mercoledì, Aprile 2, 2025
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La ricerca di risposte sul nucleo interno della Terra e la super rotazione

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Uno dei misteri più grandi della geofisica sono i movimenti del nucleo più interno del nostro pianeta, la Terra. Il suolo sotto nostri piedi ci appare solido e rassicurante ma ha un limite ben preciso. In profondità sotto la superficie del pianeta, il nucleo interno caldissimo è circondato da un involucro liquido, il nucleo esterno fuso, separato da una zona chiamata mantello dalla crosta terrestre.

Questa disposizione stratificata e ben suddivisa, pone diverse domande, la più importante delle quali è chiamata super-rotazione: se il nucleo interno della Terra non è solidale al mantello per via del nucleo esterno fluido, in che modo ne influenza la rotazione?

Le ipotesi sulla super-rotazione suggeriscono che il nucleo interno della Terra ruota a una velocità diversa rispetto alla velocità di rotazione della Terra stessa, che è circa una rotazione completa ogni 24 ore. Il tasso di super-rotazione del nucleo interno è stato discusso dagli scienziati per decenni, ma ora una nuova analisi del sismologo John Vidale, dell’Università della California del Sud, offre una stima che i geofisici devono considerare.

Nel suo studio, Vidale esamina le onde sismiche retrodiffuse rilevate da due test nucleari separati, condotti dall’Unione Sovietica nell’arcipelago della Novaya Zemlya, nella Russia settentrionale, nel 1971 e nel 1974.

Quando queste esplosioni nucleari sono state effettuate, oltre quattro decenni fa, la potenza dell’esplosione è stata rilevata dalle stazioni sismiche di tutto il mondo, tra cui la Large Aperture Sismic Array (LASA): la prima grande matrice sismica al mondo, costruita nel Montana nel 1965.

Analizzando i dati di LASA e misurando il movimento del nucleo interno in base alle onde sismiche rilevate, Vidale ha stimato che il nucleo interno ruotava di circa 0,07 gradi in più rispetto al resto del pianeta ogni anno tra il 1971 e il 1974.
Se il suo tasso è giusto, significa che se ti fermassi in un punto all’equatore per un anno, la parte del nucleo interno che era precedentemente sotto di te si sposterebbe in un punto ad oltre 6 chilometri di distanza“, spiega Maya Wei-Haas in un rapporto sulla ricerca stilato per National Geographic .

Per quanto riguarda i calcoli della super-rotazione, Vidale afferma che la sua nuova stima è più precisa delle precedenti approssimazioni, una delle quali, in particolare, è la sua. Nel 2000, Vidale faceva parte di un team che analizzava gli stessi dati dei test nucleari rilevati dall’array Montana e calcolava una super-rotazione più veloce per il periodo 1971-1974, pari a 0,15 gradi all’anno. Nel nuovo studio, Vidale spiega che la sua ultima stima fornisce una maggiore risoluzione e beneficia di miglioramenti nella correzione, elaborazione e interpretazione dei dati.

Ma c’è un altro motivo per cui le cifre sono diverse, infatti questo è un campo molto teorico della scienza: si tratta di esaminare una parte del pianeta Terra sepolto a grande profondità e surriscaldato, impossibile studiare da vicino; la ricerca è ancora agli inizi. L’intera teoria della super-rotazione è stata proposta negli anni ’70 , ma il primo modello e le prime prove sismiche sono apparse solo negli anni ’90, pochi anni prima della pubblicazione della ricerca di Vidale del 2000.

Gli scienziati hanno anche altre spiegazioni sul perché le nostre letture e stime sui tassi di super-rotazione apparenti del nucleo interno sono diverse. In uno studio pubblicato a maggio si evidenzia che le discrepanze potrebbero essere dovute a variazioni della superficie del nucleo interno stesso, che potrebbero spiegare incoerenze in altre analisi.

Se questa visione fosse corretta, potremmo avere a che fare con un dilemma ancora più grande sul centro della Terra. Solo il tempo, e molti più scienziati disposti a accettare la sfida, troveranno forse la soluzione.

Fonte: https://www.sciencealert.com

Alcune interessanti proposte di oggi su Amazon

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Un candidato “pesante” per la materia oscura

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Quasi un quarto dell’universo si trova letteralmente avvolto dall’oscurità. Secondo le teorie dei cosmologi, il 25,8% della materia dell’universo è costituito da materia oscura, la cui presenza è segnalata essenzialmente dalla sua attrazione gravitazionale.

Cosa sia, in realtà, questa sostanza rimane un mistero. Hermann Nicolai, direttore del Max Planck Institute for Gravitational Physics di Potsdam, e il suo collega Krzysztof Meissner, dell’Università di Varsavia, hanno ora proposto un nuovo candidato: un gravitino super pesante.

L’esistenza di questa particella ancora ipotetica deriva da un’ipotesi che cerca di spiegare come lo spettro osservato di quark e leptoni nel modello standard della fisica delle particelle potrebbe emergere da una teoria fondamentale. Inoltre, i ricercatori descrivono un possibile metodo per rintracciare effettivamente questa particella.

Il modello standard della fisica delle particelle comprende i mattoni della materia e le forze che le tengono insieme. Afferma che ci sono sei diversi quark e sei leptoni che sono raggruppati in tre “famiglie”. Tuttavia, tutto ciò che ci circonda e noi stessi siamo costituiti solo da tre particelle della prima famiglia: i quark up e down e l’elettrone, che è un membro della famiglia leptonica.

