giovedì, Gennaio 16, 2025
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Nuova normativa europea sulla privacy (GDPR) – Possibili disservizi sui nostri siti

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Stiamo adeguando i nostri siti alla nuova normativa europea sulla privacy. Reccom Magazine non fa profilazione né tratta dati personali se non a scopi meramente statistici, limitandosi a verificare il comportamento sui siti da parte degli utenti attraverso IP anonimizzati.

Per essere più chiari, quando un utente entra su un nostro sito, quale che sia la pagina di landing, invece che memorizzarne l’IP, dal quale si potrebbe desumere la localizzazione geografica, il sistema apre una sessione e gli assegna un Id e dimentica l’IP.

Questo Id viene successivamente utilizzato sostanzialmente solo per verificare quante e quali pagine dei nostri siti legge il singolo utente

In alcuni casi, però, ad esempio nel caso dei banner o dei link pubblicitari presenti nelle pagine, i fornitori del servizio, ad esempio Google o Amazon, possono utilizzare strumenti propri, il cui uso non dipende direttamente dall’amministrazione dei nostri siti, per raccogliere informazioni per profilare la tipologia di utente.

Per questi e altri casi, ad esempio la sottoscrizione alla newsletter, stiamo provvedendo a metterci in regola con la nuova direttiva europea fornendo agli utenti gli strumenti atti a concedere o revocare, qualora già concesso, il permesso di utilizzare questi strumenti.

Questa procedura di aggiornamento dei siti, poiché i nostri sono siti amatoriali e non viviamo solo di questo, potrà durare alcuni giorni durante i quali, in alcuni momenti, i siti potrebbero andare offline. Preghiamo fin da ora i nostri gentili utenti di avere pazienza in caso di disservizi.

La malattia da Ebola, cause, sintomi e cure

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Si chiama febbre emorragica da Ebola ed è una malattia con un decorso drammatico. Uccide tra il 25 e l’88 per cento di coloro che contraggono l’infezione. Il decorso della malattia è drammatico. La fase di incubazione può durare da 48 ore a 21 giorni dopo l’esposizione, in funzione dello stato di salute generale del paziente e si manifesta con febbre, mal di testa, dolori muscolari, diarrea, vomito e perdita di appetito. Con il progredire della malattia, il corpo può iniziare a sanguinare internamente e apparentemente in modo incontrollabile.

La buona notizia è che questa malattia non si diffonde facilmente: non è un virus a trasmissione aerea come l’influenza o il raffreddore ma sembra trasmettersi tramite scambio di sangue contaminato o altri fluidi corporei, per esempio con un taglio, un bacio o i rapporti sessuali.

La malattia prende il nome dalla regione in cui è stata identificata per la prima volta: una comunità vicino al fiume Ebola in quello che era noto come Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo). Negli ultimi decenni sono stati identificati 21 focolai principali della malattia, soprattutto nell’Africa centrale e orientale. Il primo è stato riferito nel 1976. A quel tempo, 318 persone nello Zaire hanno contratto la malattia – e 280 sono morte.

Il responsabile è  un filovirus. È un virus filiforme che causa solo due malattie conosciute: l’Ebola e un’infezione correlata nota come Marburg. Nessuno sa dove si nasconda il virus tra una recrudescenza epidemica e l’altra. Il sospetto è che i pipistrelli o altri animali selvatici siano portatori, forse sani, del virus. Si pensa che l’incontro tra il virus e l’uomo avvenga attraverso animali selvatici infetti abbattuti a scopo alimentare.

Le malattie che passano dagli animali selvatici agli esseri umani sono conosciute come zoonosi. Tra queste sono tristemente famose numerose malattie  emergenti, tra cui il virus Nipah, causa di una malattia infettiva, per la quale non esiste ancora una cura, localizzata per la prima volta nel 1998 su animali domestici e su esseri umani in Malaysia, e successivamente in Bangladesh. E’ catalogato come virus RNA (a singolo filamento negativo) che utilizza l’acido ribonucleico come materiale genetico della famiglia Paramyxoviridae, e del genere Henipavirus. I sintomi sull’essere umano sono forte febbre, acuta difficoltà respiratoria ed encefalite, sembra nascondersi negli animali, in particolare in alcune specie di pipistrelli della frutta. Un nuovo focolaio di questa malattia è emerso in questi giorni nella regione del Kerala, in India.

