venerdì, Marzo 7, 2025
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A cosa mira la Cina nello spazio esterno

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Pechino ha chiarito che le sue ambizioni per il programma spaziale cinese sono parte integrante della sua visione a lungo termine per il ringiovanimento nazionale. Nel suo discorso del 2017 al 19 ° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese, il presidente Xi Jinping ha affermato che il programma spaziale cinese svolgerà un ruolo fondamentale nell’elevare il paese al ruolo di “nazione pienamente sviluppata, ricca e potente” entro il 2049, l’anno in cui la Repubblica popolare La Cina celebrerà il suo centesimo anniversario.

Per la Cina, investire nello spazio cosmico va oltre il semplice raggiungimento del prestigio e della reputazione – al contrario delle “bandiere e orme” cui si è limitata la corsa alla Luna tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda. Invece, la Cina mira a stabilire una presenza spaziale permanente, che offrirebbe benefici economici a lungo termine. L’economia spaziale globale oggi vale 350 miliardi di dollari, ma si prevede che crescerà fino a 2.700 miliardi entro il 2040. I ritorni economici derivanti dalle future attività minerarie per l’estrazione di risorse spaziali come il titanio, il platino, ghiaccio d’acqua, il torio e il minerale di ferro supereranno di gran lunga il trilione di dollari.

Di conseguenza, i cinesi stanno lavorando per stabilire una base sulla luna con la capacità industriale di costruire astronavi usando risorse lunari. Ciò ridurrebbe drasticamente il costo dei viaggi interplanetari. Una base lunare servirebbe allo scopo di fornire un terreno di prova per l’adattamento degli esseri umani alla vita nello spazio e consolidare le ambizioni spaziali a lungo termine della Cina.

I sogni lunari di Pechino

Dopo l’allunaggio dello Chang’e 4 (la quarta missione di esplorazione lunare in Cina) sul lato più lontano della luna il 3 gennaio scorso, l’Amministrazione nazionale dello spazio della Cina (CNSA) ha annunciato missioni di follow-on per aumentare la capacità spaziale dello stato. Entro la fine di quest’anno, la Cina lancerà Chang’e 5, per riportare campioni lunari sulla Terra, seguito da Chang’e 6 (2024) per portare campioni specificamente dal polo sud della luna; Chang’e 7 (2030) esaminerà la composizione del Polo Sud e Chang’e 8 (2035) testerà tecnologie chiave come la stampa 3D per gettare le basi per la costruzione di una stazione di ricerca. La luna non servirà solo a consolidare le capacità spaziali cinesi, ma anche ad ottenere risorse il minerale di ferro e l’acqua che possono essere utilizzate per la produzione di razzi ed astronavi. Nel frattempo, una base lunare offrirebbe un dominio strategico a breve termine nello spazio cislunare (l’area tra la Terra e la luna).

Un’altra delle maggiori ambizioni spaziali della Cina è il suo investimento in energia solare basata nello spazio (SBSP), infatti sta progettando una stazione solare spaziale che orbiterà a 36 mila km sopra la Terra. Alcuni leader cinesi sottolineano che la diminuzione delle risorse di combustibili fossili sulla Terra renderà l’energia solare la più importante fonte di energia futura. La Cina ha iniziato la costruzione del primo impianto sperimentale SBSP al mondo a Chongqing, all’inizio di quest’anno. In caso di successo, questa tecnologia consentirebbe alla Cina di rendere energeticamente indipendente la sua base lunare e aumentare le operazioni di estrazione spaziale.

L’estrazione spaziale implica lo sviluppo di tecnologie per prelevare risorse dagli asteroidi e dalla luna: una prospettiva altamente lucrativa. Per esempio, un singolo asteroide chiamato 2011 UW158, che è passato vicino alla Terra nel 2015, è stato stimato contenere platino per 5 miliardi di dollari. entro il prossimo decennio, lo space mining potrebbe diventare una realtà. Paesi come gli Stati Uniti e il Lussemburgo hanno già approvato una legislazione che consente alle società private di iniziare le esplorazioni e le operazioni.

Competere con l’India

L’ambizioso programma spaziale della Cina sfocerà in aperta competizione con le altre potenze spaziali nel proprio vicinato, in particolare con l’India. Molto probabilmente Nuova Delhi ha un programma spaziale avanzato, avendo già inviato con successo una sonda su Marte (Mangalyaan) al primo tentativo. La missione Chandrayaan-2 tenterà di sbarcare quest’anno vicino al polo sud lunare, con strumenti che sonderanno acqua e ghiaccio e studieranno minerali.

Sia l’India che la Cina hanno fatto uso dei loro programmi spaziali per offrire servizi ai paesi delle loro aree strategiche. Al XVIII summit dell’Associazione per la cooperazione regionale (SAARC) sud-asiatica tenutasi a Kathmandu nel 2014, il primo ministro indiano Narendra Modi ha annunciato il piano indiano di lancio di un satellite SAARC (in seguito denominato satellite dell’Asia meridionale) che offre servizi di comunicazione, gratuitamente, alle nazioni SAARC (escluso il Pakistan che ha rinunciato). Nel mese di maggio 2017, l‘Indian Space Research Organization (ISRO) ha tenuto fede alla sua promessa, lanciando il satellite GSAT-9 dell’Asia meridionale. L’impatto della diplomazia nello spazio cosmopolita di Nuova Delhi si è sentito immediatamente, con i leader della SAARC Ashraf Ghani (Afghanistan); Sheikh Hasina (Bangladesh); Tshering Tobgay (Bhutan); Abdulla Yameen (Maldive); Pushpa Kamal Dahal (Nepal); e Maithripala Sirisena (Sri Lanka) connessi in videoconferenza per assistere al lancio con Modi.

Nel suo documento programmatico sullo spazio del 2016, la Cina ha dichiarato che “intendiamo iniziare a fornire servizi di base ai paesi lungo la fascia costiera della Via della seta e la via della seta del 21 ° secolo nel 2018, per costituire una rete composta da 35 satelliti per servizi globali entro il 2020.” Come parte della sua iniziativa Belt and Road (BRI), Wu Yanhua, vice capo del CNSA ha annunciato nel settembre 2018 lo sviluppo del Corridoio di informazione spaziale BRI, finalizzato all’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) per una condivisione efficiente di informazioni satellitari. La Cina ha già aiutato sia il Pakistan che lo Sri Lanka a lanciare i satelliti per le comunicazioni. La BRI cinese, sostenuta dalla sua enorme influenza economica, rappresenta quindi un’alternativa alla diplomazia spaziale indiana.

Nel 2015, la Cina ha istituito la Strategic Support Force (SSF) per ristrutturare le sue capacità spaziali militariL’SSF mira a stabilire una presenza permanente cislunare, impegnata per la “negazione dello spazio di area” agli avversari, sabotaggio di satelliti stranieri e finalizzata alla proiezione della potenza militare nello spazio. La Cina ha dimostrato la sua capacità di farlo durante il suo test anti-satellite del 2007.