Fino ad ora, questo modello standard consolidato è rimasto invariato. Il Large Hadron Collider (LHC) al CERN di Ginevra è stato messo in servizio una decina di anni fa con lo scopo principale di esplorare ciò che poteva trovarsi al di là del modello standard. Tuttavia, dopo dieci anni di acquisizione dei dati, gli scienziati non sono riusciti a rilevare nuove particelle elementari, a parte il bosone di Higgs, nonostante le aspettative ampiamente contrarie. In altre parole, fino ad ora, le misurazioni dell’LHC non sono riuscite a fornire alcun suggerimento di “nuova fisica” oltre il modello standard. Questi risultati sono in netto contrasto con le numerose estensioni proposte di questo modello che suggeriscono che dovrebbero esistere un gran numero di nuove particelle.

In un precedente articolo pubblicato su Physical Review Letters, Hermann Nicolai e Krzysztof Meissner hanno presentato una nuova ipotesi che cerca di spiegare perché solo le particelle elementari già note si presentano come elementi elementari di base della materia in natura – e perché, contrariamente a quanto si pensava in precedenza , non si prevedono nuove particelle nella gamma di energia accessibile a esperimenti futuri attuali o immaginabili.

Inoltre, i due ricercatori postulano l’esistenza di gravitini superpesanti, che potrebbero essere candidati molto insoliti per la materia oscura. In una seconda pubblicazione, pubblicata di recente sulla rivista Physical Review D, hanno anche presentato una proposta su come rintracciare questi gravitini.

Nel loro lavoro, Nicolai e Meissner riprendono una vecchia idea del vincitore del Premio Nobel Murray Gell-Mann basata sulla teoria “N = 8 Supergravity”. Un elemento chiave della loro proposta è un nuovo tipo di simmetria a dimensione infinita che ha lo scopo di spiegare lo spettro osservato dei quark e dei leptoni noti in tre famiglie. “La nostra ipotesi in realtà non produce particelle aggiuntive per la materia ordinaria che dovrebbero quindi essere messe in discussione perché non si presentano negli esperimenti con l’acceleratore“, afferma Hermann Nicolai. “Al contrario, la nostra ipotesi in linea di principio può spiegare esattamente ciò che vediamo, in particolare la replica della divisione di quark e leptoni in tre famiglie“.

Tuttavia, i processi che avvengono nel cosmo non possono essere spiegati interamente dalla materia ordinaria di cui siamo già a conoscenza. Un segno di questo sono le galassie: ruotano ad alta velocità e la materia visibile nell’universo – che rappresenta solo circa il 5% della materia nell’universo – non dovrebbe essere sufficiente a tenerle insieme. Finora, tuttavia, nessuno sa di cosa sia fatto il resto, nonostante numerosi suggerimenti. La natura della materia oscura è quindi una delle più importanti domande senza risposta in cosmologia.

L’aspettativa comune è che la materia oscura sia costituita da una particella elementare e che non sia stato ancora possibile rilevare questa particella perché interagisce con la materia ordinaria quasi esclusivamente attraverso la forza gravitazionale“, afferma Hermann Nicolai.

Il modello sviluppato in collaborazione con Krzysztof Meissner offre un nuovo candidato per una particella di materia oscura di questo tipo, sebbene con proprietà completamente diverse da tutti i candidati discussi finora, come gli assioni o i WIMP. Quest’ultimo interagisce solo debolmente con la materia nota. Lo stesso vale per i gravitini molto leggeri che sono stati più volte proposti come candidati per la materia oscura in relazione alla supersimmetria a bassa energia.

Tuttavia, la presente proposta va in una direzione completamente diversa, in quanto non assegna più un ruolo primario alla supersimmetria, anche se lo schema discende dalla massima supergravità N = 8. “In particolare, il nostro schema prevede l’esistenza di gravitini super pesanti, che – a differenza dei soliti candidati e a differenza dei gravitini leggeri precedentemente considerati – interagirebbero fortemente ed elettromagneticamente con la materia ordinaria“, afferma Hermann Nicolai.

La loro grande massa significa che queste particelle possono esistere solo in forma molto diluita nell’universo; in caso contrario, “chiuderebbero” l’universo e porterebbero così al suo crollo.

Secondo il ricercatore del Max Planck, in realtà non ne occorrerebbero molti per spiegare il contenuto di materia oscura nell’universo e nella nostra galassia: sarebbe sufficiente una particella per 10.000 chilometri cubi. La massa della particella postulata da Nicolai e Meissner si trova nella regione della massa di Planck, cioè circa un centomilionesimo di chilogrammo. In confronto, protoni e neutroni – i mattoni del nucleo atomico – sono circa dieci quintilioni (dieci milioni di miliardi) volte più leggeri. Nello spazio intergalattico, la densità sarebbe persino molto più bassa.

La stabilità di questi gravitini pesanti dipende dai loro insoliti numeri quantici (cariche)“, afferma Nicolai. “Nello specifico, semplicemente non ci sono stati finali con le corrispondenti cariche nel modello standard in cui questi gravitini potrebbero decadere, altrimenti sarebbero scomparsi poco dopo il Big Bang“.

Le loro interazioni forti ed elettromagnetiche con la materia nota possono rendere queste particelle di materia oscura più facili da rintracciare nonostante la loro rarità estrema. Una possibilità è quella di cercarli con misurazioni del tempo di volo dedicate nel sottosuolo, poiché queste particelle si muovono molto più lentamente della velocità della luce, a differenza delle normali particelle elementari originate dalla radiazione cosmica, ma penetrerebbero senza sforzo attraverso Terra a causa della loro grande massa, come una palla di cannone che non può essere fermata da uno sciame di zanzare.