Fino al 2014, non c’erano farmaci per curare l’Ebola né vaccini per prevenirlo. La letalità della malattia da Ebola, oltre 1000 morti solo in quell’anno, ha però spinto le autorità sanitarie ad autorizzare l’uso di un farmaco sperimentale chiamato Zmapp. Più della metà dei pazienti trattati con questo farmaco sono guariti ma non è mai stato chiarito se la guarigione fosse da imputare all’azione del farmaco o alla naturale azione dell’apparato immunitario di questi pazienti.

Sia come sia, studi e sperimentazioni sono andati avanti in questi ultimi anni e si è messo a punto  un vaccino sperimentale chiamato rVSVΔG-ZEBOV il cui uso è stato autorizzato nella nuova emergenza di questi giorni causata da un nuovo focolaio epidemico di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo, nonostante non sia stato ancora approvato dalle autorità competenti.

Segnalato dal NOAA un improvviso aumento delle emissioni di CFC-11 che danneggiano l’ozono

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Era il 9 gennaio di quest’anno quando riportammo un rapporto della NASA in base al quale il buco nell’ozono risultava essersi ridotto e in cui ne veniva attribuito il merito alla corretta applicazione del protocollo di Montreal che, nel 1987, aveva sancito l‘obbligo per tutte le nazioni del mondo di eliminare gradualmente l’uso dei CFC, fino ad allora utilizzati in cose come gli aerosol e i refrigeranti.

Oggi un nuovo rapporto del NOAA, l’organizzazione governativa americana che vigila su oceani ed atmosfera, pubblicato su Nature sul CFC-11, sembra sancire un aumento di questa pericolosa sostanza chimica in atmosfera ed un rallentamento della chiusura del buco nell’ozono.

Il triclorofluorometano, chiamato anche freon-11 o CFC-11, una volta era molto utilizzato, tra le altre cose come refrigerante,fino a quando non si capì che questa sostanza aveva la peculiarità di distruggere lo strato di ozono atmosfericoIl Protocollo di Montreal , perfezionato nel 1987, è un trattato internazionale progettato per proteggere lo strato di ozono della Terra che impone la graduale eliminazione di sostanze come CFC-11, la cui produzione doveva terminare definitivamente il 2010. E questo sembrava essersi realizzato fino allo scorso gennaio. Purtroppo, da allora, una nuova analisi delle misurazioni atmosferiche a lungo termine effettuata dagli scienziati del NOAA mostra che le emissioni di CFC-11 stanno aumentando nuovamente. 

Secondo il comunicato del NOAA l’origine del nuovo aumento della concentrazione di CFC in atmosfera è dovuto “… molto probabilmente da una nuova produzione non dichiarata da una fonte non identificata in Asia orientale.”

Lo studio che riportava l’aumento di CFC-11 è stato pubblicato il 16 maggio 2018 nella rivista peer-reviewed Nature. Lo scienziato del NOAA Stephen Montzka , autore principale dello studio, ha dichiarato: “Stiamo lanciando l’allarme sui CFC per avvisare che quello che sta succedendo sta vanificando quanto fatto in questi anni per il ripristino dello strato di ozono. Sono in corso nuovi studi per identificare con precisione necessari ulteriori lavori per capire esattamente perché le emissioni di CFC-11 sono crescente, e se qualcosa può essere fatto al riguardo.”

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(15 maggio 2018, vista in falsi colori della quantità totale di ozono sull’Antartide e sul Polo Sud. I colori viola e blu indicano dove il minimo di ozono, mentre i gialli ed i rossi indicano le aree dove l’ozono è più abbondante. Il buco dell’ozono si apre durante l’estate antartica e tende a raggiungere la massima espansione ogni anno a settembre. Si può visualizzare l’ultimo stato dello strato di ozono alla NASA Ozone Watch.)

