono annientate da esseri alieni usando armi nucleari. Brandenburg ha descritto nel suo libro intitolato “La morte su Marte” le sue teorie. Lo scrittore aveva teorizzato in precedenza che il colore rosso di Marte e le sostanze radioattive nel suo suolo sono il risultato di un’esplosione termonucleare causata da un ipotetico reattore nucleare naturale. Ora aggiunge che “l’alta concentrazione” di Xenon-129 nell’atmosfera marziana e l’uranio e il torio sulla superficie sono ciò che resta di due esplosioni nucleari, molto probabilmente innescate da invasori alieni.”

Brandenburg crede che Marte avesse un clima simile a quello terrestre e che fosse abitato da due civiltà: una in una regione chiamata Cydonia Mensa e un’altra a Galaxias Chaos. Lo scienziato è arrivato a queste conclusioni analizzando i dati dell’Orbiter Mars Odyssey del 2001, che portava a bordo uno spettrometro a raggi gamma, Brandenburg osservò una concentrazione locale di uranio radioattivo, torio e potassio in due aree specifiche su Marte.

La sua prima idea fu che ci fosse almeno un reattore nucleare naturale su Marte, analogo a quello scoperto in Gabon nel 1972. Alla Conferenza sulla Scienza Lunare e Planetaria del 2011 pubblicò i risultati. Più tardi, propose che il rapporto elevato tra 129 Xenon e 132 Xenon nell’atmosfera di Marte potesse essere spiegato solo come la firma di un’arma nucleare. Egli suggeri che massicce esplosioni si verificarono nell’area del Mare Acidalium a circa 50 ° N 30 ° O, vicino a Cydonia Mensa e in Utopia Planum a circa 50 ° N 120 ° O vicino a Galaxias Chaos, sostenendo che entrambi sono luoghi ricchi di possibili reperti archeologici.

Questa idea è stata contestata da astronomi e altri scienziati che hanno dimostrato che esiste un’altra spiegazione più probabile e più banale per gli isotopi dello xeno osservati.

Nel dicembre 2014 Brandenburg ha anche scritto: “il terreno vetrificato, inciso con acido, è stato trovato nei siti di entrambe le ipotetiche esplosioni, ma da nessun’altra parte su Marte. Questo minerale ricorda la “trinitite”, il vetro fuso trovato nel sito delle esplosioni nucleari. Quindi ritengo che la mia ipotesi sia supportata da nuovi dati.”

Brandenburg ha citato un articolo di Horgan & Bell di Geology 2011 ma l’articolo non offre alcun supporto alla sua tesi. Horgan & Bell riportano notizia di un vetro vulcanico molto diffuso e non menzionano nemmeno la trinitite. L’intero emisfero nord di Marte mostra prove del passato vulcanismo e non c’è niente di speciale nelle due aree su cui Brandenburg si concentra.
Le sue osservazioni non sono state accettate da riviste peer-reviewed.

Fonte: Mysteriousuniverse.org; Wikipedia

Jeff Bezos: dimenticatevi di Marte, gli umani vivranno in grandi colonie spaziali orbitali

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Jeff Bezos, l’uomo più ricco del mondo, ha affermato che Marte non sarà mai un luogo dove gli umani potranno vivere senza problemi.

Ho un sacco di amici che sostengono di volersi trasferire su Marte e, quando me lo dicono, io rispondo che prima dovrebbero provare a trascorrere un anno sulla cima dell’Everest per abituarsi: l’Everest è un paradiso rispetto a Marte“.

Il miliardario, proprietario di Amazon e Blue Origin, avrebbe proferito questa affermazione lo scorso febbraio, durante una conversazione tenutasi allo Yale Club di New York; lo riferisce Business Insider, in possesso di una trascrizione della conversazione.

