giovedì, Settembre 19, 2024
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Ambiente: piantati in India 66 milioni di alberi in 12 ore

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È accaduto in India, nella regione del Madhya Pradesh, frequentemente sconvolta da inondazioni e alluvioni che, complice la scarsa foretazione dell’area, provocano danni enormi e moltissime vittime.

Sono stati 6,630,000 i giovani alberi messia  dimore in sole 12 ore, grazie all’opera di migliaia di volontari.

Da tempo, in seguito alla firma degli accordi sul clima di Parigi, il governo indiano si è impegnato nell’impresa ad aumentare la copertura forestale del paese a 95 milioni di ettari entro il 2030 con un investimento di oltre 6 miliardi di dollari.

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L’India, negli ultimi decenni, aveva effettuato una deforestazione selvaggia che ha pesantemente influito sul clima locale. La cosa era dovuta sia alla cementificazione sia all’enorme quantità di legna consumata a scopo energetico nel paese. In seguito agli accordi di Parigi l’India ha cominciato ad investire su energia verde e ambiente. La produzione di energia in India sta virando rapidamente dal consumo di carbone e legna alla produzione basata sulle rinnovabili, in particolare fotovoltaico ed eolico.

Charlie: L’Inghilterra oppone difficoltà legali al trasferimento del piccolo al Bambin Gesù

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La famiglia è in contatto con la direzione sanitaria dell’ospedale pediatrico romano che si è detto pronto ad assistere il piccolo, il Great Ormond Street Hospital di Londra, dove è attualmente ricoverato,  si oppone al trasferimento citando ragioni di ordine legale.

La direttrice sanitaria del Bambin Gesù Mariella Enoc, ha confermato di essere in contatto con la famiglia Gard per risolvere il problema del trasferimento del piccolo Charlie, affetto da una rara malattia di origine genetica, presso la struttura romana. Purtroppo, la direzione della struttura sanitaria inglese si sta opponendo al trasferimento del neonato citando problemi di ordine legale, non essendoci nessuna ragione di ordine clinico ad impedirlo.

Gli impedimenti di ordine legale che cita il nosocomia inglese sono probabilmente alla perentoria legge vigente in Gran Bretagna sull’accanimento terapeutico.

Per tentare di sbloccare la situazione si sta muovendo anche il Vaticano. “Superare questi problemi? Se possiamo farlo lo faremo”, ha detto il card. Pietro Parolin riferendosi agli ostacoli di tipo giuridico legati alla legislazione inglese. “Il Bambin Gesù – ha aggiunto – è competente per la parte medica”.

Intanto, secondo il tabloib inglese “Sun”, anche un ospedale americano si sarebbe offerto di aiutare Charlie e la sua famiglia, senza però citare il nome dell’istituto.

L’opinione pubblica internazionale si è mobilitata per intercedere a favore di Charlie e ha già ottenuto il risultato di posporre la data in cui saranno spenti i sostegni tecnologici che tengono in vita il piccolo Charlie, data che era stata fissata per lo scorsa sabato 1° luglio. Pressioni sarebbero in corso sulla premier Theresa May per sbloccare la situazione.

Intanto, complice la pubblicità fatta al caso del piccolo Charlie è comparso sui media un caso “simile”: un bimbo americano di sei anni, Arturo Estopiñan, affetto dalla stessa malattia di Charlie ha ricevuto, da neonato, lo stesso trattamento sperimentale negli Usa che vorrebbero tentare i genitori del piccolo britannico e oggi vive su una sedia a rotelle.

Nella loro campagna per tentare di prolungare la vita di loro figlio i familiari hanno raccolto oltre un milione di sterline che volevano utilizzare per portare Charlie negli Usa e sottoporlo a una terapia sperimentale, nonostante il parere contrario dei medici. Il bambino è affetto da una sindrome da deplezione del Dna mitocondriale. Una malattia rara che causa un progressivo e inesorabile indebolimento muscolare e forte dolore. Per la medicina è incurabile ma i genitori non si sono mai arresi portando la questione in tribunale. Il 12 aprile scorso l’Alta corte inglese ha stabilito che i medici potevano staccare la spina. Da lì il ricorso alla Corte europea, fino al definitivo verdetto di questi giorni.

Reccom Magazine continuerà a seguire la vicenda e ad aggiornare i propri lettori.

Foo figthers, i caccia di fuoco della seconda guerra mondiale

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di Oliver Melis per Reccom Magazine

Il termine “Foo figthers” fu coniato dai piloti dell’USAF e della RAF nel corso della seconda guerra mondiale per indicare  dei particolari oggetti volanti che. in alcuni casi, avrebbero seguito squadriglie aeree americane e inglesi durante le loro missioni.