I clorofluorocarburi, una volta erano considerati un trionfo della chimica moderna. Queste sostanze chimiche erano stabili e versatili e venivano utilizzate in centinaia di prodotti, dai sistemi militari alle lattine di lacca per capelli.

Ad un certo punto, però, si è capito che questa famiglia di “prodotti chimici miracolosi” stava danneggiando lo strato di ozono protettivo della Terra. All’inizio non tutti credevano che fossero proprio i CFC i colpevoli ma poi gli scienziati del British Antarctic Survey hanno individuato un buco nell’ozono dell’Antartide – il primo mai riconosciuto – pubblicando l’informazione in un articolo su Nature nel maggio 1985. Il Protocollo di Montreal è stato il risultato dell’immediato impegno dei leader mondiali dell’epoca nel contrastare un fenomeno che avrebbe potuto arrivare a distruggere la vita sul nostro pianeta. Il protocollo di Montreal resta tuttora un esempio encomiabile di cooperazione globale efficace.

Il buco dell’ozono si sta chiudendo? È importante ricordare che stiamo parlando di processi atmosferici terrestri  e che la Terra tende a muoversi lentamente in contrasto con la nostra scala temporale umana. La NASA, nel gennaio 2018, ha pubblicato la prima prova diretta del recupero del buco nell’ozono a causa del divieto delle sostanze chimiche. Cioè, per la prima volta gli scienziati hanno dimostrato – attraverso le osservazioni dirette satellitari del buco dell’ozono – che i livelli di CFC distruttivo dell’ozono erano in calo, con conseguente riduzione del consumo di ozono atmosferico. Il video qui sotto parla di questo:

L’Istituto cooperativo per la ricerca nelle scienze ambientali (CIRES), insieme a scienziati del Regno Unito e dei Paesi Bassi, stanno lavorando per monitorare l’ozono nell’atmosfera terrestre. Secondo quanto riportano è la prima volta che le emissioni di uno dei tre CFC più abbondanti e longevi sono aumentate per un periodo prolungato da quando sono iniziati i controlli sulla produzione alla fine degli anni ’80.

Come detto sopra, i clorofluorocarburi sono una classe di sostanze chimiche molto stabile, e il CFC-11 – in particolare – ha una lunga vita nell’atmosfera terrestre. Bisogna ricordare che oltre alla presunta nuova emissione in estremo oriente, ci sono continue emissioni di CFC-11 dall’isolamento in schiuma degli edifici e degli elettrodomestici fabbricati prima della metà degli anni ’90. Una quantità minore di CFC-11 esiste ancora oggi nei frigoriferi e nei congelatori più vecchi.

Grazie al protocollo di Montreal, le concentrazioni di CFC-11 sono diminuite del 15% rispetto ai livelli massimi misurati nel 1993.

Ma, sebbene le concentrazioni di CFC-11 nell’atmosfera stiano ancora diminuendo, stanno declinando più lentamente di quanto farebbero se non ci fossero nuove fonti.

I risultati della nuova analisi delle misurazioni atmosferiche NOAA spiegano perché: dal 2014 al 2016, le emissioni di CFC-11 sono aumentate del 25% rispetto alla media misurata dal 2002 al 2012.

Gli scienziati avevano previsto che entro la metà del secolo, la concentrazione atmosferica di gas che riducono lo strato di ozono sarebbe scesa ai livelli precedenti agli anni ’80. Le nuove analisi non spiegano in modo definitivo perché le emissioni di CFC-11 sono in aumento ma sembrerebbe che qualcuno stia producendo CFC-11 che si disperde nell’atmosfera. Non è chiaro perchè lo stiano facendo, se è stato creato per uno scopo specifico o inavvertitamente come prodotto secondario di qualche altro processo chimico.

Se la fonte di queste nuove emissioni potrà essere identificata e fermata in fretta, il danno allo strato di ozono dovrebbe essere contenuto, in caso contrario, potrebbero verificarsi notevoli ritardi nel recupero dello strato di ozono.

Questa sera Massimo Zito ospite a “Neanderthal Pride” su neverwasradio.it

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Questa sera, 21/05/2018, dalle 22.30, la trasmissione “Neanderthal Pride”, trasmessa dalla webradio NEVERWASRADIO.IT, ospiterà, tra gli altri, Massimo Zito, responsabile editoriale di Reccom Magazine e di Aenigma.

