La demenza ad esordio giovanile (YOD) è qualsiasi forma di demenza che colpisce persone di età inferiore ai 65 anni. Sebbene la malattia sia molto meno comune nelle persone sotto i 65 anni, può essere diagnosticata nelle persone sui cinquanta, quaranta e persino trent’anni. Nel 2019, circa 27.247 australiani hanno ricevuto una diagnosi di YOD (younger onset dementia).
Poiché questa condizione non è così comune nelle persone in età lavorativa, spesso può passare inosservata. Ma riconoscere i segni e i sintomi e ottenere supporto prima può migliorare drasticamente la qualità della vita.
Demenza ad esordio giovanile (YOD): ecco gli stili di vita da evitare
La maggior parte delle ricerche precedenti in questo settore hanno esaminato la genetica tramandata di generazione in generazione, ma in questo caso la squadra di ricercatori è stata in grado di identificare 15 diversi fattori di stile di vita e di salute associati al rischio YOD.
“Questo è lo studio più ampio e corposo mai condotto nel suo genere“, ha dichiarato l’epidemiologo David Llewellyn dell’Università di Exeter nel Regno Unito: “La cosa più interessante è che per la prima volta si rivela che potremmo essere in grado di agire per ridurre il rischio di questa patologia debilitante, prendendo di mira una serie di fattori diversi“.
Il gruppo di ricerca ha analizzato i dati raccolti su 356.052 persone di età inferiore ai 65 anni nel Regno Unito: reddito socioeconomico basso, isolamento sociale, disturbi dell’udito, ictus, diabete, malattie cardiache e depressione sono stati tutti i fattori associati a un rischio più elevato di YOD.
Anche la carenza di vitamina D e alti livelli di proteina C-reattiva (prodotta dal fegato in risposta all’infiammazione) hanno comportato un rischio più elevato, così come la presenza di due varianti del gene ApoE4 ε4 (uno scenario genetico già collegato al morbo di Alzheimer).
I ricercatori hanno definito la relazione tra alcol e YOD come “complessa“. Mentre l’abuso di alcol porta ad un aumento del rischio, il consumo da moderato a pesante è correlato a un rischio ridotto, probabilmente perché le persone di questo secondo gruppo sono generalmente più sane in generale (ricordate che coloro che si astengono dall’alcol spesso lo fanno per motivi medici).
Anche livelli più elevati di istruzione formale e una minore fragilità fisica (misurata attraverso una maggiore forza di presa) sono stati associati a un rischio YOD inferiore. Tutto ciò aiuta a colmare alcune delle lacune di conoscenza sulla demenza ad esordio giovanile.
“Sapevamo già dalla ricerca su persone che sviluppano demenza in età avanzata che esistono una serie di fattori di rischio modificabili“, ha spiegato il neuroepidemiologo Sebastian Köhler dell‘Università di Maastricht nei Paesi Bassi.
“Oltre ai fattori fisici, anche la salute mentale gioca un ruolo importante, compresa la prevenzione dello stress cronico, della solitudine e della depressione.”
Sebbene i risultati non dimostrino che la demenza sia causata da questi fattori, aiutano a costruire un quadro più dettagliato. Come sempre in questo tipo di ricerca, conoscere meglio le cause può aiutare a sviluppare trattamenti e misure preventive migliori.
Molti di questi fattori sono modificabili, il che offre più speranza a coloro che lavorano per trovare modi per sconfiggere la demenza ad esordio giovanile piuttosto che limitarsi a gestirla. In definitiva, la YOD potrebbe essere qualcosa di cui possiamo ridurre il rischio vivendo una vita più sana.
“La demenza ad esordio giovanile ha un impatto molto grave, perché le persone colpite di solito hanno ancora un lavoro, figli e una vita frenetica“, ha specificato il neuroscienziato Stevie Hendriks dell’Università di Maastricht.
Molti di questi fattori sono modificabili, il che offre più speranza a coloro che lavorano per trovare modi per sconfiggere la demenza ad esordio giovanile piuttosto che limitarsi a gestirla. In definitiva, la demenza potrebbe essere qualcosa di cui possiamo ridurre il rischio vivendo una vita più sana.
“Spesso si presume che la causa sia genetica, ma per molte persone in realtà non sappiamo esattamente quale sia. Ecco perché abbiamo voluto indagare anche altri fattori di rischio in questo studio“.