In rete è possibile recuperare tante foto che ritraggono i Foo fighters, o caccia di fuoco, che in passato, negli anni 50, vennero analizzate da una apposita commissione scientifica denominata “commissione Panel”. Di questa commissione facevano diversi esperti tra i quali i fisici Lloyd Berkner, Luis Alvarez e Samuel Goudsmit, l’astrofisico Thorton Page, l’esperto di missili Frederick Durant e l’astronomo Josef Allen Hynek. La commissione prenderà il nome dal fisico che la presiedette, Howard Percy Robertson. La conclusione del rapporto fu che diversi fenomeni naturali, artificiali o dovuti ad artefatti delle immagini erano la causa dei globi più o meno luminosi ritratti in diverse fotografie durante il loro presunto tallonamento aereo. Per quanto riguarda le testimonianze dei piloti, invece, si ipotizzò come possibile spiegazione un fenomeno noto come “effetto autocinetico” che è un effetto ottico particolare osservato per la prima volta dal naturalista tedesco Alexander Von Humboldt (1769 – 1859). Il naturalista tedesco pensava fosse un fenomeno ottico ma nel 1857 l’astronomo G. Schweizer dimostrò che si trattava di un fenomeno soggettivo, infatti se diversi osservatori guardavano la stella Sirio, gli stessi ossevatori percepivano movimenti diversi.

I foo fighters sono stati avvistati in diverse occasioni e in diverse parti del globo.

Un avvistamento notturno data del settembre, 1941 nell’Oceano Indiano ed è omologo ad alcuni rapporti di foo fighter successivi.

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Dal ponte della nave S.S. Pulaski, (un mercantile polacco che trasportava truppe britanniche), due marinai avvistarono uno “strano globo che brillava di luce verdastra, di circa metà del diametro della luna piena come ci appariva nel luogo.” Allertarono un ufficiale britannico, che osservò attentamente i movimenti dell’oggetto assieme a loro per più di un’ora.

Il 28 febbraio del 1942, qualche ora prima dalla sua partecipazione nella battaglia del Mare di Giava, la nave USS Houston avvistò un gran numero di strane, ed inspiegabili scie luminose e luci gialle che illuminarono il mare per molte miglia attorno.

Un avvistamento con successivo rapporto venne fatto nelle Isole Salomone nel 1942 dall’ufficiale dei Marines Stephen J. Brickner. Dopo un’allerta di raid aereo, Brickner ed altri videro circa 150 oggetti raggruppati in linee di 10 o 12 oggetti ciascuna. Sembravano “oscillare” mentre si muovevano, e Brickner riportò che gli oggetti avevano una superficie simile all’argento lucidato e che sembravano muoversi ad una velocità lievemente superiore rispetto ai comuni aeromobili giapponesi. Descrisse l’avvistamento, dicendo: “Rispetto a tutto quanto, era lo spettacolo nello stesso tempo più sbalorditivo e tuttavia terrorizzante che Io abbia mai visto nella mia vita.”

I Foo fighter arrivarono anche ai mass media, era, infatti, il 1945 quando sul “Time” comparve una storia in cui si affermava “se non erano bufale o illusioni ottiche, erano certamente la più intrigante arma segreta che i caccia alleati abbiano mai incontrato. La scorsa settimana piloti americani di stanza in Francia hanno raccontato una strana storia di palle di fuoco che da più di un mese sono solite seguire i loro aeroplani nei voli notturni sulla Germania. Nessuno sa cosa siano o a cosa servano queste palle di fuoco. I piloti, pensando ad una nuova arma psicologica, li chiamano ‘foo-fighter’ … Le loro descrizioni e apparizioni variano, ma sono d’accordo che queste luci misteriose si piazzano vicine agli aerei e sembrano seguirli ad alta velocità per miglia. Un pilota ha detto che un foo fighter, in forma di palla di fuoco rossa alle estremità delle ali, è rimasto con lui in una picchiata a 360 miglia l’ora. Poi la palla è svanita nel cielo.” Ovviamente i giornalisti presero al volo le storie che attirarono l’attenzione di un vasto pubblico, già “scosso” dal nascente fenomeno dei dischi volanti che stavano da li a poco per esplodere in tutta la loro potenza, mancava poco al fatidico “1947” anno di nascita ufficiale del fenomeno che ha versato e versa fiumi di inchiostro e non solo.

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Queste sono testimonianze ormai vecchie alle quali si può aggiungere poco o nulla, risalgono alla metà circa degli anni 40 e le verifiche possibili sono veramente poche e le varie commissioni create per indagare il fenomeno non riscontrarono nulla di pericoloso e non si trovò nulla che portasse a chiamare in causa ipotetiche armi Sovietiche, Naziste o aliene. Certo che un’indagine svolta dalla CIA porterebbe l’acqua al mulino complottista che sicuramente propende per un insabbiamento del fenomeno dei Foo fhighters come per tutti i fenomeni UFO.