Si affronteranno svariati temi d’attualità legati alla disinformazione ed al complottismo.

da domani, 22/05/2018, sarò possibile riascoltare la puntata in podcast.

In studio, come sempre: Valeria GirardiIvo Ortelli eLele Pescia

Il nord magnetico terrestre sta andando alla deriva verso ovest e non sappiamo perché

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Da quando abbiamo cominciato a misurare il campo magnetico terrestre, il polo nord magnetico si è spostato inesorabilmente verso ovest. Ora, una nuova ipotesi suggerisce che onde anomale originatesi nel nucleo esterno della Terra possano causare questa deriva.

Le onde lente, chiamate onde di Rossby, si presentano in fluidi rotanti. Sono anche conosciute come “onde planetarie” e si trovano in molti corpi rotanti di grandi dimensioni, e sono state rilevate, oltre che sulla Terra, anche su Giove e sul Sole.

Il nucleo esterno della Terra è un fluido rotante, nel senso che anche le onde di Rossby circolano nel nucleo. Considerando che le onde oceaniche e atmosferiche di Rossby si muovono verso ovest contro la rotazione verso est della Terra, le onde di Rossby nel nucleo sono il corrispondente sotterraneo delle onde atmosferiche ed oceaniche di Rossby, Almeno secondo O.P. Bardsley, autore di un nuovo studio sull’ipotesi dell’onda di Rossby.

La rotazione del ferro magnetico nel nucleo della Terra dà origine al campo geomagnetico del pianeta. Il campo geomagnetico, a sua volta, protegge il pianeta dalla radiazione solare, cosa fondamentale per la vita sulla Terra. Senza di esso, la superficie del pianeta sarebbe bombardata da particelle ionizzate provenienti dal sole che finirebbero per strappare l’atmosfera terrestre così come accaduto miliardi di anni fa a Marte.

Studiando le onde che si propagano nel nucleo della Terra, Bardsley si rese conto che alcune di queste onde potrebbero spiegare uno dei misteri del campo magnetico del pianeta. Negli ultimi quattro secoli, gli scienziati hanno effettuato misurazioni della declinazione magnetica – la differenza tra il nord reale e il punto in cui punta l’ago della bussola. (Poiché il campo magnetico è pieno zeppo di piccole anomalie locali, l’ago della bussola si muove leggermente rispetto al nord vero a seconda di dove ti trovi).

In questi quattro secoli, le anomalie rivelate da queste misure della declinazione del nord magnetico hanno mostrato la tendenza a muoversi verso ovest, “La deriva verso ovest si manifesta principalmente come una serie di macchie sull’Atlantico vicino all’equatore che si spostano a circa 17 chilometri all’anno. 

Le teorie per spiegare la deriva, finora si sono tipicamente concentrate sulla dinamica del nucleo esterno. L’ipotesi più accreditata è che il nucleo esterno contiene un vortice simile alla corrente a getto dell’atmosfera, che si sta spostando verso ovest e sta trascinando con sé il campo magnetico terrestre. Il problema è che non esiste una ragione particolare per cui questo vortice debba esistere. In effetti potrebbe benissimo esistere ma dato che non ci sono prove dirette, altre spiegazioni sono ancora possibili.

Una possibilità, secondo Bardsley, è che le onde di Rossby spieghino la stranezza del campo magnetico sulla superficie terrestre. perché le onde di Rossby nel nucleo hanno creste orientate verso est ma le creste delle onde non rappresentano sempre la direzione verso cui si muove l’energia.

E’ del tutto possibile avere un gruppo di onde con le creste rivolte ad est, ma con la maggior parte dell’energia diretta verso ovest“.

Qualcosa di simile può accadere anche con le onde dell’acqua. Le loro creste viaggiano tipicamente nella stessa direzione della maggior parte della loro energia ma non necessariamente alla stessa velocità.

