Marie, la scienziata che vinse due Nobel

La grande vicenda umana e professionale di una delle scienziate più importanti del Ventesimo Secolo

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Maria Salomea Skłodowska nasce, ultima di cinque figli, il 7 novembre del 1867, a Varsavia, allora sotto l’occupazione russa che aveva messo fine all’indipendenza polacca.

La famiglia di Maria pur appartenendo al ceto medio soffrirà come la gran parte dei polacchi per la dura politica di russificazione portata avanti dagli Zar e conoscerà quindi periodi di gravi difficoltà economiche ed addirittura di stenti.

Quando la futura signora Curie è un’adolescente perde la madre affetta da tubercolosi ed una delle sorelle. Maria a scuola primeggiava, aveva grandi facoltà mnemoniche e di concentrazione ed una vivida curiosità, leggeva una media di 10 libri a settimana. Per altro,  era piuttosto distaccata dalle dinamiche familiari e sarà la sorella maggiore a prendersi cura della famiglia dopo la morte della madre.

All’età di 15 anni conclude  il ginnasio con i voti migliori di tutti gli studenti dell’anno. A quel tempo era consuetudine premiare gli studenti migliori con una medaglia d’oro, alla cerimonia però non parteciperà la sorella Hela, anch’essa studentessa nella stessa classe di Maria, che aveva un profondo risentimento verso la sorella minore che troppe volte l’aveva umiliata nel corso delle lezioni.

Diversamente, con la sorella Bronia Maria ha un rapporto solido e strettissimo che sarà destinato a durare per l’intera vita della sorella maggiore. Dopo la morte della madre e dell’altra sorella a causa del tifo, Maria passa molto tempo in chiesa in cerca di un rapporto con Dio che le spieghi il perché di quanto le sta accadendo. A diciassette anni Maria abbandona definitivamente la religione.



All’epoca, nella Polonia annessa alla Russia, l’accesso alle università era precluso alle donne e Maria non poteva prendere in considerazione, per ragioni economiche la possibilità di studiare all’estero. Così decise di attuare un piano che gli avrebbe consentito da un lato di accumulare il denaro necessario e dall’altro di avviare un programma di auto formazione. Andò a lavorare a servizio presso famiglie facoltose e li ebbe modo di “saccheggiare” le ricche biblioteche padronali sfamando la sua fame di conoscenza.

E’ in quel periodo che Maria si avvicina al positivismo, una filosofia che dava particolare importanza alle conoscenze scientifiche. La sera, dopo il lavoro, molto spesso la giovane Skłodowska si incontrava nei caffè con gli amici, in gran parte studenti dell’Università di Varsavia, per discutere dei problemi sociali, politici ed economici che affliggevano la Polonia.

Il 1º gennaio 1886, “la signorina Maria” prende servizio dagli Zorawski e dopo un anno di servizio accade l’imprevedibile: di ritorno dalle vacanze di Natale, Casimiro, il maggiore dei ragazzi Zorawski, si invaghisce di questa fanciulla che non assomiglia a nessun’altra. Maria non confida a nessuno i suoi sentimenti, ma è pronta a sposarlo; i genitori di lui però si oppongono al matrimonio.

Maria che in realtà non era veramente innamorata di questo giovane petulante ed ostinato, che, antesignano dei moderni stalker, la insegue presso negozi, per strada, in casa. Alla fine Maria riesce a cambiare lavoro e va a servizio presso un’importante famiglia di industriali, i Fuchs, riuscendo definitivamente ad allontanarsi dal ragazzo.

Nel frattempo la sorella Bronia si è innamorata e fidanzata con uno studente di medicina Casimiro Dluski e si era trasferita a Parigi così che Maria, nel 1891 può raggiungere la coppia, che nel frattempo si è sposata, nella capitale francese.

La convivenza in casa Dluski non andava benissimo, sia Casimir che Maria, in lettere separate ai congiunti, si lamentavano anche se non esplicitamente di questa forzata coabitazione, sia pure per ragioni diametralmente opposte.

