sabato, Novembre 16, 2024
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Riscaldamento globale e cambiamenti climatici: nuovo rapporto ONU, ci restano solo dieci anni per mettere le cose a posto

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Pensavamo di avere a disposizione diversi decenni e, invece, ci restano circa dieci anni per evitare che il riscaldamento globale, con i conseguenti cambiamenti climatici, diventi irreversibile, provocando danni gravissimi all’ambiente della Terra con conseguenti estinzioni di massa, processo già in corso, di moltissime specie.

Le conseguenze di questo cambiamento saranno imprevedibili ma, sicuramente, non positive, con ricadute pesanti sia sulla quantità e la varietà delel specie viventi sul nostro pianeta, sia per il futuro stesso della razza umana.

È quanto emerge da un nuovo rapporto, appena reso pubblico e coordinato dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), che arriva mentre i governi si preparano per la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a Cancún, in Messico, dal 29 novembre al 10 dicembre.

I risultati mettono in luce l’enorme “divario di emissioni” emesse nel 2020 rispetto agli accordi presi tra le nazioni: quasi nessuno riuscirà a mantenere gli impegni presi relativamente all’emissione di gas serra. In particolare, sono Stati Uniti, Cina ed India i principali colpevoli di eccesso di emissioni ma sono molti gli stati di tutto il mondo che, lungi dal mantenere gli impegni presi in fatto di riduzione delle emissioni, continuano a non mettere in atto politiche davvero efficaci per il contenimento del fenomeno.

I risultati indicano che l’incontro delle Nazioni Unite a Copenaghen potrebbe rivelarsi più un successo che un fallimento se tutti gli impegni, le intenzioni e i finanziamenti, incluso il pieno appoggio alle promesse delle economie in via di sviluppo, saranno soddisfatti“, ha dichiarato, manifestando un certo ottimismo, il direttore esecutivo dell’UNEP, Achim Steiner, sottolineando che, attraverso appositi negoziati, le attuali opzioni sul tavolo “possono ancora farci arrivare quasi al 60 del calo di emissioni previste per il contenimento dell’aumento delel temperature a livello globale.” 

In base all’accordo di Copenaghen, raggiunto lo scorso dicembre, sono stati presi impegni e impegni in materia di emissioni fino al 2020, ma è ormai chiaro che questi sono ampiamente considerati insufficienti per contenere in due gradi l’aumento delle temperature.

Il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climaticoIPCC ), vincitore del premio Nobel per la pace, ritiene che per evitare i peggiori effetti del cambiamento climatico, i paesi industrializzati devono ridurre le emissioni dal 25 al 40%, rispetto ai livelli del 1990, entro il 2020 e che le emissioni globali devono essere dimezzate entro il 2050.

La stima, evidenziata dal rapporto, è che per mantenere il rialzo delle temperature globali entro i due gradi Celsius, o anche meno se possibile, durante il XXI secolo, sarà necessario cominciare ad abbassare il picco delle emissioni globali entro i prossimi dieci anni e non superare emissioni globali per 44 gigatonnellate di CO2 equivalente entro il 2020.

Il rapporto, redatto congiuntamente da oltre 30 scienziati di spicco, afferma inoltre che il pieno rispetto degli impegni dell’Accordo di Copenaghen potrebbe ridurre le emissioni a circa 49 gigatonnellate di CO2 equivalente entro il 2020, lasciando solo un gap di 5 gigatonnellate da colmare.

Le conclusioni dell’IPCC arrivano ad informare che, probabilmente, anche se più ambizioso, sarebbe meglio contenere l’aumento delle temperature entro 1,5°.

Se riusciremo a realizzare questo ambizioso obbiettivo, potremo impedire l’estinzione di altre specie viventi, la distruzione totale del corallo, fondamentale per l’ecosistema marino e permetterà di ridurre la crescita del livello dei mari a dieci centimetri entro il 2100, salvaguardando le isole e le zone costiere. Se invece questo limite dovesse essere superato, avremo un ulteriore aumento delle zone a caldo estremo, piogge torrenziali alternate a priodi di forte siccità, cosa che avrà effetti engativi sulla produzione alimentare, soprattutto nelle zone già in difficoltà, come i paesi del centro Africa, il Mediterraneo e l’America Latina.

 

Dilettanti su Marte

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Marte è sempre sotto i riflettori e, forse anche grazie al fatto ch,e recentemente, è stato ben visibile nel cielo e nel periodo di minima distanza dalla Terra, sono numerosi i ricercatori dilettanti che lo hanno scrutato, attraverso i filmati e le foto pubblicati dalla NASA, interessandosi alle misteriose strutture che, secondo loro, affollano il suolo del pianeta rosso.

