La nuova legge sull’obbligo vaccinale inserisce alcune new entry tra le vaccinazioni obbligatorie.
Da settembre per iscrivere i figli a scuola, dalla fascia da 0 a 6 anni, per gli asili e le materne sarà necessario avere la certificazione dell’inoculazione delle 12 vaccinazioni obbligatorie inserite nella legge.
Alle 4 vaccinazioni ritenute già obbligatorie ne sono state aggiunte altre 8 che erano già comprese nel nuovo Piano nazionale vaccini 2017-19. Per tutti i vaccini obbligatori è prevista la gratuità.
Le 4 vaccinazioni già obbligatorie sono:
– antidifterica,
– antitetanica,
– antipoliomelitica
– antiepatite virale B.
A queste la nuova legge aggiunge:
– l’anti-pertosse,
– l’anti- meningococco B
– l’anti-meningococco C,
– l’anti-morbillo,
– l’anti-rosolia,
– l‘anti-parotite,
– l’anti-varicella
– il vaccino contro l’Aemophilus influenzae.
Alcune di queste vaccinazioni saranno inoculate contemporaneamente.
L’obbiettivo della legge è quello di raggiungere la soglia ottimale di vaccinati del 95%, utile ad indurre la “copertura di gregge”, quel fenomeno, cioè, che garantisce immunità passiva anche a chi per qualche ragione (allergie, salute, intolleranza, ecc) non può praticare le vaccinazioni, allineando così il nostro paese al resto dei paesi europei, dove il fenomeno dei gruppi antivaccinisti non è così diffuso.
Nel 1938, il professore di archeologia dell’Università di Pechino, Chi Pu Tei fece una scoperta eccezionale. Durante l’esplorazione di alcune grotte nell’impervia catena montuosa di Baian Kara Ula, lungo il confine Cinese/Tibetano, scopri un sistema di gallerie artificiali e interconnesse le cui pareti erano state levigate da sembrare cristallizzate dall’azione di un calore estremo. Sulle pareti erano incisi dei segni che sembravano rappresentare il sistema solare. All’interno delle grotte furono rinvenute delle piccole tombe che contenevano i resti di creature alte circa un metro e trenta centimetri con un cranio enorme in rapporto alle dimensioni del corpo. Nei pressi delle tombe furono trovati ammassati 716 dischi di granito con diametro dai 35 ai 50 cm e con un foro al centro, spessi un centimetro. Questi dischi presentavano su un lato degli strani simboli, mentre sull’altro mostravano un’incisione a spirale che partiva dal centro e terminava sul bordo esterno.
I reperti furono portati in segreto a Pechino e per vent’anni gli scienziati cercarono di tradurre le misteriose iscrizioni dei dischi di pietra.
Fu solo nel 1962 che quando il team guidato dal professor Tsum Um Nui concluse che i manufatti risalivano a 10.000 anni prima e raccontavano la storia di creature aliene chiamate Drog-pa, provenienti da un sistema planetario lontano 12 mila anni luce. Gli indigeni della zona del ritrovamento narrano che in tempi antichi due tribù abitavano in quella zona e che strani esseri giunti dal cielo convissero tra di loro. Le autorità però decisero che il grande pubblico non doveva essere informato delle stupefacenti scoperte e tutto venne messo a tacere. La storia venne divulgata dopo due anni di assoluto silenzio. Le traduzioni dei contenuti dei dischi non furono però prese seriamente da altri luminari e solo dopo altri 25 anni gli archeologi trovarono altre conferme in alcune leggende che circolavano tra gli indigeni del luogo del ritrovamento, leggende che parlavano di piccoli esseri dalle grandi teste e dal colorito giallastro
Le ultime analisi dei Dischi, eseguite negli anni 60 da alcuni scienziati sovietici, rivelarono che i dischi facevano parte di una specie di circuito elettrico e se messi in rotazione per mezzo di uno speciale fonografo producevano delle vibrazioni e dei ronzi come se fossero stati sottoposti a un intenso campo elettrico, i dischi rivelarono un’alta concentrazioni di cobalto e altri minerali, il che ne rendeva difficile la lavorazione da parte di esseri umani di 10.000 anni fa.
Nel 1974 un ingegnere austriaco, Ernest Wegwrer fotografò uno dei dischi nel museo Bampo di Kiang a Pechino e, in seguito, un disco simile venne alla luce presumibilmente in Nepal.
il prof. Karil Robin Evansche si accorse che il disco, se posato su una bilancia, apparentemente perdeva e acquistava peso. Lo stesso Evans entrato in contatto con il capo della tribù dei Dzopa scopri che gli esseri che costruirono i dischi provenivano dal pianeta Sirio e che due missioni esplorative partirono per il pianeta Terra, una 20.000 anni fa e una 1014 anni prima di Cristo ma a causa di un incidente non riuscirono più a tornare al loro mondo, secondo la leggenda raccontata dal capo tribù, i Dzopa erano i discendenti degli alieni.
Questa è in sintesi la storia, ricercatori, scienziati, archeologi, antiche tribù, UFO crash preistorici, misteriosi manufatti, linguaggi alieni prontamente tradotti, e esseri alieni che giunti sulla Terra si confondono con popolazioni terrestri generando discendenze miste, come fosse cosi semplice tradurre un messaggio da esseri evoluti in maniera totalmente indipendente dalla nostra.
