Anche se il pianeta Marte oggi è freddo e arido, un tempo possedeva un clima caldo e umido, come dimostrano le estese caratteristiche fluviali osservabili sulla sua superficie. Si ritiene che il clima caldo del primitivo Marte sia stato creato da un forte effetto serra causato da una densa atmosfera di CO2.
Marte ha perso il suo clima caldo quando la maggior parte della CO2 volatile disponibile è stata fissata sotto forma di roccia carbonatica a causa dell’azione del ciclo dell’acqua. Si ritiene, tuttavia, che la CO2 sufficiente per formare un’atmosfera da 300 a 600 mb possa ancora esistere in forma volatile, sia adsorbita nella regolite che congelata al polo sud.
Questa CO2 può essere rilasciata dal riscaldamento planetario e quando l’atmosfera di CO2 si addensa, viene prodotto un feedback positivo che può accelerare la tendenza al riscaldamento. Quindi è concepibile che, sfruttando il feedback positivo insito nel sistema di CO2 dell’atmosfera/regolite di Marte, gli sforzi ingegneristici possano produrre cambiamenti drastici nel clima e nella pressione su scala planetaria.
Nel loro articolo, i ricercatori propongono un modello matematico del sistema di CO2 marziano e lo usano per produrre analisi che chiariscano il potenziale del feedback positivo per accelerare gli sforzi di ingegneria planetaria. È dimostrato che sfruttando il feedback, i requisiti per l’ingegneria planetaria possono essere ridotti di circa 2 ordini di grandezza rispetto alle stime precedenti.
Esaminano il potenziale di vari schemi per produrre il riscaldamento iniziale per guidare il processo, compreso lo stazionamento di specchi orbitanti, l’importazione di sostanze volatili naturali con un’elevata capacità di serra dal sistema solare esterno e la produzione di gas a effetto serra artificiali alocarbonati sulla superficie marziana attraverso l’industria in situ.
Se si adottasse lo schema degli specchi orbitali, per vaporizzare la CO2 nella calotta polare sud sarebbero necessari specchi con dimensioni dell’ordine o raggio di 100 km. Se fabbricati in materiale simile a una vela solare, tali specchi avrebbero una massa dell’ordine di 200.000 tonnellate. Se prodotti nello spazio da materiale asteroidale o lunare marziano, sarebbero necessari circa 120 MWe-anno di energia per produrre l’alluminio richiesto. Questa quantità di energia potrebbe essere fornita da unità nucleari multi-megawatt a breve termine, come i moduli da 5 MWe ora allo studio per i veicoli spaziali NEP.
Un’altra ipotesi esaminata è quella di far impattare un corpo massiccio su Marte. Il trasferimento orbitale di corpi molto massicci dal sistema solare esterno potrebbe essere ottenuto utilizzando motori a razzo termico nucleare utilizzando il materiale volatile dell’asteroide come propellente. Utilizzando i pianeti principali per l’assistenza gravitazionale, il razzo DV necessario per spostare un asteroide del sistema solare esterno su una traiettoria di collisione con Marte può essere di appena 300 m/s.
Se l’asteroide fosse costituito da NH3, è possibile ottenere impulsi specifici di circa 400 s e per il propellente sarà necessario solo il 10% dell’asteroide. Quattro motori NTR da 5000 MWt richiederebbero un’autonomia di 10 anni per spingere un asteroide da 10 miliardi di tonnellate attraverso un DV di 300 m/s. L’impatto di circa 4 di questi oggetti sarebbe sufficiente per creare l’effetto serra su Marte.
Generare un effetto serra su Marte attraverso la produzione di gas di alocarbonio sulla superficie del pianeta potrebbe essere l’opzione più pratica, secondo l’analisi dei ricercatori. Il fabbisogno totale di energia superficiale per guidare il riscaldamento planetario utilizzando questo metodo è calcolato e risulta essere dell’ordine di 1000 MWe e la scala temporale richiesta per la modifica del clima e dell’atmosfera è dell’ordine di 50 anni.
L’articolo trae la conclusione che è sicuramente possibile ottenere una drastica modifica delle condizioni marziane utilizzando la tecnologia del 21° secolo. Secondo il team, le condizioni che si creeranno su Marte con questi metodi si avvicineranno molto alle condizioni esistenti sul primitivo Marte.
Gli esseri umani che opereranno sulla superficie di un tale Marte avrebbero counque bisogno di un respiratore ma non necessiterebbero di tute a pressione. Con pressioni atmosferiche esterne elevate, sarà possibile realizzare grandi spazi abitativi per mezzo di strutture gonfiabili molto grandi. Le temperature medie potrebbero essere al di sopra del punto di congelamento dell’acqua per regioni significative durante porzioni dell’anno, consentendo la crescita della vita vegetale all’aperto.
La diffusione delle piante potrebbe produrre abbastanza ossigeno da rendere Marte abitabile per gli animali entro alcuni millenni. Un’ossigenazione più rapida richiederebbe sforzi ingegneristici supportati da fonti di alimentazione molto potenti.
Il Team conclude ipotizzando che il desiderio di accelerare la terraformazione di Marte sarà un motore per lo sviluppo di tali tecnologie, che a loro volta definiranno un salto nel potere umano sulla natura così drammatico come quello che ha accompagnato la creazione della civiltà industriale post-rinascimentale.