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Un’estinzione di massa dimenticata e un diluvio durato un milione di anni

Triassico: 233 milioni di anni fa, un evento denominato Episodio Pluviale della Carnia portò ad una grande estinzione di massa, uno degli eventi più catastrofici del pianeta che, tuttavia, si risolse in una grande rigenerazione e ripopolazione del pianeta

Estinzione di massa è una definizione che lascia poco di cui rallegrarsi, anche se, almeno per ora, si potrebbe attribuire nello specifico solo ad un remoto passato.

Allo stato delle conoscenze attuali, si può tranquillamente affermare che il più grave evento di estinzione di massa appartiene al Triassico, che si è concluso per una concatenazione di fatti ben 230 milioni di anni fa.

La grande estinzione di massa del Permiano-Triassico

Al limite del Permiano-Triassico, circa il 96% delle specie animali marine si estinse e complessivamente scomparve il 50% delle famiglie animali esistenti. Secondo alcuni ricercatori questa estinzione avvenne in un periodo rapidissimo, secondo altri invece si sono verificati tre o più episodi durante un periodo di tempo di circa 3 milioni di anni.

Nel sottosuolo australiano è stato scoperto un antico cratere da impatto, largo circa 120 chilometri, che risale all’epoca della grande estinzione. Costruire ipotesi riguardo a questo cratere e affermare che sia stata la causa scatenante è senz’altro prematuro, in quanto la durata dell’estinzione del Permiano-Triassico è ancora incerta.

Alcuni scienziati sono convinti che a provocare l’estinzione sia stato un episodio di vulcanismo intenso che si è verificato proprio 250 milioni di anni fa; in effetti la possibilità di correlare tale picco di attività vulcanica con gli effetti tettonici connessi ad un impatto di grandi proporzioni esiste ed ha una sua valenza. Infatti a Noril’sk in Siberia è stata individuata un’enorme colata di basalto, spessa 4 km e ampia 2,5 milioni di km², che altri non è che il grande trappo siberiano, una delle più grandi province ignee.

Una prova all’ipotesi dell’asteroide che avrebbe provocato l’estinzione è stata fornita dall’enorme cratere della Terra di Wilkes di 450 km di diametro rilevato in Antartide e risalente proprio, secondo gli esperti, a 250 milioni di anni fa. La scoperta è avvenuta grazie al satellite della NASA, Grace, che avrebbe rintracciato, sotto lo strato di ghiaccio, materiale proveniente dal mantello che fu portato in superficie dall’impatto.

La scoperta di una anomalia gravitazionale terrestre (a forma di “rosa”) al largo delle Isole Falkland, farebbe ipotizzare che ci sia un enorme cratere sottomarino stimato 250-300 km di diametro, generato dall’impatto di un asteroide avvenuto circa 250 milioni di anni fa.

Un’ulteriore ipotesi, proposta da alcuni studiosi, prevede che, in seguito ad un periodo di intenso vulcanismo, la percentuale di anidride carbonica presente in atmosfera possa essere aumentata oltre un valore limite stimato in 1000 ppm.

In conseguenza di ciò, il chemioclino (zona di equilibrio tra acque sature d’acido carbonico e acque ricche d’ossigeno) avrebbe lambito la superficie oceanica, rendendo di fatto anossico il mare e liberando grandi quantità di idrogeno solforato (H2S) e di solfuri su tutto il pianeta, con effetti deleteri anche sullo scudo dell’ozono. Questa ipotesi sembra giustificare l’enormità dell’estinzione in ambiente marino cui sarebbe poi conseguita un’analoga estinzione in ambiente terrestre.

In base ai dati raccolti, s’ipotizzò non solo che questo fenomeno svuotò letteralmente gli oceani, comportando la scomparsa dell’96% delle specie marine; inoltre scomparve il 70% degli esemplari vertebrati sulla terra.

Probabilmente, quest’estinzione di massa, fu davvero la prima che portò veramente la Terra al collasso; in quanto, la vita sul nostro pianeta rischiò seriamente di scomparire per sempre. Quindi, sulla base di quanto appena affermato, è opportuno dire che il Triassico, si è concluso con una perdita e uno svuotamento quasi totale dell’intero ecosistema.

Se poi, ragioniamo sulla totale perdita di biodiversità, stimata in base ad un calcolo che prevedeva l’estinzione d’insetti (e famiglie di insetti) dal 53% all’83% ci si rende conto immediatamente che la ripresa deve essere stata davvero molto lenta.

Da questa grande estinzione, si sono poi evolute altre forme di vita che oggi conosciamo con il nome di dinosauri. Ci sono, però, ancora molte domande da porsi ed altre considerazioni da fare. Prima fra tutte cos’avrebbe potuto causare un danno di una simile portata.

Come abbiamo visto, la ricerca oggi attribuisce il fenomeno a pochi fattori condivisi:

  • Cambiamenti climatico-ambientali
  • Attività vulcaniche
  • Eventi sismici
  • Eventi catastrofici.