Questo fatto dà ai ricercatori l’idea di usare il nostro stesso pianeta come un “paleo-rivelatore“: la Terra orbita nello spazio interplanetario da circa 4,5 miliardi di anni, durante i quali deve essere stata penetrata da molti di questi enormi gravitini. Nel farlo, queste particelle dovrebbero aver lasciato tracce di ionizzazione lunghe e diritte nella roccia, ma potrebbe non essere facile distinguerle dalle tracce causate da particelle note. “È noto che le radiazioni ionizzanti causano difetti reticolari nelle strutture cristalline. Potrebbe essere possibile rilevare reliquie di tali tracce di ionizzazione in cristalli che rimangono stabili per milioni di anni a causa del loro lungo tempo di esposizione”, conclude Hermann Nicolai.

Fonte: Phys.org

Oltre TESS: i futuri cacciatori di esopianeti

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Alla prima conferenza scientifica annuale TESS, che si è tenuta al Massachusetts Institute of Technology dal 29 luglio al 2 agosto, i ricercatori hanno condiviso il primo anno di risultati scientifici ottenuti dal Transiting Exoplanet Survey Satellite (TESS) della NASA.

TESS ha finora rilevato ben 993 nuovi mondi di qui 28 sono già confermati. Alcuni di questi mondi si trovano all’interno della “zona abitabile” della loro stella, il che significa che potrebbero essere in grado di sostenere l’acqua liquida sulla loro superficie.

Ma oltre a parlare delle scoperte fatte da TESS, i ricercatori non vedono l’ora di sapere cos’altro possiamo imparare da questi esopianeti. Alla conferenza sono state presentate due missioni di follow-up che cercheranno di farlo: TARdYS (lo spettrografo Tao Aiuc ad alta risoluzione con banda Y) e CHEOPS (Characterising Exoplanet Satellite).

TARdYS, è una collaborazione tra l’Harvard College Observatory e la Pontificia Universidad Católica de Chile, è un telescopio terrestre progettato per analizzare la “velocità radiale” e la massa di un esopianeta.
Osservando il cambiamento di colore della stella di un esopianeta – leggermente blu se si sposta verso l’osservatore e leggermente rosso se si allontana – i ricercatori possono valutare il rimorchio gravitazionale di un esopianeta e ottenere una stima minima per la massa del pianeta.

TARdYS si concentrerà sull’emisfero celeste meridionale, che TESS ha studiato durante il suo primo anno di attività. Sarà uno degli unici spettrografi nel vicino infrarosso incentrati su quella regione.
Surangkhana Rukdee, la ricercatrice che ha presentato TARdYS alla conferenza e che ha lavorato al progetto per il suo dottorato, ha detto a Space.com che “TARdYS sarà una grande risorsa per esplorare ulteriormente gli esopianeti scoperti da TESS”.

TESS, utilizza il metodo chiamato “transito“, il metodo cerca cali di luminosità della stella madre quando un pianeta le orbita davanti rispetto alla prospettiva di chi osserva. Il metodo del transito aiuta a determinare le dimensioni del pianeta, ma per avere altri dati, quali la densità e la massa è utile avere il follow-up da un osservatorio a terra per confermare il rilevamento.
Avendo dati sia dalla misurazione del transito sia dalla velocità radiale, possiamo raccogliere campioni ben definiti, in particolare quelli simili alla Terra, per caratterizzare ulteriormente le atmosfere degli esopianeti“, ha spiegato Rukdee in una email a Space.com.

L’approccio del sistema TARDyS verificherà i risultati ottenuti da TESS e integrerà le misure di velocità radiale in corso, come lo spettrografo ESPRESSO dell’Osservatorio europeo meridionale. Inoltre TARDyS cercherà anche alcuni nuovi pianeti extrasolari.
Il telescopio sarà installato presso l’Osservatorio Atacama dell’Università di Tokyo e dovrebbe iniziare le operazioni nel 2020, ha affermato Rukdee.

Un altro telescopio che mira a esplorare ulteriormente i risultati degli esopianeti è CHEOPS, una missione unica nel suo genere da parte dell’Agenzia spaziale europea (ESA) in collaborazione con la Svizzera. CHEOPS è un piccolo satellite scientifico progettato per utilizzare la fotometria ad alta precisione per saperne di più sulla densità degli esopianeti di dimensioni tra la Terra e Nettuno. Studiare tali caratteristiche aiuterà i ricercatori a saperne di più sulla struttura interna, sulla composizione e sull’evoluzione dei mondi alieni, ha detto la scienziata del progetto CHEOPS Kate Isaak.

Abbiamo la massa degli esopianeti dalle osservazioni terrestri grazie a CHEOPS, e quindi siamo in grado di determinarne la densità e da ciò, saremo in grado di imparare qualcosa sulla struttura del pianeta – di cosa è probabilmente fatto. E da quello… potremo capire qualcosa sulla formazione e l’evoluzione di questi pianeti più piccoli.”

Un aspetto che differenzia CHEOPS da TESS, ha raccontato Isaak a Space.com, è la capacità del primo di orientarsi e puntare diversi esopianeti precedentemente identificati nel cielo. A volte TESS può solo intravedere il transito di un esopianeta poiché lo strumento scansiona sistematicamente il cielo, ma CHEOPS sarà un po ‘più flessibile. Secondo Isaak ciò aiuterà l’osservatorio a individuare potenziali obiettivi per missioni future, come il James Webb Space Telescope della NASA.