Questo non vuol dire che Bezos, che ha fondato Amazon e la società aerospaziale Blue Origin, non sia interessato a mandare esseri umani nello spazio persone normali. Bezos ritiene che l’umanità inizierà a trasferirsi nello spazio man mano che la popolazione si espanderà e le risorse della Terra diminuiranno. Alla fine, secondo lui, una popolazione che restasse limitata alla Terra, dovrebbe sottoporsi ad un pesante controllo delle nascite ed un’importante razionamento di energia e materie prime: “…[T] mi sembra che sarebbe un mondo piuttosto squallido. Non dovremmo aspettare di arrivare a quel punto”, ha detto Bezos.
Ci sono attualmente oltre 7,6 miliardi di persone sulla terra e per molti la vita non è facile ma se lo spazio diventasse un luogo praticabile dove gli esseri umani potessero vivere, il sistema solare ha indubbiamente risorse sufficienti per sostenere 1 trilione di esseri umani per secoli, sostiene Bezos. “Allora potrebbero nascere 1.000 Mozart e 1.000 Einstein. diventeremmo una civiltà incredibile e dinamica.”

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Jeff Bezos

@JeffBezos

Tuttavia, Bezos ritiene che “non dovremmo trasferirci sui pianeti” ma “realizzare strutture spaziali autosufficienti, come quelle progettate dal professore di fisica di Princeton, Gerard O’Neil.

Gli insediamenti spaziali progettati da O’Neill sono costituiti da due cilindri, ciascuno lungo 32 chilometri e con un diametro di 6,5 chilometri, secondo la National Space Society. Di seguito è riportato un rendering d’artista dell’interno di uno dei cilindri.

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Dipinto di Rick Guidice per gentile concessione della NASA.

Le colonie spaziali che costruiremo avranno molti vantaggi. Il primo è che saranno vicini alla Terra. Il tempo di transito e la quantità di energia richiesta per muoversi tra i pianeti è così alta”, ha spiegato Bezos.

In definitiva quello che accadrà, è che questo pianeta sarà suddiviso in zone residenziali e industria leggera. Avremo università qui e così via, ma qui non faremo l’industria pesante. Perché dovremmo? Questa è la gemma del sistema solare. Perché dovremmo fare l’industria pesante qui? Non ha senso.”

Un altro rendering di un artista dell’interno di uno dei cilindri di insediamento spaziale di O’Neill, secondo la National Space Society .

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Pittura di Don Davis per gentile concessione della NASA.

Quello che Bezos non dice ma sembra pensare è che in un futuro neanche troppo lontano la maggior parte dell’umanità dovrà abitare e lavorare in queste strutture orbitali che, in qualche modo, dovranno riprodurre un ambiente ospitale e il più possibile autosufficiente. A risiedere sulla Terra, ritrasformata in un paradiso, saranno pochi privilegiati.

Come sappiamo, Bezos non è il solo a pensare che gli esseri umani alla fine dovranno trasferirsi oltre la Terra; il  CEO di Tesla e SpaceX Elon Musk  sostiene da tempo che gli esseri umani dovranno diventare una specie multiplanetaria ma, al contrario di Bezos, Musk ritiene che dovremo andare sui pianeti e sulle lune ed adattarli alle nostre esigenze.

Credo davvero nel futuro dello spazio”, ha detto Musk sabato al Kennedy Space Center in Florida dopo il lancio della sua capsula spaziale Crew Dragon. “Penso che sia importante diventare una civiltà dello spazio e essere là fuori, tra le stelle… Vogliamo che le cose che sono nei romanzi e nei film di fantascienza non siano fantascienza per sempre. Vogliamo che un giorno diventino reali.

Musk immagina che gli umani col tempo “terraformeranno” Marte, rendendone abitabile la superficie. Ci vorrà tempo, sarà estremamente rischioso ma lo faremo e dovremo cominciare con delle colonie sotterranee con alcune strutture schermate in superficie, ma alla fine Marte diverrà un pianeta abitabile, dice Musk.