Oliver Melis è owner su facebook delle pagine NWO ItaliaPerle complottare e le scie chimiche sono una cazzata

Dischi (poco) volanti

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Durante gli anni 50 negli USA tentarono di costruire un disco volante che imitasse le prestazioni degli UFO raccontate da decine di persone che segnalavano la presenza di dischi o sigari volanti nei cieli di quasi tutto il mondo.

Il disco volante avrebbe dovuto volare a 19.000 metri d’altezza e raggiungere una velocità superiore ai 4.000 km all’ora. Nonostante i roboanti proclami la società che si impegnò nella progettazione e costruzione del fantastico mezzo produsse solo un paio di modelli in scala ridotta che presentavano una elevata instabilità in volo anche solo librandosi a pochi metri dal suolo, il progetto venne quindi chiuso nel 1961.

Questi tentativi hanno creato molti appetiti, soprattutto in campo ufologico, dove alcuni hanno ipotizzato che i tentativi di far volare una macchina discoidale sia stato un tentativo di replica del famoso disco volante precipitato a Roswell nel 1947…

Il disegno che ho riportato qui è tratto dal Project 1794, Final Development Summary Report, un documento segreto di cui eravamo a conosceva ma che solo di recente è stato reso pubblico. Il progetto ci fa capire come in quegli anni gli USA cercassero di realizzare un modello di velivolo in grado di atterrare e decollare verticalmente.

Durante la guerra fredda le Forze Armate americane cercavano un’arma che potesse in qualche modo impaurire gli avversari, un mezzo volante in grado di raggiungere Mach 4 e viaggiare a una quota di 19.000 metri.

I test effettuati alla Wright-Patterson Air Force Base, nell’Ohio, diedero risultati negativi, dimostrando che il progetto, affidato alla società canadese Avro Aircraft, non poteva essere realizzato. la società costruì solamente due piccoli modelli di Avrocar. Le prove di “volo stazionario” sul terreno, su di un cuscino d’aria prodotto da motori turbogetto, dimostrarono che l’oggetto non aveva una stabilità apprezzabile, non superò mai il metro di altezza e raggiunse a malapena la velocità di 55 Km orari..

Le prove continuarono al Nasa Research Center di Moffett Field in California dimostrando che il disco non avrebbe mai potuto raggiungere velocità elevate. Oggi aerei a forma di disco sono pura fantasia e gli studi virano verso progetti di aerei detti tutt’ala, cioè aerei con la carlinga inglobata nelle ali, esempi sono il B2 spirit.

Altri dischi volanti
L’Avrocar non fu l’unico disco volante terrestre, come è noto anche la Germania durante la seconda guerra mondiale tentò di costruire oggetti simili, come il Sack AS-6, di cui si sa quasi solamente che non riuscì mai a volare in modo soddisfacente. C’è poi il Couzinet RC360 Aerodyne, un modello di disco volante che il francese René Couzinet cercò di mettere a punto negli anni Cinquanta, che il Governo Francese bocciò perché troppo costoso.

L’ipnosi regressiva e rapimenti alieni

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di Oliver Melis per Reccom Magazine

L’ipnosi regressiva è utilizzata da alcuni psicoterapeuti perché sarebbe in grado di far affiorare, durante periodi di trance, ricordi rimossi a causa di eventi traumatici che influenzerebbero la vita del soggetto, causandone problemi di ordine psicologico. Il termine “regressiva” indicherebbe l’intenzione di stimolare nel soggetto posto in trance la capacità di far riaffiorare esperienze rimosse dal conscio facendo “tornare indietro nel tempo” il soggetto stesso, posto in stato ipnotico, e inducendolo a ricordare eventuali ricordi rimossi di eventi accaduti in un passato più o meno lontano per eliminare i problemi psicologici che questi ricordi acuiti o rimossi creano.

La pratica dell’ipnosi regressiva ha lo scopo di allontanare il soggetto dagli stimoli dell’ambiente, inducendo uno stato di stanchezza e di sonno per indurre uno stato di dormiveglia rilassante. Raggiunto lo scopo si dovrebbe indurre nel soggetto il fenomeno detto di regressione richiamando la capacità di far riaffiorare ricordi e situazioni di un periodo precedente che può arrivare fino all’infanzia. La regressione ipnotica viene attuata da alcuni anche per tornare ancora più indietro nel tempo, cioè a un tempo vissuto dal soggetto che riporterebbe alla luce altre vite passate e finite, magari, in modo brusco che arrivano a segnare con dei traumi anche la vita presente del soggetto stesso.