Siamo in grado di cercare pianeti che hanno ancora e possono mantenere le loro atmosfere, quindi, forniremo i migliori obiettivi [eseguendo] questa caratterizzazione del primo passo, e poi saremo in grado di dire:” OK, questi sono i migliori obiettivi per il follow-up con il James Webb Space Telescope o i più grandi telescopi terrestri del futuro“.

E in una delle sue caratteristiche più interessanti, CHEOPS fornirà agli scienziati di tutto il mondo l’accesso al telescopio. Ha affermato che il 20% del tempo di osservazione di CHEOPS all’anno sarà messo a disposizione degli “osservatori ospiti” e che l’uso del telescopio sarà assegnato esclusivamente a fini scientifici attraverso inviti annuali a presentare proposte. Le prime proposte sono già state accettate.

CHEOPS dovrebbe essere portato in orbita entro la fine dell’anno.

Fonte: Space.com

“Dark Energy” – Una quinta forza, una nuova forma di materia o cosa?

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Un esperimento recentemente effettuato con lo scopo di capire se l’energia oscura – la forza sconosciuta che sta causando l’espansione dell’universo a un ritmo accelerato – è una “quinta” forza che agisce sulla materia non ha trovato prove a conferma dell’ipotesi. “La scoperta dell’energia oscura ha notevolmente cambiato il modo in cui pensiamo alle leggi della natura“, ha affermato Edward Witten, uno dei principali fisici teorici del mondo che opera all’Institute for Advanced Study di Princeton, New Jersey, che è stato paragonato a Newton ed Einstein.

Alcuni fisici propongono che l’energia oscura sia una “quinta” forza oltre le quattro già note – nucleare, gravitazionale, elettromagnetica e forte e debole. Tuttavia, i ricercatori ritengono che questa quinta forza possa essere “schermata” o “nascosta” per oggetti di grandi dimensioni, rendendone difficile il rilevamento.

L’energia oscura è incredibilmente strana, ma in realtà per me ha senso che sia passata inosservata“, ha detto il fisico vincitore del Premio Nobel Adam Riess, che non faceva parte dello studio, in un’intervista rilasciata a The Atlantic. “Non ho assolutamente idea di cosa sia l’energia oscura. L’energia oscura sembra abbastanza forte da spingere l’intero universo – eppure la sua fonte è sconosciuta, la sua posizione è sconosciuta e la sua fisica è altamente speculativa”.

Ora, i ricercatori dell’Imperial College di Londra e dell’Università di Nottingham hanno testato la possibilità che questa quinta forza agisca su singoli atomi e non hanno trovato prove per questo nel loro esperimento più recente. Ciò potrebbe escludere teorie popolari sull’energia oscura che modificano la teoria della gravità e lasciano meno posti per cercare la quinta forza inafferrabile.

L’esperimento, eseguito all’Imperial College di Londra e analizzato dai teorici dell’Università di Nottingham, è stato pubblicato su Physical Review Letters.

Questo esperimento, che collega la fisica atomica e la cosmologia, ci ha permesso di escludere un’ampia classe di modelli che sono stati proposti per spiegare la natura dell’energia oscura e ci consentirà di porre dei limiti a molti altri modelli sull’energia oscura“, ha affermato Ed Copeland, del Center for Astronomy & Particle Physics dell’Università di Nottingham.

L’esperimento ha testato teorie sull’energia oscura che propongono che la quinta forza sia relativamente più debole quando c’è più materia intorno, al contrario di come si comporta la gravità. Ciò significherebbe che è forte nel vuoto dello spazio, ma è debole in presenza di abbondante quantità di materia.

In questo esperimento, i ricercatori hanno testato un peso maggiore con un peso incredibilmente piccolo – un singolo atomo – in cui questa quinta forza dovrebbe manifestarsi nel caso esistesse.

 

Il team ha utilizzato un interferometro atomico per verificare se vi fossero forze aggiuntive che potrebbero essere la quinta forza che agisce su un atomo. Una sfera metallica di grandi dimensioni è stata posta in una camera a vuoto e gli atomi sono stati lasciati muoversi liberamente all’interno della camera.

La teoria alla base dell’esperimento sta nell’ipotesi che in presenza di una eventuale quinta forza che agisse tra la sfera e l’atomo, il percorso previsto dell’atomo dovrebbe deviare leggermente passando nei pressi della sfera. Tuttavia, non è stata rilevata alcuna deviazione e quindi non è stata rilevata nessuna quinta forza.

Molto, molto tempo fa, quando l’universo aveva solo circa 100.000 anni ed era costituito essenzialmente da una massa di particelle e radiazioni in espansione – si accese uno strano nuovo campo di energia“, scrive Dennis Overbye per The New York Times Science. “Quell’energia pervase il giovanissimo universo con una sorta di antigravità cosmica, offrendo una fortissima spinta di espansione“.

 

Tensione di Hubble

Dopo altri 100.000 anni circa, questo campo si è semplicemente spento, senza lasciare traccia se non un universo in espansione accelerata, afferma un team di astronomi dell’Università John Hopkins guidato da Adam Riess, illustre professore di Bloomberg e premio Nobel, esperto nella costante di Hubble. In un balzo audace e speculativo nel passato, il team ha ipotizzato l’esistenza di questo campo per spiegare un enigmatico puzzle astronomico: l’universo sembra espandersi più velocemente di quanto dovrebbe.

