L’ho trovato in un gruppo Facebook. Non ha firma.
Ma ha qualcosa che oggi manca quasi ovunque: onestà, lucidità e coraggio.
Non lo pubblico perché ne condivido ogni parola — lo pubblico perché questa voce anonima ha colto una verità che molti fingono di non vedere.
In un mondo dove il lavoro si dissolve sotto i piedi, dove le IA vengono usate come scusa per tagliare, sostituire, “ottimizzare”, questa riflessione dice una cosa semplice e brutale:
Non stiamo solo perdendo i mestieri.
Stiamo perdendo il modo in cui ci raccontiamo chi siamo.
E no, non è colpa delle intelligenze artificiali.
Anche loro sono strumenti. Anche loro — in un certo senso — sono vittime.
Il problema non è cosa fanno le IA, ma chi le arma, come le addestra, cosa gli fa fare.
Leggete, e poi chiedetevi:
Se domani non poteste più dire “sono un ingegnere, un avvocato, un insegnante”… chi sareste davvero?
Il post (adattamento editoriale)
Immagina di svegliarti domani mattina e scoprire che tutto ciò che definisce la tua identità professionale… è svanito.
Non perché hai perso il lavoro, ma perché quel lavoro non esiste più.
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📘 Leggi la guida su AmazonNon è fantascienza.
È ciò che sta accadendo adesso.
Più velocemente di quanto chiunque voglia ammettere.
Hai notato i segnali?
Sono sottili, ma inconfondibili.
Quando Tobi Lütke, CEO di Shopify, implementa policy che mettono i dipendenti in competizione diretta con l’IA, non sta solo “ottimizzando” l’azienda.
Sta mostrando al mondo il nuovo modello sociale.
Se l’umano batte l’algoritmo, resta.
Altrimenti, l’algoritmo prende il suo posto.
Microsoft, IBM e molte altre stanno seguendo lo stesso schema.
Non è un test.
È la nuova normalità.
Ma il punto non è la disoccupazione.
È una crisi esistenziale.
In Italia, la prima riga della Costituzione recita:
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.”
Non “fondata sui profitti”.
Non “fondata sulla tecnologia”.
Fondata sul LAVORO.
Perché i nostri antenati sapevano una verità fondamentale:
il lavoro non è solo un modo per vivere.
È il modo in cui ci definiamo.
Ma cosa succede quando l’IA non si limita a fare il lavoro…
ma ridefinisce cos’è “utile”?
Cos’è “valido”?
Cos’è “umano”?
Quando ti presenti a qualcuno, cosa dici?
“Sono Marco, architetto.”
“Sono Laura, avvocato.”
La tua identità è fusa con il tuo lavoro.
E ora, quel fondamento sta crollando.
Tutte le nostre istituzioni — scuola, famiglia, tempo libero — sono costruite attorno all’idea che lavorare ci dà valore.
Il nostro sistema educativo forma professioni.
Le nostre relazioni si stringono su “cosa fai”.
Il nostro tempo è misurato in ore lavorative.
In Italia, poi, è ancora più profondo.
L’artigianato, la maestria, il saper fare: sono cultura, non solo economia.
Per questo la trasformazione in corso colpisce il cuore della nostra identità.
La vera domanda
Non è: come posso evitare di essere rimpiazzato?
Ma:
Come potrò definire chi sono, in un mondo in cui il mio lavoro non basta più a definirmi?
È una domanda enorme.
Ma forse non è una tragedia.
Forse è una liberazione.
Perché forse potremo finalmente:
-
concentrarci su ciò che ci rende unici,
-
riscoprire l’importanza dell’esperienza,
-
coltivare relazioni vere,
-
usare la creatività come scopo, non come lusso.
Questa non è la fine della rilevanza umana.
È l’inizio di una nuova definizione di cosa significa contribuire come esseri umani.
Conclusione
Allora chiediamocelo con coraggio:
“Se domani il mio lavoro sparisse, chi sarei?”
La risposta non sarà facile.
Ma sarà quella giusta.
E se la troveremo insieme, forse scopriremo che non abbiamo perso il lavoro, abbiamo ritrovato il senso.