Nel 2018, l’India ha lanciato il proprio satellite spaziale militare dedicato, il GSAT-7. Il direttore generale della pianificazione prospettica dell’esercito indiano, il tenente generale PM Bali, ha dichiarato che “c’è bisogno di un programma spaziale militare dedicato con risorse adeguate a causa delle mutevoli realtà nel nostro vicinato“.

La realtà della crescente presenza militare della Cina nel vicinato indiano, comprese rivendicazioni territoriali assertive, è un esempio calzante. Nel tentativo di ampliare il proprio arsenale, l’India ha testato un’arma anti-satellite, nome in codice Mission Shakti, il 27 marzo scorso. L’arma, costruita dall’Indiana Research and Development Organization (DRDO), ha intercettato e distrutto uno dei suoi propri satelliti. Secondo il Ministero degli Affari Esteri, il test è stato condotto per mostrare la capacità dell’India di intercettare e distruggere i satelliti avversari, se necessario.

Il test anti-satellite dell’India indica chiaramente che la crescente presenza militare della Cina ha motivato New Delhi a sviluppare capacità spaziali competitive. L’India ha rischiato consapevolmente la critica internazionale e la perdita di reputazione con il suo test. Questo ci dice che sotto il governo Modi, la sicurezza nazionale conta più della reputazione internazionale.

Lo stato delle cose

Per il momento, tuttavia, Nuova Delhi rimane focalizzata sulle tradizionali capacità di lancio satellitare per servire la popolazione e ulteriori missioni spaziali-scientifiche, con alcune iniziative per contrastare la Cina, mentre Pechino è focalizzata sulla costruzione della sua presenza spaziale a lungo termine e industrializzazione dello spazio.

Tuttavia, ciò potrebbe cambiare. Influenti scienziati indiani, come il dott. Sivathanu Pillai, hanno identificato la luna come una futura fonte di risorse, mentre l’ex presidente e scienziato nucleare indiano, l’APJ Abdul Kalam, era un grande sostenitore dell’energia solare spaziale. E indubbiamente, Chandrayaan-2 cercherà di individuare le risorse lunari quando scenderà sul nostro satellite.

A partire da ora la Cina è la prima nazione asiatica, da una prospettiva politica, ad orientare la sua missione lunare verso i futuri determinanti del potere internazionale. Nei prossimi cinque o dieci anni, la Cina avrà un vantaggio sullo sfruttamento delle risorse spaziali, dato che i suoi programmi per SBSP, estrazione di asteroidi e presenza lunare sono stati annunciati decenni fa, e stiamo già iniziando a vedere i frutti di questi anni di impegno.

Oggi l’occidente può ancora competere conla Cina nella corsa allo spazio ma sarà difficile recuperare il ritardo se nei prossimi dieci o venti anni non si stabilirà una presenza permanente sulla Luna, prima che la Cina consolidi una presenza permanente nello spazio e controlli l’accesso alle zone chiave tra la Terra e la Luna.

È tempo di fermare l’evoluzione umana?

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I casi di morbillo negli Stati Uniti hanno raggiunto il picco degli ultimi 25 anni, con 78 nuove infezioni nell’ultima settimana. Nel segno dei tempi, una nave da crociera con a bordo centinaia di membri di  Scientology è stata messa in quarantena a St. Lucia dopo che ad un passeggero è stata diagnosticata la malattia. È il tipo di notizie che puoi aspettarti quando i genitori smettono di vaccinare i loro figli, cosa che molti hanno fatto dagli anni ’90 in poi per paura (ad essere generosi) che gli scienziati stessero utilizzando rimedi peggiori delle malattie stesse.

Il modo di vivere di noi occidentali è diventato sempre più comodo, igienico e avvolto in una sorta di bambagia protettiva, portando molti a rimpiangere lo stile di vita più naturale e più salutare dei nostri antenati in epoche preindustriali. Incredibilmente, a fronte dei progressi tecnologici e al miglioramento dello stile di vita, almeno in occidente, sono numerose le persone che respingono non solo i vaccini ma temono indiscriminatamente gli OGM e si avvicinano a stili di vita più naturali e vicini alle filosofie New Age, convinti che la natura sia una madre benevola. La maggior parte di queste persone sono evidentemente a digiuno di nozioni di storia sufficienti per capire quanta gente moriva nell’era preindustriale per malattie e quanto fosse più breve la durata media della vita.

Accoppiata a questo genere di idee c’è una visione molto positiva dell’evoluzione. Viene vista vista come una forza premurosa e compassionevole che ha plasmato noi e il resto del mondo naturale. Sembra quasi che ci sia la crescente convinzione che se l’evoluzione naturale fosse lasciata a sé stessa, tutto andrebbe per il meglio.

Ma questa idea di evoluzione come fattore benigno è straordinariamente errata. L’evoluzione cammina a stretto contatto con la selezione naturale e pochi si rendono conto di quanto l’evoluzione naturale sia un avversario brutale e indifferente, persino osceno, che il mondo della medicina cerca costantemente di superare. È ora che iniziamo ad affrontare la verità su cosa significhi veramente l’evoluzione, prima che distrugga la nostra discendenza.

L’evoluzione smascherata

L’evoluzione deriva dall’incapacità di qualsiasi organismo di replicare sempre una perfetta copia del suo DNA nella generazione successiva. Per questo possiamo ringraziare fattori come la fallibilità dei meccanismi presenti negli organismi viventi preposti alla copia del DNA; e l’instabilità di base del DNA quando esposto a determinate sostanze chimiche o tipi di radiazioni che sono sempre esistite nel nostro ambiente. Significa che nessuno ha mai ereditato una copia perfetta del DNA dei genitori. In effetti, uno dei motivi per cui abbiamo due genitori è quello di garantire che, se una copia dei nostri geni diventa instabile, ce n’è un secondo di riserva pronto a compensare l’errore.

Quando il nostro DNA muta, interviene la selezione naturale ed è a questo punto che le cose possono diventare brutte. La selezione naturale è un processo naturale in base al quale le mutazioni di una specie più adatte a garantire la sopravvivenza e la riproduzione prosperano e si trasmettono alle generazioni successive, mentre quelle “meno idonee” tendono a scomparire. È l’evoluzione che ha dettato tutto ciò che vediamo intorno a noi, dalla lunghezza del collo delle giraffe alla forma delle pinne degli squali.

In passato, i nostri antenati hanno subito passivamente la selezione naturale. Le vittime principali di questo processo naturale sono sempre state i bambini piccoli. Infatti, quelli con le mutazioni meno utili potevano morire per fame, a causa dei predatori, per cannibalismo, malattie, siccità, inondazioni improvvise, annegamento e molto altro ancora. In un’epoca in cui la durata media della vita umana arrivava a stento dai 30 ai 40 anni, le madri generavano dagli otto ai dieci figli solo per vederne almeno 4 o 5 morire prima della pubertà.