Come si può vedere, non manca nulla, nemmeno gli esseri dalla grossa testa che si schiantano sul nostro pianeta… Ma cosa c’è di vero?
I famosi dischi sono stati creati nel libro “Sungods in Exile” (1978) da Karyl Robin-Evans, che narra di una sua spedizione in Tibet del 1947 e di come venne a conoscenza dei Dropa e dei loro segreti. Nel 1995, però, venne a galla un’altra storia, lo scrittore David Gamon confessò al Fortean Times, di aver scritto Sungods in Exile per scherzo e per mettere alla berlina le teorie di Erich von Däniken, falsificando anche le prove.
Nonostante le ammissioni, Hartwig Hausdorf nel 1998 scrisse il libro “The Chinese Roswell” dove raccontava che il professor Tsum Um Nui della Beijing Academy, era riuscito a tradurre i dischi, purtroppo, però, mai nessuno ha sentito parlare di questo professore che, infatti, non esiste né in Cina né altrove. Tsum Um Nui non è altro che un cognome giapponese scritto, però, ortograficamente in maniera scorretta. I dischi di pietra sono conservati, a detta degli scrittori in vari musei in tutta la Cina, tuttavia, nessuno di questi musei, una volta contattato, sembra conoscerli.
E non solo castelli ma anche ville lussuose, pensioni e case d’epoca. L’agenzia del demanio intende assegnare gratuitamente 103 proprietà da ripristinare ed utilizzare come destinazione turistica.
Se sei affascinato da Grande Inverno, Castel Granito o il nido dell’Aquila è la tua occasione.
Tuttavia, c’è solo un problema. L’Agenzia del Demanio si aspetta che chiunque prenda un castello libero (o qualsiasi altro dei 103 oggetti) si impegni a ripristinarlo in modo che possa diventare un’attrazione turistica aperta al pubblico. La cosa positiva è che sarà il soggetto assegnatario a decidere se trasformare il bene assegnato in un albergo, un centro benessere, un ristorante o un’altro tipo di attrazione.
“Il progetto intende promuovere e sostenere lo sviluppo del turismo locale”, ha dichiarato alla stampa Roberto Reggi, dell’Agenzia del Demanio, “L’obiettivo è trasformare, senza aggravio di spese per lo stato, edifici pubblici e privati, abbandonati o non più utilizzati, in strutture per pellegrini, escursionisti, turisti e ciclisti.”
Le autorità pensano che questo progetto sarà utile per alleggerire la pressione sulle aree del paese più popolari e affollate dai turisti come, ad esempio, Venezia.
La scadenza per le domande è il 26 giugno.
I candidati prescelti avranno una concessione di iniziale di nove anni per sviluppare e portare a regime il loro progetto, con la possibilità di estendere la concessione anche per i nove anni successivi.
In caso qualcuno intendesse partecipare al bando ma si vedesse respingere il proprio progetto, niente paura, ci sarà il tempo per rifarsi. Il demanio, infatti, intende assegnare con le stesse modalità altre 200 location entro i prossimi due anni.
L’area 51 è una della basi militari più segrete e del pianeta e, proprio a causa delle ipotesi e dei misteri che ne circondano l’esistenza, al pari di altre località simili, è fonte di dicerie, teorie e leggende metropolitane, in particolare, il filone dell’ufologia complottista vedrebbe in questa base la centrale operativa di una presunta agenzia governativa, il Majestic 12, che istituita nel 1947 dal presidente Truman, avrebbe ormai trasceso il suo scopo istituzionale e servirebbe un supposto governo ombra degli Stati Uniti, governo ombra impegnato in indicibili accordi con svariate razze aliene.
Questa base militare super segreta ha finito per colpire tanto la fantasia popolare da essere diventata protagonista di film hollywoodiani come, ad esempio, Indipendence day o di molte puntate di serie televisive come, ad esempio, Stargate, finendo per fornire ulteriore materiale ad appassionati e complottisti che, speculando sulle vicende di questi films e telefilms, sono riusciti ad accrescere l’aura di mistero ed incertezza intorno alla base stessa.
Secondo tanti ufologi e appassionati di misteri, in questo luogo sarebbero nascosti i resti degli UFO recuperati nei vari incidenti che, secondo la narrazione complottista, sarebbero avvenuti in varie parti degli USA, a cominciare dall’UFO crash di Roswell, dove sono a disposizione degli scienziati impegnati in progetti di retroingegneria atti a comprenderne il funzionamento per riprodurne i sistemi di produzione di energia e propulsione.
Ufficialmente, l’Area 51 è una sezione del poligono nucleare ed areonautico di Nellis, una vasta zona militare che si estende nel deserto del Nevada a circa 150 km da Las Vegas; è situata nel letto del Groom Lake, un lago asciutto da tempo, ed è conosciuta anche con altri nomi, Dreamland, Watertown, The Rach e Skunkworks.
Questo complesso viene utilizzato fin dal 1954, e l’aeronautica militare vi ha condiviso con la CIA diverse strutture sotterranee fino al 1972.
