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Mini-lune: la chiave per il nostro futuro interplanetario

Grazie alla loro vicinanza alla Terra, le mini-lune (asteroidi catturati dalla gravità terrestre), rappresentano i candidati ideali per l'esplorazione spaziale

Grazie alla loro vicinanza alla Terra, le mini-lune (asteroidi catturati dalla gravità terrestre), rappresentano i primi candidati ideali per l’esplorazione spaziale. Ora, alcuni scienziati ambiscono a sfruttare questi minuscoli satelliti come trampolini di lancio per spingere l’umanità più lontano nel cosmo.

Le mini-lune sono piccoli satelliti transitori che rimangono nell'orbita terrestre solo per un breve periodo. Alcuni scienziati pensano che le rocce spaziali vaganti potrebbero essere uno strumento utile per la futura esplorazione del sistema solare. (Credito immagine: Nicholas Forder)
Le mini-lune sono piccoli satelliti transitori che rimangono nell’orbita terrestre solo per un breve periodo. Alcuni scienziati pensano che le rocce spaziali vaganti potrebbero essere uno strumento utile per la futura esplorazione del sistema solare. (Credito immagine: Nicholas Forder)

Le mini-lune: trampolini di lancio verso lo spazio interplanetario

Nel 2006, gli astronomi del Catalina Sky Survey, finanziato dalla NASA e situato in Arizona, hanno fatto una scoperta sensazionale: tra migliaia di satelliti artificiali che orbitano attorno alla Terra, un corpo celeste si è distinto per la sua natura peculiare. Un’analisi più approfondita ha rivelato che non si trattava di un semplice detrito spaziale, ma bensì di un satellite naturale, temporaneamente catturato in un’orbita affiancata alla Terra, simile a quella della Luna.

La scoperta di questo asteroide, denominato 2006 RH120, ha acceso l’entusiasmo della comunità scientifica. La cattura di un corpo celeste non artificiale in orbita attorno al nostro pianeta ha offerto un’opportunità unica per studiare da vicino un oggetto di questo tipo.

Richard Binzel, Professore di scienze planetarie al Massachusetts Institute of Technology ha dichiarato: “Dobbiamo ancora diventare una specie interplanetaria”. Le mini-lune, asteroidi catturati dalla gravità terrestre, potrebbero diventare dei “traguardi intermedi” per aiutarci a compiere questo passo fondamentale.

Nel settembre 2016, la NASA ha lanciato la navicella spaziale senza equipaggio OSIRIS-REx, con l’obiettivo di raccogliere un campione dall’asteroide Bennu. Questo corpo celeste di 4,5 miliardi di anni, che ha una probabilità su 2.700 di schiantarsi sulla Terra nel 2182, è stato considerato potenzialmente pericoloso. A distanza di sette anni, OSIRIS-REx è tornato sulla Terra con un piccolo frammento dello stesso.

Il successo della missione OSIRIS-REx ha ispirato gli scienziati a pianificare le prossime fasi dell’esplorazione spaziale. Un’idea che ha proposto Richard Binzel, è stata quella di utilizzare gli asteroidi vicini come trampolini di lancio per le missioni su Marte.

Recuperare un campione da Bennu è stato un passo nella giusta direzione, sostengono i ricercatori, ma per testare le tecnologie in vista di un’espansione più ampia nel cosmo, potrebbero esserci obiettivi migliori. Bennu, infatti, si trova a circa 300.000 km dalla Terra nel suo punto più vicino e attraversa l’orbita terrestre attorno al Sole solo ogni pochi anni. Questi fattori hanno reso la missione OSIRIS-REx particolarmente lunga e costosa.

Le mini-lune, invece, offrono un’alternativa più accessibile e facili da raggiungere, il che li rende candidati ideali per testare tecnologie di cattura, stabilizzazione e utilizzo di asteroidi. Inoltre hanno una bassa variazione di velocità richiesta (delta-V), in parole semplici, non è necessaria molta propulsione per spostare un veicolo spaziale dall’orbita terrestre bassa, minore propulsione si traduce in missioni più economiche.

Le missioni verso le mini-lune richiederebbero infatti circa 100 giorni per l’andata e ritorno, con un consumo di carburante nettamente inferiore rispetto ad altri viaggi spaziali. A titolo di paragone, la navicella Apollo 11 ha impiegato circa 4 giorni per raggiungere la Luna, ma il razzo Saturn V utilizzato per il lancio, ha consumato una quantità enorme di carburante: 770.000 litri di cherosene e 1,2 milioni di litri di ossigeno liquido.

Conducendo missioni sui minimooni e altri asteroidi vicini alla Terra nelle loro vicinanze, la NASA e altre agenzie spaziali possono testare l'efficacia delle loro tecnologie nello spazio profondo
Conducendo missioni sui minimooni e altri asteroidi vicini alla Terra nelle loro vicinanze, la NASA e altre agenzie spaziali possono testare l’efficacia delle loro tecnologie nello spazio profondo

Le mini-lune tuttavia, presentano anche una sfida: la loro natura effimera, ovvero rimangono in orbita attorno al nostro pianeta solo per un periodo di tempo limitato, prima di essere espulsi. Pianificare e realizzare una missione richiede quindi tempismo e precisione. 

Nonostante le sfide, le mini-lune offrono un’opportunità unica per l’esplorazione spaziale da parte della NASA e di altre agenzie spaziali. Permetterebbero loro di testare l’efficacia di tecnologie cruciali per l’esplorazione dello spazio profondo, in un contesto più realistico rispetto a simulazioni o test a terra. Potrebbero anche aprire la strada a un’altra attività fondamentale: l’estrazione di acqua.