Secondo alcuni la regressione ipnotica avrebbe la capacità di far affiorare anche i ricordi traumatici rimossi a causa di presunti rapimenti alieni (abduction): Alcune persone credono di essere state rapite dagli extraterrestri e queste affermazioni non possono essere liquidate con due parole ma vanno approfondite. Un presunto rapimento presenta delle prove da vagliare, cicatrici, impianti o minuscoli oggetti che vengono estratti dal corpo dell’addotto o ricordi che, appunto, emergono dal sonno ristoratore della regressione ipnotica.

Il recupero di un ricordo rimosso  avviene attraverso dei processi che coinvolgono la sfera culturale che più si adatta ai ricordi rinvenuti da chi pratica la regressione stessa. Gli addotti che presentano dettagliati ricordi del rapimento e degli alieni vengono in pratica guidati dai terapeuti in un percorso di ricostruzione che sfocia nel solito cliché di alieni piccoli, grigi e dalla testa a pera.

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Questa pratica non è consigliata da alcun manuale o istituzione medica ma, nonostante ciò, la regressione gode di un notevole sostegno popolare. Non tutti sanno o accettano che è stato ripetutamente provato che non è possibile distinguere tra veri ricordi repressi o ricordi che si formano e fissano grazie alle stimolazioni indotte dalla pratica di regressione. E’ ancora da dimostrare che ricordare un trauma sia essenziale per risolvere un problema. La mente non funziona come un registratore, essa funziona in modo differente, noi percepiamo una parte della realtà che ci circonda e rimescoliamo in continuazione i ricordi.

La rivista Pacific Standard ha definito la terapia di recupero della memoria come l’idea più pericolosa nel campo della salute mentale. Infatti nel 2005 il professore di psicologia Richard McNally del Harvard University scrisse una lettera alla Corte Suprema degli Stati Uniti affermando che “La convinzione che gli eventi traumatici possano essere repressi e poi recuperati è il più pericoloso pezzo di folklore che abbia mai infettato la psicologia e la psichiatria.

[segue]

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La madre ha 63 anni, le figlie 41, 40 e 36: sembrano 4 teen agers

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La madre ha 63 anni, le figlie 41, 40 e 36: sembrano 4 teen agers
La madre ha 63 anni, le figlie 41, 40 e 36: sembrano 4 teen agers

È una famiglia di Taiwan, madre e tre figlie che sembrano aver trovato l’elisir della giovinezza eterna, almeno a giudicare dalle foto che Lure Hsu, una donna di 41 anni, interior designer e fashion blogger pubblica da tempo su Istagram.

Sono molti i suoi followers che, da sempre, si prodigano in complimenti per l’aspetto giovanile della donna, gli stessi che poi sono rimasti stupiti quando Lure ha cominciato a pubblicare le foto delle sorelle e della madre.

Tutte e quattro le donne dimostrano, infatti, meno della metà della loro età anagrafica. Le sorelle Sharon (36) e Fayfay (40) sembrano due studentesse ma la madre, addirittura, una ballerina in pensione, non sembra più vecchia delle figlie. I media taiwanesi hanno coniato per loro la definizione di “famiglia con l’età congelata“.

Il loro segreto? In un’intervista con la rivista “Venerdì” di Taiwan, Lure ha rivelato che la chiave del loro aspetto giovanile starebbe nell’alimentazione a base di verdure e nel bere moltissima acqua.

Secondo Lure è fondamentale l’idratazione della pelle perchè “quando la pelle è abbastanza idratata non è necessario preoccuparsi per le rughe e l’invecchiamento”. Sua sorella Fayfay condivide il consiglio di bere acqua e aggiunge che lei beve ogni mattina anche un bicchiere di acqua tiepida da più di dieci anni.

Insomma, per queste donne taiwanesi l’elisir di eterna giovinezza sarebbe il più comune dei liquidi: l’acqua!

È difficile credere che queste donne abbiano tutte intorno ai 40 anni

Da destra Lure Hsu, 41 anni, la madre, 63 anni, Sharon, 36 anni

In questa foto è presente anche la sorella Fayfay, 40 anni

Secondo Lure la chiave del loro aspetto giovanile è l’alimentazione a base di verdura e acqua

Anche Fayfay consiglia di bere molta acqua, lei aggiunge anche un bicchiere di acqua tiepida ogni mattina

Hsu, 41 anni

Fayfay, 40 anni

Sharon, 36

Fonti: Instagram, Daily mail

Alcuni piatti cretesi da provare assolutamente

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L’isola di Creta è rinomata per le sue spiagge ed il suo mare e molti credono che la sua offerta alimentare sia in linea con la tradizione greca ma non è così: formaggi olio d’oliva e i liquori sono solo una parte della proposta gastronomica di quest’isola posta in mezzo al mediterraneo orientale.