Una presunta scoperta finita sulla piattaforma Reddit, fatta da un non precisato ricercatore dilettante, parla di una nuova misteriosa struttura trovata sul suolo Marziano. La struttura sarebbe stata scovata grazie a Google Mars e è stata definita dal suo  misterioso scopritore come “aliena“.

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Le immagini sopra, che mostrano Marte e il misterioso oggetto catturato dall’utente di Reddit, in realtà non ci dicono molto. Resta da aggiungere che il misterioso utente non vuole divulgare le coordinate dell’oggetto su Google Mars spiegando che: “Mi piacerebbe dire a tutti dove si trova questa misteriosa anomalia, ma c’è qualcuno che ci controlla e l’oggetto sarebbe rapidamente individuato e cancellato. Succede ogni volta che trovo qualcosa di strano sul pianeta rosso. Un’intera sezione di Marte è stata eliminata perché ho reso pubblico un determinato luogo dove aevo individuato alcune strutture, quindi per ora non divulgo nulla in merito a questa struttura aliena

Come sappiamo, Marte è sempre nei pensieri di molti ricercatori o presunti tali che pretendono, senza nessun riscontro verificabile, di dimostrare che il nostro vicino cosmico, in passato o forse anche attualmente, era, ed è, un luogo ricco di strutture paragonabili ai resti archeologici di strutture che le passate civiltà umane hanno realizzato sulla Terra.

Non è la prima volta e, probabilmente, non sarà l’ultima che notizie sesazionalistiche del genere compaiono sul web, condite da dichiarazioni talmente assurde dal sfiorare il ridicolo, soprattutto quando si chiamano in causa sonde e robot come i rover della NASA Curiosity e Opportunity che durante il loro lavoro di ricerca avrebbero individuato e fotografato misteriore strutture piramidali o a forma di cupola.

Davvero qualcuno può ritenere che le agenzie spaziali internazionali in generale, e la NASA in particolare, siano così superficiali da pubblicare online, a dispiszione di tutti, immagini dai contenuti compromettenti nel caso facessero parte di un comlotto mondiale teso a nascondere alal gente la verità sui nostri vicini planetari?

Nulla di tutto questo risponde al vero, le varie agenzie spaziali al lavoro sul pianeta rosso e altrove non sono certamente parte di un complotto che cela chissà quali segreti, anzi, se nel sistema solare ci fossero i segni di una civiltà simile alla nostra, avrebbero tutto l’interesse a divulgare le scoperte per ricevere dal Governo più fondi destinati ad ampliare l’esplorazione spaziale per approfondire la consocenza di tali strutture.

Viceversa, le agenzie spaziali nazionali lottano continuamente con la scarsità dei fondi messi a disposizione dai governi, a parte, forse la Cina, mentre sarebbe fondamentale, per noi, imparare il più possibile sui pianeti del nostro sistema solare, in particolare proprio su Marte e Venere, la cui conoscenza approfondita potrebbe aiutarci a scongiurare il mutamento climatico in corso sul nostro pianeta.

La presenza di un numeroso gruppo di appassionati che studiano per conto loro, da dilettanti, le immagini pubblicate dei numerosi pianeti ed oggetti del nostro sistema solare è un buon segno, la passione e l’interesse potrebebro contribuire ad accrescere uns entimento positivo dell’opinione pubblica verso l’esplorazione spaziale, spingendo i governi a stanziare maggiori fondi per la ricerca e l’esplorazione.

A patto che le notizie diffuse siano veritiere e non bufale.

Ci risiamo, un’altra stazione spaziale cinese sta per rientrare in atmosfera

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Il CMSEO ha annunciato la  deorbitazione controllata del laboratorio spaziale cinese Tiangong-2, un veicolo spaziale da 8,6 tonnellate, utilizzato per testare il supporto vitale avanzato con la missione Shenzhou-11 a due equipaggi nel 2016, oltre ai test di rifornimento in orbita della navicella spaziale Tianzhou-1 nel 2017. Queste serie di test sono stati effettuati in previsione della messa in orbita della nuova stazione spaziale cinese di classe MIR.

Secondo quanto riferito da Lin Xiqiang, responsabile dell’agenzia spaziale cinese, il laboratorio spaziale funziona normalmente e “la temperatura e la pressione della cabina sperimentale soddisfano tutti i requisiti di lavoro“. La stazione spaziale continuerà ad operare regolarmente effettuandoe sperimenti e rilievi della superficie terrestre fino alla deorbitazione, che avverrà in un momento indefinito che potrà avvenire dal luglio 2019 in poi.

