Circa 150 anni fa, il chimico russo Dmitri Mendeleev compose quella che noi conosciamo come tavola periodica degli elementi. Vi inserì quelli più leggeri come l’idrogeno, ma anche quelli più pesanti come il ferro e non solo. Ora, grazie al telescopo spaziale James Webb abbiamo l’opportunità di scoprire dove gli elementi pesanti vengono forgiati: essi nascono da fenomeni come le violenti esplosioni che avvengono nel cosmo quando le stelle muoiono.
Il Webb ha infatti osservato il secondo lampo di raggi gamma più luminoso mai notato finora, GRB 230307A, causato probabilmente da una fusione di stelle di neutroni, un evento conosciuto come kilonova. Tramite l’utilizzo dell’elevata sensibilità degli strumenti di tale telescopio, gli scienziati hanno immortalato il primo spettro del medio infrarosso dallo spazio di una kilonova.
L’importanza della scoperta
Grazie a questa scoperta, è stata resa possibile per la prima volta l’identificazione diretta di un singolo elemento pesante generato durante un evento simile. Il composto chimico individuato è il tellurio, ma gli scienziati sospettano che nel materiale espulso durante questa kilonova possano esserci anche altri elementi pesanti, come lo iodio.
Grazie al James Webb ora conosciamo meglio le kilonove
Va notato che gli eventi di kilonova, che agiscono come autentiche fucine per la creazione di elementi più pesanti del ferro, sono estremamente rari. Una delle metodologie utilizzate per individuarli consiste nell’osservare i lampi di raggi gamma (Gamma Ray Bursts, GRB) brevi, che rappresentano dei sottoprodotti di tali episodi di fusione stellare. In contrasto, i lampi di raggi gamma lunghi tendono a perdurare per diversi minuti e sono di solito associati alla morte esplosiva di una stella di considerevole massa.
Il caso di GRB 230307A
il caso di GRB 230307A è particolarmente affascinante. Come racconta Astrospace, inizialmente identificato dal telescopio spaziale a raggi gamma Fermi della NASA a marzo, questo evento rappresenta il secondo lampo di raggi gamma più luminoso osservato nei oltre 50 anni di monitoraggio.
Ciò che rende questa scoperta ancora più straordinaria è che, oltre a emettere una luminosità circa 1000 volte superiore rispetto a quella di un tipico lampo di raggi gamma, il GRB 230307A ha mantenuto la sua intensità per un periodo eccezionalmente lungo, protraendosi per ben 200 secondi. Questa durata estesa classifica il fenomeno come un lampo di raggi gamma lungo, contrariamente ai brevi lampi di raggi gamma tipici.
Sicuramente, è interessante notare che, nonostante la durata insolitamente lunga del GRB 230307A, la ricerca della sua sorgente è stata resa possibile grazie alla collaborazione di numerosi telescopi sia sulla Terra che nello spazio. Le osservazioni in diverse lunghezze d’onda, tra cui i raggi gamma, i raggi X, l’ottico, l’infrarosso e la radio, hanno svelato che la controparte ottica/infrarossa associata a questo evento era caratterizzata da una luminosità piuttosto debole. Inoltre, questa controparte si evolveva rapidamente nel tempo e mostrava una marcata tendenza a diventare sempre più rossa, attributi tipici di una kilonova.
Il tellurio
I potenti strumenti a disposizione, come il NIRCam e lo spettrografo NIRSpec del Telescopio Spaziale James Webb, si sono rivelati ideali per lo studio dell’evento di fusione stellare da cui sembrava provenire il GRB 230307A, principalmente nell’infrarosso. Gli strumenti hanno catturato lo spettro di emissione della kilonova, rivelando linee spettrali molto ampie, il che indica che il materiale veniva espulso a elevata velocità. Inoltre, un aspetto notevole è emerso chiaramente: la presenza di luce emessa dal tellurio, un elemento molto più raro sulla Terra rispetto al platino.
Le straordinarie capacità dei due strumenti hanno consentito agli scienziati di identificare con grande precisione anche la galassia di origine delle due stelle di neutroni che si sono fuse nella kilonova, prima di essere espulse dal loro ambiente natale. Si è rivelato che questa galassia è di tipo a spirale, situata a una distanza di circa 120.000 anni luce dal punto in cui ha avuto luogo la fusione stellare.