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La più antica tra le civiltà galattiche sarà l’ultima ad estinguersi?

E se la prima civiltà che ha raggiunto la capacità di viaggio interstellare sradicasse necessariamente tutta la concorrenza per alimentare la propria espansione?

L’astronomo russo Nikolaj Kardašëv nel tentativo di misurare l’avanzamento tecnologico di ipotetiche civiltà galattiche, introdusse una scala dove classificava tale avanzamento in base alla quantità di energia che una civiltà sarebbe stata in grado di utilizzare. La scala, che oggi è chiamata “scala di Kardašëv” è strutturata in 5 livelli di avanzamento tecnologico, con due aggiunte rispetto alle tre considerate dall’astronomo russo.

La quantità di energia a disposizione di una civiltà è legata a quanto si è diffusa e sviluppata Se una civiltà avanzata non fosse in grado di sfruttare l’energia prodotta dalla propria stella, non riuscirebbe a sfruttare la potenza di una galassia e non si potrebbe uscire dal proprio sistema solare.

Civiltà galattiche del V tipo sarebbe in possesso di una cultura di tale portata che permetterebbe loro di sfruttare l’energia di tutto il cosmo. Kardašëv si fermò al terzo tipo in quanto riteneva impossibile che si sviluppassero civiltà galattiche di utilizzare tutta l’energia prodotta dalla loro galassia.

Carl Sagan invece suggerì di aggiungere un’altra dimensione al consumo di energia: le informazioni scientifiche disponibili ad una civiltà aliena.

Ad andare oltre il limite di Kardašëv è stato l’ingegnere aerospaziale Robert Zubrin determinando quello che potrebbe esistere al di là della scala di Kardashev. Zubrin ha proposto un sistema di misura diverso dal consumo di energia che potrebbero aiutare le specie a distinguersi, al di là di quello che civiltà galattiche di tipo III sarebbero capaci di fare.

Nel suo libro Parallel Worlds Michio Kaku ha descritto una civiltà di tipo IV, che potrebbe sfruttare fonti “extragalattiche” di energia, come l’energia oscura. Ma dove sono tutte queste incredibili civiltà galattiche?

L’umanità si è sempre posta una domanda che il fisico Enrico Fermi riassunse nella breve frase “siamo soli nell’universo?

Secondo alcuni scienziati questa frase, che è nota come il paradosso di Fermi, nasconde qualcosa che va al di la della seppur impegnativa ricerca di esseri intelligenti, consapevoli, costruttori di strumenti che hanno sviluppato un linguaggio che siamo in grado di comprendere , qualcosa che ha a che fare con la ricerca di noi stessi.

La prima delle civiltà galattiche sarà l’ultima

Il fisico teorico Alexander Berezin della National Research University of Electronic Technology (MIET) ha proposto una spiegazione del motivo per cui siamo soli nelle vastità sconfinate dell’Universo. La risposta di Berezin al paradosso di Fermi: “se l’universo pullula di alieni, dove sono tutti?” è comparsa in un articolo del 2018, e si chiama “First in, Last out”.

Nessuna osservazione fatta finora suggerisce che una o più civiltà galattiche tecnologicamente avanzate si siano diffuse nella Via Lattea. Tuttavia, guardando a presupposti comuni sulla formazione e l’espansione delle civiltà, questa mancanza di osservazioni è altamente improbabile. L’improbabilità rappresenta il paradosso di Fermi.

Berezin ritiene che il paradosso di Fermi sull’assenza di prove di vita extraterrestre tecnologicamente avanzata abbia una soluzione molto semplice, che non necessita di assunzioni controverse, che è raramente proposta o discussa. Nonostante ciò, la soluzione di Berezin sarebbe difficile da accettare, poiché prevede un futuro per la civiltà umana anche peggiore dell’estinzione.

Secondo Berezin alcune soluzioni proposte in risposta al paradosso di Fermi definiscono la vita extraterrestre in maniera troppo restrittiva.

La natura delle civiltà galattiche avanzate non dovrebbe avere importanza. Potrebbero essere organismi biologici simili a noi, IA malvagie sfuggite al controllo dei loro costruttori o menti distribuite su scala planetaria come quelle raccontate da Stanislaw Lem in Solaris. 

Per questo è auspicabile prendere in considerazione una definizione più ampia nella loro classificazione come punto di partenza. È stato suggerito che per essere classificato come vita qualsiasi oggetto che mostra i seguenti tratti: omeostasi, organizzazione, metabolismo, crescita, adattamento, reattività e riproduzione. Secondo Berezin, nell’immediatezza degli scopi della ricerca questo elenco può essere reso ancora più semplice.

Secondo Berezin l’unico parametro di cui dovremmo preoccuparci – in termini di definizione della vita extraterrestre – è la soglia fisica alla quale possiamo osservare la sua esistenza. “L’unica variabile che possiamo misurare oggettivamente è la probabilità che la vita diventi rilevabile dallo spazio entro una certa distanza dalla Terra”, spiega Berezin. “Per semplicità chiamiamolo” Parametro A”.

Berezin si chiede:”E se la prima civiltà che ha raggiunto la capacità di viaggio interstellare sradicasse necessariamente tutta la concorrenza per alimentare la propria espansione?”.

Una civiltà extraterrestre altamente sviluppata spazzerebbe via consapevolmente altre forme di vita – oppure “semplicemente non se ne accorgerebbe, allo stesso modo in cui una squadra di costruzione demolisce un formicaio per costruire proprietà immobiliari senza porsi nessun problema etico”.

Se l’ipotesi di Berezin è corretta, cosa implica per il futuro dell’umanità? Secondo Berezin “L’unica spiegazione è l’invocazione del principio antropico. Siamo i primi ad arrivare alla fase interstellare. E, molto probabilmente, saremo gli ultimi a estinguerci“.

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