In realtà l’Area 51 è stata spesso utilizzata per sviluppare e realizzare progetti segreti, testandone poi i prototipi. In questo luogo, per esempio, hanno preso il volo, per la prima volta, i ricognitori strategici U-2 e SR-71 Blackbird, forse anche i primi prototipi dei cacciabombardieri STEALTH F-117A e, secondo alcune voci di corridoio, si starebbe ora lavorando al nuovo ricognitore chiamato “Aurora” che raggiungerebbe velocità dell’ordine di svariati Mach. Questi progetti vengono citati negli ambienti ufologici come il prodotto di ricadute tecnologiche dovute all’ingegneria inversa applicata a presunte macchine volanti extraterrestri nascoste e studiate in alcuni hangar del complesso.
l’Area 51 è raggiungibile percorrendo strade sterrate apparentemente abbandonate. Nel 1984, allo scopo di scoraggiare l’osservazione della base da parte di curiosi, i militari sequestrarono circa 89.600 acri di terreno pubblico attorno la base militare ma, nonostante l’espresso divieto di avvicinarsi, restano numerosi gli appassionati e i curiosi che si avventurano nella zona fino ad arrivare a pochi metri dalle barriere metalliche, costringendo i militari a presidiare l’area pattugliandola con gruppi armati a bordo di fuoristrada bianchi, cosa che ha colpito la fantasia dei complottisti che ne hanno attribuito l’appartenenza a qualche corpo speciale non ufficiale.
Tutta questa segretezza sarebbe la prova che l’Area 51 protegge segreti indicibili. Come al solito la realtà è ben diversa: provate ad avvicinarvi ad una qualsiasi zona militare ad accesso limitato senza averne l’autorità e poi raccontate cosa succede. Se è vero che in Area 51 vengono sviluppati e testati velivoli ultrasegretri, il minimo che può capitare è che le autorità ne scoraggino l’avvicinamento con ogni mezzo.
Se l’area 51 è un posto così segreto, come mai lo si può osservare in foto satellitari che ne mostrano l’estensione?Quando e perchè si iniziò ad attribuirgli questo mistero?
Negli anni ’80, Dave L. Dobbs, giornalista ed ufologo di Cincinnati (Ohio), ricevette una lettera da un radiotecnico, tale Mike Hunt. Egli fu tra i primi che associarono le attività dell’Area 51 e gli UFO.
Hunt sosteneva di aver lavorato nel complesso nei primi anni ’60 per conto della Commissione Atomica Statunitense e di aver saputo che un UFO vi sarebbe stato trasportato dalla base aerea di Edwards, in California. Secondo le sue fonti il progetto era denominato “Project Red Light” e doveva occuparsi dello studio della propulsione di almeno tre UFO catturati, cercando di capirne il funzionamento partendo da un prodotto finito e cercando di capire in quale modo gli UFO venivano costruiti. Inoltre dovevano studiare l’anatomia e la fisiologia degli alieni, almeno due, in possesso del governo USA. Altri fecero dichiarazioni più o meno simili ma sempre poco o per nulla credibili.
Un altro personaggio che divenne noto negli anni seguenti era Bob Lazar, un presunto fisico nucleare che raccontò di aver lavorato in una sezione dell’area 51 che si occupava di capire il funzionamento dei propulsori dei dischi volanti.
Lazar nel 1989 raccontò la sua storia in una nota trasmissione televisiva americana, dicendo una serie di cose incredibili sulle reali attività dell’Area 51, dove avrebbe lavorato dal 1988.
Dichiarò di aver studiato il modo in cui gli alieni viaggiavano nello spazio: utilizzando reattori alimentati con un elemento detto “elemento 115” dotato di caratteristiche particolari, grazie alle quali riusciva a piegare lo spazio tempo generando una sorta di curvatura che spingeva la nave a velocità superiori a quelle della luce. Teorie e racconti, però, non provati in alcun modo e che non spiegano perché le forze armate americane continuino a usare mezzi e motori convenzionali.
A forza di rivelazioni da parte dei soliti bene informati, all’inizio degli anni novanta il mondo venne a sapere, grazie alla televisione, che gli alieni erano giunti sulla Terra decenni prima ma che il loro viaggio interstellare era finito in uno schianto che fece la fortuna di chi entrò in possesso dei filmati dove rottami e corpi mutilati facevano bella mostra di sé.
Guarda caso, la possibilità di vendere a peso d’oro alla TV e ai giornali filmati e fotografie che mostravano presunte autopsie di presunti alieni fece nascere una nuova professione: quella del ricercatore indipendente impegnato a battersi per ristabilire la verità di fronte alle menzogne dei governi, figura che, con l’avvento di internet, ha cominciato a proliferare nei campi più disparati del complottismo, guadagnando con poca fatica soldi grazie alla vendita di fantasiosi ebooks, click sui banner delle pagine web, visualizzazioni di filmati su you tube e, non ultima risorsa, raccolte di fondi per finanziare questa o quella pseudoricerca ai danni di creduloni ed ignoranti.
L’Area 51 è sempre là, potete visualizzarla su google maps e su google Earth, se vi capitasse di vedervi decollare o atterrare un UFO, fateci un fischio.
Il Majestic 12 è un documento composto da dieci pagine, con timbro “Top Secret” che ha come oggetto il Progetto Aquarius che istituiva un gruppo di studio relativo al fenomeno UFO.
A dirigere il Majestic era un gruppo segreto formato da 12 membri, politici, militari e scienziati degli Stati Uniti che per decenni avrebbero studiato, in totale segretezza, i rapporti UFO e i relativi crash di dischi volanti. Il gruppo, voluto dal presidente Harry Truman, secondo molti ufologi e complottisti fu creato per insabbiare le prove della presenza aliena nei cieli della Terra che, se fosse diventata di dominio pubblico, avrebbe destabilizzato il sistema a tutti i livelli.
