Nel 1995 venne scoperto il primo pianeta extrasolare e da allora i ricercatori, grazie anche all’evoluzione delle tecnologie di rilevamento e all’impiego dei telescopi orbitali come Hubble e Kepler, non si sono più fermati.
Sono stati catalogati oltre 3600 pianeti orbitanti attorno a stelle più o meno lontane da noi e la ricerca grazie al continuo perfezionamento degli strumenti utilizzati nelle missioni spaziali entusiasmano un pubblico sempre più vasto.
La ricerca dei pianeti extrasolari è indirizzata non solo alla loro catalogazione ma anche alla ricerca di pianeti simili, per dimensioni e posizione rispetto al loro sole, alla Terra, in grado quindi di ospitare la vita e dove potrebbe essersi sviluppata una civiltà tecnologicamente avanzata.
A proposito di ricerca di forme di civiltà tecnologicamente avanzate, si sta esaminando un’idea pubblicata sull’astrophysical Jurnal basata su una teoria che prende in considerazione la possibilità di capire se su un pianeta è presente una civiltà tecnologicamente avanzata sulla base della presenza o meno di una nube di satelliti artificiali e detriti.
Nella nostra esperienza, il nostro pianeta è oggi circondato da una vera e propria nuvola costituita da satelliti geostazionari ed è lecito supporre che un’eventuale civiltà, di qualche decina d’anni più avanzata della nostra, potrebbe avere installato una simile rete di satelliti destinati alle telecomunicazioni, possibilmente ancora più fitta.
Scoprire una nube del genere oggi è ancora difficile, ma visti i recenti progressi ben presto sarà alla nostra portata grazie a telescopi orbitali di nuova generazione come, ad esempio, il James Webb che dovrebbe essere lanciato nei prosismi due anni.
L’idea è di Hector Socas-Navarro dell’istituto di Astrofisica delle Canarie che si è ispirato a un’idea proposta da Artur C. Clarke, uno dei più grandi scrittori di fantascienza di tutti i tempi.
In un articolo scritto nel 1945, quello che poi fu l’autore di capolavori come “La sentinella” e “2001, odissea nello spazio” proponeva di inviare satelliti artificiali in orbita geostazionaria intorno alla Terra per creare una rete globale per le comunicazioni.
In suo onore la regione a circa 36.000 chilometri sopra la Terra, che ora ospita circa 400 satelliti, è stata chiamata Fascia di Clarke: una vera e propria la rete che forma la “spina dorsale” delle telecomunicazioni moderne ed è destinata in futuro a crescere ancora.
L’idea di Socas-Navarro è che l’eventuale presenza di una cintura di satelliti artificiali sarebbe indice della presenza di una civiltà tecnologicamente avanzata in grado di comunicare mediante segnali radio.
Quelli presenti nella Fascia di Clarke sono solo circa un terzo di tutti i satelliti presenti in orbita terrestre, la parte restante si trova in orbite molto più basse e ciò sinifica che alieni avanzati quanto o poco più di noi terrestri, osservandoci da una stella lontana, potrebbero non essere in grado di rilevare la presenza della fascia, ancora troppo tenue.
Socas-Navarro ha effettuato delle simulazioni e, secondo i suoi calcoli, la nostra rete di satelliti per telecomunicazioni presenti nella fascia di Clarke dovrebbe diventare abbastanza fitta da essere rilevabile non prima dell’anno 2200.
Appare quindi evidente come si tratti di una possibilità piuttosto tenue e che non permettere di individuare pianeti dove è presente la vita ma solo quelli in cui sia presente una civiltà la cui tecnologia sia paragonabile a quella che sarà la nostra tra un paio di secoli.