Sorgono dubbi sulla convenienza della carne coltivata in laboratorio

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L’idea che dovremmo ottenere i nostri hamburger da un laboratorio e non da un macello, che è la premessa di base del movimento “carne coltivata” o “carne pulita”, piace  a molta gente per due motivi principali: potrebbe salvare miliardi di animali e potrebbe combattere il riscaldamento globale riducendo il numero di bovini produttori di metano.

Ma un nuovo studio suggerisce che la seconda ragione potrebbe essere sbagliata e che la carne coltivata in laboratorio potrebbe effettivamente essere peggiore per il cambiamento climatico.

Pubblicato il 19 febbraio nel giornale Frontiers for Sustainable Food Systems, il rapporto sostiene che la carne coltivata in laboratorio, nel lungo periodo, potrebbe accelerare i cambiamenti climatici più di quanto non facciano le carni bovine regolari.

Gli autori osservano che altri studi che calcolano le emissioni di gas serra dei bovini hanno raggruppato i gas come se fossero tutti equivalenti. Ma non tutti i gas sono uguali. È vero che le mucche producono molto metano e il metano è molto negativo per il riscaldamento globale. Ma nell’atmosfera permane solo per una dozzina di anni. Il biossido di carbonio, d’altra parte, permane nell’atmosfera più di un secolo. E cos’è che rilascia molta CO2? I laboratori, compresi quelli che producono carne coltivata in vitro.

Questo studio rimette in discussione alcune vecchie ipotesi, e questa è una buona cosa, ma non sostituiamole con nuovi presupposti che sono altrettanto problematici.

Gli autori sottolineano che lo studio si basa su una modellizzazione altamente speculativa, a sua volta basata su alcune ipotesi piuttosto estreme. Due di loro sono particolarmente interessanti: Lo studio modella cosa accadrà presumendo che 1) carne coltivata in laboratorio continui a essere prodotta usando energia generata con gli stessi metodi attuali, e 2) nulla cambierà nei metdodi di produzione dell’energia per i prossimi mille anni.



Per essere onesti, i ricercatori hanno dovuto ipotizzare un certo periodo di tempo per poter utilizzare il loro modello, e qualsiasi lasso di tempo selezionato non può che essere arbitrario. Certo, 1.000 anni sono così lunghi che sembra molto improbabile che useremo ancora questi metodi inefficienti per produrre carne cresciuta in laboratorio per tutto quel tempo.

Sia perché le aziende che producono carne coltivata in laboratorio subiranno le pressioni dei consumatori, ormai in gran parte attenti all’ambiente, sia perché è ormai inevitabile che la politica arriverà a fare un passo in più nella regolamentazione delle emissioni, oppure sarà la scienza a trovare il modo di produrre con maggiore efficienza energia pulita che verrà utilizzata anche per alimentare la produzione (la tecnologia solare e di stoccaggio dell’energia stanno già migliorando in efficienza e diventa sempre più economica). Insomma, la carne coltivata già fra un secolo non sarà prodotta con i metodi attuali.

In altre parole, è difficile immaginare uno scenario futuro in cui le ipotesi 1 e 2 saranno entrambe vere, producendo il più pessimistico dei possibili risultati modellati nel rapporto.

C’è un’altra ragione per essere cauti riguardo ai risultati dello studio, come gli autori stessi sono i primi a notare: le aziende che producono carne coltivata generalmente non rilasciano dati sui loro processi di produzione e quanta energia consumano.

Abbiamo fatto il meglio che potevamo“, ha detto l’autore principale dello studio John Lynch. “Abbiamo esaminato tutta la letteratura, ma il problema fondamentale è che non abbiamo idea se [i dati] corrispondano a ciò che le aziende stanno facendo o no“.

Per ora, nessuno sta producendo carne coltivata su una scala commerciale enorme, la produzione è ancora abbastanza limitata e basata su processi di laboratorio. Le aziende stanno ancora cercando di capire come rendere la carne coltivata più attraente e allo stesso tempo meno costosa.

Lo studio di Lynch dimostra solo che non possiamo assumere a priori che la carne coltivata in laboratorio sarà necessariamente migliore per l’ambiente; però la ricerca non dimostra nemmeno che sarà necessariamente peggio. Ma questo rapporto non è il primo a mettere in guardia sul potenziale impatto della carne coltivata sul nostro clima e non sarà l’ultimo. Man mano che verranno pubblicati più studi, è probabile che i consumatori si uniscano ai ricercatori per chiedere maggiore trasparenza. Molti di coloro che si preoccupano del benessere degli animali sono anche estremamente sensibili ai temi ambientali.

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