Materia oscura: Il “moto browniano” dello spaziotempo ne mette in dubbio l’esistenza

La ricerca della materia oscura è uno dei grandi sforzi della scienza moderna. Nonostante anni di ricerche ed esperimenti costati miliardi di dollari, ancora nessuno è riuscito ad osservare direttamente la materia oscura o ad individuarne le particelle costituenti e qui interviene la nuova ipotesi sulla gravità quantistica

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Materia oscura: Il “moto browniano” dello spaziotempo ne mette in dubbio l'esistenza

Quando gli astronomi studiano la rotazione delle galassie distanti, si trovano di fronte a un enigma. Le stelle sono tenute insieme dalla gravità, che impedisce loro di disperdersi nello spazio intergalattico a causa della rotazione delle galassie.

Gli astronomi possono calcolare la quantità di gravità esercitata da una galassia in base alla massa delle stelle che riescono a vedere ma il problema è che le parti più esterne di queste galassie si muovono troppo velocemente per la gravità che possono esercitare. Non sembra che abbiano abbastanza massa per impedire alle stelle più esterne di volare via.

La materia oscura

Il fatto che ciò non accada è uno dei grandi misteri della cosmologia moderna. Sembra che vi sia una forza che tiene insieme le galassie, ma gli astronomi non sanno da dove provenga.

L’ipotesi migliore è che le galassie siano piene di un tipo di materia non visibile ma che esercita una forza gravitazionale che agisce anche sulla materia normale: la cosiddetta materia oscura.

La ricerca della materia oscura è uno dei grandi sforzi della scienza moderna. Nonostante anni di ricerche ed esperimenti costati miliardi di dollari, ancora nessuno è riuscito ad osservare direttamente la materia oscura o ad individuarne le particelle costituenti.



Enigma cosmico

Qualcosa deve esserci, poiché non è visibile abbastanza materia normale da giustificare la quantità di gravità che esercitano le galassie. Qualcuno ha provato a dare una risposta a questo enigma cosmico senza tirare in ballo la materia oscura. Negli anni ’80, un fisico chiamato Mordehai Milgrom suggerì che, su scala galattica, le leggi del movimento di Newton potrebbero essere leggermente diverse da quelle osservate sulla Terra, insomma, l’ipotesi suggerita era che questa dinamicha newtoniana modificate o MOND potrebbe fornire la spinta gravitazionale extra per tenere insieme le galassie, senza bisogno di questa ipotetica ed invisibile materia oscura.

Come nel caso della materia oscura, sono emerse alcune prove a sostegno di questa idea. Vari studi hanno esaminato il modo in cui la MOND potrebbe influenzare le orbite di oggetti distanti, come Plutone o addirittura le navicelle Pioneer e Voyager, ma senza risultati incoraggianti e a molti astronomi l’idea non piace perché si tratta di inserire un cambiamento essenzialmente arbitrario nella dinamica newtoniana.

Per questo motivo, mentre la controversia sulla dinamica newtoniana modificata rispetto alla materia oscura andava e veniva, gli astronomi tendevano a favorire l’idea della materia oscura.

Ora, però, le cose potrebbero cambiare grazie al lavoro di Jonathan Oppenheim e Andrea Russo dell’University College di Londra che hanno capito perché l’idea MOND di Milgrom potrebbe essere vera, dopo tutto, fornendo alla MOND una base teorica che ne aumenterà l’attrattiva per astronomi e fisici.

Il nuovo lavoro si basa su un’idea che Oppenheim avanzò diversi anni fa per conciliare l’incompatibilità tra due dei grandi fondamenti della fisica moderna: la meccanica quantistica e la relatività generale.

La meccanica quantistica spiega il comportamento dell’universo su scala microscopica, mentre la relatività opera su scala cosmica, ma il carattere di queste teorie è completamente opposto, con la meccanica quantistica che suggerisce che l’universo sia di natura probabilistica mentre la relatività implica che sia del tutto classico.

Ciò pone un dilemma quando si tratta di derivare una teoria della gravità quantistica che i fisici devono ancora risolvere.

L’idea di Oppenheim è che la relatività sia classica ma fondamentalmente stocastica, intendendo con ciò che ha un carattere casuale, un po’ come il moto browniano, il movimento casuale delle particelle sospese in un fluido. Ciò consente di combinare la meccanica quantistica e la relatività in un modo matematicamente compatibile.

Una conseguenza del nuovo approccio è che, su scala umana, la gravità è interamente newtoniana, proprio come osservano i fisici anche se, su scala galattica, l’accelerazione dovuta alla gravità può variare di una quantità piccola ma casuale, come se lo spaziotempo suscitasse una sorta di movimento browniano sulle masse al suo interno. È questa natura stocastica dello spaziotempo che genera la forza gravitazionale extra che tiene insieme le galassie.

“Mostriamo che questo comportamento stocastico porta a una modifica della relatività generale a basse accelerazioni“, dicono. “Nel regime di bassa accelerazione, la variazione dell’accelerazione prodotta dal campo gravitazionale… agisce come una forza entropica, causando una deviazione dalla teoria della relatività generale di Einstein“.

Che la Forza  sia…

In altre parole, la forza entropica agisce come se fosse materia addizionale. “La forza entropica guidata da una costante cosmologica stocastica può spiegare le curve di rotazione galattica senza bisogno di evocare la materia oscura”, concludono.

La somiglianza con l’idea di Milgrom non sfugge a Oppenheim e Russo. In effetti, mostrano che la loro idea produce previsioni simili a quelle di Milgrom ma invece di essere una modifica arbitraria alla dinamica newtoniana, la nuova teoria è una conseguenza necessaria della combinazione della relatività e della meccanica quantistica in un unico quadro.

Si tratta di un lavoro interessante con un potenziale significativo per esperimenti futuri che metteranno alla prova la natura della dinamica newtoniana.

Ma Oppenheim e Russo invitano alla cautela. Sottolineano che ci sono altre ragioni oltre alla rotazione galattica che suggeriscono l’esistenza della materia oscura. Ad esempio, la massa gravitazionale delle galassie distanti agisce come una lente piegando la luce mentre passa. E l’entità di questa curvatura suggerisce che la materia oscura debba contribuire a questa massa.

Oppenheim e Russo affermano che prima che la loro idea possa guadagnare terreno, deve essere studiata ulteriormente, in particolare simulando il movimento browniano dello spaziotempo e i suoi effetti sulla massa.

Ciò fornirà molte ore di lavoro agli astronomi anche se sarà meno divertente per i fisici sperimentali che hanno speso miliardi alla ricerca di prove dell’esistenza della materia oscura qui sulla Terra.


Rif: Anomalous contribution to galactic rotation curves due to stochastic spacetime: arxiv.org/abs/2402.19459

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