Ecco come l’ESA e la NASA insieme riporteranno sulla Terra campioni di terreno di Marte

Come avvenne per le rocce riportate a terra dagli astronauti delle missioni Apollo, che rivelarono la presenza dell'acqua sulla Luna e la sua somiglianza con la Terra, anche le rocce marziane potrebbero insegnarci molto sulla sua formazione ed evoluzione.

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Riportare rocce e campioni di terreno dalla superficie marziana tra non molto sarà una realtà. Da diversi decenni le agenzie spaziali sono impegnate nello studio di Marte e della sua composizione inviando sonde robotizzate e sofisticati rover o studiando meteoriti provenienti dal pianeta rosso. Tra pochi anni, missioni come “Perseverance“, dotate di appositi strumenti, riporteranno sul nostro pianeta campioni prelevati dal suolo marziano.
Come avvenne per le rocce riportate a terra dagli astronauti delle missioni Apollo, che rivelarono la presenza dell’acqua sulla Luna e la sua somiglianza con la Terra, anche le rocce marziane potrebbero insegnarci molto sulla sua formazione ed evoluzione.
Ma quali rocce dovrebbero essere portate sulla Terra? A questa domanda cerca di dare una risposta la campagna internazionale Mars Sample Return.
Il lancio di Perseverance è previsto per il prossimo luglio, salvo ritardi dovuti al Coronavirus. Perseverance è una missione supervisionata dal Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA, mentre al recupero dei campioni provvederanno tutti i ventidue stati membri dell’ESA, che hanno accettato di finanziare la campagna l’anno scorso durante il Consiglio dei ministri Space19+ a Siviglia, in Spagna.
La missione di recupero del campione è un’impresa mai tentata nella storia dell’astronautica. Il progetto prevede un viaggio di 53 milioni di km, la raccolta di campioni e il lancio di un veicolo di ritorno verso la Terra. La missione della durata di dieci anni prevede quattro lanci, l’ultimo dei quali da Marte.
Una volta su Marte, il rover Perseverance ne esplorerà la superficie per oltre un anno, prelevando campioni dalla superficie e alla profondità di qualche centimetro utilizzando un’apposita trivella di cui è dotato, alla ricerca di prove della vita passata o eventualmente ancora presente. I campioni verranno conservati in una serie di cilindri metallici delle dimensioni di un sigaro che verranno lasciati sulla superficie per il ritiro che avverrà in un secondo momento.
La raccolta di campioni di suole era inizialmente destinata alle future missioni umane sul pianeta rosso in programma per la decade del 2030. Tuttavia, la campagna Mars Sample Return prevede l’uso di un Sample Fetch Rover (SFR) che volerà su Marte insieme alla missione Sample Retrieval Lander (SRL) della NASA nel 2026. In seguito, entro agosto del 2028, la SRL atterrerà vicino a Perseverance, e recupererà i campioni.
Il materiale raccolto verrà quindi caricato a bordo del lander Mars Ascent Vehicle (MAV) che decollerà nella primavera del 2029 e raggiungerà un’orbita marziana bassa. Una volta in orbita, l’Earth Return Orbiter (ERO) dell’ESA in attesa da un anno lo aggancerà e lo riporterà sulla Terra nel 2032.
La missione assicurerà che i campioni raccolti da Perseverance vengano portati sulla Terra il più presto possibile nel caso in cui i piani della NASA di inviare astronauti su Marte vengano ritardati o bloccati. Mentre la campagna è ancora nelle sue prime fasi di pianificazione, l’ESA è al lavoro per arruolare tecnici con le competenze necessarie.
Studiando i campioni marziani sulla Terra, i ricercatori coinvolti trarranno vantaggio dalla possibilità di utilizzare strumenti grandi e potenti che non possono essere trasportati dalle sonde su Marte. Avranno molti altri vantaggi, come la condivisione di risorse e risultati, con tutte le migliori istituzioni del mondo.
Proprio come per le rocce lunari raccolte dagli astronauti delle missioni Apollo che continuano a rivelare importanti dati sulla formazione, l’evoluzione e la composizione della Luna, i ricercatori saranno in grado di esaminare le rocce marziane di persona i campioni raccolti su Marte. Questi sforzi beneficeranno allo stesso modo di metodi e strumenti migliorati nel tempo.
Come ha riassunto il dott. Kminek: “Ci sono molte ragioni per studiare Marte, ma una delle più urgenti è che, mentre la vita è nata e si è evoluta sulla Terra, non sappiamo ancora se la vita abbia avuto una possibilità su Marte. Gli scienziati planetari possono studiare rocce, sedimenti e terreni alla ricerca di indizi per scoprire la storia geologica e potenziale biologica di Marte. Quindi, confrontando questi risultati con la Terra, impareremo di più anche sul nostro pianeta”.
I prossimi decenni saranno molto importanti per l’esplorazione di Marte, sono state pianificate missioni robotiche e umane e grazie a queste impareremo molto sulla formazione dei pianeti rocciosi e soprattutto se Marte sia un mondo che ha sviluppato la vita.
Fonte: Universe Today 

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