Il Progetto Aquarius aveva il compito raccogliere tutte le informazioni scientifiche sugli Ufo e sui loro piloti, da utilizzare per lo sviluppo della tecnologia spaziale e garantire cosi agli USA il predominio sul pianeta.
Una raccolta di dati conosciuta con nome di Project Blue Planet, comparsa nel 1984, afferma che il Majestic 12 venne creato per ordine del presidente Truman, il 24 settembre del 1947 su consiglio di Vannevar Bush e del Segretario della Difesa James Forrestal. Bush sarebbe stato eletto alla direzione del gruppo. Di seguito,il testo originale, tradotto in italiano, della lettera di accompagnamento di Truman a Forrestal.
« Top secret
Casa Bianca – Washington
24 settembre 1947
Memorandum per il Segretario
Caro Segretario Forrestal,
come dalla nostra recente conversazione su questo argomento, con la presente Lei è autorizzato a procedere con la dovuta celerità e discrezione circa il Suo impegno. In futuro ci si riferirà a proposito solo come «Operazione Majestic-12». Continua a starmi a cuore il fatto che ogni futura considerazione relativa all’ultima disposizione su questa materia resti solamente nell’ambito dell’Ufficio del Presidente seguendo le appropriate discussioni con Lei, il dottor Bush e il direttore della CIA.
Harry Truman »
La vicenda MJ-12 fu divulgata nel 1984, quando il produttore televisivo e ufologo amatoriale Jamie Shandera ricevette per posta un filmato da un mittente anonimo in cui erano presentati due documenti: il primo, attribuito a Harry Truman autorizzava la costitizione di una commissione chiamata MJ 12 per la valutazione dell’evento di Roswell, avvenuto proprio del 1947; il secondo risalente al 1952 e attribuito all’MJ-12 era un’informtiva per il neo-presidente Eisenhower in cui si descrivevano le investigazioni e l’insabbiamento del crash del disco volante. Tra i membri, tutti politici e militari figurava anche Edward Teller.
I membri del MJ 12
Contrammiraglio Roscoe H. Hillenkoetter, Vannevar Bush, James Forrestal(sostituito dopo la sua morte dal Generale Waltrr Bedell Smith) ,Nathan Twining, Generale Hoyt Vanderberg, Detlev Bronk, Jerome Hunsaker, Contrammiraglio Sidney Souers, Gordon Gray, Donald Menzel, Generale Robert Montague, Lloyd Berkner.
Il contenuto del manuale
Esiste un documento relativo all’operatività del Majestic 12, redatto sotto forma di manuale, che riporta la data del 1954 e parla di come il gruppo debba gestire le informazioni e il trattamento di entità biologiche e tecnologie extraterrestri recuperate nei crash, al fine di avere la competenza necessaria per trattare con gli UFO. Il Gruppo MJ-12 era preposto al recupero e allo studio di ogni cosa riguardante gli extraterrestri, tecnologie e occupanti alieni compresi. Tali studi, da effettuarsi in località segrete, avevano lo scopo di capire e replicare il più rapidamente possibile la tecnologia aliena, prima che paesi potenzialmente nemici potessero fare altrettanto; l’aeronautica militare era preposta a recuperare l’eventuale tecnologia aliena. Le indicazioni operative, in caso di avvistamenti o crash, erano di usare smentite ufficiali, screditare i testimoni anche fabbricando prove false, il tutto allo scopo di insabbiare e “proteggere” l’opinione pubblica da idee pericolose in grado di scatenare il panico. Per recuperare i mezzi alieni caduti o abbattuti viene usata una “Squadra Rossa MJ-12” addestrata, e fornita di tute di protezione; per il recupero delle entità aliene invece viene usato il personale “OPNAC”. Nel manuale è presente anche una descrizione sia dei mezzi alieni che delle entità biologiche extraterrestri (EBE), che praticamente sono simili a quelle che si potevano trovare nella letteratura ufologica.
Gli esami
Dopo approfondite analisi eseguite sia da esperti civili che militari, il documento è stato dichiarato falso. Gli esperti che lo hanno studiato credono si tratti o di un falso redatto a fine disinformativo o per ingannare il pubblico e impiantare informazioni fasulle nella comunità ufologica, oppure di un falso con lo scopo di guadagnarci con la pubblicazione di libri o documentari, chi tra i vari seguaci non vorrebbe il manuale del perfetto cacciatore di alieni? Sono state rilevate incredibili inesattezze nel manuale del Majestic 12, che ne dimostrano l’assoluta falsità, le elenchiamo brevemente:
Sui documenti non sono presenti i corretti riferimenti di sicurezza, che obbligatoriamente devono essere presenti in tutti i documenti segreti fino a quando vengono bruciati o declassificati. Questi riferimenti consentono la tracciabilità del documento, e nel manuale Majestic 12 questi riferimenti o sono palesemente errati, o non sono conformi alle procedure di sicurezza.
Il manuale del Majestic 12 essendo un manuale operativo per il recupero di astronavi e corpi alieni non ha alcuna ragione di contenere informazioni sulla storia degli UFO, uno schema dei vari tipi di UFO, informazioni riguardanti la tracciabilità radar degli UFO, una lista di fenomeni aerei e naturali che può essere scambiata per UFO, sembra che per la creazione di questo manuale si sia attinto a quello che l’ufologia offriva.