Le misurazioni della superficie del campo geomagnetico catturano la maggior parte del movimento dell’energia, ha detto Bardsley, ma non tutti i dettagli. Quindi le onde di Rossby con una tendenza su larga scala a spostare l’energia verso ovest potrebbero spiegare la deriva verso ovest misurata sull’Oceano Atlantico.

La deriva verso ovest e l’ipotesi dell’onda di Rossby sono in gran parte correlate con una domanda che si pongono molti scienziati ma anche alcuni gruppi complottisti: il campo magnetico sta per invertirsi? Periodicamente durante la storia della Terra, il nord magnetico e il sud magnetico si sono invertiti. Il fatto in sé non sarebbe particolarmente problematico, se non fosse che avviene in un arco di circa 10.000 anni, durante i quali questo processo causa un aumento delle anomalie e un indebolimento del campo magnetico tra i poli.

Un campo indebolito può far passare più particelle solari, che possono disturbare le reti elettriche e causare problemi con i sistemi di navigazione ed i satelliti.

Purtroppo, non siamo ancora in grado di sapere per certo se l’indebolimento del campo magnetico rivelato negli ultimi due secoli e lo spostamento del nord magnetico verso ovest sia un segno di un imminente inversione o si tratti di una normale oscillazione.

Fonte: Live Science

Nuove conferme dell’esistenza di Planet nine… O forse no

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Dal 2016, l’attenzione di molti astronomi (e dei seguaci di alcune teorie complottiste) è puntata sulle profondità del sistema solare, ben oltre l’orbita di Plutone. Tutto questo interesse deriva dal fatto che si sospetta che vi sia nascosto un pianeta non ancora individuato. Si tratta di un sospetto fondato sulle anomalie orbitali di alcuni oggetti che hanno fatto partire la corsa ad individuare il cosiddetto pianeta Nove, un pianeta che è stimato essere circa 10 volte la massa della Terra. Secondo Gregory Laughlin, astronomo della Yale University. “Trovare un pianeta di tale massa nel nostro sistema solare sarebbe una scoperta di grandezza scientifica senza eguali.

Ora gli astronomi hanno individuato un altro corpo celesteforse grande quanto un pianeta nano, la cui orbita è così strana che è probabile che sia influenzata dal cosiddetto pianeta nove. Non è la prova che Planet Nine esista“, ha detto David Gerdes, astronomo dell’Università del Michigan e coautore del nuovo articolo. “Ma direi che la presenza di un oggetto come questo nel nostro sistema solare rafforza l’ipotesi che esista.”

Gerdes ed i suoi colleghi hanno individuato il nuovo oggetto nei dati del Dark Energy Survey , un progetto che sonda l’accelerazione nell’espansione dell’universo rilevando una regione al di sopra del piano del sistema solare: l’orbita di questo nuovo è inclinata di 54 gradi rispetto al piano del sistema solare. È qualcosa che Gerdes non si aspettava di vedere. Batygin e Brown, tuttavia, lo predissero.

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LUCY READING-IKKANDA / QUANTA MAGAZINE

Due anni fa, Batygin e Brown ipotizzarono l’esistenza di Planet Nine sulla base delle peculiari orbite di una manciata di asteroidi e piccole lune nella  cintura di Kuiper. Quella piccola popolazione si muove perpendicolarmente al piano dell’eclittica, un fenomeno estremamente improbabile che accada per caso. Secondo Batygin e Brown un nono pianeta doveva influenzare quei corpi celesti nelle loro strane orbite.

Inoltre, secondo Batygin e Brown, nel tempo, la gravità di Planet Nine avrebbe spinto questi oggetti della cintura di Kuiper fuori dal piano dell’eclittica in inclinazioni orbitali sempre più alte. Sebbene gli astronomi abbiano già individuato una bizzarra popolazione di mondi che orbitano perpendicolarmente al piano del sistema solare, non era ancora mai stato individuato un oggetto in transizione tra le due popolazioni. Secondo Batygin il nuovo oggetto si adatta così perfettamente al modello che sembra quasi uno dei punti dati nelle loro simulazioni. “Una buona teoria riproduce i dati, ma una grande teoria prevede nuovi dati“, ha affermato.