Un mistero crescente sull’universo, noto come tensione di Hubble, è che sembra espandersi molto più velocemente di quanto previsto anche con la nostra più recente comprensione delle sue condizioni iniziali“, afferma Riess. La loro ricerca è la prima a fornire una possibile spiegazione per questo fenomeno, cioè che l’universo primordiale ricevette un’infusione di energia oscura subito dopo il Big Bang che ne accelerò l’espansione. Si tratta di una spiegazione che corrisponde a tutte le osservazioni. Questa teoria mostra come questa “tensione” possa effettivamente rivelare una nuova caratteristica dell’universo. Fa anche previsioni che possono essere testate in modo che più misurazioni dovrebbero dirci se è corretta.

Un campo di forza ET?

Un’ipotesi per il meccanismo dell’espansione cosmica in accelerazione si chiama quintessenza, qualcosa di simile al campo di Higgs che permea il cosmo. l’astrofisico Caleb Scharf in Nautil.us ipotizza che, forse, una forma di vita intelligente, circa 5 miliardi di anni fa, ha scoperto come attivare quel campo.

Un’idea bizzarra ma stimolante, che riecheggia un po’ il pensiero del famoso paper del 1979 del cosmologo Freeman DysonTime Without End“, dove ipotizzava le capacità della vita nel lontano, lontano futuro di agire su scala astrofisica in un universo aperto che non ha bisogno di evolversi in uno stato di quiescenza permanente. Dove la vita e la comunicazione possono continuare per sempre.

Forse la vita iper-avanzata non è solo esterna. Forse è già tutta intorno. È incorporata in ciò che percepiamo essere la fisica stessa, dal comportamento radicale di particelle e campi ai fenomeni di complessità ed emergenza”, afferma Scharf, ricercatore presso la Columbia University e direttore del Columbia Astrobiology Center. “Ciò che pensiamo potrebbe essere l’effetto di forze misteriose come l’energia oscura e la materia oscura nell’Universo, potrebbe effettivamente essere l’influenza dell’intelligenza aliena – o forse persino gli stessi alieni“.

Fonte: Daily Galaxy

“Starman” ha appena compiuto un giro completo intorno al Sole

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Diciotto mesi fa, la compagnia spaziale di Elon Musk, SpaceX, lanciò nello spazio con successo il suo primo razzo Falcon Heavy, attualmente il più potente del mondo, nello spazio con a bordo una Tesla Roadster di proprietà Musk. Per rendere più divertente il lancio, Musk mise un manichino vestito con una tuta spaziale chiamato “Starman” sul sedile del guidatore della Roadster, con trametteva in loop infiniti la canzone  Space Oddity di David Bowie durante il viaggio.

La Tesla Roadster con il suo guidatore, infine, furono lanciati su un percorso che l’ha portati ad intersecare l’orbita di Marte prima di tornare ad avvicinarsi alla Terra.

Da allora, Starman ha trascorso più di 550 giorni nello spazio.

Secondo il sito WhereIsRoadster.com, un sito indipendente che traccia la posizione in tempo reale dell’auto, il veicolo dovrebbe avere completato la sua prima orbita intera intorno al Sole domenica scorsa, dopo avere percorso oltre un miliardo di chilometri dal lancio dello scorso anno.

Se la batteria funzionasse ancora, Starman avrebbe ascoltato Space Oddity  151.881 volte dal momento suo lancio“, afferma il sito di localizzazione. Ma questo non è molto probabile, poiché la batteria della Tesla doveva durare solo circa 12 ore dopo il decollo, come spiegò Musk al briefing post-lancio del Falcon Heavy al Kennedy Space Center l’anno scorso.

La posizione attuale dello Starman è a circa 250 milioni di miglia dalla Terra, secondo il sito di localizzazione.

La Roadster rosso ciliegia era stata originariamente inviata su un percorso che avrebbe dovuto posizionarla nell’orbita di Marte, tanto che, a causa delle condizioni non sterili dell’auto, gli scienziati planetari si erano preoccupati della possibile contaminazione batterica nel caso si fosse schiantata contro il pianeta rosso, il che avrebbe potuto confondere gli sforzi per cercare la vita su Marte.

Ma un successivo calcolo dell’astrofisico dell’Università di Toronto Hanno Rein ha stimato che la Roadster ha molte più probabilità di schiantarsi sulla Terra, su Venere o sul Sole entro i prossimi 10 milioni di anni.

Come previsto da quel calcolo, lo scorso novembre, Starman ha superato l’orbita di Marte proseguendo verso la cintura di asteroidi.

L’auto si sta attualmente allontanando dalla Terra a una velocità di circa 1400 chilometri l’ora, secondo WhereIsRoadster.com. Avrà un nuovo flyby con Marte il 7 ottobre del prossimo anno e si avvicinerà relativamente alla Terra ogni 30 anni.

Dopo il suo terzo sorvolo della Terra, il percorso della Roadster diventerà sempre più caotico e imprevedibile a causa dell’influenza gravitazionale terrestre che causerà piccoli cambiamenti in alcuni dei parametri orbitali dell’auto ogni volta che si avvicinerà.

Di UFO, mutilazioni, basi segrete e impianti “alieni”

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Si, gli UFO esistono; ovviamente, sono “oggetti volanti non identificati” e “non identificati” significa semplicemente che ciò che il testimone oculare ha visto non è stato riconosciuto, a quel tempo e in quelle circostanze.

