Con la risposta ad interpello n. 142/2021 del 03/03/2021 (in allegato) l’Agenzia delle Entrate, rivedendo il proprio orientamento espresso nel 2018, ha affermato che la fornitura di energia elettrica condominiale per gli edifici residenziali sconta l’aliquota Iva agevolata al 10%.
In particolare, veniva posto all’Agenzia il seguente quesito:
“Il Condominio ALFA (di seguito, anche “istante”), nella persona dell’amministratore pro tempore, è composto da xx unità immobiliari ad uso residenziale, divise in sei scale e box pertinenziali alle unità immobiliari ad uso residenziale e 3 negozi.
L’istante rappresenta che i citati negozi sono ubicati all’interno delle mura dell’edificio, ma sono completamente indipendenti negli accessi (lato strada), nei servizi (riscaldamento) e nelle utenze (energia elettrica) e godono di un sistema di illuminazione e riscaldamento autonomi, esclusi dai riparti delle spese condominiali.
In considerazione del fatto che le uniche 3 unità immobiliari ad uso commerciale sono totalmente autonome e non collegate ad alcun servizio né parte comune del condominio (né alle scale, né ai box, né agli ascensori, ecc.), risulta che ALFA è, dal punto di vista del consumo di energia elettrica e gas, un condominio “esclusivamente residenziale”.
Espone che i contatori (POD) per la fornitura di energia elettrica dei servizi comuni sono ben divisi e risultano articolati in relazione a ciascuna scala, contrassegnate dalla lettera “D” alla lettera “M”, al sistema antincendio, alle parti comuni antistanti i box (luci e cancelli carrai) e alla Centrale Termica e Tecnologica.
Tanto premesso, l’istante chiede un parere sulla aliquota IVA applicabile al consumo di elettricità per il funzionamento delle parti comuni di un condominio “esclusivamente residenziale“.
La questione si è posta in quanto con riferimento alla possibilità di applicare l’aliquota Iva agevolata alla fornitura di energia elettrica per “uso domestico” di cui al primo periodo del n. 103) della tabella A, parte III, allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, è stato più volte precisato che tale presupposto si realizza nei confronti di soggetti che, quali consumatori finali, impiegano l’energia elettrica nella propria abitazione privata a carattere familiare o in analoghe strutture a carattere collettivo caratterizzate dal requisito di residenzialità, e non la utilizzano nell’esercizio di imprese o per effettuare prestazioni di servizi rilevanti ai fini dell’IVA, anche se in regime di esenzione (cfr. circ. 29/10/1977, n. 59, circ. 07/04/1999, n. 82, ris. 28/01/2008, n. 21/E, ris. 01/04/2010, n. 28/E, ris. 19/01/2017, n. 8/E).
Sul punto l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate è stato sempre quello di ritenere che la fornitura di energia elettrica relativa alle parti condominiali non potesse rientrare nella nozione di “uso domestico” e come tale non potesse scontare l’aliquota agevolata.
In un precedente documento di prassi l’Agenzia aveva precisato riferendosi alla Tabella A parte III: (Risposta n. 4/2018): “In sostanza, il riferimento all’espressione “uso domestico” limita l’agevolazione alle sole ipotesi di impiego dell’energia nelle abitazioni familiari o in analoghe strutture a carattere collettivo caratterizzate dal requisito della “residenzialità”, con esclusione delle ipotesi in cui le medesime somministrazioni vengano erogate in strutture “non residenziali”, sia pubbliche che private (cfr. circolare n. 82/E del 1999).
(..) Con riferimento al quesito posto dall’Associazione istante, quindi, si ritiene che le parti comuni dei condomini non soddisfino il requisito di uso domestico previsto dalla citata norma ed interpretato dalle citate circolari come impiego per la propria abitazione.
La fornitura di energia elettrica necessaria per il funzionamento delle parti comuni dei condomini, pertanto, non soddisfa il requisito dell’uso domestico, in quanto è finalizzata ad essere impiegata esclusivamente in luoghi diversi dall’abitazione.