Questo è, letteralmente, l’evoluzione: l’inesorabile, crudele eliminazione di una gran parte degli individui di una generazione, meno adatti e resistenti, a favore di una fortunata minoranza dotata della capacità genetica di sopravvivere fino al momento di poter perpetuare i propri geni, e quindi le proprie caratteristiche. Per capirci, riuscendo a correre leggermente più veloci dei propri fratelli, alcuni esseri umani, i vincitori genetici, evitarono di essere fatti a pezzi da un branco di lupi affamati e poterono riprodursi. Aggrappati alla vita grazie alla loro resistenza naturale in tempo di carestia o malattia, questi sopravvissuti guardarono i loro fratelli morire. Se crediamo nei dati sulla diversità umana, siamo una specie che circa 100.000 anni fa era ridotta a circa 600 individui che riuscirono a resistere a tutte le sfide della selezione naturale e dai quali discendiamo tutti. Questa è la realtà che descrive da dove arriviamo e come “Madre Natura” ci ha plasmati come individui.

Sfortunatamente, naturalmente, gli umani si stanno evolvendo ancora oggi. Ci sono ancora adulti e bambini che muoiono di malattia o di fame per le privazioni perpetrate da società ineguali e per la mancanza di accesso al cibo e alle medicine. Rimaniamo in balia della selezione naturale, il modo meno morale e più cinico per evolvere una specie. E per la maggior parte di noi che deploriamo la crudeltà e proviamo compassione per il nostro prossimo, donna e bambino, diventa quasi un obbligo morale fermare la naturale evoluzione della specie umana.

Malattie e stenti funzionano ancora da fattore di selezione, cinicamente, ogni morte naturale, soprattutto in età prepubere, rende più forte la specie perché quegli individui, perdenti dal punto di vista evolutivo, non perpetueranno i propri geni, sconfitti dalla natura.

Ma noi siamo etici e morali. Se un bambino si ammala vogliamo curarlo per farlo sopravvivere e proviamo compassione per tutti quei bambini che muoiono di fame, malattie e stenti in ogni parte del mondo. Bene, allora dobbiamo essere consapevoli che l’unico modo di salvarli è sconfiggere la selezione naturale. Non si può tornare ad uno stile di vita naturale e sperare che ci sia da mangiare per tutti e che non si muoia più per malattia. La natura è una matrigna cinica ed indifferente, il suo unico obbiettivo è far sopravvivere i migliori.

Quindi, se vogliamo fermare i meccanismi dell’evoluzione seguendo i nostri sentimenti etici e compassionevoli, l’unico modo per farlo è abbracciare i risultati dell’indagine scientifica. Il nostro più grande successo come specie è stato quello di liberarci dalla pura ferocia dell’evoluzione.

Significa che abbiamo bisogno delle coltivazioni OGM per garantire cibo per tutti, abbiamo bisogno di additivi per garantire che il cibo che produciamo possa essere consumato in sicurezza prima che si rovini, un fatto fondamentale per una popolazione in costante aumento.

Soprattutto, abbiamo bisogno dei vaccini per prevenire le malattie e di farmaci per curare quelle malattie non prevenibili con i vaccini.

Tutto questo, ovviamente, se davvero non vogliamo mai più esporre i nostri figli alla furia sana, crudele, pienamente organica, senza macchia e oscena di Madre Natura.

Amore e scienza, odio ed evoluzione.

 

Articolo pubblicato originariamente su The Conversation

Una borsa da sciamano di 1.000 anni fa conteneva vari farmaci psicotropici, compresa la cocaina

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Gli sciamani nativi americani che vivevano in Sud America 1.000 anni, fa avevano una discreta farmacopea tra i loro strumenti. Una borsa da sciamano trovata in Bolivia conteneva una sacca speciale con tracce di molteplici piante psicotrope all’interno, oltre a una impressionante quantità di strumenti.

Oltre alla sacca, ottenuta da tre musi di volpe cuciti insieme, la borsa di pelle conteneva due tavolette di legno per la macinazione di piante psicotropiche in erba da fumare, due spatole ossee, una fascia intrecciata e un tubo con due trecce di capelli umani attaccate per fumare le piante allucinogene.

Sapevamo già che gli psicotropi erano importanti nelle attività spirituali e religiose delle società delle Ande centro-meridionali, ma non sapevamo che queste persone usassero così tanti composti diversi, magari combinati insieme“, ha detto l’antropologo Jose Capriles della Penn State University. “Questo è il più grande numero di sostanze psicoattive mai trovate in un singolo complesso archeologico del Sud America“.

Nel corso della storia, gli esseri umani di tutto il mondo hanno usato sostanze vegetali per alterare la percezione, spesso in contesti religiosi o rituali. Discernere cosa fossero queste piante e come fossero usate, può dirci molto di ciò che gli antichi umani conoscevano delle piante e quali piante erano culturalmente importanti.

Gli archeologi nel 2008 e nel 2010 non erano specificamente alla ricerca di psicotropi, ma cercavano prove di insediamenti umani nei rifugi a secco della valle del fiume Sora, in Bolivia. Lì, in una grotta chiamata Cueva del Chileno, fu trovata la borsa di cuoio. La datazione al radiocarbonio dell’involucro in pelle ha stabilito la sua età intorno ai 1.000 anni.

Usando un bisturi, il team ha raschiato il materiale che ricopriva l’interno della sacca di pelle di volpe e l’ha analizzato usando la cromatografia liquida e la spettrometria di massa per identificare quantità minuscole di sostanze. I risultati indicano che la sacca avrebbe potuto contenere quattro o cinque piante diverse, ma sicuramente almeno tre.

Sono state identificate tracce chimiche di bufotenina, dimetiltriptamina, armine e cocaina, incluso il suo prodotto di degradazione benzoilecgonina, suggerendo che almeno tre piante contenenti questi composti facevano parte dell’armamentario sciamanico“, hanno scritto i ricercatori nel loro articolo.

Questo è anche un caso documentato di un fascio rituale contenente sia l’enzima che la dimetiltriptamina, i due ingredienti principali dell’ayahuasca [un tè psichedelico a base vegetale].” Non si sa quanto sia diffuso l’uso dell’ayahuasca, o per quanto tempo è stato usato – forse millenni o solo secoli.

Certo, è impossibile valutare da questo campione come sono state preparate le piante, ma dimostra che gli abitanti della valle del fiume Sora conoscevano le proprietà delle piante già 1.000 anni fa. In effetti, il proprietario di questa borsa era probabilmente uno sciamano. Questi capi spirituali erano coloro che sapevano come usare le piante per raggiungere uno stato alterato di percezione al fine di comunicare con il mondo degli spiriti.

Il kit dimostra anche che, oltre a una notevole conoscenza delle piante e delle loro proprietà, queste persone hanno fatto uno sforzo significativo per ottenere psicotropi – illustrando l’importanza di questa connessione con il “mondo degli spiriti“.