Tiangong-2 è attualmente in orbita a 394 chilometri di quota, secondo le ultime informazioni pubblicate dal Comando spaziale della forza congiunta del Comando Strategico USA, attraverso il Joint Space Operations Center.

A giugno l’orbita di Tiangong-2 è stata abbassata di circa 100 chilometri in un apparente test dei sistemi di propulsione. È auspicabile che, questa volta, la Cina si attenga alla massima trasparenza sullo stato della stazione, affinchè non si arrivi alla stessa situazione che si verificò la scorsa primavera con un rientro fuoti controllo della stazione spaziale Tiangong-1. L’agenzia spaziale cinese avrebbe dato rassicurazioni che, questa volta, il rientro verrà avviato mentre la stazione sarà ancora sotto controllo.

Islam: il miraggio dell’integrazione

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di Beatrice Ciminelli

La poligamia, il ripudio quale forma di scioglimento del vincolo matrimoniale, la disuguaglianza sostanziale dei diritti e doveri tra coniugi all’interno della famiglia, la differenza di religione quale impedimento al matrimonio; questi e altri aspetti del diritto islamico contrastano con inderogabili principi fondamentali dell’ordinamento italiano, quali il carattere monogamico del matrimonio, la parità degli sposi nella famiglia da essi costituita così come previsto dall’art. 29 Cost., l’importanza attribuita al libero consenso prestato dalle parti al momento della conclusone del contratto matrimoniale o della celebrazione del matrimonio canonico, l’inesistenza di impedimenti di natura religiosa.
Inoltre, per il diritto islamico, non c’è equiparazione tra filiazione biologica, che nasce dal concepimento in un rapporto legittimo e filiazione adottiva, mentre viene riconosciuto un istituto di garanzia per il minore cui venga a mancare il nucleo familiare.

Un problema che ha notevole rilevanza pratica riguarda la separazione tra maschi e femmine nella società e nello specifico ambito medico. Con la diffusione nel mondo islamico della sanità pubblica, ad esempio, si è determinato il problema di conciliare l’esigenza di assicurare la cura del paziente in armonia con il rispetto delle norme islamiche: in molti paesi islamici, la quasi totalità dei medici sono di sesso maschile, ma il diritto vieta alle donne di avere qualunque forma di intimità con uomini che non abbiano con loro rapporti coniugali o di parentela.
Una donna deve essere curata da un medico donna, o in alternativa il medico deve evitare il contatto e la vista diretti del corpo femminile e comunque non deve restare solo con la paziente. Solo in caso di pericolo di vita, queste prescrizioni possono essere disattese, in quanto il diritto islamico antepone all’esigenza personale delle cure mediche, l’esigenza collettiva del rispetto della moralità e del pudore.

Per ciò che riguarda il diritto penale, il diritto islamico non presenta una distinzione tra reato e peccato. I reati hudud sono i più gravi e il giudice ha nei loro riguardi un potere discrezionale molto limitato. La flagellazione e la pena di morte colpiscono i reati contro Allah, quali l’apostasia, la bestemmia o l’adulterio. Pene corporali severe vengono applicate a reati gravi come il furto o il brigantaggio. Questi reati vengono sempre perseguiti d’ufficio, perché rivolti contro Dio e lo Stato è il vicario di Dio sulla terra.
Alla seconda categoria appartengono i delitti di sangue (reati qisas). Anche qui le pene sono determinate dal Corano e dalla sunna, quindi la discrezionalità del giudice è limitata. Essi sono puniti con la legge del taglione, la quale – a discrezione della vittima o della sua famiglia – può essere sostituita dal prezzo del sangue o del perdono.
La terza categoria di reati – detti tazir – comprende infine quei comportamenti che, di epoca in epoca, sono stati considerati nocivi alla buona convivenza sociale, ma per i quali né il Corano, né la sunna prevedono pene specifiche. La loro punizione ricade quindi nell’ambito della discrezionalità del giudice. Risulta perciò difficile fissarne con precisione le fattispecie, perché variano di luogo in luogo e di epoca in epoca. E’ possibile individuarli soprattutto ex negativo: i reati che non sono né hudud né qisas sono tazir.
I vari tipi di reato si distinguono in base alla fattispecie, alla prova richiesta e alla punizione prevista;

Reati hudud: adulterio, diffamazione, apostasia, brigantaggio, uso di bevande alcoliche, furto, ribellione.
Reati qisas: omicidio volontario con un’arma, omicidio volontario, omicidio per fatto involontario, omicidio indiretto, lesione corporale volontaria, lesione corporale involontaria.
Reati tazir: sodomia; importazione, esportazione, trasporto, produzione o vendita di vino; reati minori (disobbedienza al marito, insulti a terzi); diserzione; appropriazione indebita, falsa testimonianza; evasione fiscale; vari reati minori; reo recidivo per un reato tazir; usura, corruzione, violazione dei doveri derivanti da negozi fiduciari.