Il manuale non ha nessuna efficienza, non definisce gli standard che devono essere seguiti per raggiungere gli obiettivi, non menziona il grado di qualifica del personale ed i requisiti che l’equipaggiamento deve avere, anche il metodo di recupero del materiale e di messa in sicurezza del sito che è inadeguato e tatticamente scorretto. Le regole, i materiali, i riferimenti citati sono grossolani o completamente assenti. Le informazioni apparentemente accurate, non sono però controllabili, la scarsa qualità delle copie divulgate è fatta forse appositamente per impedire l’esame forensico, che potrebbe dare risposte negative sull’autenticità del documento stesso.
Il manuale fu analizzato anche dalla FBI, che condusse una indagine per capire se i documenti fossero reali, cioè ci fosse stato un trafugamento di materiale classificato, ma alla fine li catalogò come falsi.
Anni dopo, un altro manuale simile, redatto in modo poco credibile, risultò infatti scritto con la stessa macchina da scrivere della persona che aveva dichiarato di averli avuti da fonti anonime. Questo è stato scoperto confrontando i documenti con lettere ad ufologi provenienti da questa persona, nelle quali alcuni caratteri presentavano dei difetti della macchina da scrivere identici a quelli che presenti sui caratteri dei documenti Majestic 12. Ci sono altre prove che indicano che tutta la storia sia stata montata ad arte, ad esempio, il documento dove il presidente americano Truman autorizza la creazione del gruppo Majestic 12, mostrava chiaramente che la firma di Truman è stata fotocopiata ed incollata da un documento dello stesso periodo ma che parla di tutt’altro. Quasi tutta la documentazione che i falsari diffondono fu stata realizzata utilizzando copie di documenti originali dell’epoca cambiandone il testo.
Lo scorso autunno, destò profonda impressione un episodio, riportato in un recente articolo su BBC Earth, avvenuto nell’agosto del 2016, nella penisola di Yamal, in Siberia.
In breve, una ventina di persone furono ricoverate per un’infezione da antrace, tra questi un ragazzo perse la vita. Indagini svolte dalle autorità locali stabilirono che l’infezione era partita dalla carcassa di una renna infetta, morta 75 anni fa.
La carcassa della renna era rimasta per tutti questi anni sepolta nella tundra finché un’insolita ondata di caldo durante la scorsa estate provocò il disgelo del permafrost, facendo riemergere la carcassa e permettendo al germe patogeno di rianimarsi, contaminando il suolo e le acque, infiltrandosi nella catena alimentare.
Questa vicenda ha confermato le paure di molti esperti che, da tempo, segnalavano il rischio che il riscaldamento globale possa portare alla ricomparsa di virus e batteri scomparsi da secoli, se non da millenni, rimasti in animazione sospesa nel permafrost.
Da tempo sappiamo che alcuni batteri e diversi virus sono in grado di sopravvivere in condizione estreme, sospendendo, con vari sistemi, la propria animazione finché non si ripresentino condizioni favorevoli alla riproduzione. Il fatto è che siamo abituati a convivere e lottare con virus e batteri della nostra epoca ma come ci troveremmo se dovessimo ritrovarci ad avere a che fare con patogeni scomparsi da decenni o, peggio ancora, da secoli o millenni?
In alcuni luoghi di sepoltura siberiani è stato scoperto, tempo fa, un virus intatto dell’influenza spagnola del 1918, e si teme che la stessa cosa possa accadere anche con il vaiolo (di cui vi fu una grave epidemia in Siberia verso il 1890) e con la peste bubbonica.
L’allarme per questo genere di pericoli venne lanciato, per la prima volta, nel 2005 dalla NASA che in un lago in Alaska, appena sgelato dopo che era rimasto ghiacciato dal Pleistocene, circa 32 mila anni fa, scoprì microbi ancora attivi.
Ora, la preoccupazione è che alcuni funghi, virus e batteri che infettarono Neanderthal e Denisoviani, ormai estinti, potrebbero un giorno tornare a vedere la luce in queste terre del Nord, dove la temperatura sta salendo molto più rapidamente che nel resto del pianeta.
In ogni caso, non tutti i microbi “redivivi” sarebbero in grado di nuocere ancora. Quelli che destano maggiori preoccupazioni sono i virus giganti – che hanno dimostrato una particolare resistenza – e i batteri a spore, particolarmente ardui da debellare.
Secondo quanto riferisce l’agenzia Reuters, Un veicolo si è spinto, contromano, su un affollato marciapiede a Times Square, uccidendo una persone e ferendone almeno altre dieci.
Il veicolo, una berlina rossa di marca Honda, è stato bloccato e il conducente posto in stato di detenzione. La zona è stata isolata, secondo quanto riferisce il dipartimento di polizia di New York.
Un testimone ha riferito alla Reuters che almeno 10 – 12 persone hanno riportato lesioni.
Il veicolo, riferiscono i testimoni, ha volontariamente saltato il cordolo tra la 7° Avenue e la 45th Strada. L’area interessata è una zona di grande attrazione turistica.
Il conducente dell’auto, che è stata fermata dall’urto contro un paletto di contenimento, sarebbe un uomo di 26 anni del Bronx, la cui identità non è stata, per ora, rivelata, è ora sotto interrogatorio, dopo essere stato sottoposto a test per alcool e droghe. Secondo la CBS, la polizia non ritiene che si tratti di un attentato.