Nessuno dei composti psicoattivi che abbiamo trovato proviene da piante che crescono in questa zona delle Ande, indicando la presenza di reti di scambio elaborate o il movimento di questo individuo in ambienti diversi per procurarsi queste piante speciali“, ha spiegato l’archeologa Melanie Miller dell’Università di Otago.

Questa scoperta ci ricorda che le persone in passato avevano una vasta conoscenza di queste piante potenti e dei loro potenziali usi, e le hanno ricercate per le loro proprietà medicinali e psicoattive.”

La ricerca è stata pubblicata su PNAS.

Il gas di Schrodinger: Marte ha e non ha metano nella sua atmosfera

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L’atmosfera di Marte contiene o no metano?

Questa è una domanda che gli scienziati planetari si pongono da anni, e la risposta, in modo esasperante, è: sì. No, forse…

La domanda è in realtà piuttosto importante. Il metano è una molecola semplice (un atomo di carbonio con quattro atomi di idrogeno), e può essere prodotto da molti processi diversi. Tuttavia, per gli scienziati planetari questi si riducono a due principali: il metano viene prodotto geologicamente o biologicamente. Cioè, le sue fonti principali possono essere, ad esempio, i vulcani, o può essere letteralmente prodotto dalla vita. Basta pensare ai gas emessi dalle mucche, dai batteri, dalle piante in decomposizione. Magari da insetti marziani

Sulla Terra sono presenti entrambe le fonti. Su Marte, una o entrambe sarebbero comunque una sorpresa. La questione se Marte sia ancora geologicamente attivo è interessante; la sua superficie è costellata di vulcani antichi, presumibilmente estinti, tra cui l’Olympus Mons, il più grande dell’intero sistema solare. Alcuni vulcani erano ancora attivi centinaia di milioni di anni fa, ma oggi? Non è chiaro.

Per quanto riguarda la vita… Beh, la domanda è abbastanza ovvia. Non c’è nessuna certezza che su Marte vi siano microorganismi o forme di vita più complesse, in superficie o in profondità ma, se ci fossero, probabilmente produrrebbero metano anche se non possiamo averne la certezza. Giova ricordare che il metano è prodotto dalla vita qui sulla Terra, quindi la sua presenza sarebbe un buon punto di partenza per pensarci.

Ecco perché la ricerca del metano marziano è importante. Dovremmo prima trovarlo e poi cercare di capire da dove viene.

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Il problema è che se c’è, non ce n’è molto. Alcuni rilevamenti furono fatti nel 2003 attrverso osservazioni dalla Terra, ma erano al limite di ciò che i telescopi potevano fare, quindi difficile da confermare. Queste osservazioni indicavano che c’erano pennacchi di gas, probabilmente emessi a raffiche, ma ancora una volta era difficile dirlo.

Poi, nel 2013, il rover Curiosity ha rilevato un picco di metano nel Gale Crater, l’enorme cratere da impatto che sta esplorando. Il giorno seguente, questo picco è stato confermato dall’orbiter Mars Express dell’ESA nello stesso sito. Questo ha chiarito che Marte ha sicuramente il metano, anche se solo in piccole quantità; la concentrazione individuata era solo di 15 parti per miliardo di metano rispetto al resto dell’atmosfera.

Evviva!

Ma non così tanto!

Per cercare di capirne di più, è stata inviata dall’ESA la missione Exomars Trace Gas Orbiter (o TGO), che sta osservando Marte da circa un anno ed è stato dotato di strumenti specifici per rilevare il metano. Purtroppo, finora non ha trovato niente. Nessuna traccia di metano. E le osservazioni erano molto sensibili; avrebbero potuto individuare livelli di metano inferiori all’1% di ciò che Curiosity e Mars Express avevano rilevato!

Arrrrrg. Quindi Marte ha metano o no?

Eventi chiave nel rilevamento e non rilevamento del metano nell'atmosfera di Marte. Credito: ESA

Eventi chiave nel rilevamento e non rilevamento del metano nell’atmosfera di Marte. Credito: ESA

C’è ovviamente una certa tensione tra queste osservazioni, ma non necessariamente si contraddicono a vicenda. Ad esempio, il TGO è sensibile all’atmosfera ben al di sopra della superficie, a circa 5 chilometri di distanza, mentre Curiosity si trova sulla superficie stessa. Forse il metano resta più in basso.

O forse c’è un processo che consuma rapidamente il metano dall’atmosfera, in modo che l’eventuale emissione possa essere vista poco dopo il suo rilascio ma che poi, in tempi brevi viene scomposto o assorbito. Teoricamente, la luce solare su Marte dovrebbe abbattere il metano in circa 300 anni, quindi questo dovrebbe essere un nuovo processo ancora sconosciuto. La chimica su Marte è diversa da qui sulla Terra; per esempio la superficie ha molti perclorati, sostanze chimiche che spezzano rapidamente le molecole organiche. Probabilmente non è il perclorato il responsabile della scomparsa del metano ma potrebbe esserlo o non esserlo. Stiamo solo sottilieando che l’ambiente di Marte è diverso. Forse c’è qualcosa che agisce sul metano a cui non abbiamo ancora pensato.

Tuttavia, questo è frustrante per gli scienziati ed è evidente che mancano delle informazioni per capirci qualcosa.

Insomma, la conclusione è che non ne sappiamo abbastanza, non stiamo parlando di un obbiettivo ma di un processo. Forse qualcosa si presenterà presto, una nuova idea o un rilevamento diverso/migliore. O forse questo metano paradossale di Schrödinger continuerà a esistere e non esistere simultaneamente ancora per qualche tempo a venire.

Alla fine troveremo una risposta. Fino ad allora, teniamo gli occhi su Marte e cerchiamo di capire cosa sta cercando di dirci.

Le tempeste di polvere possono aver contribuito a portare via l’acqua di superficie da Marte

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Nel maggio 2018, Opportunity stava esplorando Marte dal 2004, e non c’era motivo di pensare che il robusto rover non avrebbe continuato la sua missione. Poi, arrivò una tempesta di polvere che coprì completamente il pianeta per quasi sei mesi. La tempesta ricoprì i pannelli solari di Opportunity, impedendone l’alimentazione. Opportunity è stato dichiarato morto dalla NASA nel febbraio 2019. Ora gli scienziati pensano che tempeste simili possano aver dato il colpo di grazia alla presenza di acqua in superficie su Marte.

Un tempo, Marte aveva un’atmosfera densa e fino al 20% della sua superficie era coperta da acqua liquida, secondo gli scienziati. Circa 4 miliardi di anni fa, tuttavia, Marte perse quasi tutto il suo campo magnetico e con poco rimasto per proteggerlo dagli effetti distruttivi del vento solare, il pianeta rosso perse gran parte della sua atmosfera.

