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Sindrome di Brugada: cura italiana libera dal rischio di morte improvvisa

Una cura italiana può disinnescare la 'bomba a orologeria' che ticchetta nel cuore dei malati di sindrome di Brugada (BrS), esponendoli ogni giorno al rischio di morte improvvisa

(Adnkronos) – Una cura italiana può disinnescare la ‘bomba a orologeria’ che ticchetta nel cuore dei malati di sindrome di Brugada (BrS), esponendoli ogni giorno al rischio di morte improvvisa.

La sindrome di Brugada

Come spiega Wikipedia, la sindrome di Brugada, o anche sindrome della morte improvvisa notturna di causa sconosciuta (o SUNDS, dall’inglese Sudden Unexplained Nocturnal Death Syndrome), è una rara patologia genetica cardiaca con disturbi dell’attività elettrica del cuore in assenza di difetti evidenti del miocardio: il reperto elettrocardiografico è caratterizzato da blocco di branca destra, e sopraslivellamento del tratto ST nelle derivazioni precordiali destre. È un’alterazione congenita dei canali ionici, trasmessa da genitore a figlio, che si associa a fibrillazione ventricolare e morte cardiaca improvvisa.

sindrome di Brugada

Prevenire la sindrome di Brugada

Uno nuovo studio dell’Irccs Policlinico San Donato, pubblicato su ‘EP Europace‘, conferma l’efficacia dell’ablazione del substrato aritmico come migliore strategia terapeutica contro la cardiopatia genetica potenzialmente fatale.

Il lavoro dimostra che trattamento, frutto delle ricerche dell’aritmologo dell’istituto milanese Carlo Pappone, “può liberare i pazienti da una malattia che può insidiare la loro vita ogni giorno”, spiegano dal San Donato. Inoltre, “non si esclude nel prossimo futuro questa tecnica possa rappresentare una valida alternativa all’impianto di un defibrillatore, che renderebbe giovani pazienti limitati nella loro vita quotidiana, sia sportiva che sociale“.

Era il 2015 – ricorda l’Irccs capofila del Gruppo San Donato – quando il team di Pappone, direttore dell’Unità operativa di Elettrofisiologia e Aritmologia del San Donato, cambiava per sempre la storia della cura della sindrome di Brugada grazie a una scoperta cruciale: quella del cosiddetto substrato aritmico.

Per la prima volta al mondo venne identificato, sulla superficie esterna (epicardica) del cuore a livello del ventricolo destro, un gruppo di cellule che esprimono potenziali elettrici anomali, andando a costituire un’area che si associa alla modalità di presentazione clinica della malattia e al rischio di soffrire di una forma di BrS più aggressiva, associata allo sviluppo di aritmie ventricolari maligne e di fibrillazione ventricolare, con conseguente sincope e morte improvvisa.

L’individuazione dei meccanismi della patologia portò a definire l’ablazione del substrato aritmico della BrS come strategia in grado di curarla efficacemente.

Un trattamento che oggi, alla luce delle nuove ricerche guidate da Pappone, Giuseppe Ciconte, Gabriele Vicedomini, Luigi Anastasia e Vincenzo Santinelli, del Dipartimento di Aritmologia dell’Irccs Policlinico San Donato, diventa “finalmente una chance di cura stabile e duratura“, si legge in una nota.

Il nuovo studio, infatti, “conferma il ruolo dell’estensione del substrato aritmogenico della sindrome di Brugada come fattore prognostico cruciale per eventi ricorrenti di fibrillazione ventricolare, e convalida la sicurezza e l’efficacia dell’ablazione epicardica con radiofrequenza nell’eliminare tutti i segnali elettrici anomali localizzati sull’epicardio, patognomonici della BrS. Le scoperte evidenziano anche l’importanza, nel mappaggio della superficie epicardica indagata, dell’ajmalina, un farmaco in grado di slatentizzare le anomalie elettriche cardiache latenti al fine della migliore definizione dell’area da trattare con le erogazioni di radiofrequenza. Questo risultato pone le basi per ulteriori esplorazioni di metodi non invasivi per guidare decisioni cliniche informate“.

Nello studio prospettico investigativo a lungo termine – dettaglia la nota – sono stati inclusi 257 pazienti selezionati con sindrome di Brugada sintomatica con impianto di un defibrillatore (Icd). Di questi, 206 sono stati sottoposti ad ablazione epicardica con radiofrequenza (Rfa) e sono stati monitorati per oltre 5 anni post-ablazione, mentre un secondo gruppo di 51 pazienti ha ricevuto solo l’impianto di Icd rifiutando la Rfa.

Gli endpoint primari includevano fattori di rischio per gli eventi di fibrillazione ventricolare (Vf) pre-ablazione e libertà da eventi Vf post-ablazione. Nel gruppo Rfa, i substrati BrS sono stati identificati sulla superficie epicardica del ventricolo destro. Durante il periodo di follow-up pre-Rfa (mediana di 27 mesi), si sono registrati episodi di fibrillazione in 53 pazienti. Nel periodo di follow-up post-Rfa (mediana 40 mesi), il gruppo sottoposto ad ablazione ha dimostrato risultati superiori rispetto al gruppo controllo e senza complicazioni rilevanti legate alla procedura.

Uno screening per svelare il sommerso

Dopo il successo del lavoro, i ricercatori dell’Irccs Policlinico San Donato annunciano “l’imminente pubblicazione dei risultati di uno studio randomizzato che dimostra che questa tecnica salva inequivocabilmente i pazienti altrimenti destinati a morire improvvisamente, se affetti da una forma grave di malattia“.

Infine, lo stesso gruppo sta per fornire “una grande scoperta volta allo screening della popolazione generale, per individuare precocemente i pazienti inconsapevoli di essere affetti dalla sindrome di Brugada“.

La malattia sembra infatti “sottostimata – rimarcano dal San Donato – a causa delle difficoltà di diagnosi dovute al fatto che il primo sintomo è spesso la morte improvvisa, e che il pattern elettrocardiografico caratteristico è molto variabile nel tempo“.

La BrS ha una prevalenza stimata nella popolazione generale pari a circa 5 casi ogni 10mila persone. L’incidenza è simile in Europa e negli Stati Uniti, e tendenzialmente ancora più elevata nei Paesi asiatici.

Le aritmie associate alla sindrome di Brugada possono esordire a qualsiasi età, anche se si manifestano più frequentemente nella fascia 25-45 anni.

Secondo le stime la BrS è responsabile di almeno il 4% di tutte le morti improvvise e, tra queste, di almeno il 20% delle morti di pazienti con cuore apparentemente strutturalmente normale.

—salute/medicinawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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