Gli insetti sono il futuro dell’alimentazione umana ma non è tutt’oro quel che luce

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Siamo moltissimi, più di sette miliardi e mezzo di persone e le proiezioni dicono che nel 2030 saremo oltre nove miliardi: troppi perché il nostro attuale sistema di approvvigionamento del cibo possa continuare a funzionare per tutti. A questo proposito, le Nazioni Unite hanno varato un programma che tende ad incentivare ed incrementare l’uso di insetti commestibili come fonte di proteine.
Insomma, il futuro ci riserva pasti a base di insetti e farine di insetti, il cui allevamento e produzione è sicuramente più sostenibile rispetto agli allevamenti intensivi di animali: oggi, come vedremo meglio più avanti, il 75% dei terreni coltivabili viene utilizzato per produrre mangimi per gli animali da allevamento, mentre gli allevamenti di animali sono responsabili del 15% delle emissioni di gas serra nell’atmosfera. Se arriveremo ad essere nove miliardi di umani sulla Terra, dovremo mangiare insetti, lo dicono le Nazioni Unite.
Ma rianalizziamo un po’ questa faccenda. Insetti come grilli e scarafaggi sono, infatti, un’ottima fonte di proteine ​​e altri nutrienti. Un’alimentazione a base di insetti non è certo una novità, in molte zone del mondo gli insetti fanno parte della dieta degli esseri umani e nello stesso occidente fino ad un paio di secoli or sono facevano parte della dieta comune, almeno per le fasce meno abbienti della popolazione. Bisogna dire che gli insetti commestibili che vengono consumati attualmente tendono, in massima parte, ad essere catturati in natura e consumati in numeri relativamente piccoli. 
Nulla a che vedere con il futuro da insettivori che l’ONU ha pianificato per gli esseri umani nel 2013. Gli allevamenti intensivi di insetti in grado di allevare, macellare, trattare, confezionare e spedire milioni di insetti richiedono più cibo per nutrirli, producono più rifiuti e sollevano questioni spinose di vario genere, dall’entomologia all’etica. “In realtà, non ne sappiamo molto“, afferma Åsa Berggren, ecologo dell’Università svedese di scienze agrarie di Uppsala, che ha cercato di individuare la sostenibilità di un menu basato sugli insetti. “E la gente non sa cosa che non sappiamo.

Queste carenze dovrebbero preoccupare, perché noi umani abbiamo già indirizzato il nostro sistema alimentare verso una crisi di sostenibilità. Come ogni vegano è in grado di spiegare, il sistema globale basato sull’allevamento di proteine ​​animali a scopo alimentare ha dei difetti.

Utilizziamo il 77% delle terre agricole del mondo per coltivare mangimi per animali da carne, anche se rappresentano solo il 17% delle calorie consumate. Il bestiame emette il 14,5 per cento dei gas serra che causano cambiamenti climatici; l’allevamento di maiali rappresenta un possibile serbatoio di virus influenzali che causano pandemie; l’allevamento di avidi alimenta lo sviluppo di batteri resistenti agli antibiotici.

Ma questi non sono problemi causati dalle proteine ​​animali in sé; sono problemi di scala e capitalismo. E il futuro degli insetti come cibo minaccia di diventare altrettanto industriale. Alcuni paesi europei dispongono già di “strutture per l’allevamento di massa, enormi, grandi come hangar per aerei“, afferma Berggren. Ma non deve essere necessariamente un problema. Il nuovo interesse per gli insetti è, in effetti, un’opportunità. “Se iniziamo ad allevare questi insetti al posto degli animali, dovremmo essere in grado di organizzare il tutto senza ricadere nei vecchi errori.”

Scrivendo sulla rivista Trends in Ecology and Evolution, Berggren ed i suoi colleghi presentano una sorta di articolo anti-revisione, una lista non di ciò che è noto, ma delle incognite che emergono quando moltissime nuove compagnie inizia la produzione di insetti. Secondo un’analisi, gli insetti commestibili costituiranno un mercato globale da 710 milioni di dollari già nei prossimi cinque anni: più specie, macinate in farina o vendute come barrette alimentari e snack vari. Ma allevare tutti quegli insetti significherà più spazio per conseguenze indesiderate.

Per esempio, oggi la gente usa un’enorme quantità di terra per coltivare le piante, necessarie a nutrire gli animali di cui ci nutriamo. Gli insetti hanno bisogno di meno cibo per fornire più proteine.



Il fatto che poche persone stiano pensando alla sostenibilità si adatta a un modello. Secondo Bob Martin, direttore del Food Policy Program della Johns Hopkins School of Public Health, la mancata attenzione alla sostenibilità, già avvenuta con i polli e che sta ripetendosi con l’acquacoltura, è un pericolo, perché polli e pesci vengono letteralmente imbottiti di antibiotici e questo non fa altro che aumentare il rischio che si selezionino ceppi batterici resistenti a quegli antibiotici.

Lo stesso potrebbe verificarsi con gli allevamenti di insetti, magari in modo diverso. Ad esempio, l’Aspire Food Group, che produce grilli e farina di grilli, vende le feci dei grilli agli agricoltori, che le usano come fertilizzante del suolo. Le percentuali di azoto, fosforo e potassio nelle feci di grillo non sono molto migliori dei fertilizzanti attualmente disponibili, afferma Gabe Mott, cofondatore e direttore operativo di Aspire, ma alcuni agricoltori pensano che le feci di grillo amplificano i tassi di crescita delle piante. Ma dalla lavorazione dei grilli trattati a scopo alimentare derivano altre tipologie di rifiuti, parti del corpo e altro. Cosa succederò quando la produzione arriverà a migliaia di tonnellate di grilli?.

Quel giorno sta arrivando. “Stiamo mettendo tra i 5.000 ed i 10.000 grilli per contenitore e abbiamo migliaia di contenitori“, dice Mott. “Possiamo fare ricerche su una scala che nessun laboratorio ha mai fatto“. Questo si traduce nell’elaborazione di 1 milione di grilli al giorno.

Per essere chiari, con alcune misure, il problema con l’alimentazione del mondo non è di quantità ma di distribuzione. Taglia la quantità di proteine ​​che mangiano gli americani e la terra usata per produrre le piante che alimentano quella carne potrebbe invece coltivare frutta e verdura. Gli americani mangiano molte più proteine e grassi rispetto alla media mondiale, e da due a tre volte più carne rossa che negli altri paesi anche considerando che alcuni paesi (e le parti più povere degli Stati Uniti) sperimentano la malnutrizione.

Sarà necessario studiare e predisporre le cose in modo che tutto sia alla portata di tutti, altrimenti rischieremo di avere un mondo in cui il 99% delle persone dovrà nutrirsi di insetti a basso costo e l’1% potrà permettersi una bistecca nel piatto. Inoltre, se non verrà studiata, e applicata, una regolamentazione stringente e con verifiche puntuali, rischieremo di ripetere quanto accaduto con polli e pesci e di continuare a scavarci la fossa.

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