Ci sono un sacco di cose nel cielo che una persona non è in grado di identificare solo con una rapida occhiata ma, che una persona preparata in un campo come ad esempio, il volo, la meteorologia o l’astronomia potrebbe riconoscere senza difficoltà. Una persona potrebbe fare delle esperienze insolite, che non capirebbe, ma uno psicologo saprebbe spiegarle.
Le esperienze di avvistamento UFO che potrebbero apparire insolite alla stragrande maggioranza delle persone potrebbero essere spiegate non studiando il cielo ma capendo la nostra mente.

Noi esseri umani siamo alla ricerca continua di schemi nel mondo che ci circonda e il nostro cervello cerca di dare un senso a cose che non afferriamo in un breve lasso di tempo.

Spesso chi racconta di essere entrato in contatto con un alieno o di aver visto un UFO viene preso per pazzo, ma questo potrebbe capitare a chiunque. Ci sono persone che hanno sviluppato un vero e proprio senso critico sulle esperienze che vivono e altre che invece non essendo in grado di spiegare un avvenimento pensano che nessuno può spiegarlo e, allora, l’esperienza sarà etichettata come misteriosa.

Nel corso degli anni alcuni esperienze che alcuni definivano sensazionali e misteriose sono state ridimensionate, una di esse molto in voga negli anni sessanta è quella che riguarda le “mutilazioni animali” causate, secondo alcuni ufologi, da extraterrestri.

Fin dalla seconda metà degli anni ’60, centinaia di cadaveri di animali sono stati trovati con caratteristiche insolite o inspiegabili, tra cui il drenaggio del sangue e la rimozione dei loro organi con “precisione chirurgica” o parti cauterizzate.

La predazione del bestiame ha afflitto allevatori e agricoltori per millenni, ma non è stato fino agli ultimi decenni, che coincide con l’interesse del grande pubblico per gli UFO, che qualcuno ha pensato di attribuire le misteriose mutilazioni e le morti agli alieni. La ricerca ha dimostrato che le caratteristiche “misteriose” sono in effetti abbastanza ordinarie e sono causate da processi di decadimento naturale e attacchi di animali predatori.

Curiosamente, esattamente gli stessi fenomeni sono stati attribuiti non solo agli alieni ma anche ai culti satanici e alla temuta creatura chupacabra del folklore ispanico.

Un’altra storia che dopo essere caduta nel dimenticatoio per trent’anni è quella dell’area 51 che in qualche modo si collega ai fatti del presunto crash di Roswell.

La storia degli ufologi: larea 51 sarebbe il luogo “segreto” dove il governo degli Stati Uniti custodisce e studia corpi e velivoli extraterrestri, compresi gli sfortunati (e mal addestrati) piloti alieni che si schiantarono a Roswell. Alcuni sostengono addirittura che si tratti di una base di atterraggio utilizzata ufficialmente per le astronavi.

La vera storia: tutto nasce dal fatto è che il pubblico non è a conoscenza di ciò che accade all’interno della base militare vicino a Groom Dry Lake, Nevada (nota grazie alle cronache con il nome di Area 51). È una base militare top secret, e naturalmente ci sono ragioni perfettamente legittime di governo e militari per mantenere segreti gli scopi della base che chiaramente non hanno nulla a che fare con alieni o dischi volanti; c’è anche chi ha suggerito che la base sia in realtà una discarica per rifiuti tossici (Leslie Stahl di 60 minutes). Non c’è nessun motivo di pensare che la base nasconda alieni, UFO o altro, ma dove c’è segretezza, pensano alcuni, ci sarà cospirazione.

Un’altro fatto, anche questo collegato ad alieni e area 51 racconta la storia di alcuni addotti, o “rapiti dagli alieni” che avrebbero subito l’impianto di oggetti sconosciuti.

La storia: come parte di esperimenti nefasti, gli alieni hanno impiantato vari oggetti nei corpi degli esseri umani rapiti. Le vittime hanno trovato piccoli oggetti estranei nei loro corpi e cosi capiscono di essere stati rapiti. Diversi impianti alieni sono stati recuperati e, quando vengono testati scientificamente, vengono trovati indistruttibili o di materiali non reperibili sulla Terra.

La vera storia: Joe Nickell, editorialista della rivista Skeptical Inquirer, ha osservato che “dal 1994 molti presunti impianti sono stati recuperati chirurgicamente ma sono notevolmente diversi da come vengono descritti: uno sembra un frammento di vetro, un altro un pezzo di metallo triangolare, un altro ancora una fibra di carbonio, e così via. Nessuno si trovava nel cervello o nella cavità nasale, mentre veniva recuperato dalle, mani, piedi, orecchio esterno, ecc .  alcuni erano accompagnati da cicatrici mentre altri no. Come sanno i medici, un oggetto estraneo può entrare nel corpo senza che ce ne accorgiamo, durante una caduta o mentre corriamo a piedi nudi sulla sabbia o sull’erba, anche come una scheggia proveniente da un oggetto di impatto più grande”. Le persone trovano ogni sorta di cose strane nei loro corpi, ma finora nessuno è di origine aliena.

Fonte: Space.com

Un passo avanti verso una teoria della gravità quantistica

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Una nuova ricerca incentrata sull’effetto Unruh ha stabilito una serie di condizioni necessarie che le teorie della gravità quantistica devono soddisfare.

