Evolutivamente, le nonne fanno bene ai nipotini, fino ad una certa età… Il vantaggio di avere una nonna che ti abita vicino

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Un nuovo studio ha esaminato il rapporto che c’era, nei secoli passati, tra sopravvivenza dei bambini e la presenza, vicino a lui, di una nonna relativamente giovane

Le nonne sono grandi – in generale. Ma dal punto di vista evolutivo, per gli scienziati è sconcertante che le donne vivano così a lungo una volta esauriti gli anni della loro utilità riproduttiva.

L’età della nonna e quanto vicino vive con i suoi nipoti può influenzare perfino la sopravvivenza di quei bambini, come suggeriscono due nuovi studi pubblicati nei giorni scorsi su Current Biology. Si è scoperto che, tra le famiglie finlandesi nel 1700-1800, il tasso di sopravvivenza dei giovani nipoti aumentava del 30% quando le loro nonne materne vivevano nelle vicinanze e avevano tra i 50 ed i 75 anni. Il secondo studio ha esaminato se quel beneficio per la sopravvivenza persiste anche quando la nonna abita lontano. (Spoiler: non è così).

Questi studi fanno parte di un lavoro più ampio, atto a spiegare la menopausa, una rarità nel regno animaleLa cosiddetta “ipotesi della nonna” stabilisce che, da un punto di vista evolutivo, la longevità delle donne è dovuta al loro contributo alla sopravvivenza dei loro nipoti, estendendo così la propria discendenza ( SN: 3/20/04, p 188 ).

Nello studio finlandese, i ricercatori hanno tentato di capire se c’è un limite di età a questo ruolo benefico svolto dalle nonne. Il team ha utilizzato documenti raccolti tra i nati dal 1731 al 1895, per un totale di 5.815 bambini. Le donne in quel periodo avevano famiglie numerose, con una media di quasi sei figli e circa un terzo dei bambini morivano prima dei 5 anni.

Il team ha scoperto che quando le nonne materne vivevano nelle vicinanze e avevano un’età compresa tra i 50 ed i 75 anni, i loro nipoti tra i 2 ed i 5 anni avevano una probabilità di sopravvivenza maggiore del 30% rispetto ai bambini le cui nonne materne erano decedute. Allo stesso modo, stando ai dati, la presenza di nonne paterne e materne oltre i 75 anni non sembra che influenzasse la percentuale di sopravvivenza generale dei bambini.



Addirittura, è uscito fuori che la presenza di nonne paterne oltre i 75 anni, influenzava negativamente le probabilità che i loro nipoti morissero prima dei 2 anni, è risultata infatti più alta del 37% la probabilità che un bambino sotto i due anni decedesse, perfino più alte di quelle di un bambino con la nonna paterna già deceduta alla sua nascita.

In genere, in quell’epoca, le nonne paterne abitavano con le famiglie dei loro figli, David Coall, un antropologo dell’università Edith Cowan di Joondalup, in Australia, sospetta che, in queste famiglie, i genitori potevano trovarsi schiacciati tra le necessità di assistenza delle nonne più anziane e magari malate e quelle dell’allevamento dei figli. “Quello che probabilmente vediamo qui è una versione storica della generazione sandwich“, afferma Coall, che non è stato coinvolto nello studio.

Nel secondo studio, i ricercatori volevano sapere se i benefici di avere una nonna entro i 75 anni persistevano anche quando le famiglie vivevano lontane. Il team ha utilizzato dati raccolti tra il 1608 ed il 1799, comprendendo 3.382 nonne materne e 56.767 nipoti nati nella Valle del San Lorenzo in Canada. Come per la popolazione finlandese, quei primi coloni francesi avevano famiglie numerose e un’alta mortalità infantile, inoltre le famiglie si spostavano spesso alla ricerca di nuovi territori in cui stabilirsi.

I ricercatori hanno scoperto che, per ogni 100 chilometri di distanza tra madri e figlie, le figlie avevano 0,5 bambini in meno. Le sorelle più anziane le cui mamme erano vive quando queste hanno iniziato ad avere figli, in genere avevano più figli, e quei bambini avevano più probabilità di sopravvivere fino ai 15 anni, rispetto alle sorelle più giovani che hanno iniziato ad avere figli dopo la morte della madre.

Matematicamente parlando, man mano che le nonne si trovavano più lontano, quelle percentuali di sopravvivenza e riproduzione cominciavano ad assomigliare a quelle delle sorelle più giovani con mamme deceduteUna volta che una nonna materna si trovava a 350 chilometri di distanza o più, i benefici della sua esistenza cessavano, stando ai dati, afferma il coautore dello studio Patrick Bergeron, biologo evolutivo della Bishop’s University di Sherbrooke, in Canada.

Questi risultati possono spiegare una ragione evolutiva per la menopausa, ma potrebbero non valere nel mondo moderno di oggi, dove le persone tendono ad avere meno figli e vivono più lontano da casa. Ciò che sarebbe interessante, dice Chapman, è valutare se la presenza della nonna allevia il tipo di problemi di salute mentale che affliggono oggi molti bambini.

Entrambi gli studi forniscono un’interessante sbirciatina alla vita di queste comunità nordamericane ed europee, afferma Melissa Melby, antropologa medica presso l’Università del Delaware a Newark. La Melby resta, però, scettica sull’ipotesi della nonna, perché la menopausa potrebbe essere stata un evento casuale. Secondo lei, forse le donne vivono oltre i loro anni riproduttivi perché l’evoluzione favoriva gli uomini che potevano riprodursi in età avanzata, che poi trasmettevano quei geni della longevità ai loro figli e figlie.

La Melby nota che nello studio finlandese, le donne continuavano ad avere bambini fino ai 40 anni circa. Quindi quelle nonne potrebebro essere sopravvissute perché stavano ancora allevando i propri figli. La vita post-riproduttiva viene spesso definita come menopausa, “Ma non si tratta solo di partire un bambino. Dopo devi allevare quel bambino.”

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