L’acqua residua sulla superficie è vulnerabile e, secondo le nuove osservazioni dell’ExoMars Trace Gas Orbiter (TGO), le tempeste di polvere potrebbero aver contribuito ad asciugare gli oceani e i laghi. Normalmente, le particelle di acqua nell’atmosfera di Marte possono salire a circa 20 km di altitudine ma il TGO ha notato che la tempesta di polvere che ha ucciso Opportunity ha sollevato molecole di  H20 fino a 80 km dal suolo.

A quell’altitudine, dove l’atmosfera è molto sottile, le molecole d’acqua vengono scisse dalle particelle solari cariche in ossigeno ed idrogeno. “Le particelle d’acqua nelle parti alte dell’atmosfera vengono facilmente spazzate via dal vento solare“, ha detto Geronimo Villanueva, ricercatore della NASA e coautore dello studio del TGO pubblicato su Nature.

Gli scienziati stanno studiando le tempeste di sabbia di Marte perché potrebbero avere un grande impatto sulle missioni future. Il Rover Curiosity (che è nucleare, non a energia solare) ha cominciato a studiare le tempeste e una delle prime scoperte è stata che i diavoli di polvere (vedi video di sopra), o mini tornado, tendono a scomparire durante le grandi tempeste.

Questo fatto è stato il problema di Opportunity, infatti con i pannelli ricoperti di polvere, l’unica speranza di ripulirla risiedeva proprio nei diavoli di polvere.

Avengers Endgame: viaggio nel tempo e meccanica quantistica spiegati dagli scienziati

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Alla fine di Avengers: Infinity War la metà delle persone (compresi gli eroi e i cattivi) nell’universo erano scomparsi in seguito allo schiocco di dita di Thanos (Josh Brolin). Quindi, come è possibile che in Avengers: Endgame possano tornare indietro?

Con un escamotage: il viaggio nel tempo. Oltre a una quantità sorprendente di gergo scientifico, inclusa la meccanica quantistica, proposizioni tedes, autovalori e strisce di Möbius invertite.

Ma non c’è da pensare che tutto quello che si sente durante il film sia stato creato dalla fantasia di qualche pazzo sceneggiatore. Molti dei concetti di viaggio nel tempo esposti in Endgame sono collegati, almeno nel nome, a recenti teorie scientifiche, simulazioni e speculazioni. Entriamo nella scienza del viaggio nel tempo quantico e discutiamo se gli autovalori possono davvero salvare l’universo, ma attenzione: agli spoiler.

Viaggio nel tempo

La premessa principale del film è che l’unica cosa che può invertire la morte di metà dell’universo sono, in primo luogo, le cose che hanno causato quelle morti: le potenti Infinity Stones. Il problema è che Thanos nel presente le distrutte, quindi queste pietre sono disponibili solo nel passato. Recuperarle richiederà, da parte degli Avengers superstiti, un complicato viaggio indietro nel tempo in più luoghi e più epoche.

Il viaggio nel tempo è effettivamente possibile? Sappiamo da Albert Einstein, tramite la sua teoria della relatività speciale, che viaggiare in avanti nel tempo è relativamente facile. Tutto quello che c’è da fare è muoversi vicino alla velocità della luce e si possono teoricamente attraversare milioni o persino miliardi di anni nel futuro.

Ma si potrebbe tornare indietro? Questa impresa sembra essere molto più difficile. Ecco alcune sfide e le possibili soluzioni.

Il paradosso del nonno

Viaggiare indietro nel tempo può causare incoerenze logiche apparenti nella realtà, come il ben noto paradosso del nonno. Se sei tornato indietro nel tempo e hai ucciso tuo nonno quando era giovane, allora non potresti mai nascere, ma se non fossi nato, allora come sei tornato a ucciderlo?

Gli scienziati hanno diverse teorie su questi cicli temporali (i fisici li chiamano curve del tempo chiuse). Alcune teorie affermano che tali loop sono solo fisicamente impossibili e quindi viaggiare indietro nel tempo non è possibile. Ma sappiamo anche, ancora grazie ad Einstein, che i buchi neri che ruotano possono distorcere sia lo spazio che il tempo.

Viaggio nel tempo in Endgame

Endgame va con l’idea della realtà alternativa, in cui ogni cambiamento indietro nel tempo causa la creazione di un intero nuovo universo, una cosiddetta divisione o ramificazione di più timeline. In fisica, questa idea si chiama The Many Worlds Theory. Per evitare questo problema, gli Avengers pianificano di prendere le infinity stones in epoche passate, usarle nel presente per poi rimandarle esattamente nello stesso momento in cui le hanno prelevate. Ma funzionerà?

Meccanica quantistica

La meccanica quantistica è menzionata molto nel film e ci sono in effetti molte teorie emergenti sul viaggio nel tempo quantico, incluse alcune che potenzialmente risolvono il paradosso del nonno. Nella meccanica quantistica, le particelle atomiche sono più simili a ondate di probabilità indistinte. Ad esempio, non puoi mai sapere esattamente dove si trova una particella e in quale direzione si sta muovendo. Sai solo che c’è una certa possibilità che si trovi in ​​un certo posto.

Un fisico inglese di nome David Deutsch, che è menzionato nel film, ha combinato questa idea con la teoria dei Many Worlds e ha dimostrato che il paradosso del nonno può scomparire se esprimi tutto in modo probabilistico. Come le particelle, la persona che torna indietro nel tempo ha solo una certa probabilità di uccidere il nonno, rompendo il ciclo di causalità. Questo è stato simulato con successo.

Questo potrebbe sembrare strano, e mentre alcuni termini del gergo utilizzati nel film possono sembrare un po’ esagerati, puoi essere certo che la vera scienza quantistica è ancora più strana di quanto i cineasti potrebbero mai immaginare. Anche gli scienziati stanno lottando per dare un senso alle implicazioni della teoria dei quanti.

Terminologia per effetto

Le scene di teoria del viaggio nel tempo (di cui ce ne sono diverse) sono piene di gergo tecnico, alcune fuori luogo, alcune giuste.

Ecco alcuni dei termini che sentiamo nel film riguardo ai viaggi nel tempo:

Autovalori : Nel discutere il loro approccio al viaggio nel tempo, i personaggi Tony Stark e Bruce Banner citano gli autovalori. Gli autovalori sono un concetto (di base) di livello abbastanza basso nell’algebra lineare.

Scala di Planck : la scala di Planck si basa su cose molto piccole. La lunghezza, il tempo e la massa di Planck sono unità di base utilizzate in fisica. Una lunghezza di Planck è 1.616 × 10 -35m. È molto piccola. È la distanza percorsa dalla luce in una unità di tempo di Planck – che è anche una quantità molto piccola di tempo.

Striscia di Möbius invertita

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Striscia di MöbiusWIKIMEDIA / DAVID BENBENNICK , CC BY-SA

Il gergo del viaggio nel tempo discute anche di invertire una striscia di Möbius. Una normale striscia di Möbius è una superficie con un solo lato. Puoi crearne uno facilmente prendendo una striscia di carta, torcendola una volta e poi incollandola.