La fisica quantistica, sin dal suo sviluppo nei primi anni del XX secolo, è diventata una delle aree scientifiche di maggior successo e ben evidenziate. Ma, nonostante tutti i successi sperimentali, c’è un’ombra di cui non riesce a liberarsi.

Nonostante si sia riusciti ad integrare con successo le tradizionali forze, elettromagnetica, nucleari deboli e forti, – tre delle quattro forze fondamentali – la fisica quantistica deve ancora trovare il modo di integrare in sé la gravità.

Questo impedisce di integrare nella fisica quantistica anche la teoria della relatività generale di Einstein. Pertanto, i fisici stanno da tempo cercando di sviluppare una teoria quantistica della gravità.

Ora una collaborazione tra i ricercatori del SISSA (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati), dall’Università Complutense di Madrid e dall’Università di Waterloo – ha permesso di identificare le condizioni sufficienti e necessarie che il limite di bassa energia delle teorie della gravità quantistica deve soddisfare per preservare le caratteristiche principali dell’effetto Unruh.

Qualsiasi nuova teoria della fisica deve tener conto di questo effetto e questo significa che anche le teorie della gravità quantistica devono prevedere l’effetto Unruh e le sue previsioni (che sono descritte di seguito).

Il nuovo studio – pubblicato sulla rivista Physical Review Letters -  fornisce un solido quadro teorico per discutere le modifiche all’effetto Unruh causate dalla microstruttura dello spazio-tempo.

Eduardo Martin-Martinez, un assistente professore nel Dipartimento di Matematica Applicata di Waterloo, elabora il lavoro del team: “Quello che abbiamo fatto è stato analizzare le condizioni per avere l’effetto Unruh e abbiamo scoperto che, contrariamente a quanto generalmente ritenuto dalla comunità scientifica, la risposta termica per i rivelatori di particelle può avvenire senza uno stato termico“.

Le scoperte del team sono importanti perché l’effetto di Unruh esiste nel confine tra la teoria quantistica dei campi e relatività generale e gravità quantistica, che dobbiamo ancora capire.

Quindi, se qualcuno volesse sviluppare una teoria su ciò che accade al di là di ciò che sappiamo della teoria dei campi quantistici e della relatività, dovrebbe garantire che vengano soddisfatte le condizioni che abbiamo identificato nei loro limiti di bassa energia.”

Cosa è l’effetto Unruh?

L’effetto Unruh è stato descritto per la prima volta da Stephen Fulling nel 1973, seguito da Paul Davies nel 1975 e William G Unruh – da cui prende il nome – nel 1976.

L’effetto Unruh prevede che un osservatore posto in un quadro di riferimento non inerziale – uno che sta accelerando – osserverebbe fotoni e altre particelle in uno spazio apparentemente vuoto mentre un altro osservatore posto in un sistema di riferimento inerziale vedrebbe un vuoto in quella stessa area.

In altre parole: una conseguenza dell’effetto Unruh è che la natura di un vuoto nell’universo dipende dal percorso intrapreso attraverso di esso.

Come analogia, consideriamo un universo con una temperatura costante pari a zero e in cui non viene generato calore dagli effetti dell’attrito o dei contributi di energia cinetica. Un termometro fermo avrebbe il suo livello di mercurio stabilmente a zero.

Ma l’effetto Unruh presuppone che se quel termometro fosse agitato da un lato all’altro, la temperatura misurata non sarebbe più zero. La temperatura misurata sarebbe proporzionale all’accelerazione a cui è sottoposto il termometro.

Raúl Carballo-Rubio, ricercatore post dottorato presso la SISSA, in Italia, spiega ulteriormente: “Gli osservatori inerziali e accelerati non concordano sul significato di ‘spazio vuoto. Ciò che un osservatore inerziale che trasporta un rivelatore di particelle identifica come un vuoto non viene sperimentato come tale da un osservatore che accelera attraverso quello stesso vuoto. Il rivelatore accelerato troverà particelle in equilibrio termico, come un gas caldo“.

Spiega inoltre che, di conseguenza, è ragionevole aspettarsi che qualsiasi nuova fisica che modifichi la struttura della teoria dei campi quantistici a brevi distanze induca deviazioni da questa legge.

Carballo-Rubio continua: “Anche se probabilmente tutti sarebbero d’accordo sul fatto che queste deviazioni debbano essere presenti, non vi è consenso sul fatto che tali deviazioni siano grandi o piccole in un dato quadro teorico. Questo è esattamente il problema che volevamo capire”.

Definire le condizioni che le teorie della gravità quantistica devono soddisfare

I ricercatori hanno analizzato la struttura matematica delle correlazioni di un campo quantico in strutture al di là della teoria dei campi quantistici standard.  Il risultato di questa analisi è stato quindi utilizzato per identificare le tre condizioni necessarie che sono sufficienti per preservare l’effetto Unruh.

Le previsioni a bassa energia delle teorie della gravità quantistica possono essere costruite dai risultati. I risultati di questa ricerca forniscono gli strumenti necessari per fare queste previsioni in un ampio spettro di situazioni.

Avendo potuto determinare come l’effetto di Unruh viene modificato dalle alterazioni della struttura della teoria dei campi quantistici, nonché dalla relativa importanza di queste modifiche, i ricercatori ritengono che lo studio fornisca un solido quadro teorico per discutere e forse testare questo particolare aspetto come una delle possibili manifestazioni fenomenologiche della gravità quantistica.