Creta è un’isola selvaggia, dai tratti fieri, caratterizzata dal terreno montuoso ed una cultura tradizionale estremamente radicata. La cucina cretese è rinomata sia in Grecia che a livello internazionale per i suoi ingredienti e sapori unici. Basata su tecniche culinarie semplici è la varietà dei prodotti locali che contraddistingue i piatti: erbe di montagna, bulbi, formaggi unici, pesce fresco, il famoso olio di Creta, e il Raki, un brandy d’uva frizzante.

Non lasciare Creta senza aver provato…

Formaggi cretesi

Sembra che quasi ogni villaggio cretese ha il suo formaggio tipico. Solitamente sono formaggi a base di latte di pecora o di capra, o una combinazione di entrambi e ogni varietà di formaggio ha la sua interpretazione locale. Della legione di deliziosi formaggi prodotti sull’isola sono certamente da provare il Graviera, un formaggio duro, più dolce quando è fresco con poca stagionatura ma che acquisisce un delizioso sapore di nocciola dopo l’invecchiamento. Sono molti anche i formaggi di tipo cremoso come il pichtogalo Chanion o il myzithra , un formaggio fresco dal gusto delicato ricavato dal siero del latte.

Dakos

Dakos

Il dakos è conosciuto in tutta Creta con nomi diversi… Alcuni lo chiamano Koukouvagia (letteralmente ‘civetta’); ad est lo chiamano kouloukopsomo (letteralmente ‘il pane cucciolo’). Che cos’è? Una fantastica insalata greca detta meze, fatta su bruschette di fette biscottate di orzo o Paximadi, non sul pane. Le fette biscottate vengono leggermente imbevute in acqua o olio d’oliva per ammorbidirle e poi vengono condite con pomodoro fresco formaggio grattugiato e myzithra, il formaggio cremoso a base di latte di capra. Il tutto viene poi insaporito con olio extravergine di oliva di Creta e spolverato con sale, origano e pepe.

Lumache fritte (Chochlioi boubouristi)

Non solo i francesi ritengono le lumache una prelibatezza. A Creta le lumache si mangiano da  da millenni. Le chochlios (lumaca in dialetto locale)vengono cucinate fritte con farina e olio caldo in una padella, poi cosparse di vino (o aceto) e portate in tavola. Alcuni aggiungono un pizzico di rosmarino selvatico. Le lumache vengono cotte a mano dalle donne e cotte da vive.

Torte di formaggio cretesi (kaltsounia)

Queste piccole torte possono apparire simili alla moltitudine di torte al formaggio che si incontrano in tutta la Grecia, ma queste sono uniche! Per iniziare, la pasta sfoglia viene fatta obbligatoriamente a mano, di solito a forma di piccole tazze. Il riempimento varia in ogni località e, spesso, di famiglia in famiglia. Si tratta di un impasto che di solito tende verso il dolce, composto da un certo numero di formaggi cretesi come il myzithra o il Malaka , ma non la feta. Il tocco finale è il miele di Creta spalmato sulla parte superiore che rende la torta un’inebriante combinazione di dolce e salato.

Agnello con stamnagathi

Agnello

Come con la maggior parte dei cibi greci, i cretesi hanno una propria versione su come cucinare l’agnello. La loro versione incorpora la stamnagathi, un’erba selvatica molto ricercata nei ristoranti di alto livello locali. L’agnello si cucina saltato in padella con olio d’oliva caldo e origano accompagnato con la stamnagathi verde e la salsa avgolemono (una salsa di uova e limone) o, più semplicemente, una spruzzata di limone fresco.

Gamopilafo

Come suggerisce il nome (Gamos significa ‘matrimonio’ in greco), questo piatto di riso è offerto nei matrimoni tradizionali cretesi. Potrete trovarlo, però, non solo quando l’intero villaggio sta celebrando le nozze nella piazza del paese ma anche in molte taverne cretesi. Come un risotto è preparato in un ricco brodo di carne ricavato dopo aver bollito carne di capra, agnello o gallo. Poi  vi si incorpora una spruzzata di succo di limone e quantità generose di stakovoutiro, un burro ricavato dalla pelle cremosa che si forma sulla parte superiore del latte fresco di capra bollito di capra fresco. Una vera delizia!

Bulbi di montagna (Askordoulakous)

Parte della magia della cucina cretese è dovuta agli ingredienti raccolti sulle colline intorno ai villaggi. Gli Askordoulakous sono bulbi di erbe selvatiche che i cretesi mangiano in insalata fresca, condita con olio e aceto o limone. Ne producono anche una versione sottaceto, oppure in umido con olio d’oliva locale, aceto e farina. I delicati fiori bianchi di questi bulbi sono commestibili, semplicemente cotti o utilizzati in altri piatti.

