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Gli antenati dell’uomo coesistevano con i dinosauri?

I mammiferi placentari, il gruppo che comprende pipistrelli, cani e lo stesso uomo, esistevano già nel cretaceo

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I mammiferi placentari, il gruppo che comprende pipistrelli, cani e lo stesso uomo, esistevano già nel cretaceo; la scoperta è stata effettuata tramite un’analisi approfondita della documentazione fossile, dimostrando che gli antenati di tali specie coesistettero per un breve periodo di tempo assieme ai dinosauri, prima che questi ultimi si estinguessero.

La catastrofica distruzione, avvenuta per mano di un’asteroide, che si verificò sulla Terra, provocò la morte di tutti i dinosauri non aviani (per aviani intendiamo le specie volanti). L’evento apocalittico è conosciuto come “estinzione di massa del Cretaceo-Paleogene (o K-Pg). Numerosi i dibattiti tra gli studiosi relativi alla coesistenza tra i mammiferi placentari e i dinosauri prima dell’estinzione di massa, o se abbiano subito un’evoluzione prima della scomparsa dei dinosauri.

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Alla ricerca dell’antenato dell’uomo

Fossili di mammiferi placentari si trovano solo in rocce di età inferiore a 66 milioni di anni, dopo che l’asteroide colpì la Terra, suggerendo che il gruppo si sia evoluto dopo l’estinzione di massa. Tuttavia, i dati molecolari hanno da tempo suggerito un’età più avanzata per i mammiferi placentari.

In un nuovo articolo pubblicato sulla rivista Current Biology, un team di paleobiologi dell’Università di Bristol e dell’Università di Friburgo ha utilizzato l’analisi statistica dei reperti fossili per determinare che i mammiferi placentari hanno avuto origine prima dell’estinzione di massa, il che significa che coesistettero con i dinosauri per un breve periodo.

Tuttavia, fu solo dopo l’impatto con l’asteroide che i moderni lignaggi di mammiferi placentari iniziarono ad evolversi, suggerendo che erano in grado di diversificarsi meglio una volta che i dinosauri si estinsero.

Il lavoro dei ricercatori

I ricercatori hanno raccolto ampi dati fossili da gruppi di mammiferi placentari che si estendono fino all’estinzione di massa 66 milioni di anni fa. L’autrice principale Emily Carlisle della School of Earth Sciences di Bristol ha detto, tramite alcune dichiarazioni riportate da Phys.org: “Abbiamo riunito migliaia di fossili di mammiferi placentari e siamo stati in grado di vedere i modelli di origine ed estinzione dei diversi gruppi. Sulla base di questo, potremmo stimare quando i mammiferi placentari si sono evoluti”.

Il coautore Daniele Silvestro (Università di Friburgo) ha spiegato: “Il modello che abbiamo utilizzato stima le età di origine in base a quando i lignaggi compaiono per la prima volta nella documentazione fossile e il modello della diversità delle specie nel tempo per il lignaggio. Può anche stimare le età di estinzione in base a ultime apparizioni quando il gruppo è estinto”.

Il coautore professor Phil Donoghue, anch’egli di Bristol, ha aggiunto: “Esaminando sia le origini che le estinzioni, possiamo vedere più chiaramente l’impatto di eventi come l’estinzione di massa del K-Pg o il Paleocene-Eocene Thermal Maximum (PETM)”.

È stato dimostrato che i primati, il gruppo che include il lignaggio umano, così come quello dei Lagomorpha (conigli e lepri) e dei Carnivora (cani e gatti) si sono evoluti poco prima dell’estinzione di massa del K-Pg, il che significa che i loro antenati si stavano mescolando con i dinosauri. Dopo essere sopravvissuti all’impatto con l’asteroide, i mammiferi placentari si sono rapidamente diversificati, forse spinti dalla perdita della concorrenza dei dinosauri.

Silvestro spiega l’utilizzo del suo modello

Riportiamo adesso approfonditamente la teoria di Silvestro tramite alcune dichiarazioni espresse all’Ansa: “Il modello statistico che abbiamo sviluppato e implementato calcola la probabilità che un gruppo di organismi abbia origine nel tempo precedente il più antico fossile conosciuto per quel gruppo. L’idea alla base è che è quasi impossibile che proprio la prima specie di un gruppo, per esempio il primo primate, si trovi nel record fossile, considerando che la grande maggioranza delle specie non lascia alcuna traccia. Quindi  usiamo il nostro modello per stimare di quanto bisogna andare indietro nel tempo rispetto ai fossili più antichi per arrivare al primo antenato”.

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