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Paradosso di Fermi: gli alieni? Tutti australopitechi

E se le civiltà extraterrestri fossero tutte pre-tecnologiche? Questa ipotesi è davvero plausibile per spiegare il paradosso di Fermi?

Quando ci riferiamo alla ricerca di civiltà extraterrestri diamo per scontato che esse siano tecnologicamente evolute, anche significativamente più della civiltà umana. Ma se un alto livello di conoscenza scientifica e tecnologica non fosse la condizione normale della vita nella galassia non avremmo forse una spiegazione plausibile del paradosso di Fermi?

Una risposta al Paradosso di Fermi

Forse non siamo mai entrati in contatto con specie aliene perché le loro civiltà si sono fermate ad un’era pre-tecnologica o al massimo a bassa intensità tecnologica.

Sul nostro pianeta, oltre 2,5 milioni di anni fa l’Australopithecus Garhi imparò a scheggiare una pietra utilizzandone un altra. Questo ominide, in poche parole, acquisì rudimentali capacità tecnologiche come comprovato da circa 3.000 utensili datati 2,5 milioni di anni fa e rinvenuti nel sito di Bouri, Etiopia.

E’ possibile che questo apprendimento da parte di Australopithecus garhi abbia avviato la formazione dell’intelligenza e della coscienza di sé. Però per oltre un milione di anni non vi furono ulteriori progressi tecnologici. Dovremo aspettare l’avvento dell’Homo Ergaster, che dominava una significativa capacità di comunicazione, per assistere ad un ulteriore balzo in avanti tecnologico.

H. Ergaster inventò la tecnologia acheuleana per costruire l’ascia a mano. Questo utensile richiede un accurato lavoro di pianificazione e preparazione. Curiosamente gli esperti hanno notato che le aree del cervello coinvolte nella fabbricazione di utensili sono le stesse di quelle utilizzate per la vocalizzazione e quindi la comunicazione.

Più lavoriamo alla costruzione di utensili minuti più è coinvolta la parte del cervello chiamata area di Broca, localizzata nel piede della terza circonvoluzione frontale, la cui funzione è coinvolta nell’elaborazione del linguaggio.

Forse la tecnologia non soltanto ha dato avvio all’intelligenza umana ma ne ha anche favorito lo sviluppo. Paradossalmente, potremmo affermare che non siamo in grado di costruire utensili migliori degli animali perché più intelligenti di loro ma perché siamo più intelligenti di loro in quanto più bravi nel fabbricarli.

Al di là del gioco di parole, lo sviluppo tecnologico non è stato così lineare nella storia dell’umanità. Oggi c’è soltanto una razza umana che domina il pianeta, ma fino a 40.000 anni fa l’Homo Sapiens divideva la Terra con almeno altre due razze di ominidi. La nostra specie si è evoluta per un ampio arco temporale convivendo con Homo di Denisova ed Homo Neanderthalensis.

Delle due specie conosciamo molto bene, per la grande quantità di fossili, l’Uomo di Neanderthal, mentre la nostra conoscenza dell’uomo di Denisova è piuttosto scarsa. I primi scarsi resti di quest’ultimo sono stati trovati soltanto nel 2010 in una grotta dei Monti Altai in Siberia.

Questo esemplare di ominide è vissuto in un periodo compreso tra 70.000 e 40.000 anni fa in aree popolate principalmente da sapiens e in parte da neanderthal; ciononostante, la sua origine e la sua migrazione apparirebbero distinte da quelle delle altre due specie, e il mtDNA del Denisova risulterebbe differente dai mtDNA di H. Neanderthalensis e H. Sapiens. L’uomo di Denisova è strettamente imparentato con l’uomo di Neanderthal: le due specie si sarebbero separate circa 300.000 anni or sono.

Ma focalizziamo la nostra attenzione su Homo Neanderthalensis che occupava un’area molto vasta della Terra, con grandi differenze climatiche.

Questa specie è esistita per molto più tempo dell’Homo Sapiens ed era tutt’altro che rozza ed istupidita come a volte viene descritta. Ci sono prove che i neanderthaliani passassero molto tempo a realizzare indumenti e che seppellissero i propri morti, sviluppando quindi un certo rituale simbolico in questo difficile passaggio dell’esistenza umana.

I neanderthaliani dominavano anche una tecnologia, chiamata musteriana, dal nome della cava dove furono ritrovati i primi reperti, con i quali costruivano secondo schemi progettuali prefissati, utensili anche piuttosto sofisticati. Eppure, durante la loro lunghissima esistenza gli Homo Neanderthalensis hanno dimostrato pochissima capacità di innovazione. Gli utensili del periodo tardo-musteriano non erano poi tanto migliori di quelli del periodo precedente.

Insomma, semplificando un po’, potremmo definire Homo Neanderthalensis una specie intelligente, vissuta per oltre 100.000 anni senza fare progressi tecnologici significativi nonostante l’evidente capacità di costruire utensili e la pratica di rituali che implicano l’esercizio di pensiero astratto come nel caso dei loro riti funebri.

Una delle ipotesi che viene avanzata per dare una soluzione al paradosso di Fermi (dove sono tutti quanti?) è che, per qualche motivo, le specie aliene raggiungano il livello di fabbricazione degli utensili ma non lo superino, rimanendo per alcuni versi impantanate in civiltà pre-tecnologiche o nella migliore delle ipotesi a modesta intensità tecnologica.

Il punto debole di questa teoria è prendere come assunto che tutte le specie fabbricatrici di utensili si sviluppino allo stesso modo. Sulla Terra si sono alternate una decina di specie di ominidi e soltanto una, la nostra, ha effettuato un prodigioso balzo in avanti sotto il profilo tecnico-scientifico. Il 10% di successo però non è male come risultato, soprattutto se proiettato su base galattica e quindi la probabilità di trovare una civiltà extraterrestre tecnologicamente evoluta non dovrebbero poi essere così scarsa.

D’altra parte occorre considerare che la nostra specie ha fatto progressi significativi e costanti soltanto negli ultimi 40.000 anni, un tempo relativamente breve su base geologica.

Come mai nelle centinaia di migliaia di anni precedenti sotto il profilo dell’innovazione tecnologica abbiamo assistito ad una lunghissima stasi? Non lo sappiamo esattamente.

Forse la “scintilla creativa” è dipesa dallo sviluppo del linguaggio. Oppure la scintilla è dipesa dallo sviluppo del cervello. Ancora, è possibile che la conoscenza culturale, e quindi trasmessa da una generazione all’altra, si sia accumulata lentamente nel corso dei millenni, raggiungendo la soglia critica proprio 40.000 anni fa.

Certo è che se la “svolta tecnologica” è dipesa da un fattore casuale o da un insieme di fortunate coincidenze allora la presenza di civiltà aliene evolute potrebbe essere davvero poche nella galassia e questo spiegherebbe l’assenza di segnali e comunicazioni.

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