Poiché l’integrazione passa attraverso il rispetto delle regole del nostro Stato, la religione islamica non ha ancora stipulato alcuna Intesa ai sensi dell’art. 8 della Costituzione Italiana, a causa di valori incompatibili con la nostra civiltà.

Nuove ipotesi sulla nascita della vita

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di Oliver Melis

Come si sono formate le lunghe e complesse catene di molecole biologiche a partire dai piccoli frammenti molecolari esistenti sul nostro pianeta circa 4 miliardi di anni fa?

Ancora oggi è un mistero che la scienza non ha svelato, nonostante i tentativi fatti in passato.

Nel tempo, gli scienziati hanno formulato molte ipotesi, tenendo conto delle situazioni ambientali e supponendo che i minerali presenti nel suolo abbiamo, in qualche modo, fatto da catalizzatori, allineando e unendo i vari mattoncini che poi sono andati a comporre molecole più complesse e, infine, la vita.

Secondo la teoria più accreditata, questa si sarebbe formata a partire dall’organizzazione casuale di molecole di acidi nucleici, Dna e Rna, che portano le informazioni genetiche e che sono presenti in tutti gli esseri viventi conosciuti. Queste molecole sono molto lunghe  e complesse, formate da milioni di elementi chiamati “nucleotidi” o “basi“, uniti da legami chimici in filamenti, assemblati a coppie per formare, nel Dna, una doppia elica.

La formazione spontanea di molecole così complicate a partire da singole basi selettivamente legate tra loro, è uno dei punti ancora oscuri.
Tommaso Bellini, professore di fisica applicata alla Statale di Milano, spiega di aver seguito, con il suo gruppo, un’ipotesi diversa, che guarda alla “natura stessa delle molecole“.

Nel 2015, infatti, il gruppo guidato da Bellini aveva già pubblicato su Nature uno studio che dimostrava la tendenza del Dna a disporsi spontaneamente in strutture ordinate.

Le prime forma di vita comparse sul nostro pianeta potrebbero essere nate proprio cosi, aggregandosi grazie alla presenza di cristalli che, pur avendo una forma ordinata, si comportano come un liquido simile a quelli oggi in uso negli schermi delle Tv, dei computer e dei telefoni cellulari; questo, almeno, è quanto suggerisce lo studio pubblicato sulla rivista Acs Nano dai biofisici dell’Università Statale di Milano in collaborazione con l’Università Humanitas di Milano e quella del Colorado a Boulder.

Ora abbiamo scoperto che lo stesso vale anche per l’Rna, la più antica molecola della vita comparsa ancora prima del Dna“, precisa il fisico. “Nei nostri esperimenti abbiamo visto che se concentriamo in provetta dei piccoli frammenti di Rna, questi tendono a formare strutture ordinate classificabili come cristalli liquidi. In presenza di elementi chimici non biologici, che dunque potevano essere presenti anche prima della vita, l’unione dei frammenti di Rna avviene ancora meglio“.

Questo dimostra che il processo di formazione delle prime molecole della vita, da sempre considerato complesso, potrebbe avere in realtà una spiegazione più semplice del previsto, “perché queste molecole hanno una tendenza all’ordine che finora non è mai stata considerata appieno“.

Individuata la prima luna extrasolare?

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di Oliver Melis

Secondo due riceratori della Columbia University, la potenziale esoluna avrebbe le dimensioni di Nettuno o Urano.

Gli astronomi potrebbero aver scoperto il primo satellite naturale di una pianeta al di fuori del nostro sistema solare, un colosso di gas delle dimensioni di Nettuno.

Sono ormai migliaia i pianeti individuati al di fuori del nostro sistema solare ma. finora, non era stata individuata nessuna luna attorno ad uno di quei mondi. Due ricercatori della Columbia University, nei giorni scorsi hanno presentato dell prove in base alle quali avrebbero individuato una luna extrasolare.

