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Un gas potrebbe indicare firme biologiche aliene

Fino ad ora, gran parte degli esopianeti è stata scoperta e confermata utilizzando metodi come il transito (fotometria di transito) e il metodo della velocità radiale (o spettroscopia Doppler), utilizzati da soli o in combinazione. pochissimi esopianeti sono stati individuati direttamente e questo rende particolarmente complicato studiarne la superficie e l'atmosfera per tentare di rilevare firme biologiche

Un giorno non molto lontano potremo trovare firme biologiche aliene sugli esopianeti scoperti in 25 anni di ricerche. Superato lo scetticismo iniziale gli astronomi hanno confermato l’esistenza di  4.375 esopianeti in 3.247 sistemi solari diversi, mentre altri 5.856 candidati sono in attesa di conferma.

Presto gli astronomi potranno fare un ulteriore passo in avanti, passando dalla scoperta allo studio vero e proprio delle atmosfere esoplanetarie. Il processo verrà messo in atto non appena verranno resi disponibili nuovi e più potenti strumenti di osservazione.

Per questo motivo oggi gli astrobiologi cercano di capire quali firme biologiche si riferiscono a composti e processi chimici associati alla vita oltre a quelle note associate all’ossigeno, all’anidride carbonica, all’acqua e al metano.

Un nuovo studio effettuato da un team del Massachusetts Institute of Tecnology ha scoperto una ulteriore firma biologica, un idrocarburo chiamato isoprene (C5H8).

Lo studio si intitola:” Valutazione dell’isoprene come un possibile firma biologica negli esopianeti con atmosfere anossiche“, ed è stato accettato per la pubblicazione dalla rivista  Astrobiology. Il team del MIT ha esaminato il vasto elenco di possibili firme biologiche che gli astronomi cercheranno nei prossimi anni.

Fino ad ora, gran parte degli esopianeti è stata scoperta e confermata utilizzando metodi come il transito  (fotometria di transito) e il metodo della velocità radiale  (o spettroscopia Doppler), utilizzati da soli o in combinazione. Pochissimi esopianeti sono stati individuati direttamente e questo rende particolarmente complicato studiarne la superficie e l’atmosfera per tentare di rilevare firme biologiche.

Gli astronomi sono stati in grado raramente di ottenere spettri che hanno consentito di identificare la composizione dell’atmosfera di un esopianeta. Lo spettro si ottiene dalla luce filtrata dall’atmosfera mentre l’esopianeta transita davanti alla sua stella ospite, o nei rari casi in cui è possibile osservare direttamente l’esopianeta che riflette la luce proveniente dalla sua stella.

Purtroppo i nostri strumenti più avanzati non possiedono una risoluzione sufficiente che permetta agli astronomi di osservare pianeti simili alla Terra. Questo è un problema, perché astronomi e astrobiologi ritengono che i pianeti piccoli e rocciosi come il nostro siano i migliori candidati a mostrare firme biologiche..

Ma le cose cambieranno appena telescopi innovativi come il  James Webb Space Telescope  (JWST) verranno lanciati nello spazio. Il JWST sarà in grado di osservare l’universo  nel vicino e medio infrarosso con una sensibilità notevolmente migliorata rispetto ai telescopi attuali.

Il telescopio utilizzerà una serie di spettrografi per ottenere dati sulla composizione delle atmosfere esoplanetarie, e ricorrerà a coronografi per bloccare la luce delle stelle madri. La tecnologia consentirà agli astronomi di studiare le atmosfere di pianeti rocciosi simili alla Terra.

I dati permetteranno agli astronomi di imporre vincoli più stringenti all’abitabilità di un esopianeta e potrebbero persino portare alla rilevazione di firme biologiche note o potenzialmente emesse da forme di vita.

Le “firme biologiche” che verranno esaminate includono l’ossigeno (O2), fondamentale per la maggior parte delle forme di vita terrestri che viene prodotto da piante, alberi e cianobatteri attraverso la fotosintesi. Questi stessi organismi metabolizzano l’anidride carbonica (CO2) che la vita che metabolizza l’ossigeno emette come prodotto di scarto. 

Altre sostanze imprescindibili alla vita come la conosciamo sono l’acqua /H2O) e il metano (CH4).

Nuove firme biologiche

Un pianeta è abitabile anche grazie all’attività vulcanica, e quindi anche i prodotti chimici associati al vulcanesimo come l’idrogeno solforato (H2S), l’anidride solforosa (SO2), il monossido di carbonio (CO) e l’idrogeno sotto forma gassosa (H2) sono ritenti firme biologiche. A questo elenco il team del MIT hanno aggiunto un’altra possibile firma biologica: l’isoprene.

L’isoprene è un idrocarburo organico prodotto come metabolita secondario da varie specie presenti sulla Terra. Oltre agli alberi decidui, l’isoprene è prodotto anche da organismi distanti sulla scala evolutiva, come batteri, piante e animali. Come spiega lo studio, questo ne fa una interessante firma biologica. 

Sul nostro pianeta l’isoprene è abbondante quasi quanto il metano e viene distrutto dall’ossigeno e dai radicali contenenti ossigeno. Per questo motivo il team del MIT ha preso in considerazione sulle atmosfere anossiche, ambienti composti prevalentemente da H2, CO2 e azoto gassoso (N2), simili alla composizione dell’atmosfera primordiale della Terra.

Secondo le conclusioni dello studio, un pianeta primordiale (dove la vita sta cominciando a emergere), mostrerebbe nella sua atmosfera un’elevata presenza di isoprene. Questo sarebbe successo anche sul nostro pianeta tra i 4 e 2,5 miliardi di anni fa, quando gli organismi unicellulari erano l’unica vita presente e i cianobatteri fotosintetici stavano lentamente arricchendo l’atmosfera di ossigeno.

Infine, 2,5 miliardi di anni fa, il processo culminò nel “Grande evento di ossigenazione” che si dimostrò tossico per molti organismi.

Durante questo periodo iniziarono ad emergere forme di vita complessa. L’isoprene quindi potrebbe essere utilizzato per studiare gli esopianeti che si trovano nel mezzo di un evento di ossigenazione che getta le basi per la nascita di nuove forme di vita.

Entro il 2025 al JWST verrà affiancato il Telescopio Spaziale Roman Nancy Grace che prenderà il posto del Telescopio Spaziale Hubble, al lavoro dal 1990. Il Telescopio Nancy Grace potrà studiare più a fondo gli esopianeti grazie a nuovi filtri a infrarossi aggiornati e potrà collaborare sia con il JWST che con altri osservatori.

Sono allo studio anche altri telescopi che utilizzeranno nuovi e sofisticati spettrometri, coronografi e ottiche adattive (AO). Tra questi l’ Extreme large Telescope, il Giant Magellan Telescope e il Trinity Meter Telescope. Questi telescopi saranno in grado di condurre studi di imaging diretto di esopianeti.

Nei prossimi anni, quando gli astronomi inizieranno ad analizzare tutti i nuovi dati che avranno a disposizione sulle atmosfere dei pianeti extrasolari, avranno un elenco completo di firme biologiche che potranno dare molte risposte.

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