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La vita dopo la grande moria del Permiano

La causa che innescò la grande moria è ancora oggi oggetto di discussione, ma alcuni studi indicano che si susseguirono da una fino a tre fasi diverse

La grande moria o “The Great Dying” ebbe luogo 252 milioni di anni fa durante la fine del periodo Permiano. Fu la più devastante estinzione di massa che si sia mai verificata sul nostro pianeta, con la scomparsa dell’81% delle specie marine e del 70% delle specie di vertebrati terrestri; fu l’unica estinzione di massa conosciuta che riguardò anche gli insetti.

Secondo alcuni calcoli, si estinsero il 57% di tutte le famiglie tassonomiche e l’83% di tutti i generi. Poiché scomparve così tanta biodiversità, la ripresa della vita sulla Terra fu un processo molto più lungo rispetto ad altre estinzioni di massa.

La causa che innescò la grande moria è ancora oggi oggetto di discussione, ma alcuni studi indicano che si susseguirono da una fino a tre fasi diverse. Sono stati proposti un certo numero di meccanismi per spiegarle: il primo picco di estinzione fu probabilmente dovuto ad un cambiamento ambientale graduale, mentre quello o quelli successivi furono probabilmente dovuti ad un cataclisma.

Una nuova ricerca, pubblicato il 17 marzo 2021 in Proceedings of the Royal Society B, mostra dettagliatamente come dopo la grande moria la vita si sia ripresa rispetto a due eventi di estinzione di massa di minori proporzioni. 

Il gruppo di studio internazionale, costituito da ricercatori della China University of Geosciences, della California Academy of Sciences, dell’Università di Bristol, Missouri University of Science and Technology e l’Accademia cinese delle scienze, hanno dimostrato per la prima volta che la grande moria, avvenuta alla fine del Permiano, fu più estesa di altri eventi a causa di una massiccia riduzione della biodiversità.

Per spiegare la grande moria, i ricercatori hanno cercato di capire perché la vita non si riprese rapidamente come per altre estinzioni di massa. Il motivo principale fu l’estrema gravità dell’estinzione di massa del permiano che portò alla scomparsa di 19 specie su 20.

La grande moria ridusse le specie del 95%, e questo significava che gli ecosistemi devastati dovettero ricomporsi ripartendo quasi da zero.

Nelle sue indagini, l’autore principale e ricercatore dell’Accademia Yuangeng Huang, ora alla China University of Geosciences, Wuhan, ha ricostruito le reti alimentari di 14 raggruppamenti di viventi che racchiudono i periodi Permiano e Triassico . 

Questi raggruppamenti, campionati dal nord della Cina, hanno offerto un’istantanea di come una singola regione della Terra ha risposto alle estinzioni. 

“Studiando i fossili e le prove dai denti, dal contenuto dello stomaco e dagli escrementi, sono stato in grado di identificare chi mangiava chi”, afferma Huang“È importante costruire una rete alimentare accurata se vogliamo comprendere questi antichi ecosistemi”.

La grande moria e le reti alimentari

Le reti alimentari sono composte da piante, molluschi e insetti che vivono in stagni e fiumi, e da pesci, anfibi e rettili che se ne cibano. Le dimensioni dei rettili variano da quelle delle lucertole moderne a quelle degli erbivori da mezza tonnellata.

Anche le gorgonopsie dai denti a sciabola erano presenti, alcune grandi come leoni e con lunghi canini in grado di penetrare le pelli più spesse e robuste. Quando questi animali si estinsero durante la grande moria, nessun altro essere vivente prese il loro posto, lasciando gli ecosistemi nello squilibrio più totale per dieci milioni di anni. 

Dopo di che, nel Triassico, i primi dinosauri e i primi piccoli mammiferi iniziarono ad evolversi. I primi arrivati di questa nuova specie erano piccoli bipedi lunghi circa un metro che si cibavano di insetti, ma presto divennero più grandi e si diversificarono in carnivori ed erbivori.

“Yuangeng Huang ha trascorso un anno nel mio laboratorio”, afferma Peter Roopnarine, curatore di geologia dell’Accademia. 

“Ha applicato metodi di modellazione ecologica che ci consentono di osservare antiche reti alimentari e determinare quanto siano stabili o instabili. In sostanza, il modello interrompe la catena alimentare, eliminando le specie e testandone la stabilità complessiva”.

“Abbiamo scoperto che l’evento della fine del Permiano è stato eccezionale in due modi”, afferma il professor Mike Benton dell‘Università di Bristol

Benton spiega come il crollo della biodiversità sia molto più marcato per la grande moria del Permiano rispetto ad altre estinzioni di massa. Durante le altre estinzioni infatti, si erano sviluppati ecosistemi a bassa stabilità prima del collasso finale. 

In secondo luogo, è stato necessario molto tempo prima che gli ecosistemi si riprendessero, forse più di 10 milioni di anni , mentre il recupero è stato rapido dopo le altre due crisi.

In definitiva, ridefinire le comunità di esseri viventi, soprattutto quelle che si sono riprese con successo, ci offre importanti informazioni su come le specie moderne potrebbero comportarsi mentre noi esseri umani spingono il pianeta verso un mutamento climatico senza precedenti.

“Questo è un nuovo sorprendente risultato”, sostiene il professor Zhong-Qiang Chen della China University of Geosciences, Wuhan. prima di questo studio era possibile descrivere le reti alimentari, ma non era possibile testarne la stabilità. 

La combinazione di nuovi dati provenienti da lunghe sezioni rocciose nel nord della Cina con metodi computazionali all’avanguardia ha permesso al team di ricercatori internazionali di entrare all’interno di questi antichi esempi nello stesso modo in cui è possibile analizzare le reti alimentari esistenti oggi negli ecosistemi moderni.

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