Sebbene una striscia di Möbius abbia una gamma di interessanti proprietà matematiche, la sua rilevanza tecnica per il viaggio nel tempo è tenue, al di là di alcuni tentativi di alto livello di spiegare il paradosso del nonno.

Conclusioni

Da un punto di vista scientifico, è intrigante avere un nuovo film con una trama così incentrata sul viaggio nel tempo, e il film si immerge direttamente nel gergo e nelle implicazioni di vari scenari di viaggio nel tempo. Mentre parte della terminologia matematica è chiaramente lì per effetto, la trama fa uno sforzo ragionevole per aderire all’attuale pensiero ad alto livello sul viaggio nel tempo, almeno fino a un certo punto.

Il viaggio nel tempo è uno di quei concetti scientifici accattivanti particolarmente lontani da una possibile implementazione degli scienziati, e quindi è interessante il fatto che sia centrale in un film su supereroi che possono volare, distruggere universi e cambiare la realtà.

Bufale: l’impossibile astronave con warp drive della NASA

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di Oliver Melis

I viaggi nello spazio di diverse famose serie televisive hanno sicuramente acceso la fantasia di molte persone. Ad esempio, quella di un’ingegnere meccanico che, sfruttando le idee di serie come Star Trek, ha messo su carta il progetto di una nave spaziale che oltre a somigliare alla famosissima “Enterprise” del capitano Kirk e di quelli che hanno comandato le evoluzioni della nave stellare, ne riprende anche i concetti di propulsione e il nome: IXS Enterprise.

A farlo è stato il Dr. Harold G. White. Il progetto è stato presentato allo SpaceVision 2013 e prevede un motore a curvatura, proprio come le mitiche astronavi che viaggiano tra i sistemi stellari nella serie Star Trek. La tecnologia, al momento però solo ipotetica, si ispira al motore postulato dal fisico Alcubierre che ha immaginato di poter realizzare un propulsore in grado di superare la velocità della luce contraendo lo spazio davanti alla nave ed espandendolo alle sue spalle, con la nave stessa che si muove protetta da una sorta di bolla. Il moto che si ottiene è solo apparentemente più veloce della luce, perché sarebbe lo spazio a muoversi trascinando la nave con sé.

Per ottenere questo risultato, cioè comprimere e poi espandere lo spazio, anche se l’idea di Alcubierre è matematicamente valida, servirebbe una densità di energia negativa, che potrebbe essere sfruttata da un particolare tipo di materia detta “materia esotica”, ammesso che questa materia però esista.

Se proprio dovessimo essere sfortunati e non esistesse, dovremmo optare per qualcosa di diverso, Alcubierre propone l’effetto Casimir che si genera tra due piastre parallele per ottenere la quantità di energia negativa richiesta. Si tratta di un fenomeno di origine quantistica: è la forza di attrazione che si genera tra due piastre parallele conduttrici e non elettricamente cariche, poste nel vuoto; tale forza si origina grazie alle fluttuazioni quantistiche, secondo quanto previsto dal principio di indeterminazione di Heisenberg.

Il progetto della nave prevede inoltre degli anelli esterni che servirebbero a ridurre l’energia richiesta e a generare la contrazione/dilatazione spaziale. Di questo progetto è stato realizzato nel 2014 il concept 3D all’artista tedesco Mark Rademaker, in collaborazione con la NASA, dopo un lavoro di oltre 1600 ore (a detta dello stesso Rademaker). Ma la storia del “warp drive” è un’esagerazione, un sogno e, anche se non c’è nulla di male a sognare, su Scientificast hanno voluto fare giustamente chiarezza e noi riportiamo alcune considerazioni rimandandovi anche ai loro lavori.

Non esiste infatti al momento nessun warp drive e nessun modo teorico o pratico per andare più veloci della velocità della luce. L’esistenza delle equazioni dei tachioni non comportano che i tachioni siano particelle reali, mai in nessun modo sono stati misurati, e questo per certi versi è un problema.

Come sappiamo, la metrica dello spazio-tempo viene modificata solo dalla gravità e la gravità tra le quattro forze previste dalla fisica è quella più debole, quindi servirebbe una grande massa per modificare in modo apprezzabile la trama spaziotemporale. Il lavoro imputato alla NASA, in realtà non lo è, la NASA non lavora a questi sistemi di propulsione ma lavora ad un altro sistema chiamato Advanced propulsion lab, che studia vari metodi di propulsione basati sui principi fisici conosciuti.

Harold White è un ricercatore eclettico che lavora alla NASA, laureato nel 1999 in ingegneria meccanica ed impiegato inizialmente come contractor. Ottiene il dottorato in fisica solo nel 2008 con una tesi sulla ionosfera di Venere. Non  ha alcuna pubblicazione scientifica che tratti lavori sugli argomenti da lui citati. Dalla fine degli anni ’90 ha realizzato solo il prototipo di un interferometro che non ha prodotto, però, nessun dato sperimentale.

Fonti: /www.scientificast.it; /aerospacecue.it

Buzz Aldrin: è il momento di concentrarsi sulla colonizzazione di Marte

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di Buzz Aldrin

Il mese scorso, il vicepresidente Pence ha annunciato che torneremo sulla luna. Sono con lui, nello spirito e nell’aspirazione. Essendo stato lì, posso dire che è giunto il momento di tornarci. Quando Neil Armstrong, Michael Collins e io siamo andati sulla luna, saranno trascorsi 50 anni il prossimo luglio, la nostra era una missione. L’Apollo 11 mirava a dimostrare l’impegno americano nei confronti dell’esplorazione dello spazio, nonché per la sua sicurezza nazionale e la sua superiorità tecnologica. Lo abbiamo fatto in nome di tutto questo. L’abbiamo fatto dichiarando “Siamo venuti in pace per tutta l’umanità“. Ora ne abbiamo nuovamente bisogno.

Oggi molte nazioni hanno occhi per la luna, dalla Cina e dalla Russia agli alleati in Europa e in Medio Oriente. Questo va bene, gli Stati Uniti dovrebbero collaborare con tutti – e offrirsi come un leale team leader – nell’esplorazione di ogni aspetto della luna, dalla sua geologia e topografia, alla sua idrologia e alla sua storia cosmica. In tal modo, possiamo portare la cooperazione realizzata nella “bassa orbita terrestre” sulla luna, apertamente, con entusiasmo e collegialmente.

Nel frattempo, un’altra sfera sospesa nel cielo, quella rossa, dovrebbe diventare l’oggetto principale dell’attenzione USA. Marte sta aspettando di essere scoperto, non da robot intelligenti e rover – sebbene io sostenga le missioni senza equipaggio della NASA – ma vivendolo, respirandolo, camminandolo, parlandoci, preoccupandoci e sfidandolo, da parte di  uomini e donne.