La luna sarebbe considerevolmente più grande della Terra, forse delle dimensioni di Nettuno o di Urano. Il pianeta intorno al quale orbiterebbe dovrebbe essere grande all’incirca come Giove. Questo singolare accoppiamento tra una luna gigante ed un pianeta gassoso si troverebbe a 8.000 anni luce di distanza dal sistema solare.

I ricercatori Alex Teachey e David Kipping hanno valutato 284 pianeti al di fuori del nostro sistema solare individuati dal Kepler Space Telescope della NASA. Solo un pianeta prometteva di ospitare una luna, orbitante attorno alla stella conosciuta come Kepler-1625, che è più antica del nostro sole e ne ha all’incirca le dimensioni.

Lo scorso ottobre, la coppia di ricercatori ha diretto l’Hubble Space Telescope sulla stella nel tentativo di verificare, o escludere, la possibilità che una luna orbitasse attorno al pianeta Kepler-1625b. Stavano cercando un secondo oscuramento temporaneo della luce della stella. Il principale passaggio nella luminosità stellare verrebbe effettuato dal pianeta stesso che passa di fronte alla sua stella. Un altro passaggio potrebbe essere causato da una luna.

Il telescopio Hubble, più potente e preciso, ha rilevato un secondo e minore decremento della luce stellare di 3 ore e mezza dopo che il pianeta è passato davanti alla stella: “come un cane che segue al guinzaglio“, ha detto Kipping. Il periodo di osservazione, tuttavia, terminò prima che la luna potesse completare il suo transito. Ecco perché gli astronomi hanno bisogno di altre verifiche con Hubble, si spera che la prossima primavera.

“La prima luna extrasolare è ovviamente una teoria straordinaria e richiede prove straordinarie“, ha detto Teachey. “Inoltre, le dimensioni che abbiamo calcolato per questa luna, quelle di Nettuno, sono state a malapena previste e anche in questo caso è necessario fare attenzione.”

Se davvero fosse una luna, orbiterebbe a circa 3 milioni di chilometri dal suo pianeta e apparirebbe due volte più grande nel suo cielo, della nostra Luna. Gli astronomi sono incerti su come questa potenziale luna potrebbe essersi formata, date le sue dimensioni.

Se confermata, questa scoperta potrebbe scuotere completamente la nostra comprensione di come si formano le lune e di cosa possono essere fatte“, ha detto in una dichiarazione il capo della missione scientifica della NASA, Thomas Zurbuchen.

Secondo i ricercatori, un’altra prova convincente a favore di una luna è che il pianeta è passato davanti alla sua stella più di un’ora prima del previsto. Una luna potrebbe causare quel tipo di passaggio incerto e traballante.

Kipping ha detto che è come la Terra e la Luna apparirebbero da lontano. Questo particolare pianeta si trova all’incirca alla stessa distanza dalla sua stella come la Terra è distante dal sole.

Un altro pianeta potrebbe causare la stessa spinta gravitazionale, hanno osservato i ricercatori, anche se le osservazioni di Keplero si sono rivelate vuote a tale riguardo. Kepler-1625b è l’unico pianeta finora individuato intorno a questa stella.

Per Teachey e Kipping, la spiegazione migliore e più semplice è che Kepler-1625b abbia una luna.

Abbiamo fatto del nostro meglio per escludere altre possibilità“, ha detto Kipping ai giornalisti. “Ma non siamo riusciti a trovare altre ipotesi che possano spiegare tutti i dati che abbiamo.”

Le loro scoperte sono state pubblicate sulla rivista Science Advances. Il vicedirettore della rivista, Kip Hodges, ha elogiato i ricercatori per il loro tono cauto, dato il difficile e complicato processo di identificazione di una luna extrasolare.

Se questa scoperta resiste ad un ulteriore analisi, rappresenta una pietra miliare nel campo dell’astronomia“, ha detto Hodges.

Gli astronomi della Columbia hanno affermato che potrebbero essere in grado di raggiungere questo obiettivo già dal prossimo anno, se riusciranno ad avere a disposizione per più tempo il telescopio Hubble. Nel frattempo, stanno incoraggiando altri scienziati ad aderire alla ricerca.

Confermata o meno, questa ricerca ci offrirà maggiori informazioni circa la rarità, o la tipicità, del nostro stesso sistema solare.

Le lune sono abbondanti nel nostro sistema solare, sono quasi 200. Degli otto pianeti nel nostro sistema solare, solo Mercurio e Venere non ne posseggono.

Dato che sia il pianeta che la sua luna potenziale sono giganti gassosi, ovviamente non possono sostenere la vita come noi la conosciamo.