In altri termini, la circostanza che le parti comuni di un edificio non possano essere destinati all’abitazione, a carattere familiare o collettivo, non consente di soddisfare il requisito dell’uso domestico richiesto dalla disposizione agevolativa di cui al numero 103) della Tabella A, Parte III, allegata al DPR n. 633 del 1972.”
Mutando il proprio orientamento con la risposta ad interpello 142/2021 del 03/03/2021 l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’aliquota agevolata può essere applicata anche se facciano parte del condominio locali commerciali (negozi) purchè gli stessi abbiano un accesso indipendente ed un contatore autonomo.
Per consentire di applicare l’aliquota agevolata l’Amministratore dovrà quindi rendere una dichiarazione sostitutiva specificando che la fornitura di luce è relativa ad un condominio con caratteristiche esclusivamente residenziali, in tal caso il cedente, ovvero il fornitore dell’energia elettrica, sarà tenuto ad applicare l’aliquota agevolata.
Per verificare se in presenza di locali commerciali, il condominio possa ritenersi a destinazione esclusivamente residenziale, occorrerà aver riguardo al regolamento di condominio ed alla posizione dei locali commerciali; chiarisce infatti l’Agenzia che tali locali pur facenti parte del condominio devono avere un accesso autonomo e non devono compartecipare alle spese delle utenze.
In particolare, per definire il condominio edifico “residenziale”, i locali commerciali dovranno godere “di un sistema di illuminazione e riscaldamento autonomi, esclusi dai riparti delle spese condominiali e non essere collegate ad alcun servizio né parte comune del Condominio (né alla scala, né ai box, né agli ascensori, ecc.).”
In presenza di tali condizioni il Fornitore sarà quindi tenuto ad applicare la minore aliquota anche senza una specifica richiesta da parte del Condominio.
Oggi, dunque, a seguito del chiarimento fornito dall’Agenzia è quindi possibile a) chiedere al gestore di applicare l’aliquota Iva agevolata sulle prossime bollette producendo una dichiarazione sostitutiva dell’amministratore b) chiedere il rimborso dell’Iva versata in eccesso.
Poiché l’imposta Iva è “neutrale” ovvero l’imposta versata al gestore viene poi “restituita” da questi all’erario, si potrà presentare istanza di rimborso sia al gestore che abbia erroneamente applicato l’aliquota maggiorata, sia all’Agenzia delle Entrate che ha indebitamente percepito la maggiore imposta.
Il termine per la richiesta di rimborso nei confronti dell’Agenzia delle Entrate è di 48 mesi (4 anni) dal versamento e potrà essere richiesta sia l’imposta indebitamente versata sia gli interessi legali maturati dal versamento sino alla data di rimborso (art. 38 Dpr 602/73); in caso di mancata risposta o di diniego, ai sensi degli artt.19 e 21 Dlgs 546/92 sarà possibile presentare ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale con tempi ragionevoli e costi contenuti.
L’eventuale richiesta nei confronti del gestore seguirà invece le regole civilistiche, potrebbe quindi applicarsi il maggior termine di prescrizione decennale trattandosi di una ripetizione di indebito (art. 2033 c.c.), tuttavia appare certo che il fornitore dell’energia si opporrà alla richiesta sia dimostrando che la maggiore imposta riscossa è stata riversata all’erario, sia di aver applicato al Condominio la maggiore aliquota in conformità delle indicazioni fornite dalla stessa Agenzia delle Entrate.
Per le ragioni esposte si sconsiglia, quindi, tale ultima modalità non senza considerare che l’eventuale contenzioso avrà tempi lunghissimi e costi troppo alti, più agevole appare invece la formulazione dell’istanza all’Agenzia delle Entrate che ha indebitamente incamerato la maggiore imposta.
Avvocato Debora Salomone