Verso la soluzione del Paradosso di Hawking

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E’ stato detto che Newton ci ha dato delle risposte, mentre Hawking ci ha lasciato delle domande. Sembra che lo spazio-tempo sparisca in corrispondenza di un buco nero, con la conseguenza che lo spazio-tempo non rappresenta quella base della realtà, come suggerito dal famoso paradosso che Stephen Hawking ha, per primo, descritto, circa cinquant’anni fa, ma emergerebbe da qualcosa di più profondo.

Queste affermazioni sono riportate da George Musser, autore, per Quanta, di un articolo dal titolo Spooky Action at a Distance (Azione spettrale a distanza).

In questo articolo, Musser affronta la teoria radicale di Hawking secondo la quale, a seguito del connubio tra la teoria della relatività e la fisica quantistica, quando un buco nero si genera e, successivamente, evapora completamente emettendo radiazioni, tutta l’informazione che è pervenuta all’interno del buco nero non può da esso riemergere e quindi viene persa, violando così le leggi della fisica, che insistono inequivocabilmente sul fatto che le informazioni non possono mai andare completamente perse.

Ora, tre ricercatori sembrano prossimi alla soluzione del paradosso dell’informazione dei buchi neri, uno dei più affascinanti misteri della fisica degli ultimi tempi.

Dissoluzione dello spazio-tempo

Nel 2003, Hawking era riuscito a trovare una soluzione che permetteva all’informazione di emergere durante l’evaporazione di un buco nero; purtroppo, l’ipotesi avanzata da Hawking non è mai stata dimostrata sperimentalmente, e quindi il paradosso è rimasto insoluto.

Per Hawking i buchi neri non sono delle prigioni; ogni cosa può uscire da un buco nero, e ciò succede in qualunque universo possibile.

Sebbene Einstein concepisse la gravità come la geometria curva dello spazio-tempo, nella sua teoria è compresa anche la dissoluzione dello spazio-tempo, motivo per cui l’informazione può sfuggire dalla sua prigione gravitazionale.

E’ quanto aggiunge Musser, riassumendo una serie di calcoli eseguiti da tre fisici, i quali dimostrano che l’informazione può abbandonare un buco nero, attraverso l’attività della gravità ordinaria, con un singolo strato di effetti quantistici, il che sembra impossibile dalle definizioni che si basano sui nuovi calcoli gravitazionali permessi dalla teoria di Einstein, ma che Hawking non include nella sua ipotesi.

Uno degli autori dello studio, Donald Marolf, della University of California – Santa Barbara, ritiene che si tratti, per la ricerca fisica, di uno degli eventi più affascinanti, dai tempi di Hawking.

Henry Maxfield, impegnato nel calcolo del contenuto di informazione quantistica di un buco nero e della sua radiazione, afferma che la questione di cosa succeda all’informazione dentro un buco nero, scaturisce da quella regione misteriosa, in cui relatività e meccanica quantistica non si integrano del tutto.

La grande domanda

Maxfield, assieme al fisico Ahmed Almheiri, dell’Institute for Advanced Study e a Netta Engelhardt  e lo stesso Marolf, nel 2019 ha prodotto un articolo che apre uno spiraglio nella soluzione del paradosso dell’informazione nei buchi quantistici.

Per vedere l’informazione fuoriuscire da un buco nero, è necessario conoscere a fondo gli aspetti microscopici del fenomeno, e quindi bisognerebbe disporre di una teoria della relatività completamente quantistica. Già negli anni 70 Hawking aveva ipotizzato che i buchi neri, quei vuoti estremamente densi e ad alta gravità nello spazio-tempo, non erano poi veramente così neri, perchè, anche se in maniera abbastanza flebile, emettono luce e radiazione. Per questo motivo, i buchi neri evaporano.

Eppure, i calcoli di Hawking prevedono che questa forma di radiazione vada a distruggere ogni informazione sullo stato quantistico originale del materiale che viene introdotto all’interno del buco nero. Ciò risulta diverso da quanto prevede la meccanica quantistica. In principio, infatti, le leggi della fisica sono completamente reversibili.

In altre parole, l’informazione sullo stato quantistico originario della materia dovrebbe continuare a esistere in qualche forma. Si crea dunque il conflitto che porta la meccanica quantistica a comportarsi in un modo e la gravità in un altro.

La punta dell’iceberg

L’obiettivo dello studio era quello di identificare dove fosse localizzata l’informazione, anche apportando delle modifiche al calcolo di Hawking, ampliandolo in modo da includere un metodo per quantificare l’informazione.

I calcoli effettuati, relativi al dimensionamento dell’informazione contenuta in un buco nero quando evapora, dicono che vi è una quantità di radiazione, quando il buco nero è ancora giovane, che non conduce alcuna informazione e che, anzi la quantità di informazione si riduce nel tempo. Ma, quando il buco nero ha raggiunto circa metà della sua dimensione iniziale, e ciò avviene in un tempo enormemente lungo, l’informazione quantistica comincia a fuoriuscire. Ciò è quanto ci si aspetta dalla meccanica quantistica.

Questi calcoli, è bene sottolinearlo, rappresentano solo la punta dell’iceberg.

Il gruppo di fisici impegnato in questo calcolo ha sicuramente dato un forte contributo al tentativo di risolvere questo annoso paradosso. Ha scoperto che, effettivamente, le informazioni riescono a lasciare un buco nero.

Ovviamente, si tratta di soluzioni che necessitano di ulteriori approfondimenti. L’importante è aver tracciato un percorso per comprendere i processi quantistici che si verificano all’interno dei buchi neri e il modo in cui le informazioni possano uscirne.

Fonte: dailygalaxy.com

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