Il Dark Energy Survey ha scoperto il nuovo oggetto alla fine del 2014. Gerdes ed i suoi colleghi hanno dedicato gli ultimi tre anni a seguire la sua orbita e cercando di capirne le cause. Nell’articolo descrivono come hanno eseguito molte simulazioni dell’oggetto all’interno del sistema solare noto, facendo scorrere l’orologio avanti e indietro per 4,5 miliardi di anni. Nulla ha potuto spiegare le bizzarrie orbitali finchè alla simulazione non è stato aggiunto un nuovo pianeta con caratteristiche corrispondenti alle previsioni di Batygin e Brown. Secondo Juliette Becker, autore principale del nuovo documento, l’interazione forte e prolungata con Planet Nine sembra essere l’unico modo per aumentare l’inclinazione dell’oggetto, allontanandola dal piano del sistema solare. “Non esiste un altro modo ragionevole per popolare la cintura di Kuiper con tali corpi molto inclinati“, ha detto Batygin. “Penso che la probabilità che Planet Nine esista davvero  sia ora veramente alta.”

Altri astronomi non sono così sicuri, in parte perché il sistema solare primitivo rimane un mistero. molti scienziati sospettano che il sole sia nato all’interno di un gruppo di stelle, il che significa che i primi pianeti potrebbero aver avuto molti incontri ravvicinati con altre stelle acquisendo orbite che oggi sembrano impossibili. E anche dopo che le stelle si sono allontanate tra loro, il sistema solare primitivo probabilmente conteneva decine di migliaia di pianeti nani che avrebbero potuto provocare le alterazioni gravitazionali necessarie per spingere il 2015 BP519, come viene chiamato il nuovo oggetto, in un’orbita così strana. “Per me, Planet Nine è uno dei tanti modi in cui il sistema solare avrebbe potuto dispiegarsi“, ha detto Michele Bannister, un astronomo della Queen’s University di Belfast, non coinvolto nello studio. “È un’idea potenziale.” Ma al momento è solo questo … un’idea.”

Gli appassionati di Nibiru dovranno aspettare ancora, per ora il sospirato Planet X, o Nine che dir si voglia, resta un fantasma.

Trapianto di testa: Canavero non molla ma quali potranno essere gli effetti collaterali? (filmato)

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Ricordate Sergio Canavero, il chirurgo italiano convinto di poter trapiantare la testa da un corpo all’altro o, per meglio dire, un corpo da una testa all’altra?
Nello scorso novembre Canavero annunciò al mondo di avere eseguito, in Cina, con l’ausilio  del chirurgo Xiaoping Ren, con successo un trapianto di testa tra cadaveri, dopo un intervento durato 18 ore durante il quale sarebbero state completate tutte le fasi dell’intervento, comprese le riconnessioni di spina dorsale, muscoli e midollo osseo.
Il passo successivo sarebbe dovuto avvenire un mese dopo con l’esecuzione dell’intervento su un paziente volontario vivo, un giovane russo afflitto da una rara malattia genetica chiamata malattia da deperimento muscolare di Werdnig-Hoffman ma, finora, questo intervento non è stato ancora eseguito.
È noto che Canavero, in passato, durante la preparazione dell’intervento, ha effettivamente eseguito il trapianto su parecchi topi, un cane e, parrebbe, su scimmie. Gli interventi effettuati sarebbero stati coronati da un certo grado di successo essendo stata raggiunta una sopravvivenza di alcune settimane dopo le quali gli animali sarebbero stati soppressi, senza, peraltro, che fossero documentati recuperi della mobilità.
Ora, secondo la CNBC,  i due chirurghi starebbero pianificando i passi successivi per coronare sull’uomo il loro lavoro.
Ma, tecnicamente, siamo pronti per i trapianti di testa o di corpo che dir si voglia?
Un gruppo di medici, esperti in chirurgia e medicina rigenerativa, hanno pubblicato su Current Translational Reports una risposta negativa, argomentandola.

Secondo gli esperti questo tipo di intervento chirurgico deve superare alcuni enormi ostacoli scientifici e tecnici prima che diventi una realtà, per non parlare del campo minato dei dilemmi etici e morali.

