Cosa succede se Trump fa saltare la net neutrality

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Tutti i siti sono uguali davanti alla connessione, stabilisce la legge voluta da Obama per fissare un principio democratico che esiste da quando esiste internet. E che ora rischia di sparire.

Dopo l’accordo sul clima di Parigi e l’intesa sul nucleare iraniano, l’amministrazione Trump si prepara a demolire un altro dei principali lasciti della presidenza Obama: la legge sulla net neutrality. Ovvero il principio in base al quale ogni sito internet ha pari dignità e nessun provider può decidere se rendere più lento o più rapido l’accesso a una determinata pagina, né creare “corsie preferenziali” sulle autostrade della rete, ovvero proporre pacchetti con connessioni più veloci a pagamento. I giganti del web, da Google a Facebook, lanciano un allarme che è anche democratico. I provider, ovvero le aziende che materialmente forniscono la connessione, come ComcastVerizon e AT&T, si fregano invece le mani, pregustando l’impennata dei fatturati che verrebbe garantita da una “deregulation” che non renderebbe più il traffico uguale per tutti.

Confidano fonti ben informate a Politico che Ajit Pai, il nuovo presidente della Federal Communication Commission (Fcc), è pronto a presentare nei prossimi giorni un piano per il “repeal”, ovvero l’abrogazione, della norma voluta da Obama per fissare nero su bianco un principio che esiste da quando esiste internet. Salterebbero così le regole federali che impediscono ai provider di rallentare, bloccare o imporre pagamenti a dei siti in maniera discriminatoria, cioè garantendo nel frattempo ad altri un trattamento differente.

Cosa succede se Trump fa saltare la net neutrality
Una manifestazione per la net neutrality

Perché è una questione di democrazia

Comprendere perché si tratti di una questione di democrazia è semplice. Da una parte, i clienti più ricchi potrebbero godere di una connessione superveloce, mentre chi ha meno soldi da spendere in bollette si ritroverebbe con un pacchetto “free basics” e rivivrebbe l’ebrezza vintage dei vecchi modem a 56k. Dall’altra, ogni provider potrebbe scegliere quali siti privilegiare e quali no, magari sulla base delle pressioni politiche del momento o di altre forme di lobbying. Per esempio, un’azienda multinazionale si ritroverebbe con le risorse necessarie per poter garantire un accesso rapido alla propria pagina, qualora i provider decidessero di monetizzare su questo fronte, mentre una piccola impresa resterebbe al palo.

 Non finisce qui: verrebbero cancellate anche le “regole di condotta generale” che consentono alla Fcc di intervenire sulle politiche dei provider che considerano irragionevoli. Le competenze passerebbero in parte alla Federal Trade Commission, che avrebbe lo scopo di vigilare sul rispetto delle norme sulla concorrenza. I provider sarebbero sottoposti all’obbligo di informare i consumatori sulle loro pratiche su materie come il rallentamento o l’accelerazione della connessione.
 Secondo Politico, il piano verrà votato il 14 dicembre dal board della Fcc, il cui portavoce non ha voluto commentare le indiscrezioni. I pesi massimi del web, da Netflix ad Air B&B, da Reddit a PornHub, si preparano invece a una nuova dimostrazione come quella dello scorso luglio, quando si oscurarono o rallentarono per far toccare con mano all’opinione pubblica uno scenario che, se Pai andrà avanti, diventerà realtà. Almeno per chi non potrà permettersi altrimenti.

@CiccioRusso_Agi

Fonte: Agenzia AGI

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