Carne di maiale affumicato (Hirina apakia)

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Non facile da ricreare al di fuori della Grecia questo succulento piatto di maiale affumicato, realizzato con un processo che dura diversi giorni. Per prima cosa, le strisce di carne di maiale vengono marinate in aceto per diversi giorni. Poi si accende un fuoco bruciando erbe locali quali salvia, alloro e rosmarino e la carne viene appesa sopra di esso ad affumicarsi. Il fumo viene continuamente alimentato per mantenere l’aroma erbaceo che infonderà la carne. Il prodotto finale ha il sapore delle erbe fresche e viene servita fredda, a fette sottili.

Torte Sfakia (pites Sfakianes)

Queste gustose torte sono prodotte in una regione costiera montagnosa della parte meridionale di Creta chiamata Sfakia. A prima vista, queste torte sembrano frittelle ma, oltre alla farina, la pasta contiene, l’olio d’oliva locale, e il raki, un liquore cretese. Oltre a questo, un numero qualsiasi dei vari formaggi cretesi, morbidi di capra o di latte di pecora come il myzithra o il pichtogalo Chanion sono inseriti al centro della torta che viene poi fritta e leggerente spazzolata di olio d’oliva. Prima di mangiarla viene innaffiata con miele di timo o di erica.

Il Brandy di Creta (Raki o Tsikoudia)

In autunno, dopo la vendemmia, gli abitanti dei villaggi cretesi si riuniscono intorno ad alambicchi di rame posti sopra fuochi all’aperto: lo scopo è quello di fare il raki, un’acquavite distillata dalle vinacce  che in ogni taverna e kafeneio (caffè) cretese. il raki è la versione locale della grappa ed è chiamato anche tsikoudia in alcune parti dell’isola. Si beve tutto di un fiato, senza aggiunta di acqua. Il raki non va confuso con l’ouzo, infatti non contiene anice nè altre erbe. I cretesi, di solito, di solito accoppiano il raki con il mezes, olive o fette biscottate di orzo.

Ooparts: un martello straordinario

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di Oliver Melis per Reccom Magazine

La foto sopra ritrae un martello trovato in Texas nel lontano 1934 e che, secondo una tesi sensazionalistica, sembrerebbe provenire da ancora più lontano nel tempo, almeno secondo i tanti sostenitori dei famigerati OOPARTs. La testa del martello sarebbe realizzata in ferro e il manico in legno e sarebbe rimasto imprigionato nell’arenaria. Nel giugno del 1934, la famiglia Hahn lo ha scoperto in una sporgenza di roccia ,accanto a una cascata, al di fuori di London, in Texas.

Il sito risale a milioni di anni fa, e la datazione cambia essendoci informazioni contrastanti in rete, chi data il reperto vecchio di 75 milioni di anni, chi arriva invece lo colloca a 100 milioni di anni fa. La roccia quindi apparterrebbe al periodo Cretaceo. L’oggetto in origine mostrava solo una parte del manico ma in seguito venne spaccata e rivelò un oggetto comunissimo, un martello dalla testa di ferro.

Tesi creazionistiche di Baugh

Carl E. Baugh e altri creazionisti hanno affermato che il blocco e il martello al suo interno, avrebbe dai 500 ai 300 milioni di anni circa (dal Cambriano al Carbonifero), cosa che tuttavia sarebbe in contrasto con la datazione delle rocce di Red Creek databili al basso Cretaceo (110-115 milioni di anni fa). La datazione basata sull’analisi litografica delle rocce attorno l’oggetto non è certa in quanto si conoscono casi in cui alcuni sedimenti si sono induriti intorno ad un oggetto inglobandolo in poche decadi.

Tra il 1997 e il 1999 furono eseguiti degli esami sul manico di legno con il metodo del carbonio-14, che datavano il reperto “da 0 a 700 anni fa”, ma non si conoscono altre informazioni al riguardo.
I creazionisti sostengono che il martello non sia un falso e presentano ulteriori esami svolti dai Batelle Laboratories di Columbus, Ohio, che avrebbero stabilito che il metallo della “testa del martello” è una lega composta al 96,6% di ferro, al 2,6% di cloro e allo 0,74% di zolfo. Baugh ha affermato che questa lega non sarebbe realizzabile con le tecniche metallurgiche moderne.
Secondo i creazionisti la composizione della lega avrebbe delle caratteristiche peculiari che proteggerebbero il martello dalla corrosione e dall’ossidazione. I sostenitori dell’antichità del reperto affermano che un’abrasione fatta per analizzare il metallo non si sarebbe ossidata come avrebbe dovuto fare un oggetto composto di ferro. Nonostante queste affermazioni la fotografia che dovrebbe avvallare questa affermazione, presentata in un sito web “creazionista”, mostra un oggetto arrugginito sia sull’abrasione che altrove.
Una analisi ai raggi X realizzata dal laboratorio Texas Utilities nel 1992, ha mostrato l’assenza di bolle e di variazioni di densità nella testa, questo fatto, normale per colate realizzate con altiforni moderni, ha spinto Baugh e i creazionisti a ipotizzare a una “metallurgia avanzata” posseduta da ipotetiche popolazioni esistite decine di milioni di anni fa.