Ma andando avanti, penso che stiamo aprendo le porte alla ricerca di mondi del genere“, ha concluso Teachey.

Fonte: Snopes.com

Ritorno alla Luna: Lockheed Martin presenta il suo progetto per un lander riutilizabile – video

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Il gigante dell’industria aerospaziale Lockheed Martin ha presentato il suo progetto per una navetta – shuttle spaziale riutilizzabile a un solo stadio, in grado di trasportare quattro astronauti, facendo la spola tra il Lunar Gateway, posto in orbita cislunare, e la superficie dalla Luna.

Per fare un confronto, il lander lunare utilizzato dalla NASA durante il programma Apollo trasportava due persone e pesava 4,7 tonnellate senza propellente. La navetta della Lockheed peserà 22 tonnellate a vuoto e arriverà a 62 tonnellate a pieno carico.

Il lander della Lockheed sarà ancorato al Lunar Orbital Platform-Gateway, la stazione spaziale che la NASA intende iniziare a costruire in orbita lunare nel 2022. Secondo quanto spiegato dalla Lockheed, il lander potrà sganciarsi dal Gateway, portando gli astronauti e una tonnellata di carico sulla superficie lunare. L’imbarcazione e l’equipaggio potrà rimanere sulla superficie della Luna per un massimo di due settimane, quindi potrà tornare al Gateway senza necessità di rifornimento. Il rifornimento del lander tra una missione e l’altra, col tempo, sarà garantito con propellente derivato dal ghiaccio d’acqua estratto dalla luna o dagli asteroidi.

Il design del lander sfrutta molte tecnologie drivate dallo sviluppo della capsula Orion, che Lockheed sta costruendo per la NASA. La navetta Orion, lanciata dallo Space Launch System (SLS), anch’esso in fase di sviluppo, servirà gli astronauti della NASA ad esplorare destinazioni dello spazio profondo, come la luna e Marte, hanno detto i funzionari della NASA.

Orion ha già effettuato un volo di test senza equipaggio nel dicembre 2014, una breve missione all’orbita terrestre. La NASA ha in programma un nuovo volo di prova senza equipaggio nel 2020,  l’Exploration Mission 1, che servirà anche come debutto dell’SLS. (Il volo Orion del 2014 utilizzò un razzo United Launch Alliance Delta IV Heavy). Nel corso dell’Exploration Mission 1, Orion raggiungerà l’orbita lunare e trascorrerà circa tre settimane nello spazio. La prima missione Orion-SLS con equipaggio, l’Exploration Mission 2, è attualmente programmato nel 2023.

Il lander proposto dalla Lockheed potrebbe essere attivo e funzionante entro la fine del 2020, in linea con la tempistica che la NASA ha stabilito per il ritorno alla Luna. Anche il Lander utilizzerà l’SLS per esser lanciato verso il Lunar Gateway.

lander gateway

Il Lander progettato dalla Lockheed è un po’ più grande di quanto indicato nelle specifiche della NASA, la ragione di questo sforamento delle specifiche sta nella voglia del gigante dell’industria aerospaziale di portarsi avanti con il lavoro: il lander lunare è stato progettato come precursore di un lander destinato ad atterrare su Marte nel previsto progetto di esplorazione del pianeta rosso chiamato “Mars Base Camp“, proposto dalla compagnia. Si tratta di una stazione spaziale che verrebbe posizionata nell’orbita di Marte e che, come il Lunar gateway, funzionerebbe da avamposto operativo per misisoni esplorative con equipaggio della superficie marziana e delle due lune di Marte Phobos e Deimos.

https://www.youtube.com/watch?v=lLzIZnOEI6k

Hayabusa 2 ha calato con successo il lander Mascot sull’asteroide Ryugu

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I due piccoli hoppers depositati dalla sonda giapponese Hayabusa 2 sulla superficie dell’asteroide Ryugu, ora hanno compagnia.

Un lander delle dimensioni di una scatola da scarpe chiamato  Mobile Asteroid Surface Scout  (MASCOT) è stato calato sulla superficie di Ryugu dalla sua nave madre, la sonda giapponese Hayabusa 2: Mascot ha toccato la superficie di Ryugu alle 01.57 GMT di oggi.

Non sarebbe potuta andare meglio“, ha dichiarato il project manager di MASCOT Tra-Mi Ho, dell’Istituto dei sistemi spaziali DLR di Brema, in Germania. (DLR è l’acronimo tedesco del Centro aerospaziale tedesco, che ha costruito MASCOT in collaborazione con l’agenzia spaziale francese, il CNES).

