Come la foresta amazzonica influisce sul clima locale e non solo…

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Il clima della foresta amazzonica è abbastanza peculiare: le piogge cominciano 2-3 mesi prima che i venti stagionali inizino a portare aria umida dall’oceano. Ora, i ricercatori dicono che hanno finalmente capito dove provenga questa umidità precoce: dagli alberi stessi.

Lo studio fornisce dati concreti per qualcosa che gli scienziati avevano teorizzato per lungo tempo, sostiene Michael Keller, ecologista forestale e ricercatore scientifico per il Servizio Forestale degli Stati Uniti con sede a Pasadena, California, che non era coinvolto nel lavoro. Le prove che la squadra fornisce, dice, costituiscono la classica “pistola fumante“.

Ricerche precedenti avevano dimostrato un’accumulo precoce di umidità nell’atmosfera sopra la foresta amazzonica ma non si era riusciti a capire da cosa dipendesse. “Tutto quello che vedi è il vapore acqueo, ma non sai da dove viene”, dice Rong Fu, climatologo dell’Università della California, a Los Angeles. I dati satellitari dimostrano che l’aumento coincide con un “greening” della foresta pluviale o un aumento di foglie fresche, portando i ricercatori a sospettare che l’umidità potrebbe essere vapore acqueo rilasciato durante la fotosintesi. Durante il processo chiamato traspirazione, le piante rilasciano vapore d’acqua da piccoli pori sulla parte inferiore delle foglie.

Si pensava già che fosse possibile che le piante rilasciassero abbastanza umidità perchè si addensassero nuvole a bassa quota sull’Amazzonia ma trovare un collegamento esplicito tra l’umidità e la foresta tropicale.

Fu ed i suoi colleghi hanno osservato il vapore acqueo sull’Amazzonia con Aura, un satellite della NASA interamente dedicato allo studio della chimica dell’atmosfera terrestre. L’umidità che evapora dall’oceano tende ad essere più leggera del vapore acqueo emesso nell’atmosfera dalle piante. Questo perchè durante l’evaporazione, le molecole d’acqua contenenti deuterio, un isotopo pesante di idrogeno fatto di un protone e di un neutrone, restano nell’oceano. Al contrario, nella traspirazione, le piante semplicemente succhiano l’acqua dal suolo e lo spingono nell’aria senza cambiare la sua composizione isotopica.

Aura ha scoperto che l’umidità precoce che si accumula sulla foresta pluviale presenta alte concentrazioni di deuterio, “troppo alte per essere spiegate dal vapore acqueo proveniente dall’oceano“, dice Fu. Inoltre, la concentrazione di deuterio è risultata più elevata alla fine della stagione secca dell’Amazzonia, durante il periodo di “greening“, quando la fotosintesi è più intensa.



Le nubi di pioggia causate dall’albero possono provocare effetti a cascata, come in un domino, sul clima locale: mentre le nuvole rilasciano la pioggia, riscaldano l’atmosfera, causando l’aumento dell’aria e la circolazione. Fu e colleghi credono che questa circolazione sia abbastanza forte da innescare lo spostamento delle correnti di vento che porteranno più umidità dall’oceano , riferiscono negli Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze .

erano già stati effettuati studi sulla connessione tra alberi e la pioggia nell’Amazzonia ma il nuovo studio sostiene fortemente l’idea che le piante svolgano un ruolo importante nell’avvio della stagione delle piogge, afferma Scott Saleska, ecologista dell’Università dell’Arizona di Tucson, che non era coinvolto nel lavoro. Il deuterio fornisce una “impronta digitale” chiara per capire quali piante contribuiscono al processo, dice.

Le scoperte riguardano anche un dibattito di lunga data sul ruolo che le piante svolgono nella regolazione climatica, afferma Saleska, suggerendo che invece svolgono un ruolo attivo nella regolazione delle piogge. Se questo è vero nell’Amazzonia, dice Saleska, i climatologi dovranno tener conto di pratiche come la deforestazione quando prevedono i cambiamenti regionali nei modelli atmosferici. E frenare la deforestazione sarà un passo importante per prevenire la siccità.

A breve, Fu inizierà uno studio analogo sulle foreste pluviali nel Congo, per vedere se avviene lo stesso processo.

Fonte: Science

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