mercoledì, Settembre 18, 2024
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I vulcani contribuiscono a raffreddare la Terra

Una nuova ricerca, pubblicata su Nature Geoscience, ha messo in luce un'importante scoperta che unisce i vulcani, più in dettaglio le eruzioni, e il clima del nostro pianeta

Una nuova ricerca, pubblicata su Nature Geoscience, ha messo in luce un’importante scoperta che unisce i vulcani, più in dettaglio le eruzioni, e il clima del nostro pianeta: un team di ricercatori, diretti da Matthew Toohey del Helmholtz Centre for Ocean Research in Kiel (Germania), ha dimostrato come anche le eruzioni dei vulcani al di fuori della zona dei tropici possano influenzare il clima.

Fino a oggi, infatti, diversi studi hanno dimostrato che i fenomeni vulcanici all’interno dei tropici siano determinanti per il raffreddamento del pianeta: i gas emessi, infatti, circolano nell’atmosfera globale per anni, ostacolando l’arrivo del calore sulla Terra. Uno degli esempi più recenti e più “spettacolari” è l’eruzione del vulcano Pinatubo (Filippine) nel 1991: l’evento causò un accrescimento del buco dell’ozono e un abbassamento di circa 0.6°C della temperatura globale.

Le grandi eruzioni vulcaniche emettono una quantità importante di zolfo nell’atmosfera

La ricerca Disproportionately strong climate forcing from extratropical explosive volcanic eruptionsdi Toohey si concentra principalmente sugli eventi vulcanici extratropicali, in particolare dell’emisfero nord.

Le grandi eruzioni emettono una quantità importante di zolfo nell’atmosfera: queste particelle, definite aerosol vulcanico, riescono a riflettere la luce del sole e a raffreddare il pianeta.

Gli esperti hanno sempre considerato le eruzioni tropicali più importanti e significative rispetto a quelle extratropicali: ciò che viene evidenziato nello studio è che entrambe hanno un grande impatto a livello globale ma quelle esterne ai tropici hanno effetti più duraturi.

I dati sono stati ricavati principalmente in due modi, attraverso lo studio degli anelli degli alberi per determinare i cambiamenti di temperatura e il carotaggio dei ghiacciai per rilevare la presenza di zolfo negli strati più profondi.

Si è notato, con l’utilizzo del primo metodo, come il raffreddamento della terra sia avvenuto in corrispondenza delle eruzioni vulcaniche ma per avere una stima precisa di come questi fenomeni possano influenzare il clima, è necessario prendere in considerazione altri fattori, oltre alle carote di ghiaccio: la latitudine dei vulcani, le stagioni e il comportamento delle emissioni sulfuree nell’atmosfera.

La presenza di zolfo ha una vita breve nell’atmosfera, tranne quando riesce a raggiungere la stratosfera: questo è stato rilevato grazie a delle simulazioni di eruzioni, attraverso delle sonde, a quattro latitudine e altezze diverse, prendendo in considerazione non solo la quantità di aerosol vulcanico ma anche la sua distribuzione.

Inoltre, il lavoro di Toohey ha permesso di chiarire e approfondire alcuni aspetti dell’evento che colpì l’emisfero nord nel 536 a.C., già protagonista nella ricerca Cooling and societal change during the Late Antique Little Ice Age from 536 to around 660 AD, uscita all’inizio del 2016. Per 18 mesi, infatti, questa parte del pianeta fu colpita da una misteriosa nebbia che coprì l’Europa, il Medio Oriente e parte dell’Asia.

Secondo l’analisi degli anelli degli alberi eseguito a partire dagli anni Novanta, le temperature scesero tra gli 1,5° e i 2,5°C, dando il via al decennio più freddo della storia: la causa fu l’eruzione di un vulcano islandese, come testimoniano alcuni carotaggi eseguiti in Groenlandia e Antartide in cui è presente una notevole quantità di zolfo.

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