L’acqua è vitale per la sopravvivenza umana nello spazio, non solo per l’idratazione, ma anche per la produzione di carburante per missili. L’idrogeno liquido, ricavato dall’acqua, rappresenta un propellente efficiente per viaggi spaziali di lunga durata.

Marte, con la sua distanza media di oltre 225 milioni di km dalla Terra, richiede un quantitativo considerevole di carburante per essere raggiunto. L’estrazione di acqua da asteroidi vicini alla Terra, come le mini-lune, potrebbe fornire una soluzione per questo problema. Attualmente, i veicoli spaziali trasportano tutto il carburante e l’acqua necessari dalla Terra. Questo comporta un enorme peso aggiuntivo che rende il lancio più costoso e complesso, aumentando esponenzialmente il propellente per sfuggire alla gravità terrestre.

Per rompere questo ciclo, la chiave è trovare un modo per fare rifornimento nello spazio. Paul Abell, capo scienziato per l’esplorazione dei piccoli corpi presso la NASA, ha paragonato questo concetto ai viaggi in auto o in aereo: “Non portiamo con noi tutto il cibo e l’ossigeno per l’intero viaggio di andata e ritorno”.

La buona notizia è che le mini-lune vicine alla Terra potrebbero essere candidati ideali per stazioni di servizio spaziali. Diversi studi hanno dimostrato infatti che molti di questi asteroidi contengono abbondanti minerali e acqua ghiacciata all’interno della loro roccia.

Attualmente, la NASA sta concentrando i suoi sforzi sull’estrazione di acqua dalla Luna. Tuttavia, diverse società commerciali, come Karman+, TransAstra e AstroForge, guardano agli asteroidi come a una potenziale fonte. Tuttavia, queste operazioni non sono ancora decollate. I costi e le tecnologie necessarie per raggiungere e sfruttare queste rocce spaziali rimangono ostacoli significativi. Le missioni sulle mini-lune potrebbero però giocare un ruolo chiave nel facilitare queste operazioni fornendo alle aziende un campo di addestramento per testare la fattibilità delle tecnologie di estrazione degli asteroidi in un contesto realistico.

Alcuni scienziati, come Robert Jedicke, astronomo dell’Università delle Hawaii, dubitano che le mini-lune contengano acqua. La loro origine (dalla Luna o dalla fascia principale degli asteroidi), suggerisce un basso potenziale della stessa. Altri scienziati, come Paul Abell, rimangono più ottimisti. Le incertezze nella modellazione lasciano aperta la possibilità che possano contenere acqua. 

Indipendentemente dalla presenza di acqua queste mini-lune offrono comunque un’altra importante opportunità: permettono alle aziende di testare la loro capacità di manovrare veicoli spaziali in prossimità di asteroidi, un passo fondamentale per lo sviluppo di future tecnologie di estrazione di risorse nello spazio.

Concetto delle strutture Legacy Survey of Space and Time (LSST) costruite sul Cerro Pachón. Si prevede che la fotocamera entrerà in funzione nel 2025 e sarà in grado di rilevare anche mini-lune.(Credito immagine: Todd Mason, Mason Productions Inc. / LSST Corporation)
Concetto delle strutture Legacy Survey of Space and Time (LSST) costruite sul Cerro Pachón. Si prevede che la fotocamera entrerà in funzione nel 2025 e sarà in grado di rilevare anche mini-lune.(Credito immagine: Todd Mason, Mason Productions Inc. / LSST Corporation)

Le piccole dimensioni e il rapido movimento delle mini-lune le rendono incredibilmente difficili da rilevare con i telescopi terrestri esistenti. Tuttavia, un nuovo telescopio potrebbe presto cambiare la situazione. Sulle Ande cilene, la costruzione dell’Osservatorio Vera C. Rubin, che ospiterà la più grande fotocamera digitale del mondo, è quasi completata.

A partire dal 2025, la fotocamera, nota come Legacy Survey of Space and Time, scatterà 700 foto ogni notte per 10 anni in modo da catalogare il sistema solare ad un livello di alta precisione (6 terapixel). Questa esplorazione approfondita dell’universo aiuterà gli scienziati a comprendere sostanze misteriose come la materia oscura e l’energia oscura. E con un approccio su misura, secondo una simulazione del 2020, potrebbe anche aiutare gli astronomi a rilevare una mini-luna ogni tre mesi.

Nel 2027, un altro strumento della NASA, soprannominato NEO Surveyor, rileverà gli asteroidi dallo spazio effettuando una scansione completa del cielo ogni due settimane per caratterizzare asteroidi e comete potenzialmente pericolosi vicino all’orbita terrestre. Sebbene l’obiettivo principale di questo telescopio spaziale a infrarossi sia quello di proteggere l’umanità dagli “asteroidi killer”, ha il potenziale per scoprire piccole mini-lune nel processo.

È troppo presto per dire se le mini-lune svolgeranno un ruolo chiave nella tecnologia dei veicoli spaziali o nelle operazioni minerarie, hanno spiegato gli esperti. Ma lo studio di questi compagni temporanei della Terra e di altri asteroidi vicini, potrebbe fornire indizi cruciali sui misteri del nostro sistema solare. Molti scienziati sostengono che gli asteroidi come Bennu, abbiano portato i semi della vita sulla Terra all’inizio della storia del nostro pianeta.

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