Per prima cosa, il rapporto spiega che il destinatario del nuovo corpo potrebbe “cadere nella pazzia” dall’imprevedibile stress psicologico. È noto che molti trapiantati, ad esempio di mano, arrivano a chiedere la rimozione dell’arto trapiantato a causa del forte disagio che provano nel vedersi addosso lun organo di qualcun altro che vivono come estraneo al loro corpo. Sottolineano anche che altri scienziati hanno “previsto che i pazienti riceventi del BHT (trapianto corpo a testa) sperimenterebbero dissonanza mente e corpo di una tale entità che la pazzia e la morte sono possibili“.

I pazienti che sopravvivono al BHT possono sentirsi fortunati ad essere vivi. I costi della sopravvivenza, tuttavia, possono essere alti“, aggiungono.

Come la mente potrebbe adattarsi ad un nuovo corpo è un qualcosa di completamente ignoto: la cognizione umana non ha origine né si trova esclusivamente nel cervello, e permangono numerosi dubbi su come potrà funzionare il sistema nervoso simpatico dopo il BHT“.

Le conseguenze potrebbero essere catastrofiche“.

Oltre a ciò, ci sono enormi ostacoli chirurgici e immunologici da superare. Il rigetto è uno dei problemi centrali con i trapianti di qualsiasi tipo. Con un trapianto di un corpo intero su una testa a testa, si avrebbe su entrambi una risposta immunitaria colossale, che richiederebbe un pesantissimo e lunghissimo trattamento immunosoppressivo.

È persino in dubbio che l’operazione sia possibile in quanto la riconnessione del midollo spinale in vivo con successo negli esseri umani deve ancora essere provata.

Eppure, nonostante tutto lo scetticismo dell’establishment medico, Canavero reagisce in modo quasi divertito e, fiducioso, ha dichiarato che l’operazione andrà avanti e, soprattutto, sarà un successo.

Cina e Paesi Bassi tenteranno di ascoltare l’universo primordiale dall’orbita lunare

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Il 21 maggio dalla base di Xichang in Cina partirà un nuovo satellite con destinazione l’orbita lunare. Il satellite, denominato Queqiao, si posizionerà in orbita stazionaria sul lato nascosto della Luna e, comunicando con il rover che la Cina lancerà alla fine dell’anno, servirà ad esplorare l’universo neonato e buio, prima della nascita delle stelle. La notizia è apparsa sul sito della rivista Science. La missione che partirà dopodomani fa parte del programma Ncle (Netherlands-China Low-Frequency Explorer) progettata in collaborazione fra Cina e Paesi Bassi.

A bordo del satellite c’è uno speciale ricevitore radio di progettazione olandese che tenterà di fare qualcosa di particolare: ascolterà il cosmo a basse frequenze per cercare di capire cosa accadde durante le prime centinaia di milioni di anni dell’universo quando dalle nubi di idrogeno ancora non erano nate le prime stelle.

La missione è un tentativo di portare la radioastronomia a basse frequenze nello spazio, superando il problema dell’atmosfera terrestre che agisce da filtro su alcune frequenze. La speranza dei ricercatori olandesi è quella di riuscire a costruire sulla Luna un radiotelescopio per le basse frequenze,  sul modello del Lofar (Low Frequency Array), il grande radiotelescopio europeo, composto di 51 antenne collocate soprattutto nei Paesi Bassi.

Per ‘vedere’ l’era oscura che ha preceduto la nascita delle prime stelle, gli astronomi cercheranno il segnale debolissimo emesso dagli elettroni dell’idrogeno primordiale, difficilissimo da rivelare da Terra, perché mescolato al vortice del rumore radio proveniente da fonti terrestri. Il satellite Queqiao offrirà un punto di ‘ascolto’ molto tranquillo, ma dovrà attendere che il rover della missione Chang’e 4, il cui lancio è pianificato entro la fine del 2018, raggiunga il bacino Polo Sud-Aitken, dove distenderà tre antenne in fibra di carbonio che gli permetteranno di comunicare con il satellite.

