Quanto può resistere un organo espiantato? Nuove frontiere dei trapianti d’organo

Davanti a un'operazione delicata come quella di trapiantare un organo, il tempo è un fattore fondamentale.

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Davanti a un’operazione delicata come quella di trapiantare un organo, il tempo è un fattore fondamentale. Nella prima fase si deve espiantare l’organo dal donatore che viene immediatamente preparato per il trasporto affinché giunga rapidamente al suo destinatario che potrebbe trovarsi anche a grande distanza.
Una volta arrivato a destinazione, l’organo viene preparato per l’operazione di trapianto e ancora una volta, i chirurghi devono lottare contro il tempo per garantire sia la sicurezza del paziente che la vitalità dell’organo.
Questa corsa frenetica contro il tempo solleva una domanda, quanto può durare un organo fuori dal corpo per poter essere trapiantato prima che si deteriori?
Il tempo varia, e dipende dall’organo preso in considerazione, ma possiamo dire che esiste una finestra utile che va dalle 4 fino alle 36 ore, anche se in futuro c’è la speranza di espandere questa finestra temporale fino a intere settimane.
Solo nel 2018 sono stati trapiantati negli USA (fonte United Network for Organ Sharing) oltre 36.500 organi, di cui 21.000 solo di reni, a seguire fegato, cuore, polmoni, pancreas, intestino e trapianti multipli. Gli organi vengono conservati in celle frigorifere e come spiega il il dott. Mingyao Liu, direttore dell’Institute of Medical Science e professore di chirurgia, medicina e fisiologia all’Università di Toronto in un rapporto del 2019 sul Journal of International Medical Research.
L’idea di eseguire la conservazione con il freddo è molto simile a quando mettiamo i nostri alimenti in frigorifero“.
Gli organi vengono lavati con una soluzione di conservazione che li protegge dai danni che il freddo estremo potrebbe causare e li rifornisce di sostanze nutritive e antiossidanti. A basse temperature le cellule non possono attivare i loro processi e con il passare del tempo tendono a gonfiarsi di liquido subendo gravi danni, queste soluzioni invece ne impediscono il deterioramento mantenendo i livelli di sodio e potassio sotto controllo.
A basse temperature, tra 0 e 4 gradi celsius, il metabolismo cellulare è più lento del 5%, i tessuti bruciano le loro riserve lentamente consumando meno ossigeno. Grazie a questo si ritardano i processi che danneggiano i tessuti.
L’organo più delicato è il cuore che non dovrebbe essere conservato in celle frigorifere statiche per più di 4-6 ore.
Dopo appena 4 ore, la funzione delle cellule cardiache inizia a deteriorarsi e la probabilità che l’organo non funzioni correttamente una volta impiantato aumenta drammaticamente.
I reni invece sono organi molto resistenti e possono rimanere vitali per 24/36 ore dall’espianto conservati in celle frigorifere; i polmoni 6/8 ore e il fegato 12.
Il metodo di conservazione e trasporto a bassa temperatura è in uso dagli anni 60, è un metodo efficace ma comporta dei problemi in quanto i medici non possono valutare la qualità dell’organo refrigerato.
Tuttavia esiste un’alternativa alla refrigerazione che da l’opportunità ai medici di verificare gli organi prima del trapianto.
Il metodo si chiama “perfusione” e consiste nel collegare l’organo espiantato a una macchina che lo rifornisce di fluidi ricchi di ossigeno e nutrienti come farebbe il cuore. I metaboliti vengono rimossi e lo zucchero rimpinguato. Con una macchina del genere si può consegnare un organo integro e funzionante al 100% e cosa importante, l’organo è facilmente monitorabile.
Alcuni sistemi di perfusione hanno bisogno di un sistema di raffreddamento per conservare l’organo ma negli ultimi 20 anni diversi gruppi di ricerca hanno optato per mantenere l’organo tra i 20 e i 33° C e inondare i tessuti di sangue. Entrambi i sistemi, a freddo e a caldo sono oggi utilizzati sia in Australia che nel Regno Unito anche se la maggior parte di questi dispositivi rimane negli studi clinici negli Stati Uniti.
Poco tempo fa, un sistema di perfusione a caldo utilizzato negli USA è stato utilizzato per un trapianto unico nel suo genere. I medici del Duke University Medical Center di Durham, nella Carolina del Nord, hanno espiantato il cuore di un paziente dopo che aveva smesso di battere; hanno quindi “rianimato” l’organo usando un sistema di perfusione calda.
In genere, i cuori vengono rimossi dai donatori dopo la morte cerebrale prima che l’organo smetta di battere, per evitare danni estesi dall’ischemia. I medici avevano già “rianimato” i cuori pediatrici negli Stati Uniti, ma non avevano mai usato il sistema su un organo di un adulto. In paesi che hanno usato il sistema per anni, il pool di donatori di cuori accettabili è aumentato di circa il 30% al 40%.
Fino ad ora, pochi studi hanno confrontato direttamente la conservazione fredda con la perfusione, ma in genere gli organi perfusi sembrano andare meglio.
Ad esempio, in uno studio che ha confrontato un sistema di perfusione epatica con una normale cella frigorifera, i medici hanno rifiutato solo 16 fegati perfusi, rispetto ai 32 provenienti da dispositivi di raffreddamento, e gli organi perfusi sembravano meno danneggiati, secondo Stat News.
Sono state riscontrate tendenze simili anche nel trapianto del polmone e grazie a un sistema di perfusione ex vivo i trapianti sono passati dal 20 al 70%.
Esperimenti condotti con organi di animali hanno dimostrato che i polmoni perfusi possono rimanere vitali fino a 12-18 ore e forse più. Inoltre questo consentirà ai medici di riparare eventuali danni fino a limitare, grazie al sistema, di inibire la morte cellulare e le infiammazioni.
Il futuro si prospetta interessante se consideriamo le terapie geniche o gli studi sulle staminali. Oggi però la realtà dimostra che gli organi, per la maggior parte, vengono tenuti sotto ghiaccio per il semplice motivo che è un sistema molto economico rispetto agli alti costi delle macchine per la perfusione.

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