MASCOT ha già iniziato a raccogliere dati con i suoi quattro strumenti scientifici di bordo, una macchina fotografica, un radiometro, uno spettrometro e un magnetometro. Il lander, dal peso di dieci chilogrammi, è dotato di una batteria che dovrebbe mantenerlo in fuzione per 16 ore dopo il touchdown.

MASCOT ha scattato 20 foto durante la sua lenta discesa verso Ryugu, e queste immagini sono immagazinatte nella memoria di Hayabusa 2, in attesa di essere trasmesse. Le osservazioni fatte dal magnetometro prima della separazione (avvenuta quando Hayabusa2 era posizionata 51 metri, sopra Ryugu) sono già arrivate sulla Terra.

Le misurazioni mostrano il vento solare relativamente debole ed i forti disturbi magnetici causati dal veicolo spaziale“, ha spiegato il membro del team MASCOT Karl-Heinz Glaßmeier, dell’Università tecnica di Braunschweig in Germania. “Al momento della separazione, ci aspettavamo una chiara diminuzione del campo di interferenza e, in effetti, siamo stati in grado di riconoscerlo chiaramente“.

Come i due robottini saltellanti MINERVA-II1A e il MINERVA-II1B, il MASCOT può  muoversi saltellando, cosa che grazie ad un “braccio oscillante” metallico. Il lander può usare questo braccio per spostarsi sulla superficie di Ryugu, una caratteristica importante, perché MASCOT ha bisogno di essere dalla parte giusta per raccogliere dati e trasmetterli ad Hayabusa2.

La missione Hayabusa 2 dal costo di 150 milioni di dollari,  è stata  lanciata a dicembre 2014 ed è arrivata in orbita attorno a Ryugu alla fine di giugno di quest’anno. La sonda ha al suo interno un altro rover: la tramoggia “opzionale”MINERVA-II2, che potrebbe raggiungere la superficie di Ryugu il prossimo anno.

Sempre nel 2019, l’orbiter stesso scenderà sulla roccia spaziale, appoggiandosi delicatamente alla sua superficie per prelevare dei campioni di terreno dalla sua superficie. Questo materiale rientrerà sulla Terra a bordo di una capsula nel dicembre 2020.

Si ritiene che i dati raccolti surante la missione più gli esami del campione di roccia di Ryugu che verrà riportato sulla Terra dovrebbero aiutare a fare luce sulla storia del sistema solare e sul ruolo che gli asteroidi ricchi di carbonio come Ryugu potrebbero aver giocato nella creazione della vita sulla Terra.

Un “mesone strano” scoperto al CERN insieme a due nuovi “barioni inferiori”

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Il Large Hadron Collider (LHC), ha appena scoperto almeno due particelle precedentemente sconosciute.

L’anello sotterraneo di 27 chilometri vicino a Ginevra ha recentemente scoperto due barioni e segni di un’altra particella, come riporta un comunicato dell’Organizzazione europea per la ricerca nucleare (CERN), che gestisce l’LHCI barioni sono particelle subatomiche fondamentali composte ciascuna da tre quark. I quark, a loro volta, sono particelle ancora più piccole che hanno diversi “sapori” : up, down, sopra, sotto, strani e incantati.

Ogni tipo di barione ha un diverso mix di quark. I protoni, per esempio, sono barioni e consistono in due quark up e uno down quark a testa, secondo quanto riportato dal comunicato. Le due particelle appena scoperte sono classificate come barioni inferiori.

Il primo, chiamato Σb (6097) +, è composto da un quark down e due quark up, mentre il secondo, Σb (6097) –, è costituito da un quark down e due quark down.

L’esperimento LHCb (b sta per bellezza) ha individuato queste particelle distruggendo i protoni e osservando il tasso di fondo di alcuni eventi di decadimento delle particelle. L’esperimento ha cercato “urti” o picchi al di sopra di tale velocità, che potrebbero indicare segnali di particelle precedentemente sconosciute, continua il comunicato.

Particelle simili erano state osservate in un precedente esperimento fatto al Fermilab in Illinois, ma quelle particelle differivano in quanto avevano meno massa rispetto ai loro fratelli appena scoperti. I barioni down scoperti al CERN sono circa 6 volte più massicci dei protoni. Il numero “6097” si riferisce alla loro massa in milioni di elettronvolt o MeV. (La massa di un protone è di circa 938 MeV).

Per quanto riguarda la terza potenziale particella, i ricercatori hanno individuato alcuni segnali della sua esistenza, senza averla però individuata. Denominata Z sub c  (4100), questa particella potrebbe essere un mesone strano, un tipo di particella instabile che esiste brevemente durante collisioni ad alta energia e che consiste di due quark e due antiquark.

