L’Effetto Mandela e gli universi paralleli

Il falso ricordo (detto anche confabulazione, false memory o effetto Mandela) è un ricordo non autentico, o perché del tutto inventato, o perché derivante da altri ricordi reali, ma in parte alterati.

Un falso ricordo può crearsi anche per aggregazione: da varie memorie distinte possono essere estrapolati frammenti che nella mente umana vengono ricombinati insieme.

Tutto comincia nel 2010 quando Fiona Broome, una donna che si presenta come “consulente del paranormale” racconta di ricordare perfettamente come Nelson Mandela fosse morto in prigione negli anni Ottanta. Ricorda la notizia ai telegiornali, i funerali, il discorso della vedova, le ribellioni in alcune città del Sud Africa che diedero inizio al crollo dell’Apartheid.

C’è solo un piccolo particolare, l’ex Premio Nobel per la Pace è morto il 5 dicembre 2013.

La Broome dichiara che ha scoperto come tantissime altre persone condividevano il suo stesso ricordo. Battezza questo fenomeno come “Effetto Mandela”. La spiegazione che la Broome avanza è che questi ricordi “sbagliati” dimostrerebbero l’esistenza di universi paralleli.

Altre dimensioni dove i fatti che conosciamo nel nostro universo si realizzano con differenziazioni e sfumature sia pure limitate, tanto che questa tipologia di ricordi sbagliati non sarebbero altro che memorie di queste dimensioni parallele acquisite per sbaglio.

Altri avanzano l’ipotesi che si tratti invece di un sovrapporsi delle linee temporali, che creano ricordi che in realtà non appartengono al nostro mondo ma ad una realtà alternativa. La nostra coscienza sarebbe in grado di muoversi tra i diversi universi, sia pure in modo del tutto inconsapevole, in base a non meglio specificati effetti quantistici, tra una dimensione e l’altra e ciò che ricordiamo non sarebbe altro che una dissociazione tra ciò che realmente è accaduto e la nostra mente viaggiatrice.

Naturalmente questo insieme di spiegazioni fantasiose e del tutto indimostrabili hanno una spiegazione più credibile nei meccanismi ancora non del tutto esplorati del nostro cervello ed in particolare del funzionamento della memoria. Lasciando da parte l’Effetto Mandela ed i viaggi inter dimensionali, e rimanendo più prosaicamente nel quotidiano, limitiamoci a focalizzare alcune “incongruenze” della nostra memoria legate ad alcune celebri pellicole.

Tutti conosciamo la famosa frase pronunciata da Ingrid Bergman, nel capolavoro di Michael Curtiz, Casablanca: “Suonala ancora, Sam”. Peccato che la bellissima attrice non la pronunci mai, ma reciti in realtà: «Suona, Sam. Suona “As time goes by”».

La stessa cosa avviene in Star Wars quando Darth Vader pronuncerebbe la battuta: “Luke, io sono tuo padre” mentre in realtà dice “No, io sono tuo padre”. E per completare il trittico di queste “incongruenze mnemoniche”, nel capolavoro di Ridley Scott, Blade Runner, il replicante morente sul tetto, sferzato dalla pioggia afferma: «Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare»? Anche in questo caso la frase originale è differente: «Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginare».

In tutti questi casi si tratta di minimi scostamenti tra quello che ricordiamo e quello che effettivamente è avvenuto. L’effetto Mandela non sarebbe altro che un deficit della memoria che si tende a recuperare, inserendo nei ricordi frammenti di altri ricordi o informazioni che non sono necessariamente veri.  La memoria è un processo continuo di costruzione e rielaborazione dei ricordi che cambiano nel tempo.

I falsi ricordi si possono sviluppare in molti modi anche attraverso processi automatici che nascono da associazioni che il nostro cervello fa quasi automaticamente in base ad analogie.

Un esperimento dell’Università di Saint Louis qualche anno fa ha dimostrato che facendo leggere ad un gruppo di persone una sola volta questa lista di parole: letto, riposo, sveglio, stanco, sogno, risveglio, russare, coperta, pisolino, pace, sbadiglio chiedendogli poi di trascriverle subito dopo su un foglio ben l’85% ha inserito la parola “sonno” che nella lista però non compare.

In conclusione non c’è bisogno di ricorrere a spiegazioni di tipo fantascientifico per spiegare quello che è stato definito effetto Mandela, molto più prosaicamente si tratta di piccole disfunzioni o adattamenti semi artigianali del nostro processo cognitivo ed in particolare della memoria che si verificano in particolari situazioni.

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