Il martello non è un reperto di 75 milioni di anni fa

Gli elementi a disposizione ci dicono che il martello non sia altro che un manufatto moderno. Sia le forma dell’oggetto, sia il fatto che non sono presenti aloni delle particelle metalliche che avrebbero dovuto prodursi nella roccia in 75 o 100 milioni di anni, sia la mancata pietrificazione del manico di legno del martello portano a concludere che il reperto non sia un oggetto fuori dal tempo. Per concludere, la roccia che conterrebbe il metallo essendo metamorfica, cioé sottoposta a enormi pressioni e temperature avrebbe dovuto deformare fortemente il metallo e produrre degli effetti anche sul manico, cosa non riscontrata, in ultimo la forma e le dimensioni del reperto sono simili ai martelli prodotti e diffusi negli Stati Uniti tra il 1800 e il 1900. Tutte queste informazioni il martello è di evidente fattura moderna, un oggetto dimenticato da qualcuno durante l’800 e rimasto inglobato nella roccia nel giro di qualche decennio se non una vera e propria mistificazione.

Oliver Melis è owner su facebook delle pagine NWO Italia, Perle complottare e le scie chimiche sono una cazzata

 

Il mostro di Lock Ness

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Il mostro di Lock Ness
Il mostro di Lock Ness

La Criptozoologia è una pseudo scienza che cerca tracce di organismi, o organismi veri e propri, non riconosciuti dalla scienza ufficiale. Uno di questi ipotetici organismi è il famosissimo mostro di Loch Ness, così chiamato per via dei ripetuti presunti avvistamenti nel Loch Ness, un grande lago scozzese.

Storia degli avvistamenti del Mostro di Loch Ness

Per i criptozoologi l’esistenza del mostro sarebbe nota già dal VI secolo dopo Cristo, quando Colomba di Iona, patrono di Irlanda e Scozia, cacciò il mostro dal fiume Ness. Il mito moderno del mostro di Lock Ness o più semplicemente “Nessie” comincia nel 1933, quando George Spicer raccontò al giornale The Inverness Courier di aver visto, assieme alla moglie, un animale dall’aspetto preistorico che aveva attraversato davanti ai loro increduli occhi una delle strade intorno al lago Ness.

La descrizione del mostro preistorico era molto simile a quella del dinosauro sauropode che appariva nel film “King Kong” uscito proprio nel 1933 e che Spice, come tantissimi, vide.

Come purtroppo spesso accade, la notizia finì in mano alla stampa che, soprattutto quella scandalistica, ricamò sul racconto facendo diventare la creatura un terribile “mostro” che abitava il bacino facendone forse il lago più famoso del mondo, meta di tantissimi curiosi e ricercatori che, con scarsa fortuna, hanno dato la caccia al povero Nessie.

A partire dal 1933 gli avvistamenti si moltiplicano a dismisura e, grazie ai tanti curiosi, vennero scattate anche le prime fotografie. Una delle foto più famose è quella del chirurgo, chiamata così perché l’autore, il medico Robert Kenneth Wilson, non concesse al giornale, il Daily Mail il permesso di pubblicare il nome.

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È proprio grazie alla “foto del chirurgo” che il fantomatico mostro è diventato famoso al grande pubblico definendone i tratti caratteristici di animale preistorico, forse un plesiosauro, un rettile acquatico estinto.

La “foto del chirurgo” è però un falso e sicuramente non è l’unica: in realtà si trattava di un sottomarino giocattolo modificato. A ideare la bufala fu il cacciatore, attore e regista, Marmaduke Wetherell, che aveva voluto prendersi una rivincita sul Daily Mail.

Nel 1933 il giornale, cercando di sfruttare la curiosità sul presunto mostro, aveva chiesto a Wetherell di catturare il mostro. Giunto in riva al lago, Wetherell trovò immediatamente delle impronte di un animale enorme e ne fece dei calchi. Gli zoologi del Natural History Museum analizzarono i calchi, ma dopo pochi giorni rivelarono che ogni impronta del presunto mostro era stata lasciata da un’unica zampa di ippopotamo, utilizzata per simulare le impronte del mostro e ovviamente e, giustamente, il Daily Mail si prese gioco dell’incauto cacciatore che però covava vendetta…

Wetherell organizzò la beffa con dei complici: il suo figliastro, Christian Spurling, realizzò la sagoma da montare sul sottomarino, mentre il Colonnello Robert Kenneth Wilson, ginecologo di Londra, fu il famoso “chirurgo” che offrì al tabloid la fumosa storia dell’incontro con la creatura e, soprattutto, la nota fotografia.