L’unica cosa che interessava la giovane Sklodowska erano i suoi studi alla Sorbona. Si impegnava duramente, soprattutto in matematica, per recuperare le sue lacune, tanto che al termine del primo biennio vinse una borsa di studio di 100 rubli che le consentì di proseguire gli studi.

La sua vita sentimentale era praticamente nulla fino ad un pomeriggio del 1894 quando le fu consigliato di incontrare un giovane professore universitario Pierre Curie, che stava lavorando sul magnetismo, in un istituto non troppo lontano dalla Sorbona e che forse avrebbe potuta prenderla come assistente di laboratorio.

Marie trova Pierre quel pomeriggio solo in laboratorio, quest’ultimo, allora trentaquattrenne, rimane stupito dal fatto che sia una donna a chiedere quel posto. I due sentono quasi istantaneamente una forte attrazione reciproca, passano l’intero pomeriggio a parlare. Pierre dirà dopo di essersi innamorato subito, con il classico colpo di fulmine dei migliori romanzi rosa.

Per Pierre era naturale condividere il proprio lavoro di ricerca con altri, insieme al fratello per due anni avevano studiato e chiarito il fenomeno della piezoelettricità ovvero la proprietà di alcuni materiali cristallini di polarizzarsi generando una differenza di potenziale quando sono soggetti a una deformazione meccanica  e al tempo stesso di deformarsi in maniera elastica quando sono sottoposti ad una tensione elettrica.

 I due si completavano molto bene, lui così creativo e ricco di intuizioni, lei con tratti di genialità, sostenuti da un’implacabile determinazione. La coppia iniziò  a lavorare insieme e costruendo ben presto una relazione affettiva. Pierre chiese diverse volte a Maria di sposarlo e lei gli oppose altrettanti rifiuti.

Singolarmente Marie accettò di sposare Pierre Curie un anno dopo, quando la situazione economica del giovane professore era tutt’altro che rosea, al punto da costringerlo ad accettare un secondo lavoro come consulente in una ditta di ottica di Parigi. Maria che aveva in programma al termine dei suoi studi di tornare in patria, con il matrimonio e la sua attività di ricerca rimase a Parigi.

Dedicò la sua vita di ricercatrice insieme al marito all’isolamento e alla concentrazione di due nuovi elementi della tavola periodica il radio e il polonio, così chiamato in onore della sua patria, la Polonia. Per ottenere questo risultato setacciarono alcune tonnellate di pechblenda proveniente da Jáchymov, un minerale radioattivo e una delle principali fonti naturali di uranio.

I coniugi Curie notarono che alcuni campioni erano più radioattivi di quanto lo sarebbero stati se costituiti di uranio puro; ciò implicava che nella pechblenda fossero presenti altri elementi. Decisero così di esaminare tonnellate di pechblenda riuscendo nel luglio del 1898, ad isolare una piccola quantità di un nuovo elemento dalle caratteristiche simili al tellurio e 330 volte più radioattivo dell’uranio che fu chiamato polonio in onore del paese della scienziata. Il resoconto di tale lavoro, unitamente a quello immediatamente successivo che portò alla scoperta del radio, divenne la tesi di dottorato di Maria Skłodowska.

E se alla fine l’utilità del polonio risulterà quasi nulla se non per disdicevoli scopi, quali l’avvelenamento, non così sarà per il radio che sarà utilizzato in una molteplicità di applicazioni. Nel 1906 Pierre Curie muore travolto da una carrozza mentre sta percorrendo a piedi rue Dauphine per raggiungere l’Accademia.

Marie diventata la “vedova illustre”   assumerà la cattedra di fisica generale della Sorbona ricoperta in precedenza dal marito. Nel 1911 durante il primo  Congresso Solvay intraprende una relazione con il collega scienziato Paul Langevin, i due erano colleghi a Parigi. La relazione divenne scandalosa per il fatto che Langevin era padre di quattro figli e il suo matrimonio andó all’aria, proprio a causa di questa avventura.  Langevin fu costretto a ben cinque duelli alla pistola per difendere il suo onore e quello di Marie.

