Il più antico episodio di cannibalismo

Nove segni di taglio su un osso di ominide di 1,45 milioni di anni fa suggeriscono che un altro ominide, forse della stessa specie, abbia tagliato l'osso per strapparne la carne e mangiarla. Potrebbe essere la più antica forma di cannibalismo mai scoperta

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Quale fu il più antico episodio di cannibalismo?
Quale fu il più antico episodio di cannibalismo?

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Il più antico fenomeno di cannibalismo che noi conosciamo potrebbe essere accaduto 1,45 milioni di anni fa quando alcuni antenati dell’uomo mangiarono un loro simile come risulta dai resti uno stinco, secondo quanto rivelano segni di tagli trovati su un  fossile scoperto nel 1970.

Questa, secondo un nuovo studio, sarebbe una prova decisiva che dimostra come gli uomini primitivi fossero capaci di mangiarsi anche tra loro. Si tratta di una tibia fossilizzata in cui sono stati trovati i segni del presunto cannibalismo. Bisogna, però, precisare che all’epoca esistevano più specie di ominini e magari questa “usanza” potrebbe essere stata esclusiva di una sola specie.

Cannibalismo: la prova nello stinco fossilizzato

Come informa LiveScience, lo stinco fossilizzato, o tibia, è stato scoperto nel 1970 nella regione del Turkana in Kenya. Presenta nove incisioni probabilmente realizzate con strumenti di pietra. I tagli sono regolari, orientati nella stessa direzione e situati dove un muscolo del polpaccio sarebbe stato attaccato all’osso, suggerendo che siano stati fatti con l’intento di strappare la carne per mangiarla, come ritengono i ricercatori.

“Le informazioni che abbiamo ci dicono che probabilmente gli ominini mangiavano altri ominini almeno 1,45 milioni di anni fa”, ha dichiarato la prima autrice dello studio Briana Pobiner, paleoantropologa del Museo nazionale di storia naturale dello Smithsonian a Washington, DC.



La tibia analizzata sarebbe la più antica prova di cannibalismo tra ominini, ma gli esperti sono divisi sul fatto che un cranio di Homo habilis o Australopithecus del Sud Africa di circa 2 milioni di anni possa essere considerato il più antico.

Un lavoro recente sostiene che i suoi “segni lineari” potrebbero provenire da processi naturali piuttosto che da macellazione. Pobiner ha notato le incisioni durante la ricerca di segni di morsi di predatori vissuti durante il Pleistocene (da 2,6 milioni a 11.700 anni fa) su ossa fossilizzate nelle collezioni del Museo Nazionale di Nairobi in Kenya. È rimasta colpita dalla loro somiglianza con i chiari segni di macellazione presenti su ossa di animali rinvenute nella stessa regione.

Cosa provano quei segni di taglio?

“Questi segni di taglio sembrano molto simili a quelli che ho visto sui fossili di animali che venivano elaborati per il consumo”, ha detto Pobiner“Sembra molto probabile che la carne di questa gamba sia stata mangiata e che sia stata mangiata per nutrimento anziché per rituale”.

Pobiner e i suoi colleghi hanno anche rilevato due ammaccature nell’osso, che hanno identificato come segni di morsi di un grosso felino, probabilmente appartenente a una delle specie di felini (o tigri) dai denti a sciabola che vivevano nell’Africa orientale all’epoca. Non sono, però, state rinvenute tracce di denti umani sul fossile.

Poiché i segni del taglio e del morso felino non si sovrappongono, i ricercatori non possono dire quale sia successo prima o come sia morto l’individuo macellato. I cacciatori potrebbero essersi imbattuti nella carcassa dopo che un grosso felino l’aveva già divorata.

La posizione dei tagli suggerisce che sullo scheletro ci fosse ancora carne quando un altro ominine ha tagliato l’osso per fare un pasto, secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports. La tesi è la seguente: l’ominine sarebbe stato ucciso e parzialmente divorato da un’animale carnivoro prima che i suoi simili ne ritrovassero il corpoe ne asportassero la carne rimasta. 

L’esame sullo stinco

I ricercatori che hanno originariamente esaminato lo stinco pensavano che appartenesse all’ominine Australopithecus boisei (noto anche come Paranthropus boisei, ma questa tesi è ancora da convalidare). Un’analisi successiva lo ha poi descritto come una tibia appartenente ad un Homo Erectus, ma gli autori del nuovo studio hanno affermato che semplicemente non ci sono informazioni sufficienti per assegnare l’osso a una specie.

I metodi utilizzati per studiare i segni sull’osso sono stati “coerenti e rigorosi”, ha affermato Jesús Rodríguez Méndez, paleoecologo presso il Centro nazionale di ricerca per l’evoluzione umana (CENIEH) in Spagna, che non è stato coinvolto nello studio.

Rodríguez Méndez ha convenuto che si tratta di segni di macellazione. “La spiegazione più probabile è che la carcassa di questo ominine sia stata mangiata da altri ominini e che sia stata probabilmente trovata piuttosto che cacciata, sebbene questa interpretazione sia speculativa”, ha concluso.

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