La Shoah delle pallottole

Le truppe tedesche che parteciparono all'Operazione Barbarossa erano seguite dai reparti speciali Einsatzgruppen. Il loro compito? Uno solo: uccidere quanti più ebrei possibile

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Quando la Germania nazista invase l’Unione Sovietica con l’Operazione Barbarossa le cose si misero subito molto male per gli ebrei polacchi e russi. Gli ordini erano brutalmente semplici e si condensavano in un’unica parola: sterminio. In questa prima fase il genocidio ebraico non era ancora organizzato attraverso “la filiera della morte” nelle camere a gas dei lager nazisti.
Un famoso corrispondente di guerra e scrittore sovietico Vasilij Grossman divise la guerra contro gli ebrei in due parti: «la Shoah delle pallottole» e «la Shoah del gas». Nel 1941 eravamo in piena “Shoah delle pallottole“. Questo compito barbarico fu affidato prevalentemente alle Einsatzgruppen (che possiamo tradurre in italiano come unità operative). Si trattava di reparti speciali formati da SS, poliziotti e membri della Wehrmacht sotto il controllo di Reinhard Heydrich, comandante dell’Reichssicherheitshauptamt o RSHA. Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich.
Fondate nel 1938 dallo stesso Heydrich durante l’annessione dell’Austria allo scopo di salvaguardare gli edifici governativi e i documenti ivi contenuti, questi reparti, all’epoca di Barbarossa, si erano già guadagnati la fama di assassini spietati ed efficienti. Gli Einsatzgruppen seguivano da presso l’esercito invasore, alla fine di giugno, il battaglione 309 entrò nella cittadina di Białystok, nella Polonia precedentemente occupata dai sovietici.
In quello che verrà ricordato come il Venerdì nero, le truppe tedesche armate di pistole automatiche e bombe a mano, iniziarono a uccidere ebrei nelle strade e nelle case intorno alla Grande Sinagoga. Almeno 700 ebrei furono rinchiusi nella sinagoga, che fu quindi incendiata con tutti i suoi occupanti. I nazisti spinsero a colpi di mitraglia altre centinaia di vittime verso le fiamme. Alla fine si conteranno almeno 2.000-2.200 morti.
Nelle due settimane successive (il 3 e il 12 luglio) altri 4.000 ebrei furono massacrati da un commando speciale (l’Einsatzkommando 9) in un campo aperto vicino a Pietraszek. Gli stessi Heinrich Himmler e Adolf Eichmann visiteranno la città in quei giorni per valutare l’impatto e l’efficacia della prima ondata di attività degli Einsatzgruppen.
Dall’inizio dell’Operazione Barbarossa alla fine del 1941 i tedeschi, a volte con collaborazionisti locali, assassinarono all’incirca 600.000 ebrei. Uno dei più tristemente famosi comandanti degli Einsatzgruppen fu Otto Ohlendorf, il comandante dell’Einsatzgruppe D, con ogni probabilità la più famigerata delle squadre di assassini messi in campo dai nazisti.
Laureato in legge con un dottorato, padre di cinque figli, nato nel 1907, come affermò egli stesso durante il processo di Norimberga l’Einsatzgruppe D sotto il suo comando si rese responsabile della morte di circa 90.000 persone uccise mediante l’uso di armi da fuoco e – spesso, però non sempre – sepolte in grandi fosse comuni.
Ohlendorf fu uno dei pochi comandanti degli Einsatzgruppen processati a Norimberga, ritenuto colpevole di crimini contro l’umanità fu messo a morte per impiccagione.
Per far si che le carneficine compiute con metodica industriale proseguissero senza intoppi e con la proverbiale efficienza tedesca ai soldati addetti alla fucilazione venivano concesse generose dosi di alcol per renderli insensibili.
In un ordine datato 10 ottobre 1941 il feldmaresciallo Walter von Reichenau dichiarò che: «Il soldato deve comprendere pienamente la necessità della dura ma giustificata espiazione da parte della bestialità ebraica. Questo ha l’ulteriore risultato di estirpare alla radice eventuali ribellioni nelle retrovie della Wehrmacht che, come dimostra l’esperienza, sono sempre architettate da ebrei»
Alla fine però nonostante l’enormità del massacro perpetrato con le fucilazioni i vertici nazisti si ritennero insoddisfatte del ritmo delle esecuzioni e apriranno l’atroce stagione della “Shoah del gas”.

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