Secondo una nota rilasciata dalla Casa Bianca, il presidente Trump è al corrente degli avvenimenti e segue in tempo reale tutti gli sviluppi della vicenda.
Il governatore dello stato di New York Andrew Cuomo e il sindaco Bill de Blasio sono giunti sul posto.
Se siete golosi di Nutella e per qualche ragione prevedete di essere di passaggio a Chicago il 31 maggio, non potete perdervi l’inaugurazione del “Nutella Cafe” della Ferrero. Come molti di noi sanno, la Nutella, la famosa crema alla nocciola della Ferrero, è di una bontà paradisiaca e la sua fama è ormai ben consolidata anche all’estero, tanto che la Ferrero ha deciso di aprire un Nutella Cafe a Chicago, presso il Millennium Park Plaza. L’inaugurazione è prevista per mercoledì 31 maggio e si sa che i primi 400 clienti riceveranno “sorprese speciali”.
“Volevamo creare un mondo di Nutella per gli appassionati della nostra crema alle nocciole e credo che questo nuovo cafe riuscirà a trasmettere a tutti l’essenza del marchio, non solo nelle gustose preparazioni a base di Nutella che verranno servite ma proprio nell’immersione nel mondo Nutella per chi entrerà nel nostro negozio.” Ha dichiarato Noah Szporn, Responsabile Marketing Nutella Nord America.
Il menu del locale è già visualizzabile on line e, a giudicare dalle preparazioni in lista, è probabile che, dal 31 maggio in avanti, la linea degli abitanti di Chicago sarà seriamente minacciata. Tra i piatti proposti, una baguette grigliata, completamente spalmata di Nutella e cosparso di nocciole tostate; Macedonia fresca con Yogurt e Nutella e tante altre combinazioni compreso il caffè alla Nutella.
Insomma, il paradiso dei golosi. Certamente il posto giusto dove compiere un peccato di gola.
Circa due anni fa lessi su Il Sole 24 Ore un interessantissimo articolo del bravo Jacopo Giliberto, giornalista impegnato da sempre su tematiche che spaziano dall’energia all’ambiente, soprattutto nell’ambito del trattamento e ciclo dei rifiuti.
All’interno dell’articolo “a uno a uno vengono incendiati tutti gli impianti di riciclo!”, si faceva riferimento a strane, quanto singolari coincidenze, in merito ad alcuni incendi che colpivano depositi, discariche e siti di trattamento del ciclo dei rifiuti, ecco la sintesi:
Il 27 Luglio 2014, ad Albairate (MI) un incendio presso l’impianto di trattamento dei rifiuti organici destinato a trattare i rifiuti organici prodotti dall’expo 2015;
Il 2 giugno 2015 a Roma l’impianto TMB e compostaggio dell’AMA salario, viene danneggiato da un incendio doloso, generato nel settore del ciclo indifferenziato;
Il 2 giugno 2015 a Perugia viene colpito un deposito della società che gestisce il servizio di nettezza urbana della città, nell’area che gestisce il riciclo di materiale legnoso e derivati;
Il 5 giugno a Padova un incendio innescato da un guasto di un macchinario per la lavorazione dei rifiuti organici danneggia l’impianto comunale di compostaggio dei rifiuti;
Il 6 giugno a Parma viene colpito per la seconda volta l’impianto Iren, società che gestiva il trattamento dei rifiuti speciali industriali;
Il 30 agosto 2015 a Verona viene incendiato l’impianto di compostaggio rifiuti di Fertitalia.
Diversi gli interrogativi, su cosa, tra la sfortuna più nera e la sorte più maligna, fosse la giusta risposta! Ma si poneva, legittimamente, anche un’altro interrogativo: sono davvero situazioni fortuite e casuali, o potrebbero far comodo a qualcuno simili incendi? All’industria degli inceneritori? Alla criminalità organizzata da tempo impegnata nel business del ciclo dei rifiuti?
Tutti dubbi legittimi, gli stessi degli onesti cittadini costretti a subire periodicamente, e sulla propria pelle, queste attività dolose in danno proprio e dell’ambiente.
Il Sole 24Ore darà poi conto, nei mesi che vanno dal giugno al settembre 2015, di altri 30 eventi incendiari che colpirono altrettanti impianti di trattamento del ciclo dei rifiuti; sono invece 20 gli incendi rilevati nell’anno 2016, per passare ai 16 eventi registrati nei soli primi cinque mesi del 2017!
Pochi giorni fa, il 9 maggio, l’autore torna nuovamente sull’argomento, traendo spunto dal tragico evento consumatosi la mattina del 5 maggio nel comune di Pomezia, presso la sede della Eco-X S.r.l./Eco Sevizi per l’Ambiente S.r.l., società attiva nello stoccaccio e trattamento di rifiuti normali e speciali; lo fa nuovamente alla sua maniera, con un altro preziosissimo pezzo, dal titolo: “In due anni incendiate oltre cento discariche e aziende di rifiuti”!