Arriviamo al 1975 quando il figlio di Wetherell, Ian, confessò di essere lui l’autore della foto al giornale The Sunday Telegraph, raccontando come il celebre scatto non fosse altro che una beffa.

Nel 1990 David Martin e Alistair Boyd, due appassionati della caccia a Nessie, riscoprirono l’articolo e nel 1993 ritrovarono l’ultimo burlone ancora vivo, Christians Spurling, figliastro di Wetherell, l’autore del modellino. Spurling vuotò il sacco, compresa l’origine delle impronte da cui tutto aveva avuto inizio: la zampa essiccata utilizzata faceva parte di un posacenere in argento, ancora in possesso della famiglia. La storia è raccontata nel libro Nessie: The Surgeon’s Photograph Exposed, Thorne Printing (1999).

Naturalmente la bufala non può provare la non esistenza di Nessie, ci sono molti altri avvistamenti e molte altre foto in giro ma, nonostante la mole di foto e avvistamenti, nessuno ha mai prodotto nulla di concreto che provi una volta per tutte l’esistenza del mostro di Loch Ness.

Inoltre, il lago è torbido e la torbidità limita la fotosintesi e questo non renderebbe certamente possibile l’esistenza di una nutrita famiglia di animali marini di grosse dimensioni.

Loch Ness si è formato circa 10.000 anni fa, quindi non è sufficientemente vecchio da ospitare una famiglia di antichissimi dinosauri che, presumibilmente, si sarebbe dovuta estinguere milioni di anni fa.

I Rods: forma di vita terrestre sconosciuta, alieni o cosa?

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di Oliver Melis per Reccom Magazine

Internet è una vera e propria miniera di informazioni di vario e spesso dubbio genere; alcuni siti, in particolare, riportano nuove eclatanti scoperte che incuriosiscono gli appassionati del mistero. Una delle notizie più curiose che mi è capitato di leggere ultimamente riguarda la scoperta, da parte di un ricercatore del Nuovo Messico, tale José Escamilla, di una forma di vita serpentiforme che vola nei nostri cieli a incredibile velocità e per questo difficile da cogliere se non con fotocamere, queste forme di vita vengono chiamate “Rods”.

I Rods, secondo il ricercatore, sono animali di origine sconosciuta che si spostano a grande velocità e per questo sono osservabili solo rallentando i filmati che casualmente li colgono in volo. Appaiono con una forma allungata e sottile con ai lati una sorta di elica che li avvolge per tutta la lunghezza. Per alcuni il movimento dei Rods è indubbiamente di natura intelligente perché avrebbero effettuato delle manovre per evitare di impattare contro ostacoli o esseri umani. Il loro moto è cosi veloce che solo rallentando i filmati è possibile decifrarne la vera forma.

Il primo avvistamento dei Rods risale al 19 marzo 1994 a Midway (Nuovo Messico), quando furono realizzate delle registrazioni video e nel guardarle poi al rallentatore ci si accorse della presenza di strani oggetti volanti dalla forma elicoidale. Da allora prese forma il mito dei Rods che in tanti reputano essere delle forme di vita terrestri mai scoperte prima o addirittura forme di vita aliene provenienti dallo spazio. Queste strane “forme di vita” furono chiamati col nome di un batterio perché la loro forma ricorda quella di un batterio cilindrico osservato al microscopio.

Successivamente la presenza dei Rods è stata riscontrata sia negli USA che in Messico e anche in Europa, dove vengono chiamati col termine ispanico Barros. Anche in Italia si sono fatti dei filmati che poi una volta vagliati attentamente hanno evidenziato la presenza dei Rods. Proprio la massiccia presenza dei Rods a livello mondiale ha fatto si che il fenomeno avesse però una spiegazione di una semplicità disarmante.

Infatti i Rods non sono altro che degli insetti che lasciano la loro traccia su un fotogramma, ecco perché hanno quella forma e sembrano esseri intelligenti, in realtà lo sono, tutti gli esseri viventi hanno un certo grado di intelligenza e reagiscono all’ambiente circostante. I Rods sono quindi solo insetti ripresi casualmente in volo, grazie alla frequenza con cui sbattono le ali lasciano una traccia apparentemente continua nel filmato assumendo una forma allungata che presenta una specie di vite elicoidale attorno. La loro lunghezza è data dalla velocità dell’insetto, più l’insetto è veloce e più il Rod sembra lungo, mentre le escrescenze a forma di elica intervallate da identici spazi sono il battito d’ali che si sussegue durante il tempo di posa dell’apparecchio.

Oliver Melis è owner su facebook delle pagine NWO Italia, Perle complottare e le scie chimiche sono una cazzata