La NASA rivela importanti cambiamenti nella disponibilità di acqua in tutto il mondo (filmato)

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Secondo uno studio della NASA, la Terra sperimenta continui cambiamenti significativi nella distribuzione di acqua dolce in tutto il mondo a causa di  cambiamenti climatici, gestione delle risorse idriche più o meno ottimale, cicli naturali ed altri fattori.

Ciò a cui stiamo assistendo è un grande cambiamento idrologico“, ha affermato Jay Famiglietti del Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena, in California. “Dal nostro modello si evince che abbiamo zone già umide che lo stanno diventando ancora di più, ad esempio le alte latitudini ed i tropici, e molte aree sempre più asciutte mentre aumentano i punti particolarmente caldi in quelle zone già desertiche dove vanno esaurendosi le falde acquifere.

I ricercatori hanno monitorato il trend globale dell’acqua dolce in tre dozzine di regioni in tutto il mondo utilizzando 14 anni di dati e le immagini registrati dalla missione Gravity Recovery and Climate Experiment (GRACE), svolta utilizzando due satelliti in orbita attorno alla Terra. Hanno analizzato le informazioni ricavate confrontandole con le mappe di irrigazione, i dati sulle precipitazioni del Global Precipitation Climatology Project, le immagini Landsat del NASA / US Geological Survey ed i rapporti pubblicati di attività umana relativi ad attività agricola, mineraria e idrica.

Si tratta del primo studio in assoluto nel suo genere ed i risultati sono stati pubblicati questo mese su Nature.

Questa è la prima volta che utilizziamo osservazioni da più satelliti per valutare approfonditamente come sta cambiando la disponibilità di acqua dolce su tutta la Terra“, ha dichiarato Matt Rodell del Goddard Space Flight Center della NASA, inel comunicato stampa.

Un obiettivo chiave era quello di distinguere i cambiamenti delle riserve di acqua dolce della Terra causati dalla variabilità naturale, ad esempio periodi umidi e periodi secchi associati a El Niño e La Niña, dalle tendenze legate al cambiamento climatico in corso o agli impatti umani, come il pompaggio delle acque sotterranee al di fuori una falda acquifera effettuato più velocemente di quanto viene reintegrata naturalmente“.

In alcune regioni, quali, ad esempio, quelle in cui si stanno verificando lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte glaciali alpine, il cambiamento climatico è una causa evidente della perdita d’acqua dolce, secondo Famiglietti.

Anche le pratiche agricole hanno un grande impatto. Il pompaggio delle acque sotterranee per l’agricoltura ha contribuito in maniera significativa alla diminuzione delle acque dolci in tutto il mondo nel periodo studiato, il che potrebbe spiegare il calo rilevato delle acque dolci disponibili, ad esempio, in Arabia Saudita.

Insomma, i cambiamenti climatici hanno una grande responsabilità nel calo della disponibilità di acqua dolce nel mondo ma, oltre a questi, bisogna anche guardare all’uso smodato di acqua fatto soprattutto dall’agricoltura intensiva e dalle attività di estrazione minerarie. In un quadro mondiale in cui il numero della popolazione umana è in continuo aumento, diventerà fondamentale razionalizzare l’uso delle risorse idriche arrivando anche a modernizzare le tecniche di estrazione mineraria e ad utilizzare sempre più piante che necessitino di minore acqua per la loro coltivazione.

Diversamente, andremo incontro ad un periodo in cui l’acqua diventerà più preziosa del petrolio (senza acqua non si vive) ed il possesso di abbondanti falde acquifere potrebbe diventare causa di gravi contrasti e guerre.

La Terra immortalata da Mars Cube One in viaggio verso Marte insieme a InSight

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Uno dei due piccoli satelliti in viaggio verso Marte insieme ad InSight, esattamente quello denominato Wall-E, si è svegliato e ha dato un’occhiata verso casa.

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Dopo il risveglio, per comprovare il dispiegamento ed il corretto funzionamento dell’antenna, il piccolo satellite ha scattato e inviato una foto della Terra e della Luna.

L’antenna è nella foto. E così anche la luna e la Terra, l’ultima delle quali appare come un puntino blu pallido, proprio come fece in una famosa foto scattata dalla sonda Voyager 1 della NASA nel 1990.