Allora, da attento manager della security, ho fatto i compiti, cercando di capire come a livello safety e security possano ancora accadere simili incidenti in aziende critiche come quelle che trattano e immagazzinano rifiuti urbani e industriali, che dovrebbero essere super controllate dalle istituzioni pubbliche; curiosando in giro per la “rete”, applicando le basilari regole dell’OSInt studiate nei vari corsi universitari, digitando le parole Eco-X-rifiuti-incendio-Pomezia, beh, esce fuori un mondo, incredibilmente in chiaroscuro. E questo perché, ad oggi, non si capisce realmente bene (non avrà certo alcuna difficoltà in questo la procura veliterna titolare dell’indagine) chi siano i reali proprietari della società, e tutti i vari passaggi tra CdA, soci e amministratori vari.
Dai dati posseduti dalla regione Lazio, comunicati dalla stessa società titolare della concessione per l’impianto, si leggono cifre importanti, numeri che avrebbero dovuto far riflettere le istituzioni, ma su tutte, una: circa 90.000 tn di rifiuti annui trattati, tra ordinari e speciali! Possibile che nessuno prese nella debita considerazione “matematica” una simile cifra, rapportandola, peraltro, al territorio e alle carenti (accertate dalla stessa AG) misure di sicurezza aziendali esistenti?
Annualmente l’azienda depositava e lavorava materiali altamente pericolosi, tra rifiuti plastici, scarti di toner, pellicole fotografiche e rifiuti metallici; inoltre, smaltiva pneumatici auto, batterie e accumulatori, cartone, legno, etc, insomma tutta una filiera di rifiuti tossici e altamente infiammabili!
Una cosa sfugge alle istituzioni preposte in materia: queste aziende come si osserva dai fatti, rappresentano ormai dei veri e propri “poli logistici” dei rifiuti di ogni categoria; dovrebbero avere, quale funzione primaria, quella di assicurare il completo ciclo del rifiuto trattato in assoluta sicurezza (in ambito safety e security, con codificati piani di emergency) perché la gestione dei rifiuti deve essere costantemente svolta sempre nel rispetto dei basici criteri generali, oltre che normativi, per esempio:
va garantito il rispetto di tutte le norme vigenti in materia di tutela della salute umana e della sicurezza sul lavoro e dell’ambiente;
le operazioni non devono creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, la fauna e la flora, o inconvenienti da rumori e odori né danneggiare il paesaggio;
lo stoccaggio dei rifiuti deve essere realizzato in modo da non modificare le caratteristiche del rifiuto stesso, compromettendone il recupero successivo;
deve essere rispettato il decoro urbano;
vanno previsti adeguati impianti e dispositivi antincendio conformi alle norme vigenti in materia;
efficaci impianti di illuminazione interna ed esterna nelle aree interessate dai rifiuti;
E fin qui nulla da eccepire sul piano strettamente procedurale, normativo, ma lasciatemi sottolineare un aspetto: il legislatore, come tutte le istituzioni territoriali preposte, ha sottovalutato un aspetto molto importante, fondamentale, legato esclusivamente alle procedure (normative, direttive, obblighi, etc) di security dei siti in questione, privilegiando in maniera esclusiva solamente l’aspetto safety, normativo e procedurale, ma obiettivamente con scarsi risultati, e sotto gli occhi di tutti!
Impianti, come si è letto, sottoposti il più delle volte ad attacchi di tipo criminogeno, vandalico, talvolta a rischio di attentati; atti criminosi che hanno come effetto ultimo il danno ambientale, oltre quello materiale, mettendo in pericolo la salute pubblica. Detto questo, beh possiamo certamente affermare che il problema della sicurezza dei siti, nel suo insieme esiste, è reale, dannatamente serio e incredibilmente sottostimato. Ma c’è di più: il disastro della Eco-X di Pomezia ha posto in evidenza anche un terzo ambito della sicurezza, che gli anglosassoni declinano come area Emergency!
E’ di fondamentale importanza ricordare sempre, che nelle dottrine della Scienza della Sicurezza, il sostantivo “sicurezza” viene declinato (sempre in maniera anglosassone) in tre specifiche aree: la safety, la securtity, l’emergency; e l’aspetto emergency è classificato come il riferimento a tutte quelle attività di sicurezza personali e sociali che devono essere messe in atto nel caso in cui il compito della security risulti insufficiente. Riguarda quindi la protezione e il contenimento del pericolo, ambiti protetti da strutture istituzionali che operano per prestare il pubblico soccorso: parliamo delle forze di polizia, dei vigili del fuoco, il soccorso sanitario e quello della protezione civile.
Leggendo i giornali di questi giorni abbiamo constatato, purtroppo, che nel disastro pometino si sono visti piani di soccorso improbabili, attuati nell’immediatezza del fatto e senza un preciso schema preordinato, con qualche pasticcio di troppo sul piano istituzionale! A livello aziendale, invece, si è materializzata, nella sua drammaticità, la grande inefficienza reattiva e di gestione dell’incidente da parte della proprietaria del sito, trovatasi impreparata nel fronteggiare l’emergenza creatasi, dolosa o incidentale che fosse.
