Ombre, porte che cigolano, rumori inquietanti, la strana sensazione che ci siano delle presenze: sono davvero molte le persone che affermano di avere assistito o percepito almeno una volta nella vita uno di questi fenomeni, ricollegandoli a tutto ciò a cui l’immaginario collettivo fa riferimento in casi simili, dalle storie di fantasmi agli eventi al limite del paranormale.
Ma quanto c’è di vero? E quanto invece deve essere ricondotto al nostro cervello, alla sua straordinaria complessità e alle sue capacità incredibili?
La scienza ha provato a dare una spiegazione che in modo inconfutabile potesse dare una risposta a tutti coloro che sono convinti di avere avuto a che fare con fenomeni del genere. E sono davvero tanti, se prendiamo come riferimento un sondaggio annuale condotto dai ricercatori della Chapman University di Orange, in California, in cui alle persone è stato chiesto se credessero o meno agli spiriti e ai fantasmi, ottenendo un risultato sorprendente: addirittura il 58% degli intervistati negli Stati Uniti ammette di credere a queste presenza sovrannaturali, e addirittura una persona su cinque afferma di avere avuto almeno una volta nella vita un contatto con esseri ultraterreni.
Certo, se dovessimo cercare delle prove video o fotografiche di queste affermazioni, ovviamente faremmo un buco nell’acqua perché anche con le più sofisticate attrezzature, sinora gli amanti del genere hanno solo raccolto immagini di qualche ombra poco distinta e suoni che potrebbero fare capo a qualsiasi cosa, non necessariamente sovrannaturale. Ancora più probabilmente, per tutte queste cosiddette prove, la scienza potrebbe trovare spiegazioni razionali più che valide.
Quando la nostra mente ci gioca un brutto scherzo
Dunque, dove si trova la verità? La scienza, sebbene non sia riuscita mai a fotografare un fantasma, è però in grado di spiegare come mai alcune persone percepiscano queste presenze o dicano di vedere cose che poi in realtà non ci sono, e da queste ricerche è emerso che spesso e volentieri non possiamo fidarci nemmeno di ciò che i nostri occhi vedono o le nostre orecchie sentono.
E la lista di esempi potrebbe essere lunghissima. Ci sono persone che appena sveglie spesso non riescono a muoversi, sono letteralmente immobilizzate, sebbene coscienti. Colpa di qualche forza oscura? No, semplice (se così si può dire) paralisi ipnagogica, ossia paralisi nel sonno: questo stato è dovuto all’atonia dei muscoli durante il sonno provocata da una discordanza tra mente e cervello; mentre quest’ultimo infatti è ben attivo e sveglio, il corpo resta a riposo, come sognasse a occhi aperti. Ma perché accadrebbe ciò, con conseguente enorme spavento per chi ne soffre?
I nostri sogni più realistici li facciamo in un preciso stadio del sonno, ovvero la fase REM (Rapid Eye Movement), in cui gli occhi si muovono velocemente sotto la palpebra. Il resto del corpo però è immobile ed è un bene che sia così, perché altrimenti ci ritroveremmo a ferirci cadendo dal letto, nel tentativo di fare tutte le azioni che stiamo sognando.
Il cervello è programmato per mettere fine a questa sorta di “paralisi” poco prima che ci svegliamo, ma chi soffre di paralisi nel sonno, si sveglia quando è ancora in corso, col risultato di essere vigili ma impossibilitati a muoversi. E la mente in questo stato può giocare brutti scherzi, come percepire o vedere ombre e suoni che in realtà non ci sono.
Ci sono poi persone a cui sembra di sentir suonare il telefono, o delle voci, o qualcuno che chiama il loro nome o di vedere dei volti precisi nelle ombre. Si tratterebbe di allucinazioni, secondo David Smailes, psicologo presso la Northumbria University di Newcastle-upon-Tyne, convinto del fatto che ognuno di noi prima o poi sperimenti questa sensazione, ma che nella maggior parte dei casi decida di ignorarla, mentre altri la attribuiscono a presenze sovrannaturali.
Siamo abituati a credere a ciò che le nostre percezioni ci trasmettono, il nostro cervello è un complicato ma precisissimo strumento di interpretazione degli stimoli e degli impulsi che provengono dal mondo esterno, e quando ci troviamo di fronte a un fenomeno inspiegabile, preferiamo pensare che si tratti magari di un fantasma piuttosto che del nostro cervello che in quel momento ci sta ingannando.
Ma come appena detto, il cervello è letteralmente bombardato in continuazione da stimoli di ogni sorta, e deve essere in grado di unirli tutti e darci delle informazioni nel più breve tempo possibile. Talvolta è talmente bravo nel farlo che vede anche cose che non ci sono, e questo fenomeno si chiama pareidolia, e ne abbiamo altri esempi quando vediamo delle forme specifiche nelle nuvole, o vediamo un volto nella Luna.
Insomma al cervello attraverso i sensi arrivano milioni di informazioni, troppe per noi e quindi è costretto a fare una scelta, prendendo solo quelle che ritiene più importanti per noi: come a dire che quello che vediamo non è la realtà vera, bensì un’immagine che il cervello ha elaborato per noi in base ai segnali catturati dalla vista, o da altri sensi. Un’immagine molto accurata nella maggior parte dei casi, ma qualche volta può capitare che il cervello aggiunga qualcosa che non c’è là.
Spesso chi afferma di avere visto un fantasma, spiega Smailes, si trovava da solo, spaventato e al buio; in una situazione simile è più facile che il cervello imponga la sua creazione alla realtà.
Inoltre, la memoria non registra tutto, ma ricorda solo ciò che ha attirato la sua attenzione.
Nel 2014 una ricerca ha evidenziato che le persone che credono a fenomeni paranormali sono più soggetti a cecità attentiva, con una memoria più limitata. Chi ha difficoltà a ricordare o a prestare attenzione a più di una cosa alla volta, rischia di perdersi parte di ciò che gli accade intorno, ed è più portato ad attribuire ai fantasmi o a presenze paranormali quello che percepisce.
Paraidolia, paralisi nel sonno, allucinazioni o cecità attentiva possono quindi riguardare ognuno di noi, ma non tutti pensano subito ai fantasmi per spiegare questi fenomeni; una soluzione è usare il pensiero critico.
In tal senso è stato condotto un esperimento da parte di Robyn Andrews, studentessa di psicologia presso la University of South Wales, e del professor Philip Tyson, che hanno coinvolto 687 studenti per conoscere le loro credenze paranormali. Cosa è emerso? Gli studenti con voti più alti tendono a credere meno ai fenomeni paranormali, e in particolar modo gli studenti di materie scientifiche erano meno propensi a credere rispetto agli studenti di materie artistiche. Molto probabilmente perché il pensiero critico è alla base degli esperimenti scientifici, e ancor più spesso, una spiegazione semplice e logica è davvero quella giusta.
Fonte: science news for students