Ciò è particolarmente importante e appropriato anche se l’effetto non è stato ancora misurato sperimentalmente, poiché si prevede che sarà verificato in un futuro non così lontano.


Ricerca originale: https://journals.aps.org/prl/abstract/10.1103/PhysRevLett.123.041601

Scoperto un nuovo stato della materia che può potenziare il calcolo quantistico

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Un gruppo di fisici ha scoperto un nuovo stato della materia che può portare a significativi progressi nell’informatica quantistica e nella memorizzazione dei dispositivi. Lo stato è chiamato superconduttività topologica e può essere utilizzato per accelerare enormemente i calcoli.

Gli scienziati hanno concentrato la loro ricerca sui bit quantistici (qubit), utilizzati per elaborare i valori nel calcolo quantistico. Invece di usare 1 e 0, usano le proprietà che possono essere trovate in un sistema quantistico, come lo spin dell’elettrone o la polarizzazione di un fotone. Questo approccio promette che questo tipo di elaborazione potrà aumentare in modo significativo il volume e la velocità di elaborazione dei dati.

imgCredito: New York University.

In particolare, i fisici hanno cercato di escogitare un modo per impiegare particelle o fermioni di Majorana, che sono le loro stesse antiparticelle e possono eventualmente immagazzinare informazioni quantistiche in spazi di calcolo protetti, lontano dal rumore ambientale che porta a errori.

Il nuovo stato scoperto dai ricercatori potrebbe essere usato per far apparire particelle prive di errori e stabili e usarle per il calcolo.

Il team che includeva Javad Shabani della New York University e membri dello Shabani Lab , Igor Zutic dell’Università di Buffalo e Alex Matos-Abiague della Wayne State University, ha esaminato e misurato il passaggio da uno stato quantico regolare al nuovo stato topologico. Gli scienziati sperano che la loro scoperta porti a grandi progressi.

La scoperta della superconduttività topologica in una piattaforma bidimensionale apre la strada alla costruzione di qubit topologici scalabili non solo per archiviare informazioni quantistiche, ma anche per manipolare stati quantici privi di errori“, ha spiegato Shabani.

L’articolo originale, intitolato “Phase signature of topological transition in Josephson Junctions” è disponibile sul server di preprint ArXiv.

La NASA si prepara ad inviare reattori nucleari nello spazio

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Mentre l’industria dell’energia nucleare sta lottando per rimanere a galla negli Stati Uniti, impantanata dalla sfiducia pubblica e politica, schiacciata dai costi di manutenzione dei rifiuti nucleari e da un mercato inondato di gas naturale a buon mercato, il paese ha grandi piani per sfruttare l’energia nucleare al di fuori dei suoi confini nazionali. Molto fuori. 

Tra pochi anni, gli Stati Uniti spediranno reattori nucleari sulla Luna e su Marte. Secondo i membri del team del progetto Kilopower, un’iniziativa in collaborazione tra la NASA ed il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, l’energia nucleare è vicina ad entrare nell’era spaziale. 

Il progetto Kilopower è uno sforzo tecnologico a breve termine per lo sviluppo di concetti e tecnologie preliminari che potrebbero essere utilizzati per un sistema nucleare a fissione accessibile per consentire soggiorni di lunga durata su superfici planetarie“, afferma la Space Technology Mission Directorate della NASA. In termini generali, l’obiettivo del progetto Kilopower è quello di utilizzare un reattore sperimentale a fissione per alimentare gli avamposti con equipaggio sulla Luna e su Marte, consentendo a ricercatori e scienziati di rimanere e lavorare per periodi di tempo molto più lunghi di quanto sia attualmente possibile

Il reattore a fissione Kilopower ha già superato i suoi test iniziali a terra a pieni voti. Patrick McClure, responsabile del progetto Kilopower, afferma che questo progetto non solo diventerà realtà, ma lo sarà in un futuro ormai prossimo. In una presentazione con Future In-Space Operations della NASA il mese scorso McClure ha dichiarato: “Penso che potremmo farlo in tre anni ed essere pronti per il volo“. 

La posizione ufficiale della NASA è un po ‘più prudente, non fornendo scadenze esatte. La Space Technology Mission Directorate afferma semplicemente che “il team del progetto Kilopower sta sviluppando concetti di missione e sta svolgendo ulteriori attività di riduzione del rischio per preparare una possibile dimostrazione di volo futura con l’obiettivo di passare al programma Missione dimostrativa tecnologica nell’anno fiscale 2020“, aggiungendo che il potenziale di questa dimostrazione sarebbe quello di “aprire la strada per sistemi futuri Kilopower da installare negli avamposti umani sulla Luna e su Marte, consentendo le operazioni di missione in ambienti difficili e missioni basate sull’utilizzazione in situ delle risorse per la produzione di propellenti locali e altri materiali “.

Sebbene questa non sia la prima volta che l’energia nucleare viene utilizzata per alimentare l’esplorazione spaziale, il progetto Kilopower è un progetto molto più ambizioso e potente di qualsiasi altro suo predecessore. Secondo Space.com, “l’energia nucleare ha alimentato i veicoli spaziali per decenni. Le sonde Voyager 1 e Voyager 2 della NASA, i veicoli spaziali New Horizons e il rover marziano Curiosity, insieme a molti altri esploratori robotici, impiegano generatori termoelettrici a radioisotopi (RTG), che convertono il calore emesso dal decadimento radioattivo del plutonio-238 in elettricità“. 

Fonte: NASA