Questo ennesimo disastro deve, giocoforza, far riflettere proprio la pubblica amministrazione, perché pone nuovamente in risalto, laddove fosse ancora una volta ri-necessario, che il “business” della gestione dei rifiuti rappresenta oggi più che mai un’attività che presenta rischi ben più elevati di quelli pensati nel passato; gestire in modo appropriato il ciclo dei rifiuti, ordinari, speciali o pericolosi che siano, richiede un attento controllo (safety e security) durante tutte le fasi di processo: dalla raccolta allo stoccaggio, dal riciclaggio allo smistamento finale. La presenza della criminalità organizzata nel settore del trasporto e riciclaggio dei rifiuti è ormai questione nota, in primis alla magistratura; una presenza che dimostra come queste attività imprenditoriali rappresentano il nuovo e colossale affare se gestite proprio da strutturati sodalizi del crimine organizzato dei cd “colletti bianchi”, e non più dalla “analfabeta manovalanza” pronta a tutto!
E’ proprio in funzione di tali organizzazioni criminali specializzate e settoriali, che le aziende operanti nel ciclo dei rifiuti vanno ripensate e normate diversamente. I rifiuti raccolti da privati o dall’industria, vengono trasportati nei centri di stoccaggio, dove vengono trattati secondo appropriate modalità; poi i rifiuti lavorati vengono portati nelle zone di deposito finale: possono essere cave dismesse, termovalorizzatori o aziende che provvedono ad ulteriori trattamenti industriali. Ebbene, tutti questi processi, se non tenuti sotto stretta osservazione, generano inevitabilmente situazioni di crisi, legate non solo al conferimento non compliance dei rifiuti, ma anche alla loro gestione secondo modalità illegali.
In questo contesto appare evidente come l’attivazione di un programma integrato di security rappresenta un’assoluta necessità, per difendere la salute pubblica da deliberati atti illeciti, contrastando contestualmente le collaterali attività criminose.
Da quanto detto si comprende bene, come le aree di conferimento e stoccaggio necessitano perciò di un maggiore e puntuale controllo; in primis il controllo perimetrale dei siti, con sistemi antintrusione, per passare poi agli accessi carrai perimetrali, mediante l’uso di tecnologie di controllo e identificazione dedicate, tracciando in tempo reale sia le maestranze che i mezzi di raccolta, in modo tale da essere sempre certi che i materiali conferiti siano compatibili con le caratteristiche tecnico-normative del sito ricettivo dei rifiuti.
Un sistema antintrusione perimetrale (passivo e attivo) va sempre ritenuto obbligatorio quale primo livello di security, e in funzione della criticità degli impianti di lavorazione; poi deve essere complementare e parallelo ad una attività di vigilanza ispettiva, ricorrendo alla professionalità di istituti di vigilanza privata (IVP) certificati. Va da se che la disponibilità di un servizio di presidio fisso, con guardia armata (GpG) ai varchi carrai, permette di effettuare controlli di sicurezza diretti e imparziali, sui mezzi, sulla natura dei rifiuti, e sulla congruità degli stessi dichiarata nei documenti di trasporto; è del tutto evidente che sarà richiesto agli IVP l’impiego di GpG formate in tema di gestione dei rifiuti, come oggi accade, per esempio, nell’espletamento dei servizi di sicurezza sussidiaria delegati dallo Stato agli IVP (porti, aeroporti, stazioni, etc).
L’installazione di sistemi di videosorveglianza ad alta risoluzione implementati da software di gestione e di analisi video, saranno assolutamente utili per monitorare la fase di scarico dei rifiuti nelle aree di stoccaggio, la tipologia dei rifiuti scaricati e l’orario di deposito, segnalando possibili criticità quali, ad esempio, i materiali e le sostanze pericolose; ma anche segnalazioni diverse, come un cambio di percorso non consentito da parte di un mezzo, o determinate attività anomale svolte dal personale, ma soprattutto utili alla AG nelle fasi di indagini, qualora vi fossero attività dai risvolti penalmente rilevanti; e non dimentichiamoci dell’utilità che rappresentano le immagini video in ambito safety, quale strumento di monitoraggio contro i focolai di incendio, o come sorveglianza dell’incolumità dei lavoratori durante le operazioni aziendali.
Abbiamo analizzato come la vastità dei siti di stoccaggio e riciclaggio, e la loro distribuzione sul territorio nazionale, renda necessario e non più procrastinabile, affrontare queste problematiche di sicurezza, generando moderne normative di security da applicare rigidamente nelle aziende del settore rifiuti; è dunque suonata, per le istituzioni, la campana dell’ultimo giro: non possono più rimandare la decisione di introdurre l’obbligo del security manager, figura oggi pressoché assente, professionista che governerà la protezione del trattamento dei dati aziendali, i processi di security, prevenzione e di intelligence aziendale, sempre in stretto contatto con le istituzioni pubbliche (enti locali, ministeri, PC, VV.F, FF.OO, AG).
Voglio ricordare che proprio su questa figura professionale, quale interfaccia di sicurezza tra le aziende e la PA, ebbene giace ormai da 3 anni in parlamento un atto a cui ben due ministri si rifiutano di rispondere, vista la complessità e la delicatezza dell’argomento; una professionalità necessaria per gestire i rapporti con le forze dell’ordine e la stessa autorità giudiziaria; una figura di collegamento per gestire le informazioni delicate e di interesse al comparto dell’intelligence nazionale.
Ma il disastro di Pomezia, ahimè, come ultima analisi, farà davvero scuola?
A cura di: Giovanni Villarosa,Senior Security Manager
Giovanni Villarosa è laureato in scienze della sicurezza e intelligence, senior security manager, con estensione al DM 269/2010, master STE-SDI in sistemi e tecnologie elettroniche per la sicurezza, difesa e intelligence.
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