Com’è stato possibile che il CPE abbia modificato le condizioni terrestri?

In realtà, la storia è stata sempre raccontata diversamente, narrando di una forte pioggia scesa sul super-continente di Pangea, che cadde per milioni di anni.

Un fenomeno meteorologico, noto come Episodio Pluviale della Carnia (CPE), che si è verificato circa 233 milioni di anni fa ed è stato un netto cambiamento rispetto alle condizioni tipicamente aride del tardo Triassico.

In quel periodo il pianeta attraversava degli eventi di natura varia e contrastante; i grandi  temporali erano associati ad una serie di eruzioni vulcaniche, repentini e violenti cambiamenti climatici e una serie di mutamenti che causò, appunto la morte delle specie marine; più un numero indicativo di piante e animali terrestri.

Le prove di quanto i ricercatori affermano, sono documentate da nuove importanti prove fossili. L’estinzione permiano-triassica, avvenuta appena 20 milioni di anni prima, potrebbe aver spazzato via il 90% delle specie viventi; quindi, l’evento del Triassico, non è nemmeno da considerare come quello con il numero più alto di morti delle cinque principali estinzioni di massa tipicamente dibattute dalla comunità scientifica.

Se andiamo a ragionare solo in “termini di perdita”, l’Episodio Pluviale della Carnia, dovrebbe  annoverarsi come una calamità senza precedenti. Eppure gli studiosi, intendono battersi su un concetto diametralmente opposto.

Questo svuotamento, per quanto ironico, ha, infatti, aggiunto valore alla vita. Non si può parlare solo di “morte” perché lo studio stesso dimostra che con la scomparsa di alcune specie è nata altra vita.

Stiamo parlando di una totale rigenerazione fortunata, che ha dato origine – oltre che al dominio dei Dinosaurianche all’evoluzione di milioni di specie che esistono tutt’oggi sulla terra.

Morte e rinascita di un ecosistema

“Una caratteristica chiave del CPE è che l’estinzione è stata seguita molto rapidamente da una grande proliferazione [di nuove specie]”; ha dichiarato al giornalista Scott Norris di Eos.org, l’autore dello studio, Jacopo Dal Corso, professore di geologia all’Università cinese di Geosciences a Wuhan. “Un certo numero di gruppi che hanno un ruolo centrale negli ecosistemi odierni sono apparsi o si sono diversificati per la prima volta durante la Carnia [un’era all’interno del Triassico che è durata da 237 a 227 milioni di anni fa]”.

“Questi gruppi includono le moderne barriere coralline e il plancton negli oceani”; ha detto Dal Corso a Eos, “così come la comparsa di fauna terrestre come rane, lucertole, coccodrilli, tartarughe e una nuova fascia di dinosauri (che prospereranno sulla Terra per i successivi 150 milioni di anni). Anche gli alberi di conifere hanno fatto la loro prima apparizione durante la Carnia, piantando ulteriormente le radici di molti ecosistemi moderni e invitando “l’alba del mondo moderno”.  Dichiarano gli autori.

Ma Allora, cos’ha portato il CPE realmente cambiando il mondo in maniera cosi eccezionalmente significativa?

In effetti, gli autori dello studio, che sanno di muoversi in un “campo minato”, sospettano di alcuni fattori che potrebbero dare una svolta alla teoria.

Infatti, hanno tenuto conto anche di alcuni datiprovenienti da un campo di lava che si estende su tutto il continente. Si tratta del territorio conosciuto come la provincia di Wrangellia che si estende per migliaia di chilometri attraverso la Costa occidentale del Canada moderno. I ricercatori sono convinti che la risposta che stanno cercando si trovi in questo suolo; ovvero una massiccia provincia ignea creata da una violenta eruzione vulcanica.

Studi precedenti stimano che queste potenti eruzioni, abbiano rilasciato nell’atmosfera almeno 5.000 gigatoni di carbonio, che sono addirittura centinaia di volte di più delle emissioni odierne globali annuali. Questo probabilmente ha dato il via a quello che è stato poi l’estremo cambiamento climatico che ne è conseguito.

Il mondo, quindi, diventò significativamente più umido, causando piogge abbondanti che acidificarono gli oceani portando alla morte di diverse specie, ma aprendo la strada anche alla diversificazione di nuove piante strane e animali che lentamente presero il sopravvento.

Ad ogni modo si tratta soltanto di teoria, infatti gli stessi ricercatori rilevano più volte che questo studio va approfondito per capire qual è la vera portata dell’episodio pluviale della Carnia e quali furono i possibili fattori scatenanti.

Purtroppo individuarli tutti è davvero una sfida ardua, giacché il nostro pianeta che è in continua evoluzione sta corrodendo la propria storia, lasciando dietro di sé soltanto le briciole.

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