Per far sì che ciò accada, i membri del Congresso, l’amministrazione Trump e il pubblico americano devono aver cura di rendere le missioni di esplorazione umana su Marte una priorità nazionale. Per essere chiari, non credo sia una buona idea continuare a spendere miliardi di dollari dei contribuenti su qualche puntatina esplorativa, permettendo a coloro che tornano di scrivere libri, twittare foto e partecipare a convegni dove se ne parla. Intendo qualcosa di molto diverso.

Gli occhi degli Stati Uniti – e il nostro impegno unificato – dovrebbero concentrarsi sull’aprire la porta, nel nostro tempo, alla grande migrazione dell’umanità su Marte. Sono stati scritti libri in abbondanza su come farlo, libri che hanno ispirato i leader governativi e non governativi a fare piani elevati. Ma i piani senza un’architettura dettagliata e senza quel “prossimo passo” nel futuro, sono solo fantascienza.

Gli americani sono bravi a scrivere fantascienza e incomparabili nel rendere il fantastico una realtà. Lo abbiamo fatto con Mercury, Gemini, Apollo e in migliaia di altri modi. È tempo di passare alla progettazione, all’architettura e all’implementazione, e di compiere il prossimo passo: un ritorno internazionale sostenibile alla luna, per tracciare direttamente un percorso su Marte.

L’amministrazione Trump e l’attuale Congresso, ispirati dal pubblico americano preoccupato per la leadership spaziale della nazione, potrebbero avviare questa impresa. Il prossimo passo dovrebbe essere tornare sulla Luna e stabilirvi insediamenti permanenti. Nel frattempo, possono essere fatti preparativi per avviare la migrazione permanente sul pianeta rosso. Tutto questo è a portata di mano per gli umani vivi ora, ma deve iniziare con il compimento di un passo coordinato della più grandi nazioni del mondo. Gli Stati Uniti possono essere i promotori di questa iniziativa.

Proprio come il presidente John F. Kennedy è ricordato per aver iniziato il viaggio della nostra nazione verso la luna, dove Neil e io lasciammo le nostre impronte, l’amministrazione Trump e questo Congresso potrebbero essere ricordati per decenni per aver portato permanentemente gli umani sulla luna e gli americani su Marte, per aver reso possibile lasciare impronte umane sulla polvere rossa di Marte e, successivamente, avviare la colonizzazione da parte dell’umanità del nostro vicino cosmico.

Per quanto riguarda la meccanica orbitale, pianificare le missioni da Terra a Marte per trasportare coloni sarà un’operazione complessa. Detto questo, la natura umana – e potenzialmente la sopravvivenza suprema della nostra specie – esige che l’umanità continui ad espandersi nell’universo. Fosse per curiosità o calcolo, pianificazione strategica o destino. In parole semplici: esploriamo o scadiamo. Questo è il motivo per cui dobbiamo andare avanti.

In un mondo pieno di divisioni e contrasti, questa missione sarebbe unificante, per tutti gli americani e per tutta l’umanità. Sono quindi lieto che torneremo sulla luna – e ringrazio il presidente Trump e il vicepresidente per il loro impegno. Ma i miei occhi si spostano più in alto, verso il globo rosso che, anche adesso, attende una bandiera americana e una targa con su scritto: “Veniamo in pace in nome di tutta l’umanità“.

Buzz Aldrin

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New York distrutta dall’impatto di un asteroide ma, fortunatamente, solo in un’esercitazione

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Ricordate l’esercitazione di difesa planetaria tenutasi la scorsa settimana durante la Conferenza sulla Difesa Planetaria dell’Accademia Internazionale di Astronautica gestita insieme da NASA ed ESA? Ebbene, chi ha seguito la nostra diretta dall’account twitter di ESA Operations già lo sa, agli altri lo diciamo noi: la simulazione di difesa planetaria basata sulla simulazione di un pericolo d’impatto da parte di un asteroide, si è conclusa con un disastro: la città statunitense di New York è andata completamente distrutta dall’impatto dell’asteroide.

Nonostante la simulazione prevedesse nel suo scenario l’individuazione dell’asteroide killer con otto anni di anticipo sulla data d’impatto, gli scienziati impegnati nella simulazione non sono riusciti a deflettere l’asteroide ed a evitare l’impatto. Questo tipo di esercitazione è ormai un impegno regolare per gli esperti internazionali di “difesa planetaria” e viene svolta ogni due anni per testare nuove teorie e tecniche di protezione per il nostro pianeta. L’ultima edizione è iniziata lunedì scorso con il seguente avviso: un asteroide di circa 100-300 metri di diametro era stato individuato e secondo calcoli approssimativi aveva un’unica possibilità di colpire la Terra il 29 aprile 2027.

Ogni giorno durante la conferenza, circa 200 astronomi, ingegneri e specialisti della risposta alle emergenze hanno ricevuto nuove informazioni, preso decisioni e atteso ulteriori aggiornamenti dagli organizzatori del gioco, progettato da un ingegnere aerospaziale della NASA. Con il trascorrere del tempo della simulazione, mesi ed anni, la probabilità che la gigantesca roccia spaziale si schiantasse sulla Terra salì al 10 percento, e poi al 100 percento.

La simulazione

Nella simulazione, la NASA nel 2021 lanciò una sonda per esaminare da vicino la minaccia. Nel dicembre di quell’anno, gli astronomi confermarono che era diretto direttamente nell’area di Denver e che la città degli Stati Uniti occidentali sarebbe stata distrutta.

Le maggiori potenze spaziali della Terra, Stati Uniti, Europa, Russia, Cina e Giappone si unirono per effettuare uno sforzo comune e decisero di costruire sei “impattori cinetici“, con lo scopo di tentare di deviare l’asteroide attraverso una serie di impatti. Il tempo necessario Tra la progettazione degli impattatori, la loro costruzione e l’attesa che si aprisse la finestra di lancio trascorse altro tempo e gli impatti furono fissati per l’agosto del 2024.

Tre impattatori su sei riuscirono a colpire l’asteroide. Il corpo principale fu deviato, ma un frammento più piccolo si spezzò e continuò sulla sua traiettoria mortale, questa volta il punto d’impatto venne individuato da qualche parte negli Stati Uniti orientali. A questo punto, Washington prese in considerazione l’invio di una bomba nucleare per deviare il frammento di asteroide del diametro di 60 metri i disaccordi politici all’interno del congresso impedì che si potesse mettere in atto l’idea.

Ormai ci si poteva solo preparare all’impatto.

Sei mesi prima dell’impatto gli esperti ormai potevano solo definire l’obbiettivo finale del volo dell’asteroide nell’area di New York. Due mesi prima dell’impatto i calcoli confermarono che la città americana sarebbe stata distrutta dall’oggetto proveniente dallo spazio.