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SpaceX

@SpaceX

Sarà difficile. C’è una buona possibilità di morire andando in un piccolo barattolo attraverso lo spazio profondo. Potresti atterrare con successo, [ma] una volta che sarai atterrato, dovrai lavorare senza sosta per costruire la base e renderla sicura e autonoma, quindi non avrai molto tempo libero. E una volta che sarai lì, anche dopo tutto questo, l’ambiente sarà ancora molto duro, quindi ci sono buone probabilità che morirai lì. Pensiamo che tu possa tornare ma non ne siamo sicuri”, ha spiegato Musk ad Axios lo scorso novembre.

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La leggenda della Utsuro-buna

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di Oliver Melis

La storia ambientata nella provincia di Hitachi (Giappone centrale) nel 1803 vede come protagonisti un gruppo di pescatori giapponesi, che ebbero un incontro con una “Utsuro-buna” sulle spiagge di Haratono-hama. La Utsuro-buna o “imbarcazione vuota” appariva come una barca circolare di tronchi decorata, larga circa 6 metri e alta circa 4 metri. A prima vista, secondo i pescatori era fatta di legno di sequoia o palissandro e adornata con lastre di bronzo nella sua metà inferiore, con diverse finestre trasparenti intorno alla sua metà superiore.

I pescatori dopo averla trascinato a riva guardarono attraverso le finestre e videro che le pareti erano ricoperte da strani testi scritti in una lingua sconosciuta. Conteneva oggetti, cibo e vestiti e, con loro grande sorpresa, all’interno c’era anche una bella donna straniera di circa 20 anni carnagione pallida e capelli rossi. La donna vestiva abiti eleganti, di origine sconosciuta, e il suo linguaggio era sconosciuto, quindi i pescatori non furono in grado di comunicare con lei, che, nonostante ciò, rimaneva amichevole e cortese.

La donna aveva con sé una scatola di forma quadrata, che proteggeva dai pescatori, nonostante la loro curiosità. Dopo il breve incontro i pescatori lasciarono libera la strana imbarcazione che tornò da dove era venuta. I pescatori non sapevano nulla della provenienza della donna e dell’imbarcazione ma un vecchio del villaggio dei pescatori raccontò che la donna era una principessa di una terra straniera, che aveva tradito il suo potente marito con altri cittadini. Il vecchio suggerì che, a causa della sua bellezza, era amata dalla gente, e sebbene suo marito avrebbe potuto giustiziarla per questo torto, misericordiosamente la bandì e la lasciò al suo destino.

Questa è solo una delle versioni della storia, infatti tra i testi antichi ci sono tre versioni più conosciute contenute in tre libri: Toen shsetsu  (“racconti dal giardino dei conigli“), composto nel 1825 da Kyokutei Bakin, Hy ry kish  (“diario e storie dei naufraghi“), composto durante il periodo Edo nel 1835 da un autore sconosciuto, e Ume-no-chiri (‘polvere dell’albicocca‘), composto nel 1844 da Nagahashi Matajir.

Toen shsetsu  è la versione più dettagliata e più citata della storia, anche se tra loro vi è una somiglianza sorprendente.
Il racconto, abbastanza moderno e con un alto livello nei dettagli che suggerirebbe la possibilità che la storia sia realmente accaduta, inoltre imbarcazioni simili erano abbastanza comuni all’epoca. L’imbarcazione era dotata secondo i pescatori di sistemi che le avrebbero permesso di sopravvivere a un lungo viaggio in mare piuttosto che in un fiume.

Queste storie, però, spesso attirano l’attenzione per la loro particolarità, infatti qualcuno non si è lasciato certamente sfuggire un dettaglio: la forma dell’imbarcazione della storia è circolare come circolari sono molti UFO che vengono segnalati, quindi qualcuno ha trovato facile affermare che siamo di fronte al racconto di un incontro con un essere extraterrestre ante litteram, come dice qualche ufologo colto.