Questa passione scandalosa mise a rischio il suo secondo Premio Nobel (stavolta per la chimica, il primo per la fisica era stato vinto insieme al marito Pierre nel 1903) che l’Accademia delle Scienze svedesi era in procinto di assegnare a Marie Curie. Alla fine però prevalse il buon senso e l’Accademia lo conferì alla grande scienziata raccomandandole però di non partecipare alla cerimonia di premiazione.

Marie non sapeva che fare. La sua vita era diventata un inferno. La stampa le si era rivoltata contro. Da “vedova illustre e devota” era diventata l’emblema di una donna corrotta e spregevole. Addirittura divenne difficile uscire di casa per evitare gli insulti e le occhiate di riprovazione della gente fomentata da questa vera e propria campagna d’odio. Nel momento forse peggiore della sua vita, l’aiutò in modo decisivo una lettera il cui testo è il seguente:

Stimatissima signora Curie,

non rida di me se Le scrivo senza avere nulla di ragionevole da dire. Ma sono talmente in collera per le maniere indecenti con cui il pubblico si sta ultimamente interessando a Lei, da sentire di dovere assolutamente dare sfogo a questo mio sentimento.

Ad ogni modo, sono convinto che Lei coerentemente disprezzi questa gentaglia, sia che questa elargisca ossequiosamente stima nei suoi confronti sia che tenti di soddisfare il proprio appetito per il sensazionalismo! Mi sento spinto a dirle quanto io sia arrivato ad ammirare il suo ingegno, la sua energia e la sua onestà, e che mi sento fortunato ad aver avuto la possibilità di conoscerla di persona a Bruxelles. Chiunque non appartenga a questa schiera di rettili è certamente felice, ora e anche prima, del fatto che abbiamo tra noi persone come Lei, e anche come Langevin, persone reali rispetto alle quali si prova il privilegio di essere in contatto. Se la gentaglia dovesse continuare a occuparsi di lei, non legga quelle fesserie ma piuttosto le lasci ai rettili per cui sono state prodotte.

Con i miei più amichevoli ossequi a lei, Langevin e Perrin, cordialmente.

Albert Einstein

Einstein era già uno scienziato piuttosto famoso dopo il suo “annus mirabilis”, il 1905, ed aveva conosciuto Marie ad un importante convegno a Bruxelles rimanendo colpito dalla vivida intelligenza della donna e dalla sua personalità. Questa lettera piena di stima e di affetto spinse Marie Curie ad andare comunque a ritirare il Nobel, passando tra due ali di folla a testa alta e con sguardo fiero durante la premiazione.

Nel 1921 effettuò un viaggio negli Stati Uniti per raccogliere i fondi monetari necessari a continuare le ricerche sul radio; ovunque fu accolta in modo trionfale. Negli ultimi anni della sua vita fu colpita da una grave forma di anemia aplastica, malattia quasi certamente contratta a causa delle lunghe esposizioni alle radiazioni di cui, all’epoca, si ignorava la pericolosità.

Morì nel sanatorio di Sancellemoz di Passy in Alta Savoia, nel 1934.

Ancora oggi, tutti i suoi appunti di laboratorio successivi al 1890, persino i suoi ricettari di cucina, sono considerati pericolosi a causa del loro contatto con sostanze radioattive. Sono conservati in apposite scatole piombate e chiunque voglia consultarli deve indossare abiti di protezione.

Per completare la straordinarietà della famiglia Curie nell’ambito della ricerca scientifica, oltre ai Nobel vinti da Pierre (1) e da Marie, 2 uno per la fisica ed uno per la chimica, la figlia maggiore Irene Joliot-Curie, insieme al marito, nel 1936, meno di due anni dopo la morte della madre, vinse il Nobel per la chimica.

nella foto di copertina una giovane Marie Curie

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