Le collisioni effettuate durante l’esperimento al CERN hanno mostrato alcune prove dell’esistenza di questo mesone sfuggente, ma l’evidenza era al di sotto della soglia statistica che i fisici usano per rivendicare la “scoperta” di una nuova particella.

Fonte: Live Science

NASA e ROSCOSMOS stanno studiando una missione congiunta su Venere

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Da molto tempo siamo ormai concentrati principalmente su Marte come pianeta dove possiamo immaginare sia, o sia stata possibile, la vita e come possibile destinazione per viaggi di esplorazione e possibili colonie spaziale.

Eppure, esiste un pianeta che è davvero il gemello della Terra, almeno come dimensioni e gravità: Venere.

Le poche missioni che sono riuscite a scendere sulla superficie del pianeta sono durate pochi minuti ma sono riuscite ad inviare alcune immagini di una bellezza struggente che ci dicono che forse all’umanità potrebbe piacere vivere in quel posto, se l’atmosfera non fosse velenosa e le temperature proibitive. Le sue nuvole sono fatte di acido solforico, la sua superficie è così calda che si scioglierebbe persino piombo, ed i suoi venti soffiano costantemente, spazzando la superficie con la forza di un uragano.

Ecco perché sono state poche le sonde che sono riuscite a sopravivere al tuffo nell’armosfera ed a trasmettere informazioni. D’altra parte, i planetologi di tutto il mondo sono alla disperata ricerca di una migliore comprensione di ciò che accade sulla superficie del pianeta e stanno progettando un nuovo lander in grado di resistere alle dure condizioni ambientali di Venere. Questo lander è, per ora, chiamato Venera-D.

In realtà, non c’è ancora nulla di ben definito, siamo ancora allo stadio degli studi di concetto in cui si sta cercando di capire quali sono le domande scientifiche cui si vorrebbe che la missione trovasse risposta e quali componenti possano rispondere meglio a tali domande. Nel frattempo si è accertato che la prima finestra utile per il lancio si presenterà nel 2026.

La missione sarà uno sforzo congiunto compiuto da NASA e ROSCOSMOS. Come sappiamo, se la NASA ha acquisito una esperienza particolare per lùinvio di misisoni su Marte, la russa ROSCOSMOS si trova praticamente nella situazione inversa.

Ora, le due agenzie stanno collaborando per discutere un nuovo tipo di missione di Venere: un lander che potrebbe sopravvivere sulla superficie mortale del pianeta non solo per giorni, ma mesi, trasmettendo conoscenze scientifiche cruciali su quel mondo infernale.

Tale processo si concentra sull’elaborazione di un elenco di varie priorità scientifiche e degli strumenti necessari per affrontarle.

Si stanno stabilendo gli obiettivi specifici della missione, come far atterrare la sonda incolume su Venere e fare in modo che possa lavorare dall’alba al tramonto per mesi. Venere ruota in senso inverso rispetto alla Terra ed un giorno dura più di un anno.

Un’altro aspetto interessante da affrontare per una missione su Venere sarebbe l’osservazione dell’attività vulcanica,  in particolare la composizione della lava. Gli scienziati hanno visto molte prove di attività vulcanica, come un canale lungo 7.700 chilometri, più lungo del corso del fiume Nilo, qui sulla Terra: “Quel canale non può essere stato scavato dall’acqua, quindi deve essere stata la lava. Qui sulla Terra, qualche colata lavica può fare qualcosa del genere ma è raro. “Anche se non sai nulla di geologia, la tua risposta è … ‘Wow è strano.'” Ha spiegato Tracy Gregg, co-presidnete di missione.

Ci sono un sacco di misteri scientifici da provare ad spiegare. “Venere è strana, ha cose che nessuno è stato in grado di spiegare“, ha detto la Gregg.

Arrivare su Venere è molto più facile che andare su Marte, non a caso Venere viene spesso sfruttata dalle sonde destinate verso il sistema solare esterno (ma la sonda solare Parker sta facendo proprio questa operazione per avvicinarsi al sole alla velocità giusta, in questi giorni) per sfruttare l’effetto fionda del suo pozzo gravitazionale e accelerare la propria velocità di crociera senza consumare carburante.

Il rapporto finale sulla fattibilità e sulel specifiche di missione sarà presentato a fine gennaio 2019.

Se tutto andrà bene, nel 2026 l’uomo proverà a tornare su Venere.