L’equivoco nasce dal fatto che non sappiamo se la storia sia realmente accaduta o ci troviamo dinnanzi a un racconto allegorico che può essere trasformato in un racconto ufologico.
Da dove nasce la teoria che la Utsuro-buna sia un qualche velivolo extraterrestre? Naturalmente dai simboli che i pescatori raccontarono di aver visto che vennero in seguito trascritti nei libri che abbiamo citato. Per alcuni la foggia dei vestiti della ragazza sarebbe aliena e i simboli riscontrati simili a quelli osservati nello scafo della nave spaziale coinvolta nell’incidente di Rendlesham forest che abbiamo visto essere una bufala.

Per molti studiosi la storia di Utsuro-buna non è altro che una fusione di molte leggende giapponesi e cinesi, nel 1997 un professore della Gifu University di Tokyo, il Dr. Kazuo Tanaka, studiò la leggenda di Utsuro-bune basandosi su un lavoro precedente dallo storico giapponese Yanagida Kunio eseguito nel 1925 e nel 1962 che sottolineava che nelle versioni più antiche l’imbarcazione non presentava nessuna cupola o altri dettagli come finestre e tavole di bronzo aggiunti in seguito per smentire gli scettici sulla scarsa capacità di navigazione dell’imbarcazione.

Tanaka conclude che la storia non è altro che una ( relativamente) moderna rivisitazione di un’antica allegoria, affermando inoltre che le località citate, Haratono-hama e Harayadori, sono interamente fittizie e che alcuni elementi della storia sono quasi archetipici nei confronti degli atteggiamenti giapponesi nei confronti degli stranieri nell’antichità.

Fonti: Mysteriousuniverse.org; Mistero risolto; Wikipedia.

Elon Musk. Tesla, SpaceX e la sfida per un futuro fantastico

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Elon Musk. Tesla, SpaceX e la sfida per un futuro fantastico

di Ashlee Vance

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Moderno epigono di Thomas Edison, Henry Ford, Howard Hughes e Steve Jobs, Elon Musk è il fondatore di aziende come PayPal, Tesla, SpaceX e SolarCity, ciascuna delle quali ha generato onde d’urto nel business e nell’industria americana. Più di ogni altro imprenditore contemporaneo, Musk ha investito le sue energie e il suo vasto patrimonio per immaginare un futuro ricco e luminoso, come i geni visionari dell’età dell’oro della fantascienza. In questo ritratto avvincente e documentato, Ashlee Vance racconta con una completezza senza precedenti la carriera straordinaria del businessman più audace della Silicon Valley – un autentico Iron Man – e conduce un’analisi attenta del corso dell’imprenditoria americana e della sua generazione di ‘creatori’. Grazie al rapporto in esclusiva con Musk, la sua famiglia e i suoi amici, il libro ripercorre le varie tappe della sua vita: dall’infanzia difficile in Sudafrica fino alle vette del business mondiale. Vance ha conversato con Musk per oltre cinquanta ore e ha intervistato quasi trecento persone per ricostruire le turbolente vicissitudini delle aziende rivoluzionarie fondate da Musk e per dipingere il ritratto di un uomo dalla personalità complessa che ha trasformato l’industria americana, innescando ondate di innovazione e facendosi anche molti nemici. In un’epoca in cui molte aziende sono più interessate a inseguire guadagni facili che a rischiare sviluppando tecnologie rivoluzionarie, Musk è l’unico imprenditore dotato di sufficiente dinamismo e visionarietà per affrontare – e stravolgere – più settori in un colpo solo. E due delle sue ultime ‘invenzioni’ come Hyperloop o le autostrade sotterranee vanno esattamente in questa direzione. Elon Musk è un’indagine brillante e approfondita su un mondo tecnologico che sta vivendo trasformazioni sempre più radicali, e offre un ritratto vero ed entusiasmante dell’uomo che sta creando il futuro.

Dettagli prodotto

  • Copertina rigida: 384 pagine
  • Editore: Hoepli (6 ottobre 2017)
  • Collana: Business & technology
  • Lingua: Italiano
  • ISBN-10: 8820380986
  • ISBN-13: 978-8820380984

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