Evacuazione!

secondo gli scienziati, L’asteroide sarebbe entrato nell’atmosfera a 69.000 chilometri all’ora e sarebbe esploso ad un’altezza di 15 chilometri nel cielo di Central Park liberando un’energia fino a 1.000 volte superiore a quella della bomba nucleare sganciata su Hiroshima. In un raggio di 15 chilometri tutto sarebbe stato raso al suolo.

Manhattan sarebbe stata completamente rasa al suolo. In un raggio di 45 chilometri di distanza dall’epicentro i vetri delle finestre si sarebbero frantumati e si sarebbero registrati danni fino a 68 chilometri di distanza.

A questo punto, lo scenario proponeva una serie di domande che esigevano una risposta:

Come faranno le autorità a evacuare dieci milioni di persone? Spostare le persone per proteggerle dagli uragani ha mostrato la difficoltà del compito.

Due mesi potrebbero non essere abbastanza tempo per evacuare davvero, perché si stanno spostando persone che non potranno tornare alle proprie case, che dovranno costruirsi una nuova vita dove saranno portate.” ha detto Brandy Johnson, un partecipante all’esercitazione nella parte di un “cittadino arrabbiato“.

Chi pagherà? Chi ospiterà quelli sfollati? In che modo le autorità proteggeranno tutto, dalle installazioni nucleari e chimiche alle opere d’arte?

E come si comportano i cittadini di fronte a uno scenario di fine del mondo?

Se sapessi che la tua casa sarà distrutta tra sei mesi e che non potrai tornarci, continueresti a pagare il tuo mutuo?” chiese Victoria Andrews, vice-ufficiale della difesa planetaria della NASA.

I partecipanti hanno discusso lungamente di assicurazioni e questioni legali: gli Stati Uniti hanno salvato Denver, ma hanno distrutto accidentalmente New York. “In questa situazione, secondo il diritto internazionale, gli Stati Uniti, a prescindere dalla responsabilità, come le conseguenze degli impatti, sarebbero assolutamente tenuti a pagare un risarcimento“, ha detto Alissa Haddaji, coordinatrice di un gruppo di 15 avvocati spaziali internazionali creati per studiare proprio questi problemi.

L’asteroide killer immaginato nello scenario è, ovviamente, “altamente improbabile“, ha detto Paul Chodas, l’ingegnere della NASA che ha progettato la simulazione ma, come ci ha ricordato pochi giorni fa Jim Brindenstine, amministratore della NASA, per quanto improbabile, il pericolo di un impatto di un asteroide è tremendamente reale e non dovremmo farci trovare impreparati.

Gli astronomi partecipanti alla conferenza hanno colto l’opportunità per difendere il progetto del telescopio spaziale NeoCam, che dovrebbe aiutare gli scienziati a identificare meglio gli asteroidi e reagire prima alle minacce.

La prossima simulazione avrà luogo nel 2021 a Vienna. Chodas ha lasciato aperta la possibilità che, la prossima volta, sarà il turno dell’Europa di trovarsi sulla linea del fuoco.

Il Volantino di Villarjuif

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di Oliver Melis

Torniamo al 1976, quando in Italia apparve un volantino che prese il nome di Volantino di Villarjuif, a firma di un sedicente Ospedale di Villarjuif (Parigi) specializzato nella lotta ai tumori.

Tempo fa, nel 2003, come riporta anche Paolo Attivissimo su “Il Disinformatico”cosi scriveva Voicebuster:

Ricordate il caso del cosiddetto “volantino di Villarjuif”? Era un elenco ciclostilato di additivi alimentari pericolosi apparsa in Italia nel 76 a firma di un sedicente “Ospedale di Villarjuif (Parigi) specializzato nella lotta ai tumori”. La notizia passò di bocca in bocca, e -a detta del ripetitore di turno- si trattava di bocche qualificate: l’amico medico, il conoscente che lavora al Ministero della Sanità. Il volantino passò di mano in mano. Una mano ulteriore la diedero i giornali, che pubblicarono una delle innumerevoli fotocopie del volantino allarmistico.

In Francia esiste un Centro Oncologico di Villejuif, (e non Villarjuif), i cui responsabili hanno dichiarato ufficialmente di non aver mai compilato liste di additivi alimentari cancerogeni. Nel ciclostilato erano elencate anche merendine, bibite, caramelle e aperitivi contenenti i pericolosissimi additivi: l’E141 e l’E460 (che sono in realtà la clorofilla e la cellulosa, presenti in tutti i vegetali), l’E153 (il carbone vegetale) e l’E407 (le alghe commestibili). L’E150 è il caramello, comunemente utilizzato per i dolci.

Tutte sostanze innocue (o inesistenti, come l’E125). Come ciliegina sulla torta, l’additivo segnalato come il più tossico, l’E330, non é altro che acido citrico, contenuto in natura nei limoni. Nonostante le autorità sanitarie abbiano più volte negato l’attendibilità di questo documento, la voce continua, da allora a circolare.

Molti giornali prima la diedero per buona, poi cercarono di smentirla. Finendo per darle maggiore forza: “Le multinazionali produttrici degli additivi alimentari scendono in campo” fu il commento di molti lettori. La smentita venne considerata un trucco per insabbiare la vicenda: smentiscono, dunque mentono. Risultato: la voce acquistò ancora più vigore, danneggiando decine di aziende. Tra gli altri, i produttori del rosso bitter Campari se la videro nera. La situazione si è sbloccata quando le norme CEE hanno abolito l’obbligo di apporre sui prodotti questa sigla.

Molte persone caddero nell’inganno e nonostante i media cercarono di correggere l’errore, furono accusati di partecipare al complotto industriale. Questo fece si che la leggenda, grazie all’errore fatto nel diffondere la notizia senza una verifica attenta, diventasse credibile agli occhi dei consumatori più sprovveduti e impreparati e questo causò non pochi problemi a molte aziende alimentari e non.
Di questa lista si parlò anche in seguito, ad esempio nel 1992, come documentato da un articolo della rivista Scienza e paranormale del CICAP (Maria Teresa Carbone, 99 leggende urbane, Scienza & paranormale: N.1 Anno IV Aprile 1992).

Il documento, comunque, riapparve nei newsgroup italiani, nella forma “garantita” dal Centro Tumori di Aviano, a maggio del 1996 (nel newsgroup it.annunci). Nei newsgroup francesi, la versione “garantita Villejuif” comparve invece a giugno 1997. (Vedi Attivissimo.it)

Si tratta di una bufala quindi, una notizia pericolosa dove l’additivo più pericoloso sarebbe L’E330 che come abbiamo visto indica l’acido citrico, presente nei limoni e nelle arance, per nulla tossico se usato al giusto dosaggio negli alimenti, perché di dosaggio si deve parlare, e non di sostanza in se, è sempre il dosaggio che di una sostanza ne indica la pericolosità, cosi come può essere dannoso bere troppa acqua o mangiare troppo peperoncino.